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Autore: _Rockstar_    23/02/2013    0 recensioni
Ho avuto un sogno davvero strano questa notte. Una ragazza dai capelli d’oro si perde in un oscuro e malvagio bosco. Poi incontra un principe, ma non sa che lui in realtà è il lupo. Ma ormai lei si è invaghita del ragazzo sbagliato. Così si uccide.
Il seguito della fanfiction "You and I'll be Safe and Sound"
Genere: Azione, Drammatico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katniss Everdeen, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo II – Persa
 

Dopo circa due ore mi trovavo ancora seduta con gli occhi scrutanti la mia nuova immagine riflessa nello specchio. Dei capelli castano scuro ricadevano perfettamente dritti ed in piega, ma non arrivavano nemmeno alle spalle mentre i miei ricci erano spariti, forse per sempre. Gli occhi continuavano ad essere di quel colore scuro e alquanto finto, almeno per me. Non ero più io, ma era esattamente questo ciò che loro volevano. Come poteva Capitol City identificarmi se nemmeno io riuscivo a riconoscermi? Era una idea geniale in effetti. Senan non si azzardò nemmeno a chiedermi se mi piacevo, sapeva benissimo che gli avrei risposto di no, mi conosceva molto bene, troppo. Si limitò ad appoggiare i suoi strumenti da lavoro sul tavolo a fianco a me e a togliermi il telo di seta dalle spalle.
– Abbiamo finito? – gli chiesi impietrita con un tono davvero troppo freddo
– Certo – rispose lui. Proprio mentre mi stavo alzando la porta si riaprì e nuovamente
Katniss ci ricordò di fare in fretta, ma non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase quando posò gli occhi su di me. Non ne capii il motivo, ma la vidi sorrise.
– Perfetta, davvero perfetta. Hai fatto un ottimo lavoro – annunciò ringraziando l’uomo.
– Forza, andiamo – incitò poi me allungando la sua mano che io non afferrai
– Spero tu sia felice ora – le dissi prima di seguirla fuori.
All’esterno, alla luce del sole, nessuna delle due aveva più bisogno di correre, non avevamo fretta e potevamo permetterci di camminare lentamente e goderci quella stupida passeggiata, dirette chissà dove. La gente ogni tanto alzava il volto e mi osservava ma finalmente nessuno bisbigliò al vicino che “ Quella ragazzina era Roseleen Snow, la nipote del presidente”, probabilmente si limitavano soltanto a notare quanto fossi carina o qualcosa del genere. Conoscevo perfettamente la mia città e dopo qualche minuti mi resi conto che ci stavano dirigendo verso la stazione, ma dove eravamo diritte precisamente, che viaggio dovevamo intraprendere?  
– Dove stiamo andando? – le chiesi e dopo qualche minuto che passai a rincorrerla, mi rispose con due sole e povere parole
– A casa – da quel momento smisi di parlare e di farle domande.
In effetti non mi sbagliavo perché neanche un’ora dopo eravamo comodamente seduta su una di quei divani di pelle tipici dei treni di lusso della capitale, non diversi da quelli che trasportavano ogni anno i tributi in città. Passai quella metà giornata a guardare fissa il soffitto, il mio bicchiere d’acqua vuoto che tenevo stretto tra le mani oppure a girarmi e rigirarmi ancora in quello stupido e accogliente letto dalle lenzuola rosse. La mattina dopo, proprio a seguito della colazione, potemmo scendere dal treno. Ad aspettarci non c’era nessuno per il momento, soltanto il vento che soffiava forte ad est. Discesi piano i tre scalini di metallo che mi speravano dal pavimento in muratura della stazione e mi bloccai pochi passi dopo. Mi guardai intorno ma non vidi assolutamente nulla, percepii soltanto freddo e tanta disperazione. Avevo come fatto un salto nel passato, in quel luogo il tempo sembrava essersi fermato a più di mille anni fa. I muri erano ricoperti da profonde crepe dalle quali sbucavano lunghi filamenti di edera velenosa, il pavimento sui cui avevo appoggiato i piedi era anch’esso completamente rovinato, i binari erano arrugginiti, il tetto della stazione era usurato, le finestre incrinate e rotte, il tutto disseminato da secoli di polvere. Da lontano, nascosto dalla nebbia di quel freddo mattino, vidi apparire qualcuno che si stava incamminando verso di noi. Più si avvicinava e più riuscivo a percepire prima i suoi contorni, poi il suo viso e infine i particolari. Aveva dei corti capelli biondi, degli occhi così assurdamente famigliari e indossava una camicia bianca che teneva disordinatamente un po’ fuori e un po’ dentro a dei pantaloni scuri.
– Casa dolce casa – disse Katniss sorridendo e correndo verso il ragazzo per poi abbracciarlo e baciarlo.
Per quei due attimi di secondo mi sentii dispersa, sola, impaurita in quel luogo che nemmeno conoscevo, avevo timore di essere lasciata sola anche per un breve lasso di tempo
– Dove siamo? – chiese nuovamente avvicinandomi a loro
– Non le hai ancora spiegato nulla? – si stupì il ragazzo
– Se le avessi detto qualcosa avrebbe fatto di tutto per non seguirmi. Così è stato più semplice – si scusò allora lei. Il ragazzo lasciò la vita della sua compagna e tolse l’altra mano dalla tasca posteriore dei pantaloni
– Ti ricordi di me? – mi chiese. Lo guardai meglio. Sapevo di conoscerlo ma non avevo idea di chi fosse, così scossi il capo.
– Peeta, lascia perdere. Non ha riconosciuto nemmeno me. I dottori hanno detto che passerà tra poco, per fortuna – rispose allora lei al mio posto.
Ecco allora chi era. Era il famoso ragazzo del pane, l’innamorato di Katniss, in effetti aveva senso, perché non c’ero arrivata prima
– Certo che mi ricordo di te, Katniss e ora mi ricordo anche di te – risposi sorridendo per la prima volta da quando mi ero svegliata
– Guarisci molto in fretta, eh?! – mi rispose lui abbracciandomi. Quel calore famigliare che emanava il suo corpo, era così bello rincontrare un vecchio amico.
– Ti racconteremo tutto per la strada, vieni – mi intimò a seguirli e io non potei fare altro.
Camminammo per quasi mezz’ora a passo davvero lento. In qui minuti scoprì che cosa mi era successo in quei mesi che passai a dormire. Avevo veramente “quasi” vinto gli Hunger Games, fui una degli ultimi due concorrenti rimasti nella arena, quella della settantaquattresima edizione. Venni “tradita da un amico” o almeno questo fu ciò che mi dissero e così venni uccisa. Venni dichiarata morta per circa dieci minuti, ovvero il tempo che intercorse tra il mio decesso e il viaggio sull’hovercraft sul quale mi salvarono la vita, ma non del tutto. I medici fecero quello che poterono, ma per qualche motivo rimasi in coma per circa sei mesi. Quando tutti avevano quasi perso la speranza, mi svegliai. In così poco tempo però era cambiato tutto. La Coin aveva acquistato sempre più potere e teneva sotto un rigido controllo tutta la nazione, sia la capitale sia i distretti. Per un primo momento tutto sembrava essere migliorato ma a quanto pare si sbagliavano. La Coin non aveva mai avuto intenzione di liberare i distretti dall’oppressione del governo di mio nonno ma voleva semplicemente ciò che aveva lui. In poco tempo tutti compresero che avevano commesso un grave errore, Alma era identica al presidente che avevano appena giustiziato, se non peggio. La capitale, che dall’aspetto esteriore sembrava ancora così lussuosa stava cadendo sempre più in rovina e i distretti erano in quel momento più poveri che mai. La presidente aveva ricominciato a sfruttarli e a usare le risorse prodotte dagli abitanti per suoi scopri esclusivi e a quanto pare anche misteriosi. Delle voci dicevano che avesse cominciato a commerciare al di fuori dello stato di Panem, con chi o con cosa ancora nessuno lo sapeva poiché ci avevano sempre insegnato che aldilà dei confini non c’era proprio nulla. Per questo motivo alcuni gruppi che un tempo l’aiutarono a salire al potere ora avevano disertato, alcuni invece avevano iniziato a fare il doppio gioco, proprio come Katniss, Peeta e altre persone che nemmeno conoscevo. Avevano intenzione di “colpirla alle spalle”, ma con le poche vere informazioni che avevo ricevuto non avrei potuto spiegarlo meglio di così. E qui entravo in gioco io. Ero l’unica persona rimasta di cui Alma avesse timore e a quanto pare esistevano delle persone così pazze da credere che una ragazzina di quindici anni potesse veramente rovesciare un governo e portare la nazione alla libertà. Io stessa che non li comprendevo come potevo aiutarli? Venni tristemente a conoscenza della prigionia di mio padre e della sofferenza di mia madre. Dio, quanto mi mancavano. Arrivammo così a casa loro. Era una piccola e modesta casa, non molto grande rispetto a quelle dei cittadini più poveri della capitale ma almeno dall’esterno sembrava accogliente. La facciata era in mattoni a vista, sui davanzali delle due finestre erano stati posti dei vasi di primule, dei fiori rigogliosi impossibili da trovare in quel periodo dell’anno. Peeta aprì piano la porta e attese che entrambe fossimo entrate. Il salotto era alquanto spoglio e non tanto decorato, davvero umile e semplice. A destra era presente un camino a legna acceso e sulla mensola sovrastante erano poste tre piccole cornici che contenevano tre diverse foto: la prima raffigurava Peeta stesso e Katniss abbracciati, lui indossa un grembiule e un cappello da fornaio e ha il volto sporco di farina, lei ride e nella mano sinistra tiene stretto un piccolo cupcake al cioccolato, sembrano davvero felici. La seconda foto ritrae invece un uomo, hai i capelli castani e la barba un poco ispida e anche lui sorride, ma stretta alla sua gamba vi era una bambina di circa sei anni, indossa una gonna grigia e una camicia bianca, i capelli sono legati in due trecce. La terza foto ritraeva una ragazza di circa undici anni, hai dei lunghi capelli biondi e tiene in braccio un gatto spelacchiato, anch’essa ride. Non volevo invadere la loro vita e così non ebbi il coraggio di chiederli chi ritraessero quelle due ultime foto, anche se avessi tanto voluto.
– Accomodati pure. Vuoi una tazza di tè e qualche dolcetto? – mi disse Peeta gentilmente. Io gli sorrisi e accettai subito. Mi sedetti sul divano e cominciai a guardarmi meglio in giro
– Come ti senti? – mi chiese Katniss dopo essersi seduta vicino a me
– Persa – le risposi.  



Risponde l'autore:
Mi dispiace per il breve periodo di attesa ma sono partita per una settimana e non ho potuto aggiornare. Mi scuso per una seconda volta per il cambio di rpospettiva della storia, questa sarà la novità di questa fan fiction, il point of view potrebbe cambiare in base ai vari momenti della storia e non sarà sempre quello della nostra Rose ma anche di qualche altro personaggio. Quindi per concludere, come sempre fatemi sapere cosa ne pensate. 

  
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