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Autore: _diana87    03/03/2013    7 recensioni
[One shotseguito della fanfic "Keep followin' your daily routine"]
Sorrido alla ragazza coperta dal velo color rosso, vestito beige che lascia intravedere a malapena le scarpe rattoppate.
"Non preoccuparti, Aisha. Va tutto bene."
Invece no. Mi tremano ancora le mani, ma cerco di nasconderle per bene.
Quasi nessuno sa che a distanza di più di un anno dalla nostra missione in Iran, ho continuato a rifare quello stesso sogno una notte sì e l'altra notte no. Ho sognato di ritrovarmi in quello stesso locale, di fare colazione con Castle, e poi essere scossa da spari che arrivano prepotentemente a disturbare la nostra routine quotidiana.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle, Sorpresa | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
- Questa storia fa parte della serie 'Keep followin' your daily routine'
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Ricordate "Keep followin' your daily routine"?

Beh questa è una one shotseguito che volevo scrivere già da un po' di tempo. Avevo in mente le scene, ma le parole erano difficili da usare, perché credo che data la situazione che descrivo, sia davvero DIFFICILE trovare le parole giuste.

Spero di non deludere nessuno con questa lettura :)

Ci si legge a fine capitolo :)

 

 

 

 

Tre spari.

Bang. Bang. Bang.

Ci ripariamo coprendoci la testa con le mani.

Mani forti, mani fredde, non sudate, che avvolgono il capo con tutta la forza che posseggono.

Restiamo immobili, e lentamente alziamo lo sguardo verso l'altro.

Intorno a noi, il silenzio totale.

I cocci delle tazze e dei piatti cadono a terra. La cameriera si allunga per pulire a terra con scopa e paletta. Il resto delle persone sedute al nostro stesso bar, continua a sorseggiare la propria bevanda, a mangiare biscotti, crostate e croissants. Gli abitanti di Gerusalemme ormai si sono abituati a questi spari, a questi silenzi che infrangono la barriera del suono nell'attimo dopo in cui scoppiano le bombe per la strada.

Chiudo gli occhi, contando a voce bassa fino a 10. Il mio fidanzato, seduto davanti a me, cerca di scuotermi, per riportarmi alla realtà e mi indica le mani.

Sono viva. Sono ancora viva. Non devo temere il peggio...

 

"Sayyda, sayyda!" guardo verso la bambina che mi sta tirando i pantaloni cercando attirare la mia attenzione.

"Fatima, quante volte ti ho detto che non si saluta in questo modo?" un'altra ragazza l'afferra prendendosela in braccio, poi le dice qualcosa in arabo e la piccola Fatima china la testa in risposta.

"Ana mashhula, Kate. Scusami, Kate. Mia cugina Fatima non riesce a controllarsi quando vede gente vestita in modo diverso."

Sorrido alla ragazza coperta dal velo color rosso, vestito beige che lascia intravedere a malapena le scarpe rattoppate.

"Non preoccuparti, Aisha. Va tutto bene."

Invece no. Mi tremano ancora le mani, ma cerco di nasconderle per bene.

Quasi nessuno sa che a distanza di più di un anno dalla nostra missione in Iran, ho continuato a rifare quello stesso sogno una notte sì e l'altra notte no. Ho sognato di ritrovarmi in quello stesso locale, di fare colazione con Castle, e poi essere scossa da spari che arrivano prepotentemente a disturbare la nostra routine quotidiana.

Dopo tutto questo tempo, mi chiedo come ho continuato ad andare avanti, e come abbia accettato di partecipare a questa commemorazione dei soldati veterani di guerra. E' un evento che l'America 'festeggia' ogni anno, e ora anche io e la mia squadra ne facciamo parte. Io e Castle siamo stati invitati come ospiti speciali; io perché ho la medaglia al valore, Castle per il libro-reportage che ha pubblicato. Gli altri componenti della mia squadra, Ryan ed Esposito, hanno avuto un contrattempo e non hanno potuto partecipare.

Guardo Fatima che abbassa la testa scusandosi con me.

"Va tutto bene, va tutto bene, piccola." le sorrido dolcemente accarezzandole il viso.

Fatima ha otto anni e le bambine della sua età ancora non portano il velo tipico delle donne arabe.

"Volevo sapere perché il tuo ragazzo è disabile."

Faccio una strana smorfia con la faccia, e Aisha dà una botta alla cuginetta per farla stare zitta. Guardo il mio fidanzato dall'altra parte della stanza, impegnato a riuscire a tenere una conversazione con un sergente, mentre tenta con il braccio tremolante di mantenere il piatto con gli stuzzichini.

I farmaci che sta prendendo per far calmare il dolore alla gamba dove era stato ferito in Iran, hanno il solo effetto collaterale di provocargli questi tremolii agli arti superiori. Non dovrebbe prenderne eccessivamente, o rischia di avere un crollo.

Ridacchio guardando la gamba ingessata di Rick.

"Non è disabile, tesoro. Porta il gesso, vedi, quella fasciatura bianca e spessa che gli copre mezza gamba destra. Gli serve per tenersi in piedi, perché sai, è stato ferito."

La piccola apre la bocca in segno di stupore, ma la sua risposta non tarda ad arrivare.

"Oh capisco. Anche il ragazzo di Aisha si è fatto male alla gamba, però la sua l'ha persa dopo essere stato portato in ospedale. Dice che è contento così, che se lo merita... dice che è stato Allah a privargli della sua gamba...perché non aveva fatto un buon lavoro."

L'ingenuità di Fatima trafigge Aisha al petto come una spada. Chissà se questo colpo fa più male della pallottola che ho ricevuto qualche anno fa. Resto senza parole guardando la ragazza, e poi la bambina, alla quale dò un bacio sulla guancia.

"Sono sicura che non è così, piccola. Ma Alì sta bene, ed è questo l'importante, capito?"

Aisha mi sussurra un 'grazie' e io non posso fare altro che fare un cenno con la testa.

E' questo il mondo che ci circonda oggi? Riempiamo i nostri figli di bugie, inculchiamo loro credi cui noi ci fidiamo ciecamente, il tutto per raggiungere un bene comune e universale. Una pace comune che non arriverà mai. Stringo tra le mani quella medaglia al valore e poi guardo il mio uomo che a fatica si tiene in piedi. Lui mi rivolge uno sguardo onesto, sincero, di compassione.

Tra noi due, non ho mai avuto dubbi che, anche se ferito, fosse lui la mia salda roccia. Colui a ridarmi speranza, a spingermi ad andare avanti. Colui a leggermi dentro meglio di chiunque altro.

E ci riesce anche stavolta. Proprio in questo momento che non ho i capelli sciolti, che ho preferito tenermeli legati perché volevo avere un portamento regale con la mia tenuta da agente di polizia. Una maschera che ha iniziato ad andarmi stretta già da un po' di tempo.

Rick si allunga verso di me, zoppicando, arrancando, ma felice nel raggiungermi.

"Nura, il tuo fidanzato ha ripreso forma, o sbaglio?"

Nura. Aisha mi ha soprannominato 'luce' perché dice che quando Rick mi vede, ridono luce ai suoi occhi. Una volta, Aisha disse che sono come il faro di Alessandria che illumina la strada ai viaggiatori incerti, dando loro luce, riparo e ispirazione. Sull'ultima cosa ci aveva preso senza neanche conoscermi: sono la musa di Richard Castle!

"Intende dire che sono ingrassato?" chiede lui incerto, non sapendo se la giovane araba stia scherzando.

Gli tocco la pancia, tracciando dei contorni sopra la camicia azzurra che indossa.

"Uhm... un pochino!" dico io a denti stretti, e come una bambina mi abbandono tra le sue braccia possenti, che mi avvolgono in un abbraccio.

E' il momento di tornare seri appena Samuel McNeil, l'agente a capo dello squadrone militare che mi ha fatto da padre durante la missione in Iran, sale sul palco allestito apposta dai veterani, pronto per tenere il discorso di introduzione per l'evento. I segni della vecchiaia si fanno sentire anche su di lui. I capelli brizzolati hanno fatto spazio a quelli bianchi. Le rughe sotto gli occhi sono più visibili. Gli occhi sono stanchi, ma c'è ancora quella luce di speranza che brilla nel profondo dell'iride. "Un momento di attenzione, signori. Siamo qui riuniti per la nostra consuete riunione, o festa, come volete chiamarla voi, sui veterani che hanno servito il paese fino alla fine. Quest'anno abbiamo invitato alcune persone iraniane che hanno aiutato dei nostri commilitoni, ma anche due nuove reclute, la detective Kate Beckett che con la sua squadra del Dodicesimo di New York, ci hanno aiutato militarmente dimostrando grandi doti, e lo scrittore Richard Castle, che ha scritto il reportage sulla nostra missione in Iran. Vorrei chiamare qui sul palco proprio il signor Castle."

Un applauso accompagna il mio uomo che a fatica si fa spazio tra le sedie dove sono seduti i soldati, per raggiungere il palco. Perché mi commuovo ogni volta che lo vedo in scene del genere? Perché sono così fiera, così orgogliosa, così innamorata di lui ma a volte non so come dirglielo o dimostrarglielo?

Lo osservo e vedo che cerca di tenersi in piedi, stringendo i pugni, allungando la gamba ingessata. Ma anche i migliori cadono, e così chiede ad un tenente di portargli una sedia, nel caso non riuscisse a restare in piedi per tutto quel tempo.

"Ringrazio l'agente McNeil. Come sapete ho scritto questo reportage dal titolo Ciò che resta del giorno, per raccontare qualcosa di diverso. Sono uno scrittore di gialli di fama mondiale, ma scrivere di guerra ha completamente rivoluzionato la mia vita e il mio modo di scrivere. Bisogna prima vivere sul campo per capire le emozioni e descriverle. Perché ho dato questo titolo? Semplice. Ci sono guerre che si combattono sul campo, poi si ritorna a casa e si finge di continuare a vivere la propria routine quotidiana, ma in realtà non è così."

Sento il suo sguardo posarsi su di me e ancora una volta mi sento così esposta, senza nessuna difesa. Il muro è crollato già da un pezzo, e ora io e il mio scrittore giochiamo a carte scoperte. Ancora una volta, mi ha capita meglio di chiunque altra.

"Non dobbiamo dimenticare cosa abbiamo fatto, quello che abbiamo provato, perché resteranno parte di noi per sempre. E alla fine di ogni giornata, ci rendiamo conto che le nostre guerre, o le nostre battaglie, quanto piccole o grandi esse siano, non finiranno mai." fa una pausa, guardando la sedia posizionata accanto a lui.

La gamba gli fa male e il braccio inizia a tremare di nuovo. La tentazione di prendersi quella pillola per farlo star bene è tanta, ma lui non lo farà, me lo sento. Perciò decide di sedersi su quella dannata sedia, scendendo dalla posizione più alta, quella che occupano i grandi della Terra, e mettendosi nella parte delle persone umili.

Sono proprio questi suoi gesti da uomo semplice che dimentica di essere famoso, che mi spingono ad amarlo sempre di più.

"Sono tornato reduce dalla guerra più di un anno fa con la gamba ferita. Mi dicevano che con la fisioterapia sarei tornato come prima. Mi sono convinto anche io di questo, ma in realtà il male si è ripresentato e la verità è che non tornerò più a correre come facevo prima. Peccato, niente Olimpiadi quest'anno!" ci ride su, e la sua battuta fa sorridere la platea davanti a sé, tra militari e persone che ho conosciuto giù in Iran, le quali pur non capendo esattamente ogni parola, vengono coinvolte dal riso in generale.

"Noi pretendiamo di dimenticare quello che è successo, di tornare a fare la vita che facevamo prima, ma certi traumi esisteranno per sempre nella nostra vita."

Di nuovo la mia mente torna a quel locale di Gerusalemme.

Agli spari, ai vetri rotti, alla gente che continua a fare esattamente ciò che faceva l'attimo prima dell'impatto...

"Ciò che resta del giorno è questo: la nostra saggezza. L'essere sopravvissuto ai traumi della vita e della morte, per continuare ad essere forte in futuro. Questo è ciò di cui parla il mio libro."

Gli applausi riempiono la stanza. Rick si alza, fa un inchino per quanto può, ma sempre sorridente, continua a guardare la sua folla e a rivolgere i suoi sguardi verso di me.

 

"E' tutto vero?" guardo senza capire Samuel, che è venuto vicino a me per offrirmi degli stuzzichini. "Quanto diceva Castle, è tutto vero?"

Abbasso la testa, poi incerta prendo quel gamberetto invitante tra le bruschette di pomodoro e pancetta.

"Ogni parola."

Samuel mi guarda come un padre preoccupato per sua figlia.

"Kate, te l'avevo detto---"

"Aisha lo aveva detto. Continuare a seguire la routine quotidiana. E io ho cercato, credimi. Ma la verità è questa. Posso essere occupata tutto il giorno nella mia vita quotidiana, ma quando sono da sola a casa... appena finisce il giorno e mi ritrovo da sola nella notte, il mio pensiero ritorna a quei posti minacciati dalla guerra e mi rendo conto che questi tormenti non finiranno mai. E allora piango perché vorrei fare qualcosa."

L'uomo mi mette una mano sulla spalla, mentre io mi asciugo quelle lacrime che stanno cadendo impertinenti sul mio volto. Mi costringe ad osservare davanti a me quel gruppetto di ragazzi e ragazze arabe.

"Questo lo vorremmo tutti, ma noi non possiamo fare nulla. Le hai viste Aisha e Fatima? Guardale: stanno divertendosi con le altre ragazze della loro età. Giocano, spettegolano e discutono. Hai visto Aisha e Alì, il suo ragazzo? Ti ha raccontato che lui ha perso una gamba in seguito ad un attentato? No? A me sì. Alì doveva farsi esplodere nel mezzo del mercato arabo, ma non l'ha fatto, e anzi, è finito per essere la vittima di quell'attentato kamikaze. Ecco come ha perso la gamba. Credi che ad Alì piaccia vivere in questo stato? Non è il massimo, lui è sopravvissuto, ed è questo che lo fa andare avanti. L'essere con la ragazza che ama. Ecco cosa lo fa continuare a vivere. E anche se nel cuore della notte si alza e piange ripensando al suo incidente, sa che non piangerà da solo perché Aisha è lì con lui."

Ritiro le ultime lacrime cercando di metabolizzare le immagini che ho davanti a me. Sostituisco Aisha e Alì e immagino Rick e me.

"Castle è lì con me."

Samuel acconsente e capisce che ho capito la lezione.

"Brava, detective."

Seguo il passo lento e stanco di Samuel McNeil per, forse, l'ultima volta, mentre si dirige fuori con qualche militare per fumare qualche buon sigaro.

Poi cerco con lo sguardo Rick. La voglia di stare insieme a lui è adesso, ed è tanta, per evitare che alla fine del giorno restiamo solo due figure anonime che combattono le loro guerre interiori senza vincere mai.

"Castle! Castle!"

"Ehi, Kate, sono qui." mi afferra col braccio e prima che me ne accorga, mi sta stringendo tra le sue braccia, tenendomi stretta.

"Non mi lasciare, Rick. Non voglio restare da sola."

"Non sei mai sola! Anche nel cuore della notte, quando ti sento piangere in un angolo, ricordati che ci sono anche io, e che se vuoi, possiamo piangere insieme."

Mi distacco da lui per guardarlo meglio negli occhi. Penso di aver capito cosa lui intendesse con quel discorso prima, e a cosa mirasse scrivendo quel libro.

"Mi stai dicendo che quindi hai scritto un altro libro ispirandoti a me?"

Rick fa crollare le sue difese, e con la mano mi sposta le ciocche di capelli che si sono scomposte con l'abbraccio.

"Mia dolce musa, secondo te a chi mi stavo riferendo quando nel libro parlo di questa ragazza che pensa di essere forte, ma che in realtà scopre di aver paura come una bambina appena si trova da sola? La stessa ragazza che alla fine, trova conforto in quel ragazzo, il quale, seppur ridotto peggio di lei, gli porta sempre speranza e riesce a tirarla su di morale? Tu non devi preoccuparti delle mie condizioni fisiche. Finché stiamo insieme, siamo dei sopravvissuti."

Mi bacia dolcemente sulle labbra. Assaporo Rick Castle come mai non abbia fatto prima. Quando poi ci separiamo, sorridiamo e ci prendiamo per mano, guardando in disparte Aisha vicino ad Alì che lo prende per mano e gli fa assaggiare quei gamberetti. Poggio la testa sopra la sua spalla, poi non posso fare a meno di stuzzicarlo un po', così gli dò uno spintone.

"Hai scritto un altro libro su di me, eh? Non riesci proprio a smettere di pensarmi, Richard Castle?"

Lui sorride senza dire nulla. La mano tremolante si posa sul suo petto, e poi prende la mia mettendola sopra la sua. E' come se mi stesse facendo capire che lui è vivo solo con me... solo grazie a me.

"Finché sei tu quella che mi tiene in vita... la mia musa che resta con me durante il giorno e durante la notte... colei che guardo alla fine di una giornata... sì, tu sei quella donna che amo e che amerò sempre... sei tu ciò che mi resta alla fine del giorno."

La mano non trema più, la gamba ingessata si allunga e lui riesce a restare in equilibrio per più dei cinque minuti necessari. Ci allontaniamo verso l'uscita sorridenti più che mai. Quando lui si avvicina ad un secchio della spazzatura, svuota la confezione di medicinali, convinto che io non stia guardando.

Non ha più bisogno di quelle pillole, non finché avrà me.

E io, non avrò più bisogno di piangere e di cercare riparo nel cuore della notte, non finché avrò lui.

Come sempre, siamo uno scrittore e la sua musa che combattono la propria guerra interiore. Insieme.

 

 

 

 

Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:

Ammetto che, come per Kate, qualche lacrimuccia stava per scendermi.

Ho cercato di descrivere al meglio questa storia, perché mi ci sono affezionata come pochi, e una one shotseguito doveva averla per forza.

Samuel McNeil: è ancora lui che si comporta da padre per Kate e la spinge ad affrontare i suoi sentimenti. Sinceramente, è uno dei personaggi che mi è piaciuto più di tutti nella storia, e spero di poterlo approfondire in futuro, chissà.

L'idea del reportage di Rick è stata utile per entrambi.

Lui ha capito che anche i più forti cadono, quindi smetterà di prendere quelle pillole perché è Kate la sua forza, la sua donna che lo 'illumina' durante la via, e che gli dà sostegno e amore.

Lei ha capito che Rick la conosce sempre meglio di chiunque altro. Lui sa che Kate finge di essere forte, finge di continuare la routine quotidiana, ma in realtà dentro è fragile, e lo dimostrano le sue notti in solitaria e i suoi incubi frequenti. Rick è la sua salvezza; l'unico che, anche se ridotto peggio di lei fisicamente, non smette mai di darle sostegno.

Certi traumi sono difficili da dimenticare, ti segnano la pelle. Ma è anche vero che in qualche modo bisogna andare avanti. E come farlo nel modo migliore se non insieme alla propria anima gemella?

Spero vi sia piaciuta :)

Alla prossima!!

D.

   
 
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