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Autore: juterisapromise    25/02/2013    4 recensioni
'Purtroppo, a volte, l'amore viene visto solo come un sentimento che lega un uomo ed una donna.
Fortunatamente, ce ne sono altri, come quello per la musica.
Io parlerò soprattutto di questa passione che lega due persone.
Accetto critiche, consigli e recensioni.'
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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“Imagine there’s no countries. It isn’t hard to do. Nothing to kill or die for and no religion too. Imagine all the people living life in peace. You may say I’m a dreamer, but I’m not the only one. I hope someday  you’ll join us and the world will be as one.”
 
Le mie mani sfiorarono per l’ultima volta gli ottantotto tasti del piano forte e le mie corde vocali emisero gli ultimi suoni. Feci un profondo respiro. I capelli castani e mossi, con riflessi biondi, mi caddero sulle spalle, e altri sugli occhi. Li scostai velocemente e con lo sguardo mi rivolsi a mio padre. Diversamente dalle altre volte, era lì. Nella stessa stanza della musica in cui provavo tutti i giorni con il mio professore. Era lì. Per me. Sorrisi. Aveva gli occhi lucenti, rossi e un po’ gonfi. Mise una mano nella sua tasca e cacciò il suo solito fazzolettino bianco, asciugandoli. Venne a sedersi di fianco a me, sulla poltroncina in legno, con rivestimenti rosa, abbracciandomi.
Destiny Hope Cyrus, sono così fiero di te.”
No, non era la prima volta che si complimentava con me, ma nemmeno una delle tante. Avevo appena suonato e cantato la sua canzone preferita. Avevo appena reso omaggio ad un artista che amava la musica con tutto il suo cuore, come me e come mio padre. Avevo appena svelato tutti i segreti di quel testo, li avevo resi miei e mi ero innamorata, ancora una volta.
“I miei complimenti, Destiny. E’ una canzone diversa dalle solite, è una canzone che non tutti sono capaci di interpretare, ma tu ci sei riuscita benissimo.” Queste, invece, furono le parole del mio insegnante, anche lui contento del lavoro svolto.
“Grazie. Ad entrambi.” Feci un sorriso timido ed arrossii. “Sono molto felice che vi sia piaciuta. Questo è il mio regalo per te, papi.” Finii di parlare e le mie labbra rosee, un po’ pallide e secche per il troppo cantare, si posarono sulla sua guancia sbarbata.
 
Lasciai cadere i miei lunghi capelli sul letto bianco, impregnato dall’odore della lavanda. Inspirai forte, assaporandolo. Sorrisi, perché salirono a galla nella mia mente molti ricordi. Come quello dei miei campi di lavanda, o dei pomeriggi passati a raccoglierne tanta da formare coroncine e centri tavola per mia madre.
Mi mancava tutto quello. Mi mancava la mia seconda Terra. Amavo l’Italia. L’amavo come un uomo ama la sua donna, o come i soldati di un tempo amavano la loro Patria. Amavo tutte le sue curve, tutti i suoi monumenti, tutti i suoi paesaggi. Amavo il mare, i monti e le persone. L’amavo con tutta la sua storia, i suoi autori ed artisti, con la sua importanza e bellezza.
Ma non l’avrei amata mai quanto la mia America, o la mia Francia.
Una la mia casa, la seconda il mio Paradiso.
Però, se c’era una cosa che mia madre mi ripeteva sempre, era questa: “la casa è dove si trova il cuore.”
Lasciai per un attimo i ricordi e le belle emozioni da parte, e cercai di dedicarmi allo studio. Ma fu quasi del tutto inutile. Nonostante la mia buona volontà, la mia mente era in tutt’altro luogo. Era circondata da meravigliose note, da tasti bianchi e neri, da sei corde che emettevano vibrazioni e le diffondevano nel Mondo.
La penna scivolò dalle mie mani e si posò sul foglio bianco, pieno di numeri, piani cartesiani e formule che non trovavano nemmeno un po’ di spazio nella mia testa.
Mi alzai, scattante, e mi precipitai alla chitarra. Mi sedetti in terra e il resto venne da sé.
Su quei fogli, differentemente da quelli di scuola, non c’erano numeri, ma solo parole, note, idee. Le mie dita, leggermente affusolate, toccavano, accarezzavano le corde, con una delicatezza tale che sembrava di toccare la seta.
Quella sera cantai, suonai e scrissi. Scrissi così tanto che le mani si macchiarono di inchiostro, divennero stanche e dovetti fermarmi.
Mi fermai e mi addormentai lì, sul mio pavimento bianco e freddo, confortata solo dall’abbraccio della mia chitarra.
  
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