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Autore: AgelessIce    24/02/2013    8 recensioni
Sono stato davvero uno sciocco, a venire in questo luogo.
Da qui si vede particolarmente bene il tramonto, è un posto tranquillo, ci sono sempre venuto con lei, fin da bambini. Era una specie di rifugio, l’unico posto lontano dai pregiudizi della gente.
Era ovvio, che venisse qui, in un certo senso. Come ho potuto pensare di nascondermi proprio tra queste rovine?
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eagle Marin, Leo Aiolia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Impossibile.

-Aiolia POV-

Non saprei dire da quanto l’affetto, in un certo senso fraterno, che provavo per Marin, si sia trasformato in qualcos’altro. Di decisamente poco fraterno.
È semplicemente successo, e me ne sono accorto di punto in bianco.

Quando ho sentito l’irresistibile tentazione di prendere a pugni quell’ingenuo cavaliere d’argento, che si era avvicinato a lei più del dovuto.
Quando ho sentito una fastidiosa morsa allo stomaco e la gola secca, nel ritrovarmela davanti.
Quando, semplicemente vedendola, la mia giornata era notevolmente migliorata.

Eppure, nonostante io sia un cavaliere d’oro, nonostante io abbia affrontato numerose battaglie, nel corso della mia vita, non ho mai trovato il coraggio di informare anche lei di questa mia presa di coscienza.
Come un codardo.

Che è a dir poco paradossale, considerando che il leone è famoso per il suo coraggio.
Strano, il destino.
Semplicemente strano.

Eppure non mi sono mai pentito di non averle detto nulla.
Almeno fino a poco prima della fine.

Quando mi sono ritrovato di fronte quel muro maledetto, con i miei compagni, con mio fratello, ho pensato per la prima volta di essere stato davvero un idiota.
Ho sentito per la prima volta il rimorso.
Perché avrei davvero voluto vedere il suo viso.

Ma, ancora, ora che sono tornato, ora che Atena ci ha riportati alla vita, ora che mi è stata data una seconda possibilità, ancora non trovo il coraggio.


Mi appoggio ad una colonna, scompigliandomi i capelli con una mano e sorridendo senza allegria.
I miei occhi puntati sull’aquila d’argento, intenta a parlare con un cavaliere di bronzo che non mi sembra di aver mai visto, poco lontana.

Non mi ha ancora notato, lei.
Non sa ancora che sono tornato, che siamo tornati tutti.
Mi nascondo maggiormente nel gioco d’ombre creato dalle colonne di questo vecchio rudere, sospirando.

Sono passati tre giorni, dal nostro ritorno alla vita, e la dea ci ha permesso solo ora di uscire dalla tredicesima casa. Di rivelare agli altri la nostra ricomparsa.
Precisamente un anno dopo la nostra morte.

Ma nessuno di noi ha ancora mostrato la propria presenza, tutti i nostri cosmi sono ancora nascosti.
Porto lo sguardo al cielo, che comincia a tingersi dei colori del tramonto, solo per un secondo.
Poi la mia attenzione viene nuovamente reclamata dalla sacerdotessa, quasi questa fosse una calamita.

La vedo salutare cordialmente quel ragazzo, verso il quale mi ritrovo a provare una forte antipatia senza una ragione ben precisa, e poi dirigersi verso questo luogo.
Rabbrividisco, sparendo completamente dietro la colonna, con il timore di essere visto.

Sono stato davvero uno sciocco, a venire in questo luogo.
Da qui si vede particolarmente bene il tramonto, è un posto tranquillo, ci sono sempre venuto con lei, fin da bambini. Era una specie di rifugio, l’unico posto lontano dai pregiudizi della gente.
Era ovvio, che venisse qui, in un certo senso. Come ho potuto pensare di nascondermi proprio tra queste rovine?

Sospiro di nuovo, chiudendo gli occhi e  lasciandomi scivolare lungo la colonna, dandomi dell’idiota ancora una volta.
Non è da me, comunque, comportarmi in questo modo.
Nascondermi in questo modo.
 
E mi ritrovo a sbarrare gli occhi, quando avverto la sua voce allarmata.

“Chi c’è?”
Chiede, con autorevolezza, assumendo una posizione di difesa.

Probabilmente ha percepito il mio movimento.
E, ancora, mi ripeto di essere un idiota.
Mi alzo in piedi, con il respiro irregolare.
Come posso mostrarmi a lei così, di punto in bianco, senza preavviso, quando lei crede che  io sia morto?

“Rivelati.”
Incalza, con voce piatta, e quasi posso sentire i suoi occhi bruciarmi sulla schiena, come se potesse scrutare oltre il marmo della colonna.
Tenendo gli occhi chiusi, faccio un passo di lato, portandomi di fianco alla colonna, mostrandole il mio profilo.

E la sento trattenere un gemito di sorpresa, mentre la sua guardia si abbassa per un secondo appena.
Poi fa un passo indietro, riacquistando la posizione di allerta.
Il volto metallico che mi impedisce di scrutare il suo viso, di osservare la sua espressione.

“Non so chi tu sia, ma ti conviene riacquistare il tuo aspetto naturale.”
Il suo è appena un sibilo, una voce che non le appartiene.
Il tono che tradisce una profonda disperazione  trapela dalla sua voce normalmente atona.
Mi  ritrovo a sorridere mestamente, aprendo gli occhi e puntandoli su quelli della sua maschera.

“Sono davvero io, Marin.”
Sussurro, e lei affonda maggiormente un piede al suolo, assestandosi meglio.

“Non dire idiozie. Il cavaliere di cui hai presto l’aspetto se n’è andato un anno fa.”
Non usa la parola morto. La trova troppo dura, cruda, forse.

“Il muro del lamento. Lo so. Tutti i cavalieri d’oro sono morti quel giorno.”
Faccio un passo in avanti, mentre la vedo tremare leggermente.

“Atena ci ha dato una seconda possibilità. Ci ha riportati tutti alla vita.”
E brucio il mio cosmo, come prova che quel che dico è vero, per mostrarle che sono davvero io.
Perché nessuno può imitare il cosmo di un altro cavaliere alla perfezione.
Il suo cosmo è carico di odio, di disprezzo, finché non avverte il mio avvolgerla.

Lentamente, rilassa i muscoli, lascia le braccia scivolarle contro i fianchi, quasi fossero prive di vita.

“N-non è possibile”
Sussurra appena, con voce incredula e tremante.

Poco dopo, quasi a volere avvalorare la mia tesi, anche i cosmi dei miei compagni riprendono a splendere, in luoghi diversi, segno che anche loro hanno rivelato la propria presenza.
E trema,  l’aquila d’argento, solitamente fiera e distaccata, mentre si lascia scivolare al suolo, seduta scompostamente.
Continua a fissarmi con quegli occhi di metallo, inanimati, e noto che la maschera è scheggiata
E la cosa mi ferisce, in un certo senso.

Perché per lei quel volto metallico è sempre stato molto importante, perché per essersi incrinato deve aver affrontato nemici davvero pericolosi.
 Ed io non ero con lei.

“Non è possibile…”
Mormora ancora, con voce strozzata, mentre io le sorrido, rassicurante, avvicinandomi a lei ed inginocchiandomici difronte.

Le porto una mano alla spalla, impacciato, cercando di tranquillizzarla, e lei scatta come una molla, afferrandomi la maglia, stringendola con entrambe le mani, ed affondando il viso, pur coperto dalla maschera, nel mio petto.
Prendendomi completamente alla sprovvista.
Perché è di Marin, che parliamo. E lei è sempre stata distaccata.
E proprio perché è di Marin, che si tratta, mi ritrovo ad arrossire leggermente, mentre, con un’incertezza che non mi appartiene,  le cingo la vita con un braccio, mentre affondo una mano nei suoi capelli rossi, avvicinandola ulteriormente a me.

Ed è piacevole, almeno per me, quel contatto. Nonostante lei continui a tremare.

Quando pronuncia il mio nome,  più volte, con voce bassa e, probabilmente, rotta dal pianto, sono io ad avere un tremito.
Strano come io riesca a fronteggiare decine di avversari senza battere ciglio, mentre in una situazione come questa non abbia idea di come debba comportarmi.
Cerco di calmarmi, di controllare il mio battito cardiaco e riportarlo ad una frequenza normale, temendo che lei possa sentirlo, e la sposto appena da me, per permetterle di guardarmi in viso.

Sorrido,  mentre lei alza il viso, e apro bocca per parlare, ma lei mi precede.

“Tu eri morto, Aiolia.”
E lo dice con un tono disperato che non è da lei, mentre mi scruta con i suoi occhi dal colore ignoto, marcando la parola morto.

“Però sono tornato, no?”
Lei emette un suono frustrato che non riesco a comprendere, mentre si alza in piedi, tirandomi con lei.

“Hai la più pallida idea di quello che abbiamo provato, noi, quando i vostri cosmi sono spariti?”
La guardo allibito, non aspettandomi tale  domanda, e scuoto la testa, chiudendo gli occhi.

***

-Marin POV-

Sorrido, aspettandomi quella risposta, mentre le lacrime continuano imperterrite a rigarmi il volto, sfuggendo al mio controllo.
Gli porto una mano al viso,  beandomi di quel contatto, e lui riapre gli occhi, sorpreso, mentre io cerco le parole adatte da dirgli.

Perché non è difficile, da capire, accidenti.
Perché quando è morto, e, dannazione, pensarlo fa ancora uno strano effetto, mi è crollato il mondo addosso.
Perché lo sapevo, lo sapevamo tutti, che i cavalieri partiti per l’Ade avevano poche possibilità di fare ritorno, eppure mettere nella stesa frase “Aiolia” e “morto” mi suonava irreale.

Ed invece lui è morto davvero.
Ed io mi sono sentita infinitamente stupida, ad averlo fatto andare via senza avergli detto la verità.
Ed il rimorso mi ha divorata dall’interno, riducendomi ad un fantoccio.

Per questo motivo, adesso, lascio che la donna domini la guerriera. Per non dover provare mai più qualcosa del genere.
Mi porto la mano libera alla maschera, portandomela via la volto lentamente, e lui chiude gli occhi, di scatto.

“Guardami.”
Parlo con voce atona, la voce che mi ha caratterizzato da quando ho indossato l’armatura la prima volta, eppure suona diversa dal solito. Perché non c’è il metallo della maschera, a renderla fredda e distaccata come quella di un automa.

Lui ha ancora gli occhi chiusi, quando parla.

“Se vedo il tuo volto, avrai due sole scelte.”
Ed è strana, la sua voce, è quasi un sussurro.

“Uccidermi o amarmi.”
Continua, quasi con sforzo.

“Credi che io abbia intenzione di ucciderti, cavaliere?”
Uso un tono volutamente provocatorio, per spronarlo ad aprire gli occhi.
Perché poco importa, che lui non ricambi i miei sentimenti. Voglio solo levarmi un peso dal cuore.
Voglio solo che veda il mio viso e che capisca.
Mi meraviglio, però, nel vederlo aprire gli occhi sorridendo, scuotendo appena la testa.

“Immagino di no.”
Mi ritrovo ad arrossire, sotto il suo sguardo,  mentre lui si avvicina ulteriormente a me.

“Questo vuol dire che ti resta solo l’altra opzione.”
Continua, con voce incerta, guardandomi  con intensità.
E nonostante lui conosca ormai la risposta, me lo domanda lo stesso, parlando ad un soffio dalle mie labbra.

“Mi ami, Marin?”
Ed io non rispondo a quella domanda. Mi limito ad annullare la distanza,  portandogli le mani nei capelli, e gioisco, sentendolo rispondere al bacio.
 


Salve a tutti!
Ok, premesso che non ho mai scritto qualcosa di così... fluff, e che trovo i personaggi decisamente OOC, spero non vi abbia fatto troppo schifo xD
Ho pensato che fluffeggiare (?) ogni tanto non fa male, quindi voilà, è uscita questa cosa.
Di solito sono fissata con l'IC, quindi perdonatemi questa deviazione, questa volta, eh? X°°D


 
 
 
 
  
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