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Autore: Auty91    11/09/2007    26 recensioni
{...} E così mascherava la frustrazione con un sorriso triste. Rispondeva sempre –Sì, tutto ok- quando Tom gli chiedeva dubbioso, davanti alle folle urlanti di antifan, se stesse bene...
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I can go on
(Io posso andare avanti)





Era iniziato tutto con fatti molto semplici, quasi nulli.

Gruppi poco numerosi di ragazzi fuori dai cancelli, armati di striscioni, che aspettavano la loro uscita per rovesciargli addosso torrenti di urla e insulti gratuiti.

All’inizio non ci aveva fatto caso, o meglio, aveva cercato di non dar peso alla cosa: non poteva pretendere che la loro musica facesse impazzire tutto il mondo. Ci sarebbe stato sempre e comunque qualcuno che non avrebbe apprezzato il loro genere, il loro look o quant’altro e tutto questo, lui lo sapeva, sarebbe stato perfettamente normale.

E poi, superati quei pochi che protestavano contro di loro, c’era una folla di ragazzi che li accoglieva con urla e fischi di approvazione, tutti sorridenti e smaniosi, che agitavano cartelloni con su scritti i loro nomi. Li acclamavano, cantavano le loro canzoni, li ammiravano.

E per quanto quel gruppo in protesta potesse crescere, a Bill bastava sapere che ci sarebbe sempre stato qualcuno a sostenerli per recuperare sorriso e buon umore.

Eppure…

Eppure i ragazzi in protesta erano sempre di più, sempre più accaniti. Mano a mano che il successo del gruppo cresceva, anche il numero di quei ragazzi –gli anti-fan, così li aveva chiamati David- aumentava velocemente.

Ad attenderli fuori dai cancelli non c’era più un gruppo ristretto di ragazzi a insultarli. C’era un vero e proprio esercito di anti, e ben agguerrito anche, che non si limitava più a critiche più o meno pesanti sulla loro musica.

Era così che, con una stretta al cuore per la frustrazione, Bill aveva capito che quei ragazzi non li detestavano, non disprezzavano la loro musica: loro li odiavano, odiavano i loro look e le loro canzoni. Odiavano i loro fan e qualunque avesse qualcosa a che fare con i Tokio Hotel.

La prima volta che uno di quegli anti aveva tirato loro una bottiglia, Bill era rimasto molto più che di stucco; e quando a quella bottiglia se ne erano aggiunte altre, assieme a uova e qualunque cosa capitasse loro tra le mani, per un attimo aveva creduto di trovarsi in incubo.

Non era possibile che certa gente detestasse così tanto il gruppo!

Potevano non apprezzarli, questo lo capiva, ma aggredirli a quel modo significava non avere il minimo rispetto per loro.

Le prime volte Tom si era infuriato. –Ma come si permettono?- ringhiava in continuazione, fissando con astio gli antifan da dietro i vetri a specchio della limousine –Tirarci oggetti, addirittura! Ma non hanno niente di meglio da fare?-

E per quanto David cercasse di calmarlo, per quanto ripetesse a tutti loro di ignorarli e andare avanti come se niente fosse, sorridendo ai veri fan, Bill non riusciva a dar torto al fratello.

Sicuramente non sarebbe sceso dalla macchina a darle di santa ragione a tutti quei ragazzi –come, invece, aveva sentito Tom progettare parecchie volte-, ma gli era impossibile fingere che non fosse accaduto nulla.

Mentre in suo fratello cresceva sempre più rabbia nei confronti degli anti, in lui nasceva una sorta di triste rassegnazione. E non perché forse, da una parte, aveva davvero sperato che la loro musica colpisse chiunque; perché, piuttosto, vedeva fino a che punto il “fenomeno Tokio Hotel” potesse arrivare ad essere odiato da molta gente.

Non era mai stato il primo della classe in lingue straniere, ma aveva quelle poche conoscenze di base dell’inglese o dell’italiano, grazie al tour, per riuscire ad afferrare in linea di massima il senso degli striscioni degli anti.

E piano piano cominciava a capire come il suo look, che riscuoteva tanto successo tra i fan, potesse essere così fortemente criticato da tutti gli altri. Cominciava a capire come il suo gioco d’ambiguità fosse frainteso e discusso da tutti, come i suoi testi venissero disprezzati e tutto il suo modo d’essere messo in discussione.

Scopriva, insomma, il mondo degli antifan.

L’unico modo per evitare quelle critiche, per scampare a quell’odio sembrava essere, a conti fatti, cambiare da capo a piedi fino a tornare “normale” per le loro aspettative. Ma come potevano chiedergli di rinnegare se stesso? Come potevano pretendere che smettere d’essere Bill?

Perché era con la sua immagine, con le canzoni a cui donava la propria anima che Bill riusciva a esprimere il suo modo d’essere, se stesso in persona. E, si ripeteva cercando di farsi coraggio, un gruppo di antifan non sarebbe riuscito a fargli cambiare idea.

E così mascherava la frustrazione con un sorriso triste. Rispondeva sempre –Sì, tutto ok- quando Tom gli chiedeva dubbioso, davanti alle folle urlanti di antifan, se stesse bene.

Cercava di convincersi nel profondo che, finché ci sarebbero stati i fan o chiunque amasse il gruppo, nemmeno le insinuazioni più assurde sulle sue tendenze sessuali lo avrebbero ferito.

E poi era successo.

Un albergo come un altro, una camera munita di computer e una connessione a un sito di news musicali. E così l’aveva visto.

“Bill Kaulitz dei Tokio Hotel: l’incidente di stamattina rischia di farlo rimanere cieco per sempre?” e, a seguire, i messaggi disperati delle fan.

All’inizio aveva fissato la pagina sconvolto, battendo più volte gli occhi. Per quanto sforzasse la memoria, non riusciva davvero a ricordare alcun incidente apparente che avesse potuto privarlo della vista per sempre.

Aveva continuato a leggere, ancora sotto shock, e finalmente aveva capito. E non appena l’aveva fatto, il primo pensiero razionale che era riuscito a formulare era stato “Non è possibile”.

E si disse che avrebbe preferito non sapere nulla.

Uno scherzo. Lo scherzo idiota di un antifan, di uno di quei ragazzi che li aspettavano fuori dai concerti per bombardarli di insulti e uova. Un antifan che aveva messo in giro la voce che lui aveva avuto un gravissimo incidente, che lui aveva subito tante di quelle lesioni da perdere la vista. Che lui non avrebbe più potuto cantare, che lui sarebbe rimasto cieco per sempre.

Una stupidaggine bella e buona, subito gonfiata e sostenuta da centinaia di altri antifan che sostenevano di “averla sentita persino in tv, tutto vero”, facendo disperare le fan che poi, ovviamente, si infuriavano una volta scoperta la verità.

Aveva chiuso la pagina, sconvolto.

Fissava il muro rivedendo, al posto della parete bianca, le risposte dei lettori che gli scorrevano davanti agli occhi. “E’ tutta una farsa”. “Solo stupidaggini”. “Dovreste vergognarvi”. “Gli sta bene”. Gli sta bene?

Suo fratello era entrato nella stanza; non aveva impiegato molto per notare la sua faccia stravolta.

-Bill? Bill, che cos’hai? Tutto bene?-

Non aveva risposto. Si era limitato a fissarlo con occhi improvvisamente vacui, senza riuscire ad aprir bocca, e in un attimo se l’era ritrovato vicino che lo scuoteva per le spalle, preoccupato. Si era stretto alla sua maglia, nascondendoci il viso, mentre suo fratello lo lasciava fare interdetto.

Aveva capito di stare piangendo solo quando aveva sentito delle lacrime calde scendergli lungo le guance.




Com’era possibile?

Com’era possibile che certa gente lo odiasse così tanto da mettere in giro certe voci? Poteva sopportare le critiche sul suo look, benché lo infastidissero.

Poteva fare altrettanto, anche se con più difficoltà, con le insinuazioni sulle sue “dubbie” tendenze (persino Tom ci scherzava di tanto in tanto, ma quelli altrui non erano certo scherzi, e questo lo sapeva bene).

Ma che si arrivasse a inventare stupidaggini sulla sua salute, a immaginare misteriosi incidenti e gravissime lesioni… ad augurargli una cosa simile, questo era davvero troppo.

Per quanto criticassero le sue canzoni, i suoi vestiti e il suo carattere, non poteva credere che ci fossero persone così… non sapeva come definirle.

Non sapeva se odiarle o se compatirle, perché non capivano quanto potessero essere sciocche e ridicole, non sapeva se piangere dalla rabbia o dal dolore.

Non sapeva niente.

Con pochissime parole, in un attimo, aveva visto sgretolarsi tutte le sue certezze su quello per cui aveva lavorato con anni col il resto del gruppo, su quello che aveva costruito con tanta passione. E, cosa ben peggiore, non riusciva a darsi un perché.

Non riusciva a spiegarsi come mai molta gente non cogliesse tutta l’energia che impiegava per qualunque cosa, la sua passione, il suo lavoro, come potessero non solo criticarlo, ma diffamarlo in modo tanto violento.

E non lo pensava solo perché lui era Bill Kaulitz, il famoso vocalist dell’altrettanto famosa rock band. Non lo pensava perché era ben cosciente che fuori dall’albergo orde di ragazzine fremevano e strillavano per vedere lui e la band.

Lo pensava perché come persona, come essere umano, aveva il proprio diritto di essere se stesso, senza limiti né limitazioni.

Eppure gli antifan, e non quelli che non apprezzavano la sua musica, esistevano comunque, e saperlo gli faceva più male di qualunque “gravissima lesione”. Esisteva gente che vociferava su di lui, esisteva gente che gli augurava un incidente in cui perdere la vista.

Esisteva gente che lo odiava a tal punto, odiava lui e i gruppo, da mettere in giro voci tanto false quanto malvagie.

E Bill non riusciva ad ignorare anche questo.

-Non… non devi farci caso. I soliti antifan idioti- gli aveva detto Tom cercando di consolarlo, ma nel suo sguardo tanto uguale al suo Bill leggeva a chiare lettere tutta la sua collera, la sua voglia di scendere in strada a picchiare chiunque avesse messo in giro una voce simile.

E così rifletteva. Si chiedeva se tutti quegli antifan non avessero avuto ragione, se non fossero nel giusto ogni qual volta lo criticavano, se avessero fatto bene a dire una cosa del genere, e poi si dava mentalmente dello stupido, ben sapendo che un conto sarebbe stato accettare le giuste critiche, e un altro detestarsi solo perché qualcun altro faceva altrettanto.

In fondo, si era detto poi, non c’era solo gente che lo disprezzava. C’erano pur sempre i fan, no? Quei fan sfegatati disposti a tutto per la band, quei fan che apprezzavano veramente il suo modo di essere.

-Fregatene. Fregatene di tutti loro- a far breccia nei suoi pensieri erano state le parole del fratello –Noi non abbiamo bisogno di certi idioti. Tu non hai bisogno di certi idioti per sapere come essere, come vestirti, cosa scrivere- lo aveva guardato seriamente –Non dovremmo nemmeno prestare attenzione a persone che inventano certe str… stupidaggini-

“Perché abbiamo i fan” aveva pensato Bill, annuendo.

-Perché abbiamo noi stessi- aveva concluso invece Tom, stringendosi nelle spalle e cogliendolo di sorpresa –Perché tu hai te stesso. E nessuno può etichettarti e dirti cosa fare e come essere per non essere criticato, tanto meno un idiota che non ha niente di meglio da fare dalla mattina alla sera e che mette in giro certe voci-

E Bill finalmente aveva capito.

Sì, ci sarebbe sempre stata molta gente a criticarlo.

Ci sarebbe sempre stata molta gente a cui non sarebbero piaciute le sue canzoni, che avrebbe storto il naso di fronte al suo look eccentrico, che lo avrebbe additato come un diverso.

E sì, ci sarebbe sempre stata gente a inventare sciocchezze di quel genere che lo avrebbero fatto star male.

E per quanti fan al mondo potessero sostenerlo, adesso Bill lo sapeva, non sarebbe stato grazie a loro che avrebbe potuto andare avanti.

Finché ci fossero stati i ragazzi, finché ci fossero stati i Tokio Hotel, ce l’avrebbe fatta. Finché ci fossero stati Tom, e la mamma e il papà, avrebbe superato tutto.

Finché ci fossero state le sue canzoni, le sue parole, la sua anima in ogni testo, avrebbe saputo dare il meglio di sé e affrontare ogni cosa.

Finché ci fosse stato lui, con le sue idee e il suo modo d’essere, Bill sapeva che sarebbe potuto andare avanti.








IMPORTANTE!!

Si tratta di una fanfiction scritta di getto, in un momento in cui avevo assoluto bisogno di sfogarmi.
La notizia che trovate all'interno della storia, ovvero che Bill ha avuto un incidente in cui è rimasto cieco, è falsa; purtroppo, tuttavia, il fatto che sia stata messa in giro una voce tanto idiota è vero.
Un qualche antifan ha seriamente sparso questa voce, e ho letto persino commenti di persone che auguravano sul serio a Bill una cosa simile.
E io penso che sia una cosa orribile.
Orribile non solo perchè sì, si può detestare una band ma non fino a questo punto, ma soprattutto perchè Bill Kaulitz è una persona , santo cielo, che ha il diritto come tutti di essere come e quello che accidenti vuole. E mettere in giro voci su una sua possibile cecità o sulla sua salute a rischio solo perchè non si apprezzano i Tokio Hotel è la cosa più ridicolo e cattiva che abbia mai sentito.
E' vero, c'è gente (gli antifan, ma ovviamente non tutti) che si presenta ai concerti dei Tokio per lanciar loro uova e bottiglie, così come appunto c'è gente che ha alimentato quest'orrenda voce su Bill solo perchè non aveva un emerito niente da fare.
Ci sono rimasta così male, ma anche così arrabbiata, quando l'ho letto, che dovevo assolutamente trovare un modo di sfogarmi. E quando devo sfogarmi, o riduco in brandelli qualunque cosa io abbia tra le mani, o scrivo. E visto che tra le mani avevo una versione per le vacanze di greco, e mi sembrava davvero poco opportuno disintegrarla, mi sono messa a scrivere, ed ecco il risultato.
Specifichiamo: io non ce l'ho con gli antifan. E' perfettamente comprensibile che i Tokio, così come molte altre band, possano non piacere.
Ma che si mettano in giro voci di questo tipo non posso davvero farmelo andare giù, e mi è venuto spontaneo chiedermi "Se io sto così, chissà come potrebbe stare Bill Kaulitz leggendo una cosa del genere!". Ecco ciò che ne è venuto fuori.
Mi scuso se ho usato una ff come valvola di sfogo, e mi scuso ancora di più per il delirio qui sopra XD ma spero che, nonostante tutto, qualcuno la pensi come me.
Un bacio a tutti, fan o anti che siano, per aver avuto la pazienza di arrivare a leggere fin qui ^^
alla prossima
Auty
  
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