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Autore: literatureonhowtolose    27/02/2013    2 recensioni
Il dottor Watson era convinto che "Sherlock Holmes" fosse un nome da trovare scritto nei messaggi, sulle lettere, sui siti internet, addirittura sui giornali qualche volta, ma non su una lapide. Su una lapide di marmo nero e freddo, il nome "Sherlock Holmes" stonava terribilmente.
E' il giorno di San Valentino, e l'unica cosa che sembra voler portare è la pioggia. Eppure, alla fine, John incontra qualcuno che sicuramente non è fatto d'acqua.
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Alla mia bellissima Giuls.
Naive Raindrops.
Era San Valentino. L'aria pungente di quella giornata quasi bruciava la pelle a John, oltre a scalfire il suo animo con rinnovata forza; il dottore credeva di essersi abituato a quella malinconica routine solitaria, immerso nella quale era stato obbligato a vivere sin dalla morte del suo Sherlock, ma evidentemente si sbagliava.
Non aveva smesso per un solo attimo di pensare all'investigatore dal giorno in cui se l'era visto morire sotto gli occhi, occhi che proprio Sherlock gli aveva implorato di tenere fissi su di lui fino a che non fosse tutto finito. Le immagini di quell'evento terribile lo tormentavano ancora, di notte e persino di giorno; non gli davano tregua. Non gli dava tregua quel sangue, quel corpo violentemente sbattuto al suolo, quelle palpebre abbassate una volta per tutte.
Ma, maggiormente, non gli dava tregua quella lapide con su scritto il nome dell'uomo più incredibile che John avesse mai conosciuto. Il dottor Watson era convinto che "Sherlock Holmes" fosse un nome da trovare scritto nei messaggi, sulle lettere, sui siti internet, addirittura sui giornali qualche volta, ma non su una lapide. Su una lapide di marmo nero e freddo, il nome "Sherlock Holmes" stonava terribilmente.
Stare seduto su una poltrona vecchia e sgualcita ed affondare nella sua morbidezza fino a quasi non sentire più il proprio corpo non stava affatto aiutando John a evitare anche di sentire i propri pensieri.
Fu così che decise di andarsene. Andarsene e basta. Non si prefissò una meta, non pensò a quando sarebbe tornato. Voleva solo andare via, allontanarsi da tutto ciò che gli ricordava Sherlock e, quindi, anche da se stesso.
Prese le chiavi, indossò la giacca alla bell'è meglio e, chiudendosi la porta alle spalle, cominciò a camminare. Fuori il cielo era grigio, gonfio di nubi che non promettevano nulla di buono, ma a John non importava. Del resto era difficile trovare qualcosa di cui gli importasse, di quei tempi: aveva perso interessa in qualsiasi cosa che rappresentasse la vita, da quando non c'era più Sherlock a condividerla con lui.
Camminava deciso per il marciapiede con le mani gelate infilate in tasca in un disperato tentativo di riscaldarle, e cercava di non guardarsi introno, perché sapeva che sarebbe stato ancora peggio. La giornata non era delle migliori per farsi una passeggiata, eppure le strade sembravano più popolose del solito; coppiette a non finire spuntavano da vicoli, uscivano da negozi mano nella mano o se ne stavano tranquillamente sedute su panchine e marciapiedi a parlare e scambiarsi effusioni. Le vetrine erano decorate con cuori di plastica e cartone e festoni di colori che spaziavano dal rosso acceso al rosa, e a caratteri cubitali stampati sui vetri venivano annunciate speciali offerte per la festa degli innamorati. Una brezza di romanticismo aleggiava nell'aria, ma sembrava evitare meticolosamente John, che a spalle incurvate continuava nel suo tragitto verso il nulla, mentre si mordeva il labbro inferiore per evitare di pensare.
Qualche tuono cominciò a farsi sentire, e le nuvole sembrarono gonfiarsi più di quanto già non avessero fatto, mentre assumevano un colorito sempre più cupo. Eppure John continuò a camminare. A dire la verità, non si fermò nemmeno quando si rese conto che aveva, effettivamente, iniziato a piovere; dapprima fu solamente una leggera pioggerellina, ma non ci mise troppo a diventare un vero e proprio temporale in piena regola. Grandi gocce scendevano dal cielo e scalfivano ogni cosa capitasse loro a tiro, e il dottore di lì a poco fu zuppo fino al midollo. Vedeva, intorno a sé, persone che correvano cercando di stare il più vicino possibile per riuscire a coprirsi sotto la stessa giacca usata a mo' di ombrello, o ragazzi che, ridendo, si mettevano a correre tenendosi per mano e sperando di trovare un rifugio prima di essersi bagnati troppo.
E lui era lì. Solo. Senza ombrello, senza nessuno a coprirlo, senza nessuno con cui correre mano nella mano fino al riparo più vicino. John Hamish Watson e basta, nient'altro che lui. O forse nemmeno. Dov'era andata, l'anima del dottore? Si fermò, perché si accorse che camminare non aveva certo più senso per lui di quanto ne avessero le altre cose. Non riusciva più a sentirsi, era diventato sordo al proprio spirito. Si toccò il viso, come per convincersi di essere qualcuno. Allungò una mano davanti a sé, ed enormi gocce violente gli colpirono la pelle sensibile del palmo; non riuscì più a trattenersi: le lacrime cominciarono a scendergli veloci lungo le guance, mescolandosi all'acqua che veniva giù dal cielo coperto.
Se ne stava in mezzo alla strada, piangendo scosso da forti singulti, e non vedeva né sentiva nulla. C'era, eppure non c'era. Era, eppure non era.
Ad un tratto, però, cessò di piovere, o almeno così sembrò a John, che venne svegliato di colpo da quel cambiamento improvviso; in effetti il temporale continuava, ma non lo colpiva più, non riusciva ad arrivare a lui. E questo perché una lunga giacca scura era stata appoggiata sulla sua nuca da mani che John non era riuscito a vedere. Dopo l'iniziale attimo di smarrimento, afferrò un lembo dell'indumento e lo esaminò: l'aveva già visto da qualche parte. La sua schiena fu percorsa da un lungo brivido, e si lasciò sfuggire un sussulto prima di girarsi di scatto per guardare dietro di sé.
Sherlock era lì, davanti a John, immobile e impassibile nonostante i suoi capelli grondassero acqua a non finire e gli si appiccicassero disordinati sulla fronte; i suoi occhi ghiacciati erano fissi su John, che non riusciva a capacitarsi di ciò che stava accadendo e che stava lentamente assumendo un colorito malaticcio e pallido, in parte per lo shock, in parte per il freddo lancinante che gli trapassava le ossa come un'unica gigantesca scheggia invisibile. John avvicinò una mano al viso di Sherlock, come per assicurarsi che il detective non fosse un fantasma e che se l'avesse toccato la mano non sarebbe passata attraverso il nulla, ma avrebbe toccato vera pelle, la sua pelle. E successe. I polpastrelli del dottore percepirono chiaramente la liscia e diafana carnagione di Sherlock sotto di loro, bagnato quanto il resto della sua persona. John sorrise fra le lacrime per la prima volta dopo tanto tempo, e senza aver bisogno di nessuna spiegazione annullò la distanza fra le loro labbra che sapevano di pioggia. Sherlock era vivo, aveva compiuto il suo ennesimo miracolo, e ora anche le loro mani, come quelle appartenenti a tutte le coppie che John aveva invidiato solo pochi minuti prima, erano strette le une alle altre mentre le gocce picchiettavano insistenti sui due uomini, come a tentare di separarli. Quanto ingenue dovevano essere: se non ci era riuscita quell'assurda bugia trascinata così a lungo da non lasciare quasi speranza, quante probabilità di riuscirci avrebbe avuto un po' d'acqua?
 
Fin.
 
Angolo del San Valentino che passione(...).
Io odio San Valentino, va bene- lo detesto, eppure non so per quale assurda ragione ho preso la decisione di scrivere una serie di fanfiction dedicate alle mie OTP preferite e il loro modo diverso e variegato di passare insieme questo giorno. Ora, visto che sono impedita e le mie OTP appartengono a fandom diversi, non posso fare una raccolta, quindi le pubblicherò in singolo, e non saranno mai lunghissime, penso. E oltretutto le pubblicherò a caso(?), questa la pubblico oggi ma può darsi che la prossima la pubblichi fra vent'anni, per dire(..). Che poi non c'entra, perché comunque voi siete qua per leggere questa, non le altre. Era solo per dirlo, così(..). Allora, spiegazioni aggiuntive, vediamo- niente, questa fanfiction come ho detto sopra la dedico alla mia Giuls, che domani compie gli anni e che è una delle persone più importanti che ho. E' lei che mi ha dato l'ispirazione per scriverla grazie a un suo meraviglioso biglietto di San Valentino moepucch, quindi è sua, è pensata per lei, e basta. Spero che vi sia piaciuta, che vi abbia un minimo emozionato, e non so che altro dire se non grazie mille per aver letto fin qua! A presto.
P.s: sono contenta di essere riuscita a scrivere di nuovo su John e Sherlock, non credevo sarei mai riuscita a scrivere qualcosa su loro da adulti, mi sento soddisfatta, gioite con me(...) ;v;

FINNtastic.
  
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