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Autore: StoryGirl    03/03/2013    6 recensioni
La famiglia Lee possiede da sempre un folletto al suo servizio, un folletto capace di aiutarli nella loro vita, di esaudire i loro desideri... purtroppo quello appartenente a Lee Jinki è imbranato proprio come il padrone.
Lo sai bene che non posso parlargli..."
Il folletto sbuffò guardandolo con un cipiglio arrabbiato che non prometteva niente di buono. Hyosung infatti caricò il suo minuscolo corpicino di tutta la forza che possedeva e volò dritta dritta contro la fronte di Jinki. Purtroppo però si fece più male lei di lui.

Choi Minho, Lee Jinki { MinEw } .
NOTE: Il folletto di Jinki è Jeon Hyosung, il primo folletto, Kris è Wu Yifan, Luhan è Lu Han.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Onew, Taemin
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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TITOLO: Do you believe in fairies? If you believe clap your hands.
AUTORE: StoryGirl.
GENERE: Oneshot. Au. Romantica. Introspettiva.
RATINGS: PG.
DISCLAIMERS: Nessun personaggio mi appartiene, purtroppo.
PAIRING: Choi Minho, Lee Jinki { MinEw } .
RIASSUNTO: La famiglia Lee possiede da sempre un folletto al suo servizio, un folletto capace di aiutarli nella loro vita, di esaudire i loro desideri... purtroppo quello appartenente a Lee Jinki è imbranato proprio come il padrone.
Lo sai bene che non posso parlargli..."
Il folletto sbuffò guardandolo con un cipiglio arrabbiato che non prometteva niente di buono. Hyosung infatti caricò il suo minuscolo corpicino di tutta la forza che possedeva e volò dritta dritta contro la fronte di Jinki. Purtroppo però si fece più male lei di lui.

NOTE: Il folletto di Jinki è Jeon Hyosung, il primo folletto, Kris è Wu Yifan, Luhan è Lu Han.
THANKS: A [info]yuya_lovah, perchè l'ha betata, as always.
PAROLE: 6939, con il conteggio di word.

Do you believe in fairies? If you believe clap your hands

Lee Jinki, primogenito ed unico erede della famiglia Lee, era un ragazzo di media statura con profondi occhi scuri, capelli castani leggermente mossi tenuti sempre ordinati grazie all'utilizzo di una bassa coda e detentore di un folletto come suo magico protettore.

Per ogni componente della famiglia Lee, vi era sempre stato un folletto protettore ed essi venivano citati fin dalle prime storie risalenti all'alba dei tempi.
Si narrava infatti che il patriarca avesse incontrato il suo folletto in una fredda notte invernale.
Luhan, questo era il suo nome, stava percorrendo la strada che l'avrebbe portato a casa quando, sul suo cammino, la tempesta di neve infervorò a tal punto da far crollare un alto albero, bloccandolo nella radura. Con una gamba schiacciata dalla mole della pianta, Luhan non poteva fare altro che aspettare la propria morte, che in quelle sventurate condizioni sarebbe giunta al più presto. Fu in quel momento che vide una strana luce volteggiare dinanzi ai suoi occhi. In un primo momento credette in uno scherzo della sua flebile mente provata dal freddo e dal dolore, ed il suo pensiero non cambiò quando quella luce lentamente acquistò una parvenza umana e di fronte a lui poté osservare una creatura minuscola che sarebbe stata comodamente nella sua mano.
Il suo nome era Kris, raggiungeva a stento i sei centimetri di altezza e possedeva enormi occhi verdi di una brillantezza sconosciuta a Luhan prima d'allora. Il colore dei capelli era poi ripreso da quello degli occhi. Il folletto chiese il suo aiuto: a causa della tempesta di neve aveva difatti perso gran parte della sua energia e l'unico essere in grado di donargliene di nuova era proprio lui. Luhan decise di aiutarlo, ormai il dolore che provava si era affievolito vista la febbre che era andata a pervadere il suo intero corpo e che gli faceva credere di stare sognando.
Il folletto si era avvicinato a Luhan appoggiandosi alla sua fronte, sfregando il proprio corpicino contro di lui. Piccole scintille verdi vennero prodotte da quell'azione ed il folletto, ricaricato di energia, decise di cingere un accordo di fedele alleanza con colui che, in un momento così difficile, aveva accettato di donargli la sua energia senza chiedere niente in cambio.
Non solo salvò Luhan da morte certa, ma fece in modo che da quel giorno nessun Lee potesse cadere nel pericolo.
Da quel giorno la famiglia Lee ebbe sempre modo di avere un folletto per ogni suo componente, o almeno così si amava raccontare.

Hyosung era il folletto protettore di Jinki. Era una femmina con lunghi capelli color viola che non avevano una vera e propria forma, essi infatti rimanevano mossi ed agitati sulla sua testa ed i ricci non erano mai ben delineati. Raggiungeva i cinque centimetri di statura ed i suoi enormi occhi riprendevano con particolare minuzia il colore dei capelli.
Indossava sempre un buffo capello rosso a punta ed un vestitino leggero dello stesso colore.
Donata a Jinki dal primo momento in cui quest'ultimo ebbe aperto gli occhi sul mondo, aveva acquisito i tratti particolari del proprio protetto. Ella era infatti dotata di una gentilezza fuori dal comune ma i suoi pasticci con la magia erano noti in ogni parte del globo, sia magico che non.

"Perché non gli parli?"
Jinki guardò il folletto materializzatosi sopra la sua spalla appena ebbe constatato che era solo. Sospirando decise di non ripeterle per l'ennesima volta la storiella che raccontava anche a se stesso ed in cui aveva persino iniziato a credere ciecamente.
"Lo sai bene che non posso parlargli..."
Il folletto sbuffò guardandolo con un cipiglio arrabbiato che non prometteva niente di buono. Hyosung infatti caricò il suo minuscolo corpicino di tutta la forza che possedeva e volò dritta dritta contro la fronte di Jinki. Purtroppo però si fece più male lei di lui.
"Ahia! Da quand'è che hai la fronte così dura?! Ecco perché sei tanto cocciuto!"
Con l'ennesimo gemito di dolore, che morì sulle sue labbra rosse, scomparve in un poff abbastanza sonoro e Jinki si ritrovò nuovamente solo.
Sapeva bene di cosa parlasse in continuazione Hyosung e le era grato per il modo in cui si preoccupava sempre per lui, ma non credeva giusto che lo facesse. Passi il fatto che fosse un folletto, o quello ancora più importante che fosse il suo folletto protettore, ma non vedeva il motivo per il quale Hyosung dovesse ficcare il naso nei suoi affari personali. Non doveva proteggerlo da ciò che fisicamente parlando, poteva fargli male? E questo – ahimè - non le riusciva poi altrettanto bene quanto il pronunciarsi in questioni che non erano di sua competenza.
Jinki si specchiò osservando il proprio riflesso con un cipiglio abbastanza critico. Niente di lui lo soddisfaceva: non il fisico magro seppur per niente tonico, non il profilo troppo pacioccone del volto e neppure quei capelli che non ne volevano sapere di starsene ordinati sulla sua testa. Per non parlare delle cosce troppo grosse o dei suoi denti leggermente sporgenti e per i quali lo prendevano costantemente in giro. No, niente di tutto ciò avrebbe mai potuto attrarre un ragazzo come Choi Minho, l'atleta più quotato, campione non solo di atletica, ma di tutti gli sport possibili ed immaginabili, nonché il più popolare di tutto l'istituto.
Come se non bastasse la sua poca avvenenza fisica, restava il fatto che lui fosse un dannato ragazzo e che, a quanto ne sapeva, neppure se fossero rimasti solo loro sulla Terra l'altro avrebbe potuto decidere di diventare improvvisamente gay.
Minho aveva avuto solo storie con delle ragazze, per lo più cheerleaders, quindi la possibilità che potesse degnare anche di una sola occhiata lui, campione di scacchi, era tendente in maniera inequivocabile allo zero cronico.
Ovviamente, poi, le sue minime possibilità di fare colpo venivano del tutto azzerate quando si considerava il fatto che era "noto" per giocare a scacchi, non sicuramente calcio, nuoto, od una qualche disciplina competitiva che potesse fare gola a Minho.
Scuotendo la testa cercò di scacciare dalla propria mente tutte le illusioni che Hyosung riusciva ad iniettargli fin nel profondo ogni volta. Il folletto infatti non era in grado di giudicare appieno le condizioni del suo protetto ed era convinta che appena Jinki fosse riuscito a parlare a Minho, quest'ultimo magicamente si sarebbe innamorato di lui.
Per fortuna Jinki riusciva a tenere i piedi ben piantati a terra o sarebbe già diventato lo zimbello di tutto l'istituto. Non che in qualche modo non lo fosse già.
Alcuni suoi compagni di classe gli avevano chiarito ogni dubbio riguardo la posizione scolastica a cui lui apparteneva. Fin dal primo giorno, quando l'avevano visto presentarsi con l'uniforme scolastica classica - ovvero senza nessun cambiamento per riuscire in qualche modo a presentare la sua personalità - lo avevano classificato come "sfigato" e nulla di quanto Jinki fece in seguito riuscì a far cambiare loro idea. Dopotutto uno che alzava la mano impaziente ad ogni domanda dei professori, che inciampava nei suoi stessi piedi riuscendo a rotolare per un'intera rampa di scale, che si presentava sempre in orario e preparato, non poteva che essere definito in quel modo.
A Jinki tutto ciò non infastidiva particolarmente. La scuola per lui non era un luogo in cui stringere particolari amicizie, ma un posto dove avrebbe potuto apprendere la conoscenza e dove tutte le sue domande avrebbero ricevuto una risposta.
Certo, se in tutto ciò Minho lo avesse degnato di qualche occhiata, o di un sorriso di tanto in tanto, non avrebbe di certo chiuso la porta del suo cuore a quel piacere solo perché quello non era il luogo adatto a riceverlo.
"Sta per entrare in bagno! Preparati... stavolta devi parlargli! E' da solo e potrebbe essere la tua unica occasione per farti conoscere, data la tua proverbiale timidezza!"
L'ennesima apparizione improvvisa di Hyosung lo fece saltare in aria e visto che la Dea Fortuna è bendata, prese a rispondere al folletto nell'esatto istante in cui Minho aprì la porta per entrare in bagno.
"Ti ho già detto che non posso parlar-!"
Si bloccò arrossendo furiosamente. Minho, non potendo vedere Hyosung, che ancora aleggiava attorno a Jinki, puntò lo sguardo sul ragazzo, un sopracciglio inarcato come a domandargli se stesse parlando con lui.
"Scusa?"
Jinki scosse la testa desiderando di poter scomparire. Puntò lo sguardo verso il basso sperando che il pavimento si potesse aprire per inghiottirlo vivo. La prima volta che gli parlava ed ovviamente era riuscito a mandare tutto all'aria, ma stavolta la colpa era di Hyosung e gliel'avrebbe fatta pagare cara a quel folletto impiccione!
"Non... non stavo parlando con te..."
Minho sembrò essere, se possibile, ancora più sconcertato da quella risposta e Jinki notandolo si affrettò ad aggiustare le sue parole.
"Voglio dire... stavo parlando da solo, tra me e me... e tu sei entrato nell'esatto momento..."
Questo però non era ciò che Jinki avrebbe davvero voluto dirgli.
Bene, rendiamoci ancora più ridicoli di quanto già non sono. Cosa penserà di me, ora?
Con sua enorme sorpresa, però, Minho accennò ad un sorrisetto, gli occhi illuminati da un bagliore di puro divertimento.
"Anche io a volte parlo da solo. In certe occasioni è meglio la compagnia di se stessi che quella di qualcuno che non sarebbe in grado di aiutarci, o di risponderci ciò che davvero vorremmo sentirci dire, non credi?"
Jinki si ritrovò ad annuire sollevando appena il volto per potersi così perdere nello sguardo del più piccolo. Prima che potesse replicare e quindi continuare quella conversazione, Minho si era voltato sparendo in uno degli scompartimenti chiusi. Quando sentì la porta chiudersi dietro la sua schiena, cercò di trovare la forza per andarsene di modo da non sembrare anche un maniaco, oltre che un pazzo psicopatico.
Appena si ritrovò nei corridoi caotici della scuola, con ragazzi che si muovevano frenetici da una parte all'altra diretti chissà in quale classe, Jinki si mosse automaticamente sembrando quasi un robot. Velocemente riuscì ad arrivare nei pressi della parte della scuola di possesso dei bidelli e si infilò in uno dei ripostigli. Sapeva bene gli orari nei quali si poteva permettere una cosa simile. Hyosung gli lanciò uno sguardo obliquo che sembrava tanto domandargli Che ho fatto di male stavolta?.
"Stavo solo cercando di aiutarti! Ti ho avvertito di modo che tu potessi prepararti mentalmente a dire qualcosa, qualsiasi cosa! Potevi iniziare con il tuo nome, ad esempio!"
Jinki sollevò una mano di scatto ed intrappolò il piccolo folletto tra le sue dita. Non lo fece con forza perché comunque ci teneva a Hyosung anche se lei sembrava sempre essere in grado di mandarlo fuori di testa.
"Hyosungie, ti ringrazio per cercare di realizzare i miei sogni d'amore, ma devi capire che Minho-ssi non potrà mai essere mio. Insomma, mi hai visto? Come credi che potrò mai essere al suo livello?!"
Hyosung fece scorrere lo sguardo lungo tutto il fisico di Jinki e poi sorrise dolcemente sparendo nel suo solito poff per poi riapparire sulla sua spalla, seduta composta.
"Secondo me sei bello, ma pecchi di troppa poca autostima."
Jinki non poté fare a meno di arrossire a quel complimento. Hyosung non mancava mai di sprecare parole gentili per risollevargli il morale, ma a volte si domandava quanto di tutto ciò fosse vero e quanto gli fosse dovuto solo per il legame che li univa. Hyosung era da sempre stata il suo folletto protettore e quindi forse era tenuta a dirgli certe cose, a comportarsi in un certo modo...
Non aveva idea se le sue paranoie potessero ritrovare un riscontro nella realtà , o meno, non avendo mai avuto il coraggio di chiederne conferma a Hyosung stessa. In realtà non le aveva mai nemmeno domandato se la storia di Luhan e Kris che gli avevano ripetuto fin da bambino fosse vera, o come fosse il mondo da cui lei proveniva. Aveva paura di scoprire che i folletti erano stati costretti a donarsi a loro e che lui per Hyosung altro non era che un temibile carceriere che l'avrebbe punita se lei non si fosse dimostrata abbastanza gentile con lui.
"Ora devo tornare in classe..."
L'aveva sospirato uscendo dal ripostiglio ancora immerso nei suoi pensieri. Quando avvertì una presenza solida contro il suo volto sollevò lo sguardo, stranito. Non si era infatti reso conto che una volta fuori da quel minuscolo stanzino si era ritrovato addossato al corpo caldo e muscoloso di Minho.
Con la coda dell'occhio vide Hyosung ridacchiare mentre volteggiava sopra le loro teste. Quel dannato folletto doveva sicuramente essere stata a conoscenza del fatto che il ragazzo fosse posto fuori dal ripostiglio quando lui aveva aperto le porte per uscire ed ora riusciva persino a comprendere il motivo per il quale non lo aveva tormentato per continuare il discorso pur di avere ragione lei.
"Eri... nel ripostiglio? Perché eri in un ripostiglio?"
Jinki notò che Minho aveva fatto qualche passo indietro di modo da allontanarsi da lui per guardarlo in volto e sicuramente perché stare così a stretto contatto gli provocava disagio. Se fosse stato per Jinki infatti non si sarebbero mai divisi.
"Io... Ero venuto a cercare..."
Stava davvero cercando di parlare, di spiegarsi, ma l'unica cosa che fuoriuscì dalle sue labbra fu un balbettio sconclusionato che lo fece sentire terribilmente in imbarazzo.
"Non potevi semplicemente chiedere ad un bidello se non trovavi lo straccio o quello che ti serviva?! E poi, perché chiudere la porta del ripostiglio? Al buio non troverai di certo ciò che cerchi!"
Jinki arrossì sotto lo sguardo di Minho, abbassando il suo verso terra. Si sentiva patetico, più di quanto il suo status scolastico non lo facesse già sentire e, non sapendo più cosa rispondere per darsi una parvenza di rispettabilità in più, corse via. Minho lo guardò attonito non capendo che diavolo prendesse a colui che era considerato il migliore dell'istituto: a lui non sembrava poi così intelligente, anzi!

"E' tutta colpa tua, Hyosung! Sei... Sei un folletto malefico!"
Hyosung lo guardò dispiaciuta e Jinki non riuscì a rimanere arrabbiato con lei molto a lungo. Dopo aver allungato la mano e lasciato che il folletto si appoggiasse sul suo palmo, sospirò.
Era appena arrivato a casa e si trovava in camera sua. Tutto intorno a lui era sistemato meticolosamente, persino i libri erano catalogati in ordine alfabetico e sopra il bordo di ognuno di essi vi erano apposte alcune stelline adesive, che stavano a significare il grado di piacere ed interesse che avevano suscitato in Jinki.
"Mi dispiace Dubu, io volevo solo aiutarti a fare finalmente amicizia con lui! Ti... ti struggi sempre per quel Minho ed io so che lo desideri talmente tanto che daresti ogni cosa pur di poter passare almeno una giornata in sua compagnia!"
Jinki non poté ribattere a quelle parole, perché era vero: avrebbe dato persino la sua vita se questo avesse significato essere riconosciuto da Minho, essere salutato da lui ed abbracciato!
"Lui non si accorgerà mai di me. Hai visto il suo migliore amico? E'... è un altro ragazzo assolutamente perfetto. Poi c'è quel ragazzo che sta sempre in loro compagnia, ed anche lui è così bello... Nessuno di loro inciampa nei loro stessi piedi, sono affascinanti e sanno sempre cosa dire!"
"Anche tu potresti essere come loro, Dubu, ti basterebbe solo un po' più di fiducia in te stesso... potresti iniziare a diventare amico di Jonghyun di modo da poterti avvicinare maggiormente a Minho!"
Jinki arrossì gonfiando appena le guance, un'azione che lo rese ancora più somigliante ad un coniglio e poi scosse la testa, serio.
"No, Jonghyun-ssi non potrebbe mai diventare mio amico. Lui è popolare, gioca a calcio insieme a Minho-ssi, e fa persino parte di una band musicale. Tutte le ragazze svengono al suo passaggio!"
Non capiva perché Hyosung continuasse ad insistere quando era ovvio a chiunque che non aveva possibilità. Doveva rinunciare prima di farsi male sul serio, prima di ritrovarsi il cuore spezzato.
"E' ovvio che non potrebbe diventare tuo amico se continui a ripeterlo in questo modo!"
Il minuscolo folletto prese a volteggiare verso il suo volto e dopo averlo guardato a lungo negli occhi si voltò, come per dimostrarsi offesa, poi con il suo solito poff sparì lasciando Jinki solo.

Il giorno dopo, all'ingresso di scuola, Jinki notò Hyosung volteggiare tra il gruppetto delle persone più popolari composto da Minho, Jonghyun, Kibum e Taemin. Morsicandosi con violenza le labbra iniziò a muovere la mano come a farle cenno di spostarsi, di non provare neppure lontanamente a fare una magia ad uno di loro. Ovviamente però, dato che solo lui aveva la possibilità di vederla, a tutti sembrò stesse salutando quei ragazzi.
Uno dei suoi compagni di classe gli si avvicinò spintonandolo leggermente.
"Sfigato, cosa credi di fare?! Loro non lo vedono neppure uno come te, è inutile che sventoli la tua manina per farti notare!"
Fu in quel momento che Jinki avvertì un leggero scoppio e roteò gli occhi verso l'alto: Hyosung ne aveva combinata un'altra delle sue.
Il folletto non era ancora capace di usare la sua magia ed ogni volta era un pasticcio dopo l'altro.
Sentì distintamente il ragazzo davanti a lui prenderlo per il colletto della camicia e lo guardò terrorizzato.
"Prova ancora a rotearmi gli occhi davanti e vedi...!"
Jinki chiuse d'istinto gli occhi aspettandosi di venire colpito da lì a pochi secondi, ma con sua grande sorpresa questo non avvenne.
"Lascialo immediatamente."
Quella voce era di Kibum, l'avrebbe riconosciuta tra mille. Kim Kibum era uno dei ragazzini che aveva la fortuna di poter stare a stretto contatto con Minho. Era il direttore del club artistico e tutti i progetti dell'istituto passavano tra le sue mani. Aveva l'ultima parola riguardo a qualsiasi discussione. Kim Kibum era uno dei ragazzi che chiunque si sarebbe voluto fare amico, ma Jinki era sicuro che tra i suoi amici non ci fosse proprio scritto il suo nome.
Dopo che l'altro ragazzo lo aveva lasciato, si arrischiò ad aprire gli occhi giusto in tempo per osservare Kibum andare verso di lui e stringerlo in forte abbraccio.
"Oh, Dubu, ho avuto così paura che potesse farti del male. Te l'ho sempre detto di starmi vicino, ricordi? Ahh, perché devo sempre spiegarti tutto cento volte? Per essere il mio migliore amico sei un po' tonto, sai?"
Jinki sbattè più e più volte le lunghe ciglia nere.
"Per caso questa è una specie di candid camera? Ora tutti salteranno in piedi indicandomi, ridendo sguaiatamente per lo scherzo? Molto divertente Kibum-ssi, ma come vedi non ci sono cascato, e ora lasciami!"
Non seppe per quale motivo, ma gli sembrò che lo sguardo di Kibum si facesse vacuo, come addolorato a causa delle sue parole.
"Dubu... cosa stai dicendo? Quale candid camera? E... perché dovrei lasciarti? Non posso nemmeno più abbracciare il mio migliore amico?!"
Insicuro continuò ad osservare Kibum: la sua espressione non dava adito a dubbi, non stava fingendo. Solo quando sopra di lui apparve la piccola Hyosung, con una faccetta decisamente soddisfatta, riuscì a capire che era tutto merito suo.
Aveva cercato di aiutarlo e forse, per una volta, c'era riuscito? Quanto sarebbe durata però quella messinscena? Un'amicizia non si poteva rubare tramite la magia.
"G-Grazie di avermi salvato, forse però ora è meglio che io mi avvii a lezione. Tu dovresti tornare dai tuoi amici, non credi?"
Kibum lo guardò stranito per qualche secondo prima di sorridergli, prenderlo a braccetto e trascinarlo senza tante cerimonie proprio vicino a Minho.
Jinki poté notare come tutti quei ragazzi lo osservassero dubbiosi. Sicuramente si stavano chiedendo come fosse riuscito a fare il lavaggio del cervello al loro amico, e per di più a distanza.
Jonghyun fu il primo ad avvicinarsi a loro guardando Kibum in preda all'ansia.
"Kibummie, perché hai portato Jinki-pezza da piede, qui da noi?"
Il ragazzo più simile ad un dinosauro che ad un essere umano si pentì immediatamente di aver espresso quella domanda perché Kibum lo incenerì con un solo sguardo.
"Kim Jonghyun! Lui è il mio migliore amico e se ti sento nuovamente disprezzarlo in questo modo sarai tu a diventare la nuova pezza da piedi, capito?!"
Jinki rimase sbigottito di fronte alle parole di Kibum. Dentro di sé sentiva uno strano calore al cuore, ma sapeva di non doverne essere felice.
Kibum, per quanto fosse stato dolce a proteggerlo a quel modo, non era davvero il suo migliore amico. Quell'amicizia era fasulla, alimentata da Hyosung, e quindi non doveva farsi trarre in inganno da essa.
Se fosse stato unicamente per lui, Kibum avrebbe continuato a non rivolgergli la parola, proprio come faceva sempre.
"Ora... dovrei andare a lezione, scusa!"
Jinki riuscì in qualche modo a divincolarsi dalla presa ferrea che Kibum tratteneva sul suo braccio e poi corse via, diretto ad un posto isolato per avere l'opportunità di parlare con il suo folletto e chiarire, una volta per tutte, che non approvava certe magie.
"Hyosungie!"
Il suo richiamo venne ascoltato dal minuscolo folletto che apparve con il suo solito sonoro POFF proprio di fronte a lui. Erano entrambi in bagno, ma visti i recenti avvenimenti - che comprendevano un Minho sbigottito di fronte alla sua conversazione solitaria -, aveva scelto quello dei laboratori di chimica che sapeva essere perennemente vuoto. Lì infatti aleggiava un odore di rancido causato dagli esperimenti che venivano effettuati nelle aule accanto.
"Si può sapere che diavolo ti è saltato in mente?! Io non posso essere il migliore amico di Kim Kibum! Ti rendi conto di quello che hai appena combinato? La vita reale non è uno stramaledettissimo campo da gioco dove puoi provare i tuoi incantesimi e credere che niente verrà danneggiato da essi!"
Hyosung sospirò triste, abbassando piano lo sguardo verso il basso. Persino il suo volo, solitamente sempre euforico e veloce, divenne lento fino a fermarsi mentre il folletto si appoggiava con fare tremante sopra la mano di Jinki.
"M-Mi dispiace... V-Volevo solo renderti felice e vedere il tuo sorriso!"
Jinki non poté fare a meno di commuoversi a quelle parole, a quel tono di puro affetto che sentiva provenire dal minuscolo esserino ed allungò piano il dito per accarezzarle i lunghi boccoli viola.
"Lo so che non volevi fare niente di male, piccolina, ma... ora sono nei guai, lo sai vero? Penseranno tutti che gli ho fatto il lavaggio del cervello o peggio ancora, che l'ho ricattato per fargli dire che è il mio migliore amico..."
Hyosung sollevò appena il suo volto verso Jinki e gonfiò le guance rosse, incapace di comprendere appieno le regole della scuola.
"Perché non potresti essere davvero il suo migliore amico? Tu hai tantissime qualità! Kibum dovrebbe solo essere entusiasta di questo cambiamento!"
Jinki arrossì scuotendo piano la testa. Nessuno si complimentava mai con lui come faceva Hyosung e, con il tempo, si era affezionato a tal punto da chiedersi spesso con terrore se e quando il folletto lo avrebbe lasciato solo.

"Dubu! Dubu! Aspettami! Facciamo la strada di ritorno a casa insieme! Vorrei passare da te, mi serve una mano con il compito di matematica e poi potrei darti una mano con quella missione~"
Kibum non lo aveva lasciato solo un istante quel giorno, abbandonando persino i suoi amici al loro solito tavolo della mensa unicamente per sedersi accanto a lui, totalmente isolato dal resto dell'istituto.
Jinki credeva, erroneamente, che se avesse corso velocemente Kibum non sarebbe mai riuscito a raggiungerlo. Ovviamente non poteva andare così visto che Kibum, al suo confronto, era decisamente più agile e veloce.
"Quale missione?"
Sperò che in quella missione sconosciuta non c'entrasse ancora Hyosung o avrebbe dato di matto. Passi commettere un errore per il suo bene, ma se avesse perseverato su quella strana anche dopo che le aveva spiegato quanto fosse sbagliata... bhè, non c'erano occhi dolci che potessero calmarlo.
"Come, quale missione?! Ma la missione di accalappiaggio del bel Minho, mi sembra ovvio! Ti ho detto che ti avrei aiutato, ricordi? Ed io mantengo sempre le mie promesse!"
Jinki lo guardò scioccato.
Come faceva Kibum ad essere a conoscenza del suo segreto? Nessuno lo sapeva! Nessuno tranne Hyosung, ma lei non poteva mettersi a parlare con gli altri, quindi...
"Uhm. Come... fai... a sapere che... mi piace?"
Kibum si mise a ridere, allegro come sempre, e dopo averlo preso a braccetto si diresse velocemente verso casa dell'amico.
"Come faccio a saperlo? Io so tutto di te, Dubu. Sono il tuo migliore amico da quando eravamo piccoli... Sul serio, che ti prende oggi? Sei così strano! Aish, non ti sarai mica beccato l'influenza, eh? Vieni qui, fammi vedere se sei caldo!"
Jinki non si ritrasse al tocco della mano fresca di Kibum sulla sua fronte: era immobile e continuava a ripensare alle parole che l'altro aveva appena pronunciato.
Sono il tuo migliore amico da quando eravamo piccoli.
Sarebbe davvero potuto esserlo: Kibum viveva vicino a lui quando erano piccoli, ma Jinki non si era mai avvicinato alla rete che separava la sua casa da quella dell'altro. Giocava sempre e solo con Hyosung, troppo immerso nel suo mondo per pensare ai bambini - tra l'altro più piccoli - che non possedevano una fatina personale come lui.
Ricordava ancora come se fosse stato ieri il giorno della festa per il quinto compleanno di Kibum. Era stato invitato anche lui e si era presentato alla festa vestito di tutto punto. Purtroppo però, uno degli invitati lo aveva visto parlare "da solo" e da quell'istante aveva iniziato a prenderlo in giro raggruppando altri bambini che decisero che deriderlo fosse molto più divertente di guardare il festeggiato aprire i suoi regali.
Risero persino del libro che con tanta cura aveva scelto per Kibum. Tutti loro gli avevano regalato dei giochi, interrativi e non, che vennero accolti meglio.
"Siamo amici da quando eravamo piccoli?"
Kibum, sempre accanto a lui, annuì lentamente guardandolo con un cipiglio preoccupato.
"Sì, Dubu. Siamo praticamente cresciuti insieme!"
Jinki non fece più domande, più spaventato dalle possibili proposte che curioso, e si limitò a seguire il più piccolo.
Una volta arrivati a casa fu lieto di notare che i suoi genitori non erano ancora rientrati. Già immaginava le domande che sarebbero scaturite nel notare Kim Kibum non solo accanto lui, ma mano nella mano!

"Allora, per iniziare dovresti vestirti meglio. Ti ho detto tante volte di valorizzare la tua uniforme scolastica. Conciato così perdi tutto il tuo charme. Per non parlare dei capelli! Ahh, quello che ci vuole è un tocco del mio charme!"
Guardandolo con uno sguardo che non ammetteva repliche, Kibum gli si avvicinò iniziando ad armeggiare con le dita tra i suoi capelli. Jinki lo lasciò fare sperando che in quel modo l'altro si sarebbe calmato.
Non sapeva se tutta quella vitalità e voglia di aiutarlo derivasse solo dalla magia di Hyosung, o se già di suo Kibum fosse un ragazzo iperattivo.
"Vedi che con un basso codino stai una meraviglia?"
Dopo averlo portato davanti ad uno specchio, Jinki notò che era quasi irriconoscibile. I capelli neri, fin troppo lunghi e mossi, erano stati sistemati in un basso codino lasciando così scoperto del tutto il suo volto. In realtà, anche se non l'avrebbe mai ammesso, si sentiva decisamente carino.
Non credeva però che dopo aver sistemato i suoi capelli indomabili, Kibum si sarebbe spinto ancora più in là arrivando a spalmargli una strana sostanza su buona parte delle sue folte sopracciglia. Prima che potesse chiedere cosa diavolo stesse facendo, però, Kibum applicò due cerotti e strappò ferocemente producendo in lui un urlo acuto che esprimeva tutto il suo dolore ed allo stesso tempo la sua volontà di ucciderlo.
"Lo so che fa male, ma ehi! Non è mica colpa mia se le hai lasciate crescere fino a farle diventare un cespuglio orripilante!"
Jinki digrignò i denti, soffocando un epiteto non molto dolce che gli era appena salito sulle labbra. Doveva ammettere che curate a quel modo fossero più eleganti, ma non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di pronunciare certe parole.
"Va bene, ora sei arrabbiato con me e non vuoi parlarmi, ma domani a scuola quando Minho ti vedrà, ti noterà diverso e grazie a ciò riuscirai a farlo avvicinare a te!"
Jinki guardando l'"amico" andare via, non era molto sicuro che il suo piano potesse funzionare.
Minho era etero, anche se lo avesse visto diverso, cosa cambiava? Assolutamente nulla.
Lui rimaneva Minho, il ragazzo più ambito mentre lui era Jinki, lo sfigato.
"Secondo me sei davvero bello, sai?"
Jinki arrossì rivolgendo l'attenzione su Hyosung, che era andata a posarsi sul mobiletto di fronte a lui. Il folletto indossava il suo buffo capellino rosso e lui la trovava decisamente adorabile.
"Grazie, Hyosungie, anche se lo dici unicamente perché sono il tuo protetto."
Vide il minuscolo esserino scuotere la testa, gonfiando persino le guance.
"Non è vero! Credi sul serio che noi folletti siamo costretti a starvi vicino contro la nostra volontà? Io... sono cresciuta insieme a te ed ho imparato a volerti bene. Sei il mio Dubu ed anche se ne avessi la possibilità non me ne andrei lasciandolo tutto solo! Perché credi che tutto ciò che faccio per te sia una costrizione? Hai davvero così poca fiducia nel nostro legame?!"
Jinki capì di averla fatto grossa nel pronunciare quelle parole: non aveva mai lasciato intendere a Hyosung quanto credesse che tutto il loro rapporto fosse stato costruito sulla base di un contratto di schiavitù. Arrossendo chinò la testa dandosi mentalmente dell'idiota per aver ferito il suo folletto senza nemmeno volerlo.
"N-Non intendevo questo... è che... Hyosungie, mi dispiace!"
Ma Hyosung se ne era già andata, ancora prima che lui le chiedesse scusa. Una sola goccia luccicante era rimasta sul mobiletto dove prima vi era il folletto. Una sola lacrima capace di mostrare tutto il dolore che Hyosung stava provando.

Il giorno dopo, a scuola, Jinki non aveva molta voglia di partecipare insieme a Kibum ad una piacevole chiacchierata al tavolo dei ragazzi più popolari dell'istituto. Sentiva lo sguardo di Minho fisso su di lui, così come quello della maggior parte delle persone che aveva incrociato quel giorno.
Nessuno riusciva a credere che lui, Lee Jinki, fosse cambiato a tal punto da diventare così affascinante. Persino alcune ragazze, credendo fosse uno studente nuovo, si erano fermate a civettare con lui.
Nonostante ciò non si sentiva affatto felice di quel cambiamento. Continuava a pensare a Hyosung, a quanto male le avesse fatto e a come potesse farsi perdonare per il suo terribile errore.
Non avrebbe mai creduto di poterla addolorare in quel modo, ma era successo a causa delle sue continue paranoie, delle sue parole e di quelle domande che si tirava dietro ormai da anni.
Domande che avrebbe dovuto porle molto tempo prima così da poter trovare delle risposte. Non lo aveva fatto però e ne stava pagando il prezzo.
Ognuno è responsabile delle proprie azioni.
"Hyung, posso parlarti un attimo da solo?"
Jinki si ritrovò ad annuire perdendosi per qualche secondo negli occhi scuri di Minho puntati su di lui. Con la coda dell'occhio vide Kibum chiacchierare amabilmente con un Jonghyun decisamente rosso.
Tuttavia non riuscì a godersi quel momento, ad assaporare la felicità di essere guardato proprio da Minho, il ragazzo che per tutta una vita aveva albergato i suoi sogni.
"Io non ho idea di come tu abbia fatto a... convincere Kibum-ah di essere il suo migliore amico, ma devo avvertirti. Jonghyunnie è molto affezionato a lui e se tu dovessi, in qualsiasi modo, compromettere il loro legame stai pur certo che mi vendicherò!"
Detto questo Minho era tornato seduto al suo posto lasciando immobile, sbigottito.
Non lo aveva avvicinato per esprimergli il suo shock nel vederlo così cambiato. Voleva solo assicurarsi che sapesse a cosa stava andando in contro.
In quel momento provò una fitta terribile al cuore mentre desiderava avere la vicinanza di Hyosung: solo lei sarebbe stata in grado di farlo calmare, di farlo tornare a sorridere, ma Hyosung non c'era e lui doveva accettarlo.
"Tu gli piaci. Io riesco a vedere ciò che ha nel cuore e... gli piaci."
Quasi urlò nel sentire quella voce sussurrargli all'orecchio. Non si era accorto che il folletto si era materializzato sulla sua spalla e che gli stava parlando.
Velocemente riuscì a trovare un tavolo isolato dove si sedette fingendo di parlare al telefono.
"No, non hai sentito ciò che mi ha detto?"
Hyosung emise una lieve risata prima di colpirlo piano volandogli addosso. Si vedeva che era ancora offesa per ciò che era successo il giorno prima, ma il suo affetto nei suoi confronti superava persino la rabbia che poteva provare.
"Sei sciocco, lo sai vero? Lui non ti ha parlato in quel modo solo per Jonghyun-ah, ma anche per altro, ma tu sei così cieco da non accorgertene. Nonostante i capelli tirati indietro non riesci a vedere al di là del tuo naso!"
Con un piccolo sbuffo Hyosung sparì lasciandolo completamente solo insieme a tutti i suoi dubbi.

"Perché non resti insieme a noi, oggi? Potresti approfittare di questo pomeriggio per far ulteriormente colpo su Minho-ah! Ho visto come ti ha guardato oggi."
Jinki scosse la testa salutando velocemente Kibum prima di sfuggire dalle sue grinfie, più che convinto a tornare a casa il prima possibile.
Andandosene senza guardarsi indietro non poté notare Minho seguirlo con lo sguardo finché non lo vide sparire fuori dall'ingresso dell'istituto.
Jinki percorse velocemente la strada che lo separava da casa sua e, nel frattempo, cercava di trovare nel suo cuore le parole più adatte a scusarsi con Hyosung. Non era giusto, infatti, che il minuscolo folletto soffrisse a causa sua e della sua scarsa razionalità.
Doveva farle capire che aveva parlato a sproposito (come faceva spesso in quel periodo tanto stressante per lui), ma che non intendeva veramente ciò che aveva detto.
"Hyosungie, ti prego... vieni fuori, ho bisogno di parlarti!"
Hyosung comparve all'istante di fronte a lui andando ad appoggiarsi sul cuscino del letto di Jinki. Quest'ultimo la guardò con dolcezza prima di andare a sedersi accanto a lei.
"Devo chiederti scusa per le cose che ti ho detto. Io... mi fido di te e della nostra amicizia, ma non posso fare a meno di chiedermi se tutto ciò sia dettato unicamente dal legame che ci ha unito dalla nostra nascita. So la storia che si racconta del mio antenato Luhan e del vostro folletto Kris, ma ho bisogno di sapere da te se vedete questo rapporto di costrizione come un obbligo a cui non potete sottrarvi."
Hyosung sospirò leggermente prima di prendere a volteggiare di fronte a lui cercando di trovare la forza necessaria per utilizzare la sua magia ancora una volta. Sapeva di essere una terribile combinaguai, ma quella volta doveva fare in modo che la sua forza venisse totalmente catalizzata nelle sue dita producendo così la magia necessaria per mostrare a Jinki il loro passato.
Di fronte al ragazzo comparve una specie di ologramma che descriveva la storia di Luhan e Kris. In quel modo Jinki poté effettivamente rendersi conto di come gli occhi del folletto Kris luccicassero di affetto e gratitudine mentre proponeva quello strano patto a Luhan.
Le lacrime iniziarono a scorrergli sulle guance quando si rese conto di tutto il dolore che aveva causato unicamente perché impaurito di porre quella domanda a Hyosung.
La raccolse tra le mani quando la vide affaticata per l'enorme quantità di energia che aveva disperso per ricreare quell'illusione tanto reale.
"Scusami piccolina... Non dubiterò mai più della nascita della nostra amicizia!"
Hyosung annuì piano appoggiando la guancia contro il palmo della sua mano facendo in modo che la sua energia andasse a lei per poterla ricaricare.
"Per me non è un obbligo restare insieme a te, Dubu. Ti voglio bene, ormai fai parte della mia famiglia ed ho bisogno di te quanto tu ne hai di me. N-Non dirmi più certe cose, però. Non dubitare della nostra amicizia perché mi uccidi dentro..."
Jinki annuì lentamente, mordicchiandosi il labbro mentre alcune lacrime gli scivolavano sulle guance cadendo sul folletto che ridacchiò divertita.
"E ora... ascoltami bene perché non lo ripeterò una seconda volta. Minho ti desidera. Oggi non era solo preoccupato per Jonghyun, ma anche geloso ed invidioso del legame che... io ho creato per te con Kibum. Vorrebbe essere lui ad avere quel legame prezioso, ma non può farlo perché ha paura di ammettere anche a se stesso di essere gay!"
Jinki ridacchiò divertito da quelle parole credendo che il piccolo folletto fosse impazzita.
"Uhm, quindi tu mi stai dicendo che una volta visto il mio cambiamento si è riscoperto affascinato da me a tal punto da rendersi conto di essere gay e di volermi? Piccolina... so quanta fiducia riponi in me e nelle mie possibilità, ma Minho non è così. Sperare una cosa che non si avvererà mai non può che farmi male."
Hyosung lo guardò decisamente male e spingendosi vicino ad una delle dita di Jinki la morsicò con forza lasciando che una stilla di sangue percorresse le sue labbra.
"Perché non mi credi?! Tutto il discorso che abbiamo fatto prima non ha significato nulla per te? Ti ho detto che puoi fidarti di quello che ti dico!"
Jinki, desideroso di calmarla, annuì andando ad accarezzarle delicatamente la minuscola testolina.
"Va bene, va bene Hyosungie, ti credo. Ora riposiamoci un po'... ok? Domani sarà una lunga giornata per me, sai? Ho un test di matematica davvero importante!"
Hyosung capendo che l'altro annuiva al suo discorso solo per accondiscendenza, gli diede le spalle scomparendo dalla sua vista.
Jinki sospirando si addormentò.

Erano passate settimane da quel giorno. Le ore si erano susseguite una dopo l'altra: Kibum era sempre insieme a lui, Jonghyun aveva deciso di dargli una possibilità come amico, Hyosung continuava a ripetergli che Minho era ormai cotto di lui, e quest'ultimo insieme a Taemin lo evitavano.
Jinki ormai si era rassegnato a finire l'anno scolastico velocemente senza pensare a nulla quando proprio Minho lo bloccò fuori dall'istituto.
"Hyung, dovrei parlarti. E' importante!"
Senza guardarlo negli occhi, Jinki parlò con una voce malinconica.
"Se è ancora per la storia di Kibum-ah e Jonghyun-ah non ce ne è bisogno. L'ho capito che quei due si piacciono ed ho ormai convinto Kibum-ah a confidarsi con lui... non hai di che preoccuparti. Non mi metterò di sicuro in mezzo a loro!"
Minho scosse piano la testa e dopo aver posato la mano sulla sua spalla lo costrinse ad indietreggiare bloccandolo velocemente contro la parete dietro di lui. A quel punto, volente o nolente, Jinki fu costretto a sollevare appena lo sguardo andando ad incrociare gli occhi profondi di Minho. Rimase boccheggiante a guardarlo, stupidamente contento persino di quel momento.
Se Minho lo avesse colpito, avrebbe comunque avuto le sue mani sul suo corpo. Certo, non come avrebbe desiderato, ma sempre meglio di niente.
Nonostante Jinki si aspettasse un pugno, ciò che gli arrivò sul volto quando chiuse gli occhi per la paura, fu un bacio.
Un bacio delicato che parlava di paura, due labbra che si stampavano sulle sue e le percorrevano con timore reverenziale, il fiato di Minho che si mischiava al suo, le sue mani che andavano ad appoggiarsi alle sue spalle non più per farlo indietreggiare, ma per stringerlo a sé e, forse la cosa più importante di tutte, il suo cuore che batteva forte solo per lui.
Quando si dovettero staccare Jinki rimase imbambolato a guardarlo senza capire niente di ciò che era appena successo. Una vocina nella sua testa si prendeva gioco di lui avvertendolo che quello che stava subendo era solo l'effetto di un sogno fin troppo reale, ma lui non ci poteva credere. Non voleva crederci.
"Hyung... E' da tanto che volevo dirti che mi piacevi, ma non ho mai trovato il momento giusto. Credevo ti fossi avvicinato a Kibum-ah solo per corteggiarlo, per farlo tuo e questo mi aveva accecato la mente di pura rabbia, ma poi lui mi ha confidato che non era così. Io so... di... piacerti."
Jinki si guardò attorno, spaesato. Fortunatamente l'ingresso dell'istituto era ormai vuoto. Lui si era attardato più degli altri per completare alcune ricerche ed, a quanto pareva, Minho lo aveva praticamente aspettato.
"Io... ti... piaccio."
Erano così assurde quelle parole che Jinki faticava a pronunciarle, ma dopo averlo fatto rimase di nuovo immobile, incapace di accettare quella verità fino in fondo.
Minho lo baciò nuovamente, ma questa volta ci mise molta più enfasi. Andando a leccare il contorno di quelle labbra rosse e gonfie, gli chiese il permesso di violare la sua bocca e dopo averlo ottenuto lo baciò come se non ci fosse stato un domani.
Un brivido percorse velocemente il corpo di Jinki, che si aggrappò alle spalle muscolose di Minho sollevandosi sulla punta dei piedi per essere più comodo.
Quel bacio fu famelico come se entrambi si stessero finalmente prendendo ciò che per lungo tempo avevano atteso, le loro lingue si incontrarono danzando insieme, riconoscendosi per poi non lasciarsi mai più.
Quando dovettero nuovamente staccarsi, sul volto di Jinki non c'era più quella sorpresa mista allo shock di poco prima. Vi era una strana consapevolezza ed un sorriso di pura felicità.
"Io ti piaccio!"
Quella volta la sua voce non tremò nel pronunciare certe parole.
Al suo orecchio poi, una calda vocina lo fece rabbrividire.
"Io te l'avevo detto che gli piacevi!"
  
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