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Autore: cyrusfiancee    25/02/2013    14 recensioni
'Ti donerò la vita dovesse essere necessario' Meredith baciò la mano di Justin.
'Non te lo permetto' ormai le lacrime sfuggivano dagli occhi del ragazzo.
'Era una promessa; Ti proteggerò per sempre' e così Meredith entrò in sala operatoria, lasciando in quel freddo edificio da solo il suo unico vero amore.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                                                               Quattordicesimo Capitolo


 

Meredith aprì gli occhi quando ormai il sole era alto, una lieve folata di vento le colpì il corpo nudo provocandole un leggero tremolio, si voltò per nascondersi meglio sotto le coperte, quando si trovò a contatto con il corpo nudo di Justin, che ignaro di tutto dormiva pacificamente.
Non l’aveva mai osservato nel totale silenzio, e ora era lì tutto per lei, forse per l’ultimo giorno, se suo padre la sera li avesse divisi.
Il petto del biondo si muoveva su e giù seguendo il proprio respiro, e Meredith osservava i muscoli del ragazzo, che se pur prorompenti non facevano di lui un ragazzo robusto, anzi, lo rendevano maledettamente sexy; Meredith poggiò delicatamente i polpastrelli delle mani sul cuore di Justin ed iniziò a sfiorarlo fino ad arrivare al suo ventre, poi scrutò i lineamenti del viso; le labbra carnose a cuoricino, gli occhi con le lunghe ciglia, e il piccolo naso, si avvicinò a Justin lasciandogli un bacio proprio su quello, poi con l’indice accarezzò il labbro inferiore del biondo, per poi baciarlo anche lì.
Forse quelle erano le ultime attenzioni che poteva dargli, forse la sera stessa si sarebbero separati, ognuno per la sua strada e lei sperava così tanto che la strada di Justin fosse felice, e per lei sperava solo di non soffrire aspettando la morte, perché si immaginava su una sedia, in un ospedale, ad osservare il mondo da una finestra, mentre qualche lacrima le rigava il volto per poi tuffarsi nelle lettere di Justin che le raccontava di aver trovato qualcun altro di amare, che adesso si stavano per sposare, e lei incapace di camminare magari, che aspettava ansiosamente la morte.
Non voleva soffrire, avrebbe preferito una pugnalata al cuore, e nella sua mente stava già preparando tutto, una morte indolore, a nessuno sarebbe importato, Justin si sarebbe ripreso col tempo.
Le lacrime ormai sgorgavano dai suoi occhi, poggiandosi sul petto nudo del biondo, Meredith le raccoglieva sistematicamente, lasciando poi una scia di baci sulla nuda pelle del ragazzo, che ancora dormiva beatamente.
Lentamente Meredith si alzò dal letto, indossò la felpa del ragazzo poggiata sulla sedia, per rendere ancora più suo quel calore e quel profumo, raccolse i capelli in una coda alta e si diresse nella cucina della suite, per vedere cosa poteva preparare per la loro ultima colazione.
Voleva che quella giornata potesse essere perfetta, fatta di piccole gioie, se pur fasulle, ma almeno si sarebbero separati con un buon ricordo l’uno dell’altro.
Prese dal frigo le uova, il latte e dalla dispensa prese la farina, poi gettò tutto in una ciotola e iniziò a mescolare, appena finito lasciò riposare l’impasto, nel frattempo posizionò la padella sui fornelli, fece sciogliere un po’ di burro e infine versò un mestolino di impasto nella padella, fece così per quattro, cinque volte, ottenendo cinque frittelle, dalla dubbia bontà, ma sapeva che Justin avrebbe comunque apprezzato, poi ne mise tre nel piatto del ragazzo e due nel suo, afferrò lo sciroppo d’acero e lo versò sulle frittelle, dandogli un aspetto leggermente più gradevole, poi poggiò i piatti sul tavolo e, trovate le cialde, preparò il caffè, versandolo poi in due tazze abbastanza alte, infine prese un po’ di latte freddo dal frigo e lo aggiunse al caffè, poggiò il tutto in due vassoi, e prima portò il suo in camera da letto, lasciando, così, dormire ancora qualche secondo il ragazzo, poi si diresse in bagno, si sciacquò il viso ancora impregnato di lacrime, poiché nessun dolore doveva trasparire, e portò anche il vassoio del ragazzo sul comodino, si avvicinò al biondo e cominciò a baciargli il collo, facendolo mugugnare all’inizio, tuttavia quando capì chi fosse, la prese dal bacino e la fece distendere sopra di lui, prendendo a baciarle l’incavo del collo.
“Buongiorno” soffiò lei, tra le braccia del ragazzo.
“Buongiorno” sorrise lui, ancora assonnato.
“Ho preparato la colazione” fece lei, tutta entusiasta.
“Il tuo profumo è inebriante” Justin le spostò la coda dall’altra parte e prese a morderle la spalla.
“Dai, adesso basta, mangiamo” Meredith cacciò indietro le lacrime, e porse al ragazzo il vassoio, poi si sedette accanto a lui e prese il suo.
Justin sembrava apprezzare il tutto, poiché non proferì parola per almeno dieci minuti, e mangiò estasiato ogni boccone, assumendo buffe espressioni che portavano la bionda a ridere di sottecchi.
“Buone?” disse lei, quando ormai il ragazzo guardava desideroso anche le sue.
“Sì, sarai un’ottima moglie, e un’ottima cuoca” rise lui.
“Già..” quella era una di quelle frasi che la ragazza sperava che Justin non pronunciasse, e invece eccola là, ed il suo umore si incupì all’istante.
“Ehi?” Justin avvicinò la testa alla spalla della ragazza, lasciandole un piccolo bacio.
“Che c’è?” chiese lei, cercando di tornare alla normalità che sperava per quella giornata.
“Vuoi fare metà delle tue con me?” Justin assunse una faccia da cane bastonato.
“Sei un’animale, ne hai mangiate già tre e hai bevuto tutto il tuo caffè” sbuffò lei.
“Dai, dai, dai, dai..” ora lui la guardava di sottecchi, mentre lei rimaneva impassibile.
“Ma io ho fame” mise il broncio anche lei.
“Sei un mostro egoista” sbuffò anche lui.
“E tu diventerai ciccione” fece lei, con un’aria superiore.
“Meredith poggia il vassoio sul comodino”.
La ragazza incuriosita lo poggiò sul comodino, poi Justin si gettò a peso morto sopra di lei ed iniziò a torturarle le spalle affondando i denti e lasciando morsi quasi dolorosi, mentre lei indispettita cercava di liberarsi, e lanciava piccoli urletti che poi si trasformavano in grosse risate, poi finalmente, quando anche lui si stancò, la lasciò andare “Allora? Mi dai queste frittelle?”.
“Prenditele, basta che non mi mordi più”.
Ora lui, tutto felice, iniziò ad ingurgitare anche le sue frittelle.
Meredith andò in bagno, aprì l’acqua della doccia, tornò in camera e si svestì della felpa e delle mutande, mentre Justin, che ormai aveva finito di mangiare, la scrutava leccandosi e mordendosi le labbra, poi si accorse anche lui di essere nudo, affiancò la bionda e la seguì in bagno.
“Scusa che stai facendo?” chiese lei.
“Devo farmi la doccia, no?” sorrise lui.
“Ma ci sono io” fece lei, cercando di trattenersi dal ridere.
“La doccia da soli è noiosa, dai entra” Justin le diede una piccola spinta, facendola entrare dentro la doccia, poi diede un’ultima occhiata alla ragazza, ed entrò anche lui.
La doccia era abbastanza grande per stare comodamente in due, eppure Justin rimaneva attaccato al petto della ragazza, accarezzandole il seno.
“Sei bellissima” sussurrò poi.
“Grazie” sorrise lei, prendendolo in giro.
Justin afferrò il bagnoschiuma dal mobiletto accanto, ne versò un po’ sulla spugna, e lentamente iniziò a strofinarla sulla schiena della ragazza, che ogni qualvolta incontrava le dite affusolate di Justin, emetteva un leggero tremolio.
“Girati” fece lui, lei si girò e il biondo iniziò a strofinarle il petto, poi scese lungo il suo corpo, e durante la risalita si fermò sulla sua intimità, l’avvicinò a se e lasciò anche lì una scia di baci, che fecero gemere la ragazza, poi lei afferrò la spugna e, come il ragazzo, la strofinò prima lungo tutta la schiena, poi per il corpo e infine si fermò sul ventre del ragazzo, baciandolo appassionatamente, quando Justin le afferrò la testa e la avvicinò ancora di più alla sua intimità, gemendo anche lui.
Nessuno dei due venne, eppure entrambi ne avevano maledettamente voglia, così prima di sciacquarsi Justin la prese saldamente dal sedere la sollevò, facendola aderire con la schiena al vetro della doccia, ed entrò dentro di lei, e con pochi precisi movimenti entrambi giunsero al piacere, si tolsero la schiuma di dosso, e finalmente uscirono dalla doccia.

Il tramonto arrivò troppo presto, i ragazzi finirono di prepararsi, Justin indossò un paio di jeans scuri, una maglietta stretta bianca e una giacca di pelle, Meredith un abito lungo e aderente bianco, con la schiena scoperta se non unita da una piccola fascia che univa le due estremità dell’abito in argento, e un paio di decolté anch’essi argento, pensarono entrambi, che dopo la cena, comunque fosse andata, avrebbero passato una serata indimenticabile, proprio come tutta quella giornata.
Meredith si diede un’ultima occhiata, passò un po’ di rossetto rosso sulle labbra e legò i capelli in una coda alta ed elegante, poi vide Justin avvicinarsi a lei.
“Ho una cosa per te” sorrise lui.
“Per me?” chiese incredula lei.
Justin tirò fuori dalla tasca una lunga bustina, estraendo una collana a girocollo di perle, poi si posizionò dietro la ragazza e delicatamente gliela mise.
“Sei pazzo.. cioè, è stupenda… ma… insomma Justin… ti sarà costata un botto, dio sei un’idiota lo guardò negli occhi ma ti amo”.
“Ti amo anche io biondona sexy” l’avvicinò a sé e l’abbraccio, tenendola stretta, per non farla scappare, mai.
“Ora andiamo” Meredith afferrò la mano del ragazzo e si diressero al ristorante dell’hotel.
Da lontano scorsero l’uomo che fino a quel giorno avevano visto solo attraverso delle vecchie foto, gli fecero segnale e lui si avvicinò un po’ stizzito.
“Salve” fece lui.
“Salve” dissero in coro i ragazzi.
“Accomodatevi”, Justin e Meredith si sedettero vicino, tenendosi la mano sotto il tavolo.
“Allora lei è la signora Veronica?” chiese Manuel.
“In realtà sono tua figlia” disse con una strana tranquillità la bionda.
“Scusi come?” sgranò gli occhi lui.
“Si, sono tua figlia Meredith, e sono venuta per chiudere una volta per tutte questa storia, e so bene che sai chi sono, e so che la polizia mi sta cercando, e che forse sono stata idiota a praticamente consegnarmi, ma è arrivata l’ora della verità” la bionda strinse la mano di Justin, che delicatamente accarezzo la sua.
“Non c’è nessuna verità” fece lui, alzando le spalle, ma parecchio nervoso.
“C’è tanta verità, ed io la voglio tutta, poi se vuoi tornerò in collegio, aspetterò di morire così come tu hai designato per me, ma adesso esigo la verità” sbottò lei, faticando a trattenere le lacrime.
“Bene, cosa vuoi sapere?” la incalzò lui.
“Tutto” sospirò lei.
“Anni fa, come sicuramente saprai, perché non mi sembri stupida, persi una figlia, la mia cara bambina, perché non c’era nessun donatore di polmone, e morì. Ne soffrii così tanto, e non ero arrabbiato, ero solo ferito, poi scoprii che eri nata esattamente il giorno in cui lei morì, mi sembrò così crudele, tu dovevi pagarla, e pensai a un piano, e me ne venne uno geniale; un collegio di donatori, tutto a scopo benefico secondo il mondo, ma non volevo uccidere nessuno, volevo solo uccidere te, poi sei scappata, e dio solo sa quanta rabbia ho provato e adesso sei qua, finalmente” raccontò lui, con una luce crudele negli occhi, che fece tremare i ragazzi.
“Lei non può uccidere Meredith” sbottò finalmente Justin.
“E tu chi saresti?” chiese l’uomo ridendo dall’affermazione del ragazzo.
“Non importa chi sono, so che lei è il padre di questa ragazza, la guardi, guardi i suoi occhi, i suoi capelli, guardi quanto è bella, guardi quanto è fragile, come può pensare di farle del male, e se solo la conoscesse, lei saprebbe quanto è speciale, la prego” Justin sussurrò le ultime due parole, che uscirono come una vera e propria supplica.
“Ormai i patti sono fatti, quando Meredith morirà poi chiuderò il centro, non ho intenzione di uccidere nessuno a parte lei” disse semplicemente lui, come se quella frase fosse la più normale.
“Ma…” Meredith strinse la mano di Justin, facendolo tacere, “Justin basta, non importa. Morirò, lo accetto, ma ti prego, ti prego, prometti che chiuderai la scuola, e morirò felice e sicura di aver fatto almeno del bene”.
“La chiuderò se è questo che vuoi, ma devo avere la mia vendetta” sorrise sghembo lui.
“Va bene. Ma un’ultima cosa… Non voglio tornare in collegio, starò con Justin, e non appena troverai qualcuno che avrà bisogno dei miei organi io verrò, ma non togliermi questi ultimi giorni con lui” Meredith  asciugò le piccole lacrime che le stavano per sgorgare.
“Sarà fatto” sorrise lui, sentendosi, forse, una persona migliore.
“Grazie” Meredith si alzò, e seguita da Justin lasciarono il salone, ma non dopo aver dato il loro numero di telefono al padre.
“Tu sei pazza, potevamo farcela” urlò lui in mezzo alla strada.
“Non importa, per favore Justin, non urlare” adesso le lacrime potevano prendere il loro corso, e lei non ne aveva paura.
“Si che importa cazzo, hai fatto un casino Meredith, io senza di te non posso vivere, non lo capisci?” e anche lui adesso aveva il viso pieno di lacrime.
“Justin, ti prego, ti prego, questa deve essere la nostra serata” Meredith, si aggrappò alla giacca del biondo, supplicandolo.
“Non ci riesco” Justin si voltò ed iniziò a correre per la città, lasciando Meredith da sola su quel marciapiede, per poi accasciarsi al pavimento e piangere senza smettere.
Qualche minuto dopo il telefono di Justin, che aveva lei, iniziò a squillare.
“Pronto?” rispose lei, tirando su col naso.
“Salve sono il dottor Mike, è la madre di Justin?” fece l’uomo.
“No, ma sono la ragazza mi dica pure” Meredith cercava di trattenersi.
“Purtroppo abbiamo una brutta notizia, abbiamo appena preso in mano le analisi che Justin aveva fatto parecchi mesi fa, dato che ci aveva chiesto di non guardarle subito, purtroppo il soffio al cuore è diventato sempre più grande, e non rimane altro che sperare in un trapianto, o Justin morirà”.






















Spazio Autrice 

Hola.
Ok, mi volete sicuramente uccidere, scusatemi, vi giuro, mi sento in colpa in un modo assurdo, ma avete presente che sono piena di studio fino alle unghia dei piedi? ecco, esattamente così.
Poi questo capitolo è molto lungo, ed è molto bello secondo me, quindi siate fiere di me lol.
Mi raccomando le recensioni che ci tengo un saccchisssimo, vi amuz.

  
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