Capitolo XV
Non sentivo più niente. Il mio corpo non
sembrava rispondere ai miei comandi. Sentivo dolore ovunque e non potevo fare
nulla. Potevo solo guardare la triste scena che si stava svolgendo davanti ai
miei occhi.
Kate fu in un attimo su di noi e io caddi dalle
braccia di Derek, rotolando sul marciapiede. Dolore e ancora dolore.
Lo vidi mentre si alzava per afferrarla con
violenza. La prese facendola sbattere contro il muro con tutta la forza che
aveva. La donna urlò per il dolore. In quel momento mi accorsi del suo lato
umano, per quanto fosse forte fisicamente era comunque una donna, proprio come
me, e poteva lo stesso farsi del male facilmente e provare dolore, come l’aveva
fatto provare a me.
Non ce la facevo a guardarli ancora. Mi faceva
soffrire persino l’idea di lei che stava male. Dopo tutto quello che ci aveva
fatto e il dolore, non solo fisico, che aveva provocato a me, a Derek e a tutti
gli altri, non riuscivo a vederla soffrire.
Eppure sapevo perfettamente che l’unico modo
che avevamo per impedire a Kate di continuare a fare del male era quello di
ucciderla, ma non riuscivo ad assistere a quella scena. Sentivo solo le sue
urla di dolore, le urla di una donna che stava per morire.
Chiusi gli occhi lasciandomi svenire.
Non è giusto. Niente lo è a questo mondo.
Quando Derek ebbe finito, si sbarazzò del
corpo.
Non mi disse mai come.
Io era ancora distesa per terra dolorante.
Mi venne vicino, prendendomi finalmente in
braccio e portandomi chissà dove.
Non ce la facevo a restare sveglia. Forse non
lo ero neanche, ero in una specie di trance che mi consentiva di restare
cosciente ma non mi permetteva di parlare. Semplicemente non ne avevo la forza.
-Ti sto portando al sicuro, Valerie. Non
correrai più pericolo, mai più-.
“Oh,
Derek… vorrei solamente parlarti, dirti cosa penso e provo ma non ci riesco…
sono qui, inerme tra le tue braccia e credo di stare per morire. Ma non voglio
morire, non ora, prima di..”
E persi nuovamente i sensi.
Quando aprii gli occhi vidi una forte luce
bianca sopra di me.
Ero sdraiata su un lettino. Riconobbi con
facilità lo studio del veterinario presso cui lavorava Scott. Ero ancora tutta
dolorante, ma stavo decisamente meglio rispetto a quando Kate mi aveva
picchiata a sangue. Mi sentivo bloccata. Una gamba era ingessata, per il resto
sembravo apposto, eppure mi faceva male ovunque, in particolare la testa.
Cercai di alzarmi.
Mi sentii toccare la schiena e non appena girai
la testa vidi Derek che stava al mio fianco.
-Non avere paura-.
“Non ne
ho se sono con te”.
-Gli ho chiesto io di aiutarti. Non è un
veterinario qualunque. Sa chi siamo e cosa facciamo, è dalla nostra parte-.
Si appoggiò lentamente sul lettino accanto a
me. Spostò la sua mano dalla mia schiena, fino al mio braccio, per poi giungere
alla mia mano, che strinse nella sua.
“Oddio…”
Non so
se avevo più temuto o desiderato questo momento. Poco importava se ero mezza
morta. L’unica cosa che contava era che mi trovavo assieme a lui.
Il mio cuore iniziò a battere all’impazzata,
talmente forte che avevo paura lo sentisse.
Dopo qualche istante di silenzio, appoggiò la
mano sul mio viso. Non avevo capito se voleva toccarmi, accarezzarmi o
picchiarmi. Chi può dirlo? Tutto può succedere con Derek Hale.
Prese coraggio ed iniziò a sfiorarmi la
guancia. Prima piano, poi con più forza. Mi stava accarezzando. L’alfa, l’uomo
lupo che non guarda in faccia a nessuno e che tutti temono mi stava
accarezzando la guancia.
-Derek- un voce ruppe quel momento da film,
riportandomi, anzi riportandoci alla realtà. Era il veterinario del canile dove
lavorava Scott. L’avevo già visto altre volte ma non pensavo si occupasse e
anche di ingessare gambe o cose simili. Da quello che avevo capito era stato
lui a fasciarmi la gamba.
-Devi riportarla a casa, ragazzo, la madre sarà
molto in pensiero- disse facendomi un sorriso.
Cazzo. Mia madre. Mi ero completamente
dimenticata di avere una madre che doveva essere in pensiero per me.
-Che ore sono?-.
-Le undici, perché?-.
Le avevo detto che massimo per le otto sarei
tornata a casa. E adesso? Probabilmente aveva già chiamato la polizia e il
padre di Stiles mi stava sicuramente cercando già da un bel po’.
-Ho notato che hai l’abitudine di mettere il
cellulare nella tasca destra del jeans. L’ho preso e le ho mandato un messaggio
dicendole che avresti fatto più tardi. Non sono così stupido come sembro, certe
cose le penso- disse Derek accennando un sorriso. Mi stava forse prendendo in
giro?
Divenni bordeaux pensando a Derek che mette una
mano nella tasca del mio pantalone.
Il dottore ci guardò con aria maliziosa. Ci
mancava solo lui adesso.
-Andiamo, o sarai in guai seri fino alla fine
dei tuoi giorni-.
-Credevo che i miei guai fossero iniziati
quando ti ho conosciuto- lo punzecchiai.
Mi guardò con aria divertita.-Questo non
avresti dovuto dirlo- rispose e poi mi prese in braccio trascinandomi in
macchina.
-Cosa dico a mia madre?-.
La macchina di Derek andava velocissimo. Mi
veniva l’ansia ogni volta che ci salivo.
-Puoi dirle che mentre uscivi dalla biblioteca
sei caduta per le scale e che un bellissimo ragazzo ti ha trovata e ti ha
portato in ospedale- rispose ammiccando. Mi piace questo lato di lui. Non
pensavo ne avesse uno così spiritoso e non riuscivo a credere che lo stesse
usando con me in quel momento.
Mi faceva sorridere.
“Dannazione,
Valerie! Non distrarti, pensa una buona scusa”.
-Credo possa andare abbastanza bene come scusa-
dissi poi.
-Certo che va bene! Sbadata come sei ti crederà
sicuramente- rieccolo in versione spiritosa.
-Ei!- disse dandogli un colpetto sul braccio.
Sorrise un’altra volta. Se quando mi faccio
male sorride sempre, devo rompermi una gamba più spesso.
-Non preoccuparti, parlerò io-.
Mi veniva da ridere all’idea di Derek che parla
con mia madre. Se anche lei come me era soggetta al suo fascino, avrebbe potuto
persino raccontare che ero stata rapita dagli alieni, gli avrebbe creduto
sicuramente.
Arrivammo a casa mia e mi aiutò a scendere
dall’auto prendendomi nuovamente in braccio.
Gli dissi che doveva farmi scendere, al massimo
poteva aiutarmi facendomi sorreggere sulla sua spalla, altrimenti a mia madre
sarebbe venuto un colpo. Mi poggiò a terra solo fuori la porta di casa. Emisi
un sospiro, per farmi forza e intravidi un altro sorriso.
Bussammo al campanello.
“Prepariamoci
alla fine”.
-Valerie, grazie a Dio! Come ti viene in mente
di mandarmi un sms e non rispondi neanche alle mie chiamate, sei davvero
cocciuta… ma cosa è successo alla tua gamba, perché è ingessata?-.
-Mamma calmati- è un buon modo per iniziare un
discorso, direi -stavo tornando dalla biblioteca ma sono caduta per le scale e
questo ragazzo (che ho incontrato casualmente e non avevo mai visto prima) mi
ha soccorso-.
Restò ammutolita. Forse l’avevo convinta.
No, non era ammutolita per quello che le avevo
detto. Era zitta e immobile perché stava guardando Derek.
“Quoque
tu, mamma!”.
-Oh… molto gentile da
parte sua… signore-.
Derek aveva cacciato uno dei suoi sorrisi più
belli ma non diceva niente, differentemente da come avevamo deciso in macchina.
Non riuscivo a crederci. Anche mia madre era abbagliata da lui! Era
impossibile, insomma, era tollerata una cosa del genere da me che avevo quasi
diciassette anni e gli ormoni in subbuglio ma lei era una signora di una certa
età (scusami mamma) come faceva a bloccarsi così?
-Non è stato un problema per me- rispose
finalmente Derek –l’ho accompagnata in ospedale, sua figlia devo solo riposarsi
ora. È meglio che vada, adesso-.
“No! Non
te ne andare!”.
Mia madre gli disse qualcos’ altro che non ero
riuscita a capire perché quasi balbettava e poi la porta si chiuse.
Non ero riuscita neanche a salutarlo
-È proprio tipico tuo cadere dalle scale, ma
quando imparerai a guardare dove metti i piedi?- disse mentre salivamo le scale
in camera mia.
“Beh,
almeno se l’è bevuta!”.
Se non fossi mezza morta probabilmente la prima
cosa di cui mi avrebbe chiesto era il nome di quel bel ragazzo che mi aveva
accompagnato, ma per fortuna avevo una gamba ingessata.
Mi fece sedere sul letto mettendosi accanto e
me e dandomi un bacino sulla fronte.
-Ti fa molto male? Come mai ti hanno già
rilasciata?-.
Rieccola con la raffica di domande.
-È solo
una microfrattura, fra qualche settimana posso togliere il gesso, stai
tranquilla-.
Disse qualche altra cosa a cui non prestai
molta attenzione.
-Mamma- dissi dopo un po’ -Vai a dormire, sei stanca
e anche io-.
-Appena stai meglio parliamo di quel ragazzo-.
Ma come faceva a pensarci in un momento simile?
-Sono stata fortunata ad incontrarlo proprio in
quel momento-
-Molto fortunata- aggiunse.
-Mamma!- le gettai un cuscino in faccia. –Ti ha
abbagliata!-
-Non mi ha abbagliata- disse ridendo- mi ha
colpito.
Se non ci fosse stato Derek avrebbe passato
tutta la notte a rimproverarmi per quanto sono maldestra.
Dopo altri dieci minuti di compagnia e domande
varie su come mi fossi fatta male, chiuse la porta e andò a dormire.
“Finalmente”.
“Toc toc” sento sulla finestra bussare.
Fortunatamente era lui. Non riuscivo a sopportare l’idea di non averlo neanche
salutato, anche se in effetti non avevo mai salutato Derek Hale in nessuna
situazione. Ma adesso le cose stavano cambiando, o almeno così speravo.
Mi alzai
zoppicando e andai ad aprirgli la finestra.
-Quindi io abbaglio la gente?-.
-Ma come hai fatto ad arrivare qui sopra?-
dissi ignorando la sua domanda.
-Cose da lupi- scherzò -ora spostati-.
Mi levai e lui entrò con un balzo passando
dall’albero che si trovava di fronte alla mia stanza all’interno della mia
camera.
Rimasi a fissarlo. Beato lui che era sempre
così agile.
-Siediti- ordinò.
“Ma se tu
hai detto di alzarmi!?”.
Mi sedetti e lui venne accanto a me come aveva
fatto poco prima dal veterinario.
Restammo in silenzio per qualche secondo.
-Simpatica tua mamma- disse per rompere il ghiaccio.
Risi. Mi piaceva questo buon umore.
-Sono contenta che tu sia così allegro. Devo
farmi male più spesso-.
Ma non la prese come mi aspettavo. Il suo
sguardo si incupì.
-Non dirlo neanche per scherzo, Valerie. Non
posso sopportare di vederti soffrire-.
Fitta al cuore.
-Beh, sono viva grazie a te-.
-No, sei in questo stato grazie a me-.
Come poteva dire una cosa simile? Lui mi aveva
salvato in più di una occasione. Gli dovevo la vita non so quante volte.
-Se non ci fossimo mai incontrati saresti con
due gambe intere in questo momento-.
-Se non ci fossimo mai incontrati- feci eco
-Non sarei con te in questo momento-.
Non ripose subito, lo avevo colto alla
sprovvista. Tanto valeva mettere le cose in chiaro una volta per tutte.
-Preferiresti avere una gamba rotta per avermi
accanto a te?-.
-Si- ammisi e finalmente ero riuscita a
dirglielo.
-Beh… questo cambia tutto-.
“Baciami, idiota”. Ma non lo fece. A quanto
pare non era ancora il momento e chissà quando lo sarebbe stato.
Passammo qualche ora a parlare. Non gli avevo
mai parlato per così tanto tempo. Non mi andava di fargli domande troppo
personali. C’era stata una grande sofferenza nella sua vita. Il mio povero
lupo.
-Farei meglio ad andare, è tardi e devi
riposare-.
-No, ti prego!- lo trattenni prendendogli un
braccio –Resta-.
Con tutta la sfacciataggine che avevo gli feci
posto nel mio letto, facendogli capire che era lì che volevo che fosse. Mi
fissò con aria imbronciata ma poi sorrise. Capii che per quella sera l’avrei
avuta vinta io.
Si sdraiò accanto a me, in modo tale che i
nostri volti fossero uno di fronte l’altro. Mi sentivo bruciare proprio come nel
sogno dell’altra notte, solo che questa volta era tutto vero.
Chiusi gli occhi tentando di far
tranquillizzare il mio cuore impazzito, ma le sue carezze sulla mia mano di
certo non aiutavano.
Derek Hale era nel mio letto a farmi e coccole.