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Autore: mesafe    25/02/2013    0 recensioni
Salgo in camera e mi rimetto a piangere. Mio padre bussa alla porta e mi chiede cosa sta succedendo.
Fortunatamente lui mi capisce e scende a parlare con la mamma che mi sorride.
Mi metto le scarpe, prendo il casco,le chiavi e salgo in motorino. Senza giubbotto.
Voglio che quella cazzo di scritta gialla gli incenerisca la testa.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Leggete questa OS con “Storia Impossibile” di Andrea Nardinocchi.
 
 
 

E’ troppo tempo che volevo dire
che non sto bene
e mi sembra di capire
sia lo stesso per te

 
Non capivo perché aveva troncato la telefonata, così, senza ragione. Non avevamo litigato e lui mi aveva detto che tutto andava bene, ma a me non sembrava.
Sembrava triste, come se una cosa brutta gli fosse capitata. E adesso non ci stava perché stavo leccando le mie ferite e non stavo proprio bene.
Nemmeno io sono nel periodo migliore della mia esistenza. A scuola tutto è disastroso e la mia vita è appesa a un filo.
E quel filo è lui e io non voglio che si spezzi.
Presi le chiavi del motorino e il mio casco perché così non potevo andare avanti. Per quale motivo il mio ragazzo non mi parla? Sa perfettamente che io ho molti amici e amiche, certo, e che la mia vita non dipende solo da lui, ma anche da lui.
Come faccio a stare senza sentirlo per 2 giorni? Dico 2 giorni.
Impossibile.

ma forse tu mi sai spiegare
cosa ci impedisce di parlare
un po’ più liberamente

Suono il campanello di casa sua e esce sua madre, una della persone più dolci della terra.
Lui non c’è perché è con i suoi amici a giocare a calcetto. Che cogliona. Un anno che sto insieme a lui e non ho ancora capito che il martedì ha calcetto. Devo fare un’agenda con i suoi soli impegni.
Sua mamma mi dice di chiamarlo perché tanto doveva tenere il telefono acceso per degli impegni.
Lo sguardo di sua madre era calmo e rilassato e anche quello del padre che faceva capolino da dietro. La sua famiglia, conoscendola, si sarebbe preoccupata per lui se c’era qualcosa di strano in lui. Eppure dalle loro espressioni non vedevo niente.
Che cosa stava succedendo? Mi voleva lasciare? Non mi poteva lasciare. Mi sarei ritrovata senza ragazzo, e ciò non mi importava, ma soprattutto senza migliore amico.

E questo si che mi importava.

E ti ho chiamato prima
ma non c’eri
volevo solo dirti
che stasera ci sono

 
5 chiamate senza risposta. Lo avevo chiamato 5 volte.
Non sono andata oltre perché evidentemente gli stavo dando noia e, sinceramente in quella giornata piena di confusione, non volevo farlo.
Scorrevo nella mia mente tutto ciò che avevo fatto nelle ultime settimane per capire se avevo commesso uno sbaglio, ma non ricordavo nulla di questo perché quando si presenta un problema, una discussione ne parliamo subito.
Torno a casa perché fuori fa freddo e gli invio un messaggio.
“Volevo solo dirti che stasera ci sono IO. Per qualunque problema chiamami. Ci sono sempre.”
Mi tolgo la mia felpa e la maglietta e mi metto la sua felpa senza cerniera viola con una scritta gialla canarino nel petto, un cappuccio e dei lacci bianchi. Quella felpa fa veramente schifo, ma è la felpa che aveva la sera della nostra prima volta e da quel giorno l’ho sempre tenuta io e lui la usa come pigiama quando viene da me.
Non sapevo se sarebbe rimasta ancora mia.


ma vieni tu da me oppure
vengo io da te
tanto quello che c’è
non si può più spegnere

 
Dio esiste. Mi aveva risposto al messaggio e la cosa non mi piaceva.
“Vieni tu da me che dobbiamo parlare e a casa mia mi sento più a mio agio”
Appena letto il messaggio iniziai a piangere. Non so perché, ma vedevo la mia relazione finire in frantumi e io non avrei retto  una cosa del genere nel periodo che sto passando.
Appena mi arrivò il messaggio ero a letto con il pigiama perché mi sentivo stanca anche se erano le 5 del pomeriggio. Mi vesto con la sua felpa, un po’ per protesta e un po’ per fargli rivenire in mente la sera di qualche mese prima, una gonna nera di una stoffa liscia e delle calze nere.
Mi raccolgo i capelli in uno chignon alla meno peggio. Vado in bagno, mi lavo i denti, le mani e il viso. Scendo le scale e mia mamma mi chiede dove io stia andando.
Le dico che avevo litigato (avevo litigato? Avevo rotto? E chi lo sapeva) con lui e lei mi dice che non posso andare. Le dico che quel giorno a scuola avevo recuperato due materie e che ora me ne mancava solo una, ma lei nulla.
Salgo in camera e mi rimetto a piangere. Mio padre bussa alla porta e mi chiede cosa sta succedendo.
Fortunatamente lui mi capisce e scende a parlare con la mamma che mi sorride.
Mi metto le scarpe, prendo il casco,le chiavi e salgo in motorino. Senza giubbotto.
Voglio che quella cazzo di scritta gialla gli incenerisca la testa.

anche se ci sta facendo male
se mi sembra di vivere
dentro una storia impossibile.

 

Gli invio un messaggio dicendogli che ero arrivata. Mi apre suo padre che stavolta aveva un viso rattristato. E santo dio, ora ci si mette anche lui? Poi arriva la madre che con un tono di voce malinconico mi dice di andare nel giardino.
Mentre sto per aprire la porta del giardino vedo un biglietto appeso alla porta.
Da quello che c’era scritto mi ero ricordata che oggi facevamo un anno. Che tempismo perfetto.
Apro la porta.
Candele e urla di tutti i nostri amici, lucette colorate, dolci e bevande. Rimango sbigottita.
Mi giro e vedo mio padre e mia madre che mi sorridono e che chiudono la porta che io avevo lasciato aperta.
Ma per quale motivo mi sono vestita così?
Mi giro.
Santo dio come era bello nello smoking. Aveva un mazzo di rose e un biglietto con scritto scusa era incastrato tra le rose.
Gli salto in braccio e lo bacio. Tutti i flash dei ragazzi e delle ragazze che ci circondano si liberano. Vado a salutare tutte le mie amiche e mangio tipo 5 fette di torta. Questa serata è bellissima.


E poi non mi so spiegare
come tu mi sai fare sorridere
mentre mi fai incazzare.

Mentre tutti sono andati via io lo vedo in fondo al giardino. Si era cambiato e aveva i jeans, una maglietta bianca e una felpa. Molto meglio della mia.
Mentre mi dirigo verso di lui prendo in mano il biglietto della porta. Lo rileggo e vado verso di lui.
“Bella felpa Eli.”
“Grazie Ale, niente male è? E’ la tua.”
Gli sorrido e lo bacio di nuovo.
Il biglietto diceva:

Senza te sarei vuoto e senza te
Non potrei vivere,ma grazie a qualcuno
Ci siamo incontrati.
Ti amo Elizabeth.

  
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