“Love like you mean it”
Capitolo 1. To wear love on your sleeve
Blaine
Anderson era pieno di insicurezze.
Nonostante si sforzasse di sfoggiare il suo sorriso più
smagliante in ogni occasione, di offrire aiuto a chiunque ne necessitasse, e di
essere il figlio che i suoi genitori avrebbero potuto ammirare, c’erano momenti
in cui la sua instabilità si faceva sentire, prepotente, quasi una sfida a far
rimanere intatta quell’armatura che con tanta difficoltà aveva costruito
intorno a se stesso.
Quella stessa armatura che riportava una piccola crepa,
ogni volta che a cena, dall’altro lato del tavolo, i suoi occhi incontravano lo
sguardo deluso di suo padre. O ancora quando, pur circondato da decine di
persone, capiva che nessuna era, davvero, lì per lui. O quando si ritrovava,
per l’ennesima volta, a guardare allo specchio le piccole cicatrici sbiadite
sparse sul suo corpo, segni indelebili di una ferita che non si sarebbe mai
rimarginata.
Eppure, Blaine Anderson aveva
una sicurezza. Ogni volta che la vita minacciava di peggiorare, ogni volta che
sentiva lacrime affiorare ai suoi occhi, ogni volta che aveva bisogno di un
punto fermo, non doveva far altro che portare una mano sul suo polso destro.
C’era qualcosa di estremamente surreale, magico, nel
sentire sotto i suoi polpastrelli le linee quasi impercettibili del marchio che
lo accompagnava fin da bambino. Blaine sapeva (era
una delle prime cose che tutti imparavano da piccoli) che si trattava di una
piccola porzione di codice genetico, di un’estensione del suo dna. Eppure era molto di più: quelle linee intrecciate che
lui conosceva ormai a memoria erano la certezza che c’era qualcuno, al mondo,
nato solo per poter stare con lui. Qualcuno che, sul polso, aveva il suo dna. E a
volte, quella certezza bastava per arrivare alla fine di una brutta giornata.
*******
I suoi genitori erano stati chiari: nonostante fosse
una procedura inusuale e sconsigliata, Blaine avrebbe
raggiunto la sua anima gemella appena dopo essersi diplomato. Era con quella
consapevolezza che Blaine aveva affrontato il suo
ultimo anno di scuola, cercando di ignorare le spinte contro gli armadietti, le
granite e le futili liti tra i suoi amici nel glee
club.
-Ma sei sicuro di essere pronto? Voglio dire, c’è il
college e tutto il resto e così non sarai davvero libero di scegliere…-
Tina non faceva che preoccuparsi per lui. Quando suo
padre l’aveva costretto a trasferirsi per concludere il suo ultimo anno nella
scuola pubblica di Lima, Blaine non era stato
entusiasta. Il suo passato parlava da solo, e alla Dalton aveva finalmente
trovato un po’ di pace: ma suo padre non aveva esitato a sostenere che il
contatto con “il mondo reale” avrebbe solo fatto bene al ragazzo, che si stava “rammollendo”.
Nonostante tutte le nuove difficoltà che la vita al McKinley aveva portato,
però, Blaine era quasi sicuro di aver trovato un’ottima
amica.
-Non c’è molto che io possa fare, in ogni caso. E
comunque, anche se non conosco ancora la sua identità, so che lui si trova a
New York, ed è lì che andrò. Ci sono molti college tra cui scegliere!-
Tina sospirò, squadrando i libri nel suo armadietto.
-Vorrei che tu fossi stato fortunato quanto me. Non
credo sarei riuscita ad andare avanti senza conoscere l’identità della persona
con cui dovrò passare il resto della mia vita.-
Blaine si
limitò ad una scrollata di spalle –Mi basta sapere che esista.-
*******
In realtà, non era tutto così semplice. C’erano tanti
tipi di anime gemelle, tutti con storie diverse, non tutti con il loro lieto
fine. Blaine non era stato tra i più fortunati.
Alla nascita, ogni individuo presentava sul polso
destro l’inconfondibile (seppure non molto esteso) codice genetico di un altro
individuo. Quella persona era destinata a dividere la vita con lui. Quando il
più giovane della coppia compiva ventun’anni, le due
metà sarebbero state unite per sempre.
L’incontro con la propria anima gemella era qualcosa di
leggendario, un momento sul quale, nel corso dei secoli, si erano scritte
canzoni e poesie. I marchi sui polsi sarebbero diventati all’improvviso “vivi”:
un lieve pizzicore, qualche brivido, sintomi che sarebbero scomparsi solo nell’istante
in cui le due persone avessero sovrapposto i loro marchi, pelle contro pelle.
Blaine
non era stato mai stato testimone di un incontro, ma Tina gli aveva raccontato
il suo così tante volte e con così tanti dettagli che, ormai, gli sembrava di
esser stato presente quando era avvenuto.
L’anima gemella di Tina era un certo Mike Chang, e al momento era lo studente brillante di una scuola
di danza.
Blaine trascorreva
molto del suo tempo libero ad immaginare la sua anima gemella. Odiava il fatto
che i suoi genitori potessero decidere così liberamente del suo futuro. C’erano
svariati motivi se la maggior parte delle famiglie aspettava la maggiore età
prima di permettere alle anime gemelle di unirsi: gli anni del college erano
molto importanti nella formazione delle persone, e Blaine non poteva
fare a meno di sentirsi ancora più indesiderato del solito quando pensava che i
suoi genitori stavano praticamente per cacciarlo di casa. Aveva ormai rinunciato ad un incontro epico e
poetico, e si era rassegnato all’aridità che sarebbe stato il loro: una volta
diplomato, i suoi genitori l’avrebbero trascinato nel centro del ministero
addetto più vicino, dove uno scan del suo marchio
avrebbe individuato quella persona che era ormai l’unico spiraglio di speranza
nella sua vita.
Sapeva che si sarebbe trattato di un ragazzo, era una
consapevolezza che il marchio stesso si portava dietro. E sapeva anche che
sarebbe stato più grande di lui, anche se non di quanto.
Nei suoi sogni, non aveva tratti troppo definiti. Era
semplicemente qualcuno che l’avrebbe amato incondizionatamente e in ogni modo
possibile. Qualcuno che non si sarebbe mai stancato di stringerlo, di baciarlo,
di stare vicino a lui. A volte aveva i capelli biondi, altre rossi o neri. I
suoi occhi, però, erano l’unica cosa che Blaine poteva
immaginare chiaramente: lucenti e pieni di vita, due pozzi in cui diversi
colori sembravano combattere senza che nessuno ne uscisse vincitore. Non vedeva
l’ora di poter ricambiare quello sguardo con il suo.
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-Kurt! Devi aiutarmi con questa scatola o non arriverò mai
al piano di sotto integra!-
La voce della sua coinquilina riportò alla realtà un Kurt
Hummel decisamente annoiato e decisamente arrabbiato
con il mondo.
-Arrivo!-
Gridò, irritato, dirigendosi verso le scale.
-Ancora non posso credere a tutto questo! E con sole
due settimane di preavviso! Dio, vorrei prendere a pugni qualcosa!-
Rachel
lo guardò comprensiva, poggiando la scatola a terra. –Vieni, sediamoci.- gli
disse, una mano appena insistente contro la sua spalla.
Kurt sospirò, e la seguì.
Le scale non erano esattamente il posto ideale per
avere conversazioni serie, ma negli ultimi due giorni Kurt aveva perso il suo
contatto con la realtà. Da quando aveva ricevuto la fatidica telefonata che l’aveva
informato che la sua anima gemella stava per trasferirsi da lui, e no, non c’era
nulla che avrebbe potuto fare al riguardo, tutto era diventato fuori fuoco,
come fosse la vita di qualcun altro.
-Posso immaginare come ti senta in questo momento. Si,
è uno schifo, è ingiusto, dovremmo essere liberi di scegliere, ma purtroppo non
possiamo farci niente.-
Kurt sbuffò, scuotendo la testa, rassegnato ma non per
questo meno infuriato. Si passò la mano sul marchio che, per qualche ragione,
aveva iniziato a prudere da ore.
Rachel
continuò a parlare, ignorando le sue manifestazioni d’insofferenza –C’è una
cosa importante che, però, devi ricordare: così come è ingiusto per te, è
ingiusto anche per la tua anima gemella. Non ha scelto lui tutto questo, non
avrebbe potuto. Probabilmente, si tratta dei suoi genitori. Cerca di non essere
troppo duro con il poveretto.-
Già, Kurt aveva continuato a ripetersi quelle stesse
parole ancora e ancora, cercando di prepararsi per l’inevitabile incontro che
sarebbe avvenuto di lì a qualche giorno. Ma non poteva evitare la spiacevole
sensazione che lo assaliva ogni volta che pensava al ragazzo che aveva già
cominciato a scombussolare ogni aspetto della sua vita.
************
Blaine controllò
ancora una volta l’indirizzo che aveva segnato su un foglio di carta ormai
liso. Si trovava nel posto giusto.
Il suo polso non aveva fatto che prudere ed irritarlo
per tutto il viaggio, una quasi piacevole distrazione dallo stress che lo aveva
pervaso all’idea dell’incontro che lo aspettava.
Quella mattina aveva impiegato quasi due ore per
prepararsi; la sua roba era già stata impacchettata e sarebbe arrivata di lì a
qualche giorno; tutto quello che aveva con sé erano i suoi vestiti, qualche libro,
e il necessario per poter sopravvivere per un po’. L’ansia gli stava divorando
lo stomaco: dal momento in cui aveva scoperto il nome del ragazzo che di lì a
pochi minuti avrebbe finalmente visto, tutto era diventato più reale e più
nitido. Quasi non riusciva a stare fermo per l’eccitazione.
Il palazzo in cui Kurt Hummel
viveva non era esattamente il massimo, ma si trattava di new York, e di certo Blaine non si sarebbe lamentato. Il viaggio in taxi fino a
lì era stato impiegato per cancellare dalla sua mente le facce indifferenti dei
suoi genitori quando l’avevano salutato, consegnandogli diversi documenti e,
almeno, una somma non indifferente di denaro che sarebbe stato del tutto suo.
Esitante, Blaine arrivò,
seguendo delle scale malandate, fino ad una porta anonima, che colpì mentre il
suo cuore accelerava i battiti.
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Quando Kurt aprì la porta, non potè
fare a meno di sgranare leggermente gli occhi di fronte al ragazzo che si trovò
davanti.
Non sapeva molto di Blaine Anderson.
E’ vero, il ministero gli aveva inviato un file con alcune informazioni
necessarie ai fini del trasferimento per rendere le cose più semplici, soprattutto
considerata la situazione di Blaine, ma Kurt non
aveva avuto la forza di aprirlo.
Blaine era…
piccolo, molto più piccolo di quanto avesse immaginato. Kurt non era mai stato
troppo entusiasta nel sapere che la sua anima gemelle sarebbe stata un ragazzino
appena diplomato, soprattutto dopo che lui aveva terminato il college da quasi
un anno ed era ormai ben avviato nella sua carriera professionale.
Inoltre, Blaine era
terrorizzato. I suoi occhi (gli stessi che, nella sua mente, suo malgrado, Kurt
aveva visto tante e tante volte) erano grandi e spaventati, e scrutavano tutto
con impazienza. Sul volto aveva un sorriso timido, che Kurt trovò subito
adorabile.
No, di certo Blaine non era
il suo tipo, ma forse, con qualche anno e qualche consiglio (e soprattutto con
un uso molto più moderato di gel per capelli) sarebbe potuto diventarlo.
Sforzandosi di sorridere per apparire cordiale, Kurt
prese la valigia ai piedi del ragazzo.
-Vieni pure.- Disse, facendogli strada dentro l’appartamento.
*******
Blaine non
era riuscito a dire neanche una parola da quando era entrato in casa di Kurt.
Il suo polso stava diventando quasi dolorante, e aveva un forte mal di testa. Kurt
era magnifico.
Anche nei suoi sogni più sfrenati, Blaine
non aveva mai immaginato che la sua anima gemella potesse essere un ragazzo tanto
bello da togliere il fiato. Quando i suoi occhi l’avevano squadrato, Blaine si era sentito minuscolo e ridicolo; aveva
approfittato dell’entrata in casa per guardare Kurt senza che il ragazzo più
grande se ne accorgesse.
Con un movimento elegante, il padrone di casa si lasciò
cadere sul divano, dopo essersi assicurato che la porta dell’appartamento fosse
sbarrata. Blaine lo guardò esitante, per poi imitarlo
quando Kurt lo invitò a farlo con un cenno del capo.
-Blaine Anderson, giusto?-
Blaine annuì.
Anche la voce di Kurt era speciale: unica e quasi surreale.
-Io sono Kurt, ma dovresti già saperlo. Dio, questa cosa è così…strana. Non trovi?-
Blaine si
schiarì la voce. –Già. Io… mi dispiace essere piombato qui così, all’improvviso…
sono stati i miei genitori… loro non hanno voluto aspettare che compissi 21
anni. So che non è l’ideale, e mi scuso per ogni problema che possa averti
procurato.-
Il viso di Kurt fu attraversato da un ghigno –Ma come
siamo cortesi!- Disse, e Blaine si sentì arrossire.
-Ehi, scherzavo.- aggiunse subito il ragazzo, notando
il suo disagio. –Si, non negherò che la situazione mi abbia comportato qualche…
difficoltà. Ma non c’è molto che possiamo fare, giusto? Quindi ora ti mostrerò
la tua stanza, così potrai iniziare a sistemarti. La casa non è molto grande,
ma è comoda per due persone. La tua camera era della mia amica Rachel fino alla scorsa settimana, e si vantava sempre di
avere la stanza meglio illuminata della casa.- Kurt si alzò, e riprese la
valigia. Stava per dirigersi verso la porta che si apriva su un corridoio, ma Blaine lo interruppe.
-…Kurt.-
-Si?-
Blaine prese
un profondo respiro, restando seduto, lo sguardo basso e le mani in grembo.
-Io… il mio polso sta iniziando a fare male, e quindi
mi chiedevo… ecco, stavo pensando, quando vorresti unirli? So che non è stato
il migliore degli incontri ma pensavo che….-
Kurt lasciò cadere la valigia, e si avvicinò al divano,
sedendosi accanto a Blaine.
Quando mise una mano sulla sua spalla, Blaine potè giurare di sentire un
brivido percorrergli tutto il corpo. Il tocco di Kurt era gentile ma deciso, e Blaine alzò lo sguardo per ritrovarsi a fissare quegli
occhi che tante volte aveva immaginato.
Quando Kurt parlò, però, il suo tono era duro,
tagliente.
-Immagino non ci sia un modo facile per dirtelo… Blaine, io non credo nelle anime gemelle.-
TBC
Salve a tutti!
L’altro giorno mi è venuta questa idea e non ho potuto
fare a meno di scriverla… So che dopo questo primo capitolo, che serve più che
altro per introdurre la storia e soprattutto il tipo di “universo” di cui si
parla, ci saranno probabilmente diversi dubbi… credo che tutto si chiarirà
andando avanti. Spero che l’idea possa piacervi, e vi sarei eternamente grata
se voleste farmi sapere che ne pensate.
Grazie a chiunque abbia letto fin qui! ^-^
Sara