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Autore: AlfiaH    26/02/2013    1 recensioni
"La sua risata allegra e cristallina riecheggiò nell’aria, negli alberi, nel torrente e la natura inarrestabile sembrò fermarsi come se avesse ritrovato il suo perfetto equilibrio"
Genere: Fluff, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Belgio, Paesi Bassi, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Allora, la fanfic contiene tematiche delicate anche se le scene di violenza non sono descritte, per questo ho messo reading arancione. Più per sicurezza che per altro.
Non so se contiene errori, sono le 2,45 di notte e non ho tempo di rileggerla , mi sto cecando quindi se ne trovate segnalatemeli DD:
Dedico questa cosa alla mia fan numero 1 (spero é__é), Clody Mana u.u Non aspettarti nulla é__é
Vabbeh, fatte le premesse, ringarzio i futuri recensori e vi lascio la storia
A voi!


Equilibrio





La luce filtrava nella stanza dalle fessure della tapparella non completamente abbassata, il venticello fresco solleticava le tende color cannella che si abbassavano e si rialzavano a ritmi irregolari e l’aria non sembrava più né tenebrosa né pungente quanto lo era stata la sera prima, nonostante si percepisse chiaramente ancora l’umidità e l’odore di bagnato che, quella mattina di primavera, il sole sembrava avesse intenzione di far sparire del tutto.
Olanda spostò il braccio che copriva gli occhi giusto quel poco per permettere loro di abituarsi alla luce del sole, assaporò il frusciare delle foglie proveniente dall’esterno notando a palpebre socchiuse la colorazione smeraldina che aveva preso la stanza grazie al riflesso di esse e si beò del silenzio dell’artificiale e dei rumori della natura.

Il cielo era azzurro, limpido, solo macchiato di un verde che non ne faceva davvero parte nonostante sembrasse davvero che quelle alte chiome dagli spiragli dorati volessero raggiungerlo e diventare tutt’uno con esso, il Ruscello correva veloce, di fretta come sempre, a volte gli chiedevo dove andasse così di corsa, ma egli non badava alle mie domande e continuava a correre; solo allora riuscivo a rendermi conto dell’inarrestabilità della natura.
Quella mattina di primavera ero davvero felice.
Corsi lungo il torrente, saltai sull’altra sponda, inciampai, mi rialzai, corsi veloce di nuovo e, arrivato al grande giardino, mi fermai.
<< Ehi sorellina! >>
<< Buon giorno Ian, era ora che ti alzassi! Hahah, guarda, ho fatto un bel mazzo di fiori così possiamo metterli al posto di quelli che teniamo in camera, ormai sono secchi! >>
Bella mi si avvicinò tutta contenta col suo bel mazzo colorato in mano e d’istinto sorrisi infilando la mano in tasca ed estraendone un lungo nastro rosso. Glielo porsi.
<< Woooaah! E’ per me, fratellone? E’ bellissimo! Grazie, grazie, grazie! >>
<< Haha, non è niente, davvero, sono felice che ti piaccia! >>
Ero così contento di averla fatta felice, tutti i soldi per quel piccolo oggetto che ai miei occhi era così caro erano stati spesi bene.
<< Voglio darti qualcosa in cambio! Andiamo! >>
Belgio mi prese per mano e insieme tornammo a casa, l’aspettai fuori.
<< Ecco! Ti sta benissimo, fratellone! >> sbattei le palpebre un paio di volte e accarezzai con cura la sciarpa bianca e blu che mi avvolgeva il collo. Quant’era dolce la mia sorellina.
<< G-Grazie… >> mi sentii arrossire un po’.
<< Adesso siamo pari! Dai fratellone, andiamo a giocare! Hahaha! >>
La sua risata allegra e cristallina riecheggiò nell’aria, negli alberi, nel torrente e la natura inarrestabile sembrò fermarsi come se avesse ritrovato il suo perfetto equilibrio.

Olanda, indeciso sul da farsi, mugugnò qualcosa e fece ricascare il braccio sugli occhi cercando di ignorare il paesaggio paradisiaco che gli si presentava dinanzi.

<< Dai sorellina, non piangere… >>
<< M-Ma Ian, ho paura! >>
Ultimamente Bella piangeva sempre. In parte era colpa mia, ero stato io a raccontarle che dopo mezzanotte un orribile mostro dall’aspetto ripugnante si aggirava per casa e lei mi aveva creduto. dopotutto non era una vera è propria bugia, il mostro c’era.
<< Su, su, adesso vado di là e lo affronto! Tu però fai la brava, chiuditi a chiave e dormi, mh? >>
<< M-Ma se poi ti mangia? Io non voglio stare senza di te! >> Mi guardai un attimo intorno e afferrai in fretta il peluche sul comodino.
<< Ecco, tieni, lui ti proteggerà nel caso il mostro riuscisse a passare. Non preoccuparti, lo sconfiggerò anche questa volta! >>
<< I-Il tuo coniglietto? Davvero posso tenerlo? Okay, però sta attento… Mi fido di te, fratellone. >>
<< Buona notte klein strikje. >>

Mi rivolse un piccolo sorriso e si infilò sotto le coperte, io scesi dal letto, uscii dalla stanza e chiusi la porta dietro di me. Era buio, tremavo. Strinsi forte tra le mani il bastone di legno, sentii la porta cigolare e una gran risata riempire il silenzio. Eccolo lì, il mostro col suo cappello piumato e la sua pomposa giacca dello stesso colore del sangue, dello stesso odore che si propagò nella stanza misto a quello di rum. I suoi occhi smeraldo falciavano l’oscurità dentro la quale invece io cercavo riparo, barcollò un po’ in avanti, rise di nuovo e si avvicinò all’altra camera, dove dormiva Bella.
<< S-Stilstaan*​​, Spanje*! >>
Il mostro abbassò un po’ lo sguardo e incontrai i suoi occhi verdi, verdi come le foglie che davano un colorito vivace alla stanza quando il sole né proiettava l’ombra, smeraldi come i miei.
<< Ouch… Il piccolo Olanda. >>
Tese la mano verso di me e d’istinto indietreggiai un po’
<< Tornatene dalla fogna da cui sei venuto e lascia in pace me e mia sorella! >>
Rise ancora e avanzò di un altro passo facendomi indietreggiare ulteriormente. Cosa c’era di divertente? Non lo sopportavo, non lo sopportavo davvero, ma non avevo paura, non dovevo. Eppure tremavo, nel buio tremavo, davanti al suo smeraldo tremavo, perso nelle sue risa tremavo.
<< Awwn, abbiamo un bimbo coraggioso qui… Sai Olanda, tu sei una delle mie colonie che meno sopporto. Prendi Belgio ad esempio, lei fa la brava, non si mette contro il boss come fai tu… >>
Si chinò leggermente, sempre più vicino, e mi sfilò facilmente il bastone dalle mani.
<< Visto che se ti ci metti anche tu riesci ad essere un bravo bambino? >>
Era vicino, troppo. Rabbrividii sentendo pronunciare quelle parole così vicino al mio orecchio, puzzava di alcol, mi sentivo male. Sentii il legno duro contro la mia schiena: ero in trappola.
Il mostro sussurrò ancora parole crudeli al mio orecchio, mi afferrò per una spalla con forza e mi trascinò via, nella camera rossa. Tutte le grida gelide, i pianti disperati, i singhiozzi soffocati sarebbero rimasti intrappolati nelle pareti di in quella camera dalle tende argentee che ogni volta sembrava tingersi di rosso.


<< Dai fratellone, alzati che è mattina! Vedi? Persino gli uccellini te lo cantano, non è meraviglioso? Ti ho preparato anche la colaz-… >> il discorso della povera belga fu interrotto a metà dalla cuscinata fulminea ricevuta dall’olandese che ora stava seduto sul letto con i piedi piantati per terra, non ancora abituati al pavimento freddo, e con un’espressione divertita stampata in volto.
<< Oh, ma sei davvero insopportabile! E io che ti avevo preparato dell’ottimo latte al cioccolato! >> in tutta risposta Bella gli rispedì indietro il cuscino – prontamente schivato – e mise un finto broncio, uno di quelli adorabili a cui Ian, pensò, non poteva davvero resistere.
<< Arrivo. >>

Sentivo male ovunque: braccia, gambe, mani, piedi, testa, schiena, persino le dita mi sembravano indolenzite. Anche le punte dei capelli forse, ma appena vidi Bella avvicinarti tirai su col naso e il dolore in parte sembrò sparire.
<< P-Perché piangi fratellone? Non stai bene? Se hai mal di pancia ti preparo il tè… >>
Il suo tono era insicuro, come quello di un cagnolino che ha appena combinato un pasticcio e cerca di farsi perdonare, teneva gli occhioni nocciola bassi, mi parevano così tristi… Mi poggiò la manina sulla spalla e affondò la testa tra le orecchie del coniglietto di peluche che stringeva tra le braccia. Una morsa mi attanagliò il cuore.
<< I-Io… I-Io sono caduto, guarda! >> le mostrai un segno violaceo sul ginocchio << M-Ma se mi dai uno dei tuoi baci, sono sicuro che passa! >>
<< … E io dov’ero quando sei caduto, fratellone? >>
Boccheggiai. Ora i suoi occhi, ancora tristi, erano incollati ai miei ed erano intenzionati a non lasciarli andare; mi sentii morire. Non riuscivo più a sostenere il suo sguardo così abbassai il mio, amareggiato e sconfitto.
<< E’ stato il mostro? >>
<< Scusa klein strikje … >>
Poggiai la testa che rimbombava sulla sua spalla e piansi di nuovo sentendo di tanto in tanto una ciocca di capelli spostarsi dietro la mia nuca e un tocco che assomigliava tanto a quello di una mamma.
<< Ce ne andremo via di qui, te lo giuro. >>
<< Lontani, lontani? >>
<< Lontani, lontani. >>

Ian fissò corrucciato la belga che non smetteva di ridere e finalmente si decise a chiedere.
<< Si può sapere cosa…? >>
<< Hahahahah! Sei tenerissimo Ian! Con i capelli arruffati e i baffi di cioccolato sembri davvero un coniglietto! >>
Olanda arrossì un pochino, ma infondo assomigliare ad un coniglietto non gli dispiaceva poi tanto.


Finalmente potevo guardarlo davvero negli occhi il mio mostro che lottava per liberarsi dalla presa della mia mano sul suo polso.
<< Ohi Olanda, ma che fai?! Avevi solo una cosa tra i capelli! Lasciami! >>
Spagna aveva ragione, avevo solo un filo d’erba tra i capelli. Allora perché quando ha alzato la mano per toglierlo gli ho afferrato d’istinto il braccio e ho digrignato i denti? Mi sentivo un cane rabbioso e più lui si dimenava più io stringevo la presa, avrei tanto voluto spezzarglielo quel braccio. Eppure andava tutto bene, da quando era arrivato quel moccioso andava tutto bene. Bella sorrideva allegra, ci correva incontro e ci abbracciava, il piccolo Romano arrossiva e si beava dell’abbraccio, Spagna le metteva un braccio attorno alle spalle e le stampava un piccolo bacio sulla fronte. Ero davvero l’unico a sentirmi fuori posto.
<< Dai fratellone, adesso lascialo, sul serio, gli stai facendo male… >>
Non potevo credere alle mie orecchie.
<< Gli sto facendo male. >> Ripetei lasciandolo.
Mi alzai dalla coperta a quadri stesa sull’erba per il pic nic e mi allontanai lentamente. No, non andava tutto bene.
<< Ma che ha? … >>
<< Non lo so, vado a parlargli… Su piccolo, vai da Antonio. Ian! Ian, aspetta! >>
Sentii Belgio raggiungermi e risposi senza voltarmi.
<< Mhm? >>
<< Ian! Ma che modi sono? Potevi almeno chiedere scusa! Dove stai andando? >>
Mi girai e la guardai per un attimo: diceva sul serio?
<< Me ne vado. >>
<< Eh? >>
<< Vado via. >>
<< Q-Questo l’ho capito, ma d-dove, c-cosa?!... >>
<< Bella, apri gli occhi. È passato qualche anno, è vero, ma è sempre lui,te lo ricordi? >>
<< N-Non è così, da quando è arrivato Romano è cambiato, è buono, gentile, allegro! Vuoi andartene adesso che siamo finalmente una famiglia? Quanto ci abbiamo sperato, Ian… Quanto l’abbiamo desiderato? >>
<< Una famiglia. Tu davvero consideri questa una famiglia?! Ti sei dimenticata tutte le notti insonni eh, Bel? Ti sei dimenticata i lividi, le lacrime, la paura? Sei tu la mia famiglia, non un moccioso viziato e coccolato, non quella specie di… mostro. Solo tu. E dovresti fingere di essere felice e venire con me. >>
I suoi occhi si inumidirono ed evitavano i miei. Che davvero avesse dimenticato? Davvero la memoria delle nazioni durava così poco?
<< I-Io sono felice, Ian… Con Antonio, con Romano… Ti prego, resta. >>
Quelle parole mi caddero addosso senza darmi il tempo di interpretarle, con violenza, senza pietà.
<< Non sai quello che dici, ti ha fatto il lavaggio del cervello. >>
Cercai di essere duro, non dovevo cedere, per nessun motivo.
<< N-No Ian… I-Io credo di essermi innamorata di lui… >>
Se le nazioni non fossero immortali quel giorno sarei morto. Il cuore mi avrebbe attraversato il petto e sarebbe corso via per non sentire, avrei gridato, mi sarei strappato le orecchie pur di non sentire invece mi voltai, le diedi le spalle.
<< S-Sei davvero sicuro? >>
<< Afscheid klein strikje*. >>
Non c’era molta scelta. Sarei potuto rimanere, ma per che cosa? Per vedere quel mostro godersi la sua “famiglia”? Per vederlo felice? Per vedere Bella felice CON LUI?
Scelsi di andarmene, se dovevo morire preferivo farlo da solo. Forse avrei dimenticato anch’io ma mi accorsi col tempo che quell’addio fece male più a me che a lei, si ritrovava con due cuori dopotutto. Io invece avevo perso anche il mio.


<< Non verrò con te da uno strizza-cervelli. >>
<< Ma non è uno strizza-cervelli, è un medico! Devi disintossicarti, è importante che tu lo incontri! >>
L’olandese inarcò un sopracciglio.
<< Io non voglio disintossicarmi. >>


Quanti anni erano passati? Cento? Duecento? Quando avevo smesso di contare il passare del tempo? Quel divano era così accogliente… O erano due? La realtà intorno a me appariva incerta, distorta, più felice forse. C’erano gli alberi, c’era il ruscello… che altro? Era tutto così confuso… Ma era fantasia? Stavo sognando? No, no, era realtà… Mi sentivo bene, meravigliosamente bene. Eppure il suono del campanello mi apparì ovattato, poggiai la bottiglia di Heineken* sul tavolino, strinsi lo spinello tra i denti e aprii la porta. Fuori pioveva, notai, tanto meglio, i tulipani si sarebbero annaffiati da soli. Chiusi gli occhi un attimo e li riaprii: non era un’allucinazione, Bella era lì che mi guardava. Pensai al biglietto in cucina, era venuta per invitarmi personalmente al loro matrimonio? Poteva risparmiarselo, davvero. Mi spostai un po’ verso sinistra per permetterle di entrare e poggiai la nuca allo stipite della porta.
<< Ian… Ian, ma che hai combinato?! Stai bene?! Ian! >>
Sentii una mano scuotermi la spalla e poi più niente.


Non ricordavo cosa fosse successo ma la ritrovai lì, seduta sulla sponda del mio letto, non l’avevo sognata. Mi massaggiai piano la testa.
<< Bel … >>
<< Come ti senti? … >>
<< Non ho ancora capito se sei reale o ti sto immaginando. >>
Scoppiò in una leggera risatina.
<< Sono qui, tranquillo, non sono un fantasma. >>
<< Domani ti sposi. >>
<< Dovevo sposarmi tre settimane fa, Ian… >>
Sbarrai gli occhi.
<< Oh… Devo essermi perso qualcosa. E come stai? >>
<< Me la cavo… >>
<< Resti? >>
Mi pentii immediatamente di quella domanda ma necessitavo davvero di conoscere la risposta, volevo vedere fin dove arrivava la crudeltà di mia sorella. La vidi cercare nei miei occhi, chissà se trovò qualcosa di quello che le avevo lasciato.
<< Ne sarei felice… >>
La abbracciai e la strinsi forte a me, non le avrei più permesso di abbandonarmi. Perché, nonostante fossi stato io ad andarmene, era stata lei ad abbandonarmi, ma dopotutto non lo ricordavo più così bene, dopotutto non era così difficile dimenticare.


Bella lanciò un’occhiata fuori e una al fratello, poi alla pipa sul tavolo e scattò in piedi.
<< Facciamo così! Se riesci a prendermi facciamo come dici tu, se invece arrivo per prima al lago ghiacciato vieni dallo striz-… Pardon, dal medico senza fiatare, intesi? >>
<< Bella, non abbiamo più tre anni, non ti correrò dietro quind-… Eh no! La pipa no, torna subito qui, piccola…! >>
<< Hahahah, su, su, sei lentissimo! Poi ti lamenti se perdi le partite contro Germania! Hahah! >>
Ian sentì l’aria primaverile, fresca e pulita, mista all’odore di tulipano, pervadergli le narici e purificargli i polmoni, la sentì dentro, leggera, permetteva di volare, allargò le braccia, guardò il cielo degli alberi spaccati dai raggi, rise, felice, cristallina la sua risata riecheggiò nel passato e la natura inarrestabile sembrò fermarsi come se avesse ritrovato il suo perfetto equilibrio.






The eeeend <333 AlfiaH <3




Note in ordine alfabetico.
Afscheid klein strikje: "addio fiocchettino" in olandese.
Heineken: tipo di birra olandese.
S-Stilstaan: "fermo" in olandese.
Spanje: "Spagna" in olandese.
*Ian è il nome che ho scelto per Olanda, nonostante sia solito chiamarlo Abel, in quanto più popolare e mi piace di più u.u ma non è un nome ufficiale.
  
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