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Autore: altemaree    23/02/2013    1 recensioni
L'elettricità come la conosciamo non esiste più. Sono speciali ragazzi che attraverso particolari onde del cervello fanno rivivere un Oslo ormai sull'orlo del precipizio. Allevati come animali da macello, i ragazzi non conoscono nulla di ciò che c'è fuori. Ma quando uno di questi scappa per poi "addormentarsi", e una dopo il parto non torna più, il protagonista, senza nome o identità, andrà a cercarla.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non l'ho neanche riletta, per farvi capire. Buona lettura. Forse diventerà qualcosa di meglio organizzato, forse no. Intanto ciccia a tutti.

Una stanza bianca. Lunghezza e larghezza uguali. Lo so perchè posso mettere lo stesso numero di penne o quaderni lungo la superficie. C'è un tavolo al centro e un lampadario in cima che non si spegne mai. Siamo noi che lo teniamo acceso e non possiamo fare altrimenti. C'è quasi sempre silenzio, ogni tanto un suono lontano di pianoforte riempie le nostre giornate. Siamo in cinque in questa stanza, ma ci sono altre stanze, alcune piene di gente, affollate tanto da togliere il respiro a chi ci abita. 
Due femmine e tre maschi. Indossiamo abiti bianchi e ci confondiamo con i mobili. Così ci coloriamo i vestiti in modo da sembrare diversi.
Nelle altre stanze non lo capiscono. Nelle altre stanze sono in tanti e non arrivano tutti ai colori. Quelli vengono presi per primi. Illuminano la città. Noi dobbiamo ripopolare la specie. Molti sono sterili. Noi no. Non so cosa voglia dire. 
Ce lo spiega uno schermo attaccato alla parete ma continuo a non capirlo. So che una volta l'anno dobbiamo unirci alle donne e loro partoriscono una volta l'anno per tutta la vita o quasi. Gli altri vengono prelevati, uno a settimana, e poi non tornano più. Però poi torna la luce. Il buio non mi piace.
Vanno in altre stanze, forse. Meno affollate. 
Uno però è tornato. L'ho visto correre per i corridoi. Mi sono avvicinato alle sbarre e lui è venuto verso di me. Non lo conoscevo, mai visto.
< Fuori c'è altro >
< Non esiste, fuori > ho replicato, sbattendo le palpebre < Ti senti male, fratello ? >
< Fuori. Fuori ci sono altre stanze. Abiti colorati. Fuori c'è una lampada in cielo che non si spegne mai. Tonda. > 
< Prova a chiamare un curatore. Non esiste il fuori. Non può esistere una lampada in cielo che non si spegne mai. E' follia. Esistono solo le lampade attaccate al soffitto e le facciamo funzionare > 
Un Curatore viene e lo prende per le spalle. Allora lui urla. < SCAPPATE TUTTI. SCAPPPATE E VEDRETE ... IL SOLE. LO CHIAMANO COSI', FUORI. SOLE. > 
Il Curatore gli inietta una medicina nel collo e lui si sente già più rilassato, tanto da addormentarsi.
Il suo petto non si muove. Deve dormire davvero bene. 
Sole. Una lampada in cielo. Una delle ragazze nella mia stanza si avvicina nel mio letto, la notte < E se esistesse veramente, il sole ? > 
< Ma non esiste >
< Ma se esistesse ... > la ragazza mi guarda, gli occhi tondi. Si aggrapppa alla mia tunica bianca colorata di azzurro. Non ottiene risposta < Io lo vorrei vedere > dice e si allontana. 
Lei viene prelevata per partorire. E' il suo quindicesimo figlio, suppongo. Lei non li conta. Non deve. Quasi tutte le volte si è unita a me. Dovrebbe tornare dopo pochi giorni. L'aspetto. Ma non torna. Così la vado a cercare.
Per poco tempo ogni giorno possiamo uscire dalla stanza, per andare in bagno. Nella folla mi disperdo e attraverso il corridoio, poi un altro.  Non c'è nessuno. Ci sono dei segni sulle porte, ma io non so leggere. Nessuno ce la sa. Non ci serve, ci dicono.
Appro una porta a caso e non trovo nulla. Stessa cosa per altre cinque. Solo lucette e schermi spenti. 
Poi ne apro una da cui proviene una strana luce. Rimango fermo. Tante persone sono messe su un tavolo, con uno strano cappello. Vorrebbero urlare ma hanno una benda davanti la bocca, di metallo. 
Il cappello emette strane luci, ed è collegato ad uno schermo. Più il cappello tira luce, più loro diventano bianchi, fino ad addormentarsi. Lo schermo si acccende. Tante case, si chiamano case quelle sullo schermo, adesso illuminate benchè tutto attorno sia chiaro. Loro si addormentano e le case si illuminano. 
Chiudo la porta dietro di me, e cammino più veloce. Non voglio tornare in quella stanza. Devo trovare lei. 
Un Curatore mi segue. Poi sono due. Corro. Supero altri corridoi finchè non sono davanti una porta e provo ad aprirla disperatamente mentre i Curatori mi raggiungono. 
La apro e una lampada gialla, enorme, si staglia in alto. Non c'è tetto, solo azzurro. Il Sole ?
Poi all'improvviso sento dolore nella schiena e le mie mani si macchiano di rosso, ma non sono colori a matita. Cado, e mi addormento, con il sole davanti. 



   
 
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