Qua e là ci sono molto velatamente vaghi accenni a qualche episodio che mi ha colpito.
Buona lettura a tutti! Eventuali commenti sono graditissimi!
Ovviamente i personaggi non sono di mia proprietà, ma appartengono ai rispettivi autori.
 
 
Non mi ricordo mai granchè delle donne a cui mi accompagno.
So solo che sono, od erano, bellissime, disponibili a qualche ora i divertimento senza impegni, e che soprassedevano senza tante domande sul colore dei miei occhi e dei miei capelli.
A differenza di mia madre.
Ogni tanto penso ancora a lei, specie in momenti come questi in cui non abbiamo altro da fare che goderci il malumore di Sanzo per via della pioggia o fissare Hakkai che studia sulla cartina il percorso che faremo domani.
Una volta ho detto a Goku che invidiavo il suo semplice circuito mentale e, nascosto nell’insulto, c’era un mezzo complimento.
Che ovviamente quella testa di rapa non ha colto, così come ora non capisce che farebbe meglio a starsene alla larga da Sanzo. A volte mi chiedo perché si ostini ad affrontare il malumore di quel bonzo corrotto e gli inevitabili colpi di harisen che gli arriveranno in testa, puntuali come il sorgere del sole non appena esaurirà la sua poca pazienza.
Oggi forse sono arrivato ad una sorta di comprensione mistica.
Quello che Goku fa è più o meno quello che facevo io con mia madre. Portarle dei fiori, riassettare la cucina, evitare di dirle del disprezzo che al villaggio gli altri ragazzini mi tributavano senza sosta.
Era l’unica madre che avessi mai conosciuto, dell’altra mamma, della donna che mi aveva messo al mondo, non conservavo alcun ricordo. Ero solo un neonato quando mio padre mi aveva portato a casa da sua moglie e dal mio nuovo fratello.
Mia madre aveva dei giorni sì e molti altri no.
Quando era allegra si metteva un bel vestito, mi pettinava i capelli in una coda di cavallo, preparava qualcosa di buono da mangiare e sollevava Jien dall’essere l’adulto di casa, almeno per qualche ora.
E poi, d’improvviso, tutto cambiava: si rinchiudeva stava nella sua stanza a piangere e a maledire mio padre e mia madre, gridando contro fantasmi che solo lei poteva vedere. Allora Jien mi prendeva per mano e ce ne andavamo a spasso da qualche parte o al villaggio a curiosare fra bancarelle che vendevano cose che non potevamo permetterci. Quando ero con lui nessuno dei nostri coetanei mi derideva, lo rispettavano troppo. Qualche venditore ci allungava una mela o un mazzetto di fiori, sorridevano e dicevano di salutare la mamma da parte loro.
Erano davvero dei bei momenti.
A volte, però, Jien non c’era e allora non avevo modo di scampare alle botte. O forse sì, se fossi corso abbastanza lontano. Ma restavo lì immobile, paralizzato dalle sue lacrime.
Gli strepiti di Goku spezzano questo maledetto flusso di ricordi. Come da programma, la stupida scimmia le ha appena prese dal bonzo corrotto.
Mi fermo a guardarli battibeccare e mi rendo conto di avere sbagliato.
Non sono come me e mia madre.
Sanzo lo colpisce, però non lo ferisce, e la scimmia gli resta vicino non per un contorto bisogno di affetto, ma perché è sicuro che sotto i colpi di harisen e le minacce a lui Sanzo ci tiene.
“Mpfh, ma tu guarda!” esclamo spegnendo il mozzicone di sigaretta.
Hakkai mi fissa, sereno come al solito “Hai detto qualcosa?”.
“Ehi, stasera non esci?” interviene Goku prima che possa rispondergli, massaggiandosi un bernoccolo in testa.
No, stasera non esco.
Stasera ho qui tutto quello che mi serve.