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Autore: Vitzi    01/03/2013    6 recensioni
Questa OS partecipa al contest “Datemi un sogno in cui vivere perché la realtà mi sta uccidendo.” di Edelvais.
Ho cercato di inserire il titolo del contest nella storia, credo di esserci riuscita abbastanza. Marron/Trunks fortemente malinconica e anche depressa. Ho voluto far risaltare il rapporto Goten-Marron perché li trovo due fantastici amici.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Goten, Marron, Trunks | Coppie: Marron/Trunks
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Legata ad un sogno.

Titolo: Legata ad un sogno.
Autore (su Efp e sul forum):
Vitzi – Dafne_18;
Pairing:
Trunks/Marron;
Genere:
Angst/Malinconico/Drammatico;
Rating:
Giallo;
Avvertimenti:
//
Note autore (se ce ne sono):
Eccomi qui con una nuova Marron/Trunks. Devo dire che è parecchio strana, ma mi è uscita di getto. E non ci crederete mai, non ero nemmeno depressa! Ok, la smetto, vi lascio alla lettura, in realtà ci tenevo a sottolineare il rapporto tra Goten e Marron come amici. Se avete voglia di lasciare una recensione ne sarei parecchio felice. Grazie per l'attenzione e buona lettura! ^^
Introduzione:
Questa OS partecipa al contest Datemi un sogno in cui vivere, perché la realtà mi sta uccidendo. di Edelvais. Ho cercato di inserire il titolo del contest nella storia, credo di esserci riuscita abbastanza. Marron/Trunks fortemente malinconica e anche depressa. Ho voluto far risaltare il rapporto Goten-Marron perché li trovo due fantastici amici. ♥



Legata ad un sogno.


Le lacrime inondavano il cuscino, non riusciva a smettere di pensare a quello che era successo. Quasi come in un sogno, quasi come in un brutto incubo.
«Trunks non lasciarmi!», aveva gridato fra le lacrime, l'aveva gridato perché non sapeva che altro fare.
Come poteva lui abbandonarla così, come poteva anche solo pensare di lasciarla con un fardello così pesante? Si toccò la pancia, dove si intravedeva appena un piccolo rigonfiamento.
Altre lacrime corsero lungo il suo viso, sembravano così frettolose di scendere e così disperate.
«Perché?» strillò Marron stringendo il cuscino con entrambe le mani.
Era stato orribile vedere Trunks cadere davanti ai suoi occhi, guardarla sorridente per poi lasciarsi andare senza forze. Eppure doveva saperlo, doveva aspettarsi una reazione del genere, era ovvio che avrebbe provato ad attaccarlo. Era ancora tutto così confuso e buio, niente le era chiaro, se non che il suo Trunks non l'avrebbe mai più riabbracciata.

«Dannazione! Sei proprio uno stronzo, Goten!» esclamò sorridente la ragazza dalle buffissime trecce bionde.
«Cosa sono queste offese? Credi sul serio che se continui così qualcuno vorrà sposarti?» provocò il ragazzo moro in sua compagnia, alzando lo sguardo verso il cielo e sfiorandosi la punta del naso con un dito.
Marron lo colpì al petto con un debole pugno e lui, stando al gioco, fece finta di accusarlo. Si piegò in due, gridando verso il cielo «Perché devo morire proprio qui, perché?», facendo in questo modo scoppiare in una ilare risata la bionda al suo fianco.
«Se non stai lontano dalla mia donna potrei sul serio prendere in considerazione la possibilità di ucciderti.» disse una voce ben nota ai due, prendendo Marron per un braccio e avvicinandola a sé.
La ragazza non oppose resistenza, anzi si accoccolò all'uomo sorridente.
Goten guardò il migliore amico di traverso, poi entrambi scoppiarono a ridere. Marron sorrise raggiante: quella era di sicuro una delle giornate migliori per uscire insieme.

Il bagno era sporco di sangue, ne era ricoperta la porta e la vasca da bagno non faceva eccezione. Marron prese uno straccio e, ricacciando indietro le lacrime, si mise a strofinare il lavandino. Sapeva che in realtà quel sangue non era altro che un'illusione, però non riusciva a smettere di muovere le mani. Cercava di cancellare il dolore, così, mettendoci più forza del previsto, sentì essa abbandonarla, facendola cadere a terra come un peso morto. Sul pavimento freddo, si portò le mani al viso e scoppiò a piangere come una bambina: non c'era altro da fare.

«Quindi cinema?» aveva chiesto Goten, avendo appena finito il suo cono gelato.
Marron annuì, stringendo la mano di Trunks «Però il film lo scelgo io!».
I due ragazzi si guardarono rassegnati e si avviarono verso il cinema della città. Satan City accoglieva tutti i tipi di persone, era risaputo che ella non era altro che la città natale del famoso Mister Satan. Purtroppo egli era deceduto molti anni prima, come molte altre persone della sua età, d'altronde. Nella città era considerato un idolo, se possibile ancora più di prima.
Forse fu per questo che, quando Trunks vide la statua dell'idolo della città distrutta, capì che qualcosa stava andando storto. Purtroppo molto più storto del previsto.
Attorno alla statua decapitata c'erano una decina di persone, alcune attrezzate di macchina fotografica, altre di telecamera.
Ora, c'è da pensare che, abituati com'erano i tre giovani ragazzi, ormai adulti, alle catastrofi della vita, andarono subito a pensare al peggio del peggio.
«Che è successo?» chiese Goten ad una signora della sua età circa, armata di macchina fotografica.
Era paonazza, i capelli neri appiccati al volto «Co-cosa? C-chi siete?» chiese, indietreggiando.
Marron, che guardava la scena da lontano, era rimasta allibita dall'espressione di Goten. Sembrava che i due stessero avendo una conversazione molto seria. Corse così verso di lui, strattonando il neo-marito per un braccio.
«Che ti ha detto?» chiese con espressione rilassata, nonostante all'interno stesse esplodendo dalla preoccupazione e, forse, anche per la curiosità.
L'uomo, sulla quarantina, sussurrò piano «Sembra che qualcuno abbia offeso la memoria di Mister Satan...»

Uscendo dal bagno, si chiuse la porta alle spalle. Si era detta di smettere di piangere e pensare al peggio, di sicuro le cose si sarebbero risolte. Un'altra esplosione, al di fuori della città, probabilmente solo nella sua mente.
«Scusa, perché non pulite il soffitto?» chiese una donna anziana, anche lei in camice bianco.
Marron si rese conto che parlava con lei solo troppo tardi, si limitò a passarle di fronte, senza badare all'averla colpita con una spallata abbastanza forte da farle perdere l'equilibrio. Quelle persone pensavano solo a loro stesse, pensavano solo alla loro salute. Com'era finita in un posto del genere?
«Tsk!» sibilò a denti stretti, toccandosi di nuovo la pancia.
Entrò nella stanza che le era stata assegnata e pensò di rimettersi a letto, quando una luce accecante la fece tremare. Cadde a terra strillando.

«E quindi? Non sarebbe la prima volta, si sa che non tutti hanno sempre lo stesso pensiero.» disse Trunks guardando l'amico con sguardo interrogativo.
Marron si limitò a scuotere la testa, fu Goten a completare il discorso «Majin Bu si è infuriato, non riescono a fermarlo. Sta devastando la città.»
Trunks e Marron si guardarono, come in preda al panico. Non era la prima volta che accadeva, ma
adesso la situazione sembrava più seria del previsto.
«Goten, sta' con Marron. Io vado a prendere una cosa a casa e torno. Se vi va fate un giro da Majin Bu, ma non avvicinatevi!».

«Come sta?» chiese un uomo anziano sull'ottantina, avvicinandosi ad un'affascinante dottoressa.
Lei si schiarì la voce e lo guardò con occhi vuoti «Sta peggiorando. Non resisterà ancora per molto, la sua mente è debole.».
Il vecchio annuì a malincuore e si avvicinò alla piccola stanza d'ospedale.
Marron si alzò di scatto, sentendo un forte dolore alla schiena. Era lo stesso dolore che aveva provato poco tempo prima, lo stesso dolore e anche la stessa luce. Il raggio di Majin Bu che l'aveva colpita facendole perdere i sensi. Si guardò le mani, ferite e coperte di sangue, gli occhi le pizzicavano e la vista era sempre più annebbiata. Ancora lacrime,
ancora. Non riusciva a fermarle, il ricordo le faceva troppo male.

I due ragazzi erano corsi al centro della città, dove molti edifici erano stati distrutti e incendiati. Facevano fatica a credere che Majin Bu, il loro caro amico, avesse potuto causare tutto quello. Eppure lui era lì, con le mani strette a pugno, fermo al centro di un palazzo di cui ormai erano rimasti solo quattro miseri muri. Alzò un braccio e scagliò un altro colpo: un raggio di luce gialla proprio verso i due ragazzi. Goten, ormai fuori allenamento, era ben sicuro che non sarebbe riuscito a deviarlo, ma nonostante tutto si mise davanti a Marron. Dopotutto il suo migliore amico non lo avrebbe mai perdonato se lei si fosse ferita.
La ragazza riuscì solo a vedere gli occhi del mostro, perché ormai era un vero e proprio mostro. Quegli occhi così colmi di rabbia e di sofferenza la fecero tremare di paura, ma anche intenerire. Solo dei mostri peggiori di lui potevano aver ferito i suoi sentimenti in quel modo.

«Marron?» chiese l'anziano, aiutando la bionda ad alzarsi.
Lei lo guardò negli occhi, e vide un misto di dolcezza e paura «Che ci fai qui?».
Il vecchio le passò una mano fra i capelli sorridendo come solo lui sapeva fare «Sono venuto a trovarti e ti ho portato questo.» le mise fra le mani un oggetto, così importante per lei che lo rimise nelle mani del proprietario.
«Tieni lontano da me quell'assassina!» furono le sole parole che le uscirono di bocca.

Quando riaprì gli occhi davanti a lei c'era Trunks. Le stava dando un bacio sulla fronte, mentre intorno a lui la città era distrutta. Goten era a terra, sporco di sangue, ma ancora in grado di sorridere.
«Non ti preoccupare tesoro, adesso cerco di farlo ragionare.» disse il lilla, i capelli spettinati, completamente ricoperto di polvere grigia e densa. Fra le mani teneva la spada, quella spada che gli era stata data in dono da un essere di un altro pianeta. La spada con cui aveva spesso sconfitto anche i nemici più potenti. Il suo sguardo questa volta, però, era spento e non fiero come un tempo. I suoi occhi erano scuri, era come se andasse incontro alla morte. «Non andare Trunks! Non lasciarmi sola!» strillò, toccando la piccola protuberanza sulla propria pancia. Il ragazzo mise una mano sulla sua sorridente e corse verso il mostro.

«Ehi ehi, ok. Calmati, guarda. La metto qui.» disse il vecchio, appoggiando l'arma su un comodino. «Stai bene?»
Lei annuì e si lasciò mettere sul letto. L'anziano le passò un fazzoletto bagnato sulla fronte, nonostante non ci fosse febbre. «Adesso calmati, che ti succede?»
Marron si morse la lingua involontariamente, qualcosa le diceva che non poteva fidarsi, come era già successo altre volte.
«Ehi Marry, sono io, fidati. Che succede?»
Guardando quegli occhi scuri così sinceri, la donna non poté fare altro che parlare «Majin Bu. Sto rivivendo tutto, ma fortunatamente è solo un sogno, no? Trunks sta bene, è a casa con nostra figlia. Quindi non c'è da preoccuparsi, non appena mi rimetteranno uscirò da qui e li riabbraccerò. Stai tranquillo.»

Marron guardava la scena in silenzio, Majin Bu non voleva saperne di ascoltare pazientemente. Si era invece messo a lanciare colpi a caso, tentando di colpire chissà chi. Trunks era fuori allenamento senza ombra di dubbio, l'unica speranza sarebbe stata la fusione, ma i due non si erano allenati a sufficienza e sarebbe stato impossibile riuscire nell'impresa. Marron sapeva che Trunks non aveva nessuna possibilità, ma quando lo vide cadere a terra lontano dalla sua spada, non poté fare a meno di strillare il suo nome. Lui la guardò un attimo, sapeva che avrebbe dovuto combattere per lei, sapeva che doveva farlo per la loro figlia. Come mai questa volta sembrava un'impresa così impossibile? Goten stava strisciando lentamente verso la donna in lacrime, avvicinò la mano alla sua e la strinse con forza «Lui è un eroe, non ci abbandonerebbe mai, fidati Marry.»
La ragazza non lo ascoltava, mentre fra le lacrime gridava di nuovo il nome del neo-marito.

Il vecchio guardò la coetanea con occhi malinconici «Non è a casa, non avete una figlia.».
Lei mosse la bocca come per dire qualcosa, ma niente usciva da essa. Aveva gli occhi confusi e lo sguardo perso.
«Goten, cosa dici? Ci siamo sposati da poco, abbiamo appena comprato la casa, non può essere che...»
Il vecchio le alzò una mano e gliela mostrò, quando la donna la vide sobbalzò. Era una mano vecchia e raggrinzita, la mano di una donna anziana.
«Che succede?» chiese guardando l'amico con sincera curiosità.
Lui piegò la testa da un lato e la guardò nei profondi occhi azzurri, ormai celati da un velo grigio.
«Trunks è morto.»

Il lilla capì di essere al limite quasi subito, sapeva che l'avversario che aveva davanti era diventato ancora più forte. Sputò sangue, mentre con la mano tentava di avvicinarsi alla tanto agognata spada. Majin Bu lo guardava con gli occhi spiritati di chi non ha più una fede o un dio, gli occhi di chi combatte per il solo gusto di farlo. Per veder soffrire altre persone Bu avrebbe fatto di tutto, per questo quando sentì l'urlo straziante di Marron, capì cosa fare. Prese la spada che Trunks stava disperatamente tentando di raggiungere, e con un colpo secco lo infilzò.

«Trunks!» strillò Marron, dimenandosi nel letto.
Il vecchio Goten tentò di fermarla, non era la prima volta che l'amica si trovava in condizioni del genere. Era passato tanto tempo dall'ultima volta che l'aveva vista sorridere. Se si era recato lì quel giorno era perché le dottoresse gli avevano detto che non le sarebbe rimasto molto da vivere. Si morse la lingua, mentre gli occhi si riempivano piano piano di lacrime.
«Tranquilla Marron, ok? Trunks... -, la voce gli mancò per un attimo, doveva mentirle, doveva vederla sorridere ancora una volta - … è a casa che ti aspetta...»
Gli occhi della donna passarono da confusi a sereni «Mi hai mentito?» chiese, come se si fosse tolta un grande peso.
Il vecchio annuì, mordendosi il labbro talmente forte da farlo sanguinare.
«Mi ha detto di portarti la sua spada.»

Marron gridò di dolore, mentre fra le lacrime correva verso il marito. Era a terra e continuava a sputare sangue, la spada era ben visibile nel suo petto lacerato. Bu si era reso conto di quello che era appena successo e si guardava le mani confuso. Gli occhi erano tornati quelli di un tempo, sembrava tornato come sempre. Si avvicinò al Trunks morente, lo sguardo perso e triste. Lentamente poggiò una mano sul suo torace, dopo aver rimosso la spada, tentò di curarlo.
Goten era al suo fianco e stava sollevando Trunks «Ce la farai amico.» sussurrò. Marron gli strinse la mano e insieme sperarono in un miracolo, guardando Majin Bu con occhi colmi di gratitudine.
Dopo qualche mese il pianto di una bambina usciva da un ospedale; dopo un altro mese lei imparava a camminare, sotto la guida del padre e della madre; dopo alcuni anni la famiglia diventava sempre più grande, finché due anziani circondati da nipotini si ritrovarono a guardare sorridenti foto del passato.

Marron sorrise, piccole lacrime le bagnavano il volto, guardò Goten e lentamente lo ringraziò dal profondo del cuore. Grazie a lui, nella sua mente un nuovo futuro era stato riscritto. Quando chiuse gli occhi abbandonò quella forza che le permetteva ancora di restare in vita. Sapeva la verità, sapeva che suo marito era morto in un incidente stradale in cui era stata coinvolta anche lei. Stavano andando al cinema, proprio dopo la luna di miele. Una donna li ha trovati e soccorsi, ma per Trunks era già troppo tardi, aveva il petto perforato da parecchie schegge di vetro. Lei era sopravvissuta, ma aveva perso il bambino, o meglio la bambina. La luce che continuava a vedere, quella che secondo lei Majin Bu aveva generato, non erano altro che i fari dell'altra macchina. La spada che si era, in un certo senso, rivolta contro il suo stesso padrone, non era nient'altro che l'auto di suo marito. Da quel giorno era stata rinchiusa in quell'ospedale psichiatrico perché non voleva affrontare la realtà. Aveva creato un diversivo per vivere, voleva credere che suo marito fosse morto come un eroe per difendere il paese. Da quel giorno la vita per lei era legata ad un sogno. Da quel giorno Goten non l'aveva mai abbandonata, perché diceva che se Trunks se ne fosse andato, allora sarebbe toccato a lui il compito di proteggerla. E l'aveva fatto. L'aveva protetta dalla realtà che i medici continuavano a ripeterle, l'aveva chiusa in un sogno solo loro. E finalmente le aveva regalato il lieto fine tanto agognato.
Goten guardò la migliore amica spegnersi con un sorriso sulle labbra e non poté fare a meno di sorridere, sentendo in lontananza il pianto di quella bambina e vedendo, per un attimo, una famiglia felice.

   
 
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