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Autore: Rota    04/03/2013    1 recensioni
Tutto si era aspettato, da roditori di medie dimensioni a uccelli di bosco dalle ali incapaci, tranne che quello: la caviglia di un giovane uomo era intrappolata nel laccio stretto talmente ben fatto da non essere slegato neppure da dita abili, consapevoli e prensili. Bastò un'occhiata di più, la visione del volto stanco dell'altro e delle sue orecchie ferine, nonché di quell'abito largo e leggero e degli occhi sottili, perché l'uomo capisse di ritrovarsi di fronte non tanto un essere umano come lui quanto piuttosto uno spirito della foresta, una Kitsune dai capelli lunghi e neri.
La bestia gli rivolse un tono addolorato, compassionevole – da come teneva rigide le gambe, era evidente che fosse lì da parecchio tempo.
-Uomo, per favore, liberami...

[Imayoshi x Kasamatsu // Aomine x Kise // AU]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Shoichi Imayoshi, Un po' tutti, Yukio Kasamatsu
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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*Autore: margherota

*Titolo: Silver Fox's Desires

*Fandom: Kuroko no Basket

*Personaggi: Imayoshi Shoichi, Kasamatsu Yukio, Un po' tutti

*Generi: Sentimentale, Introspettivo, Sovrannaturale

*Avvertimenti: What if...?, Shonen ai, AU

*Rating: Giallo



 


 

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*Prologo*

 

 

 

Il ramo duro di un basso rovo rinsecchito gli graffiò la caviglia esposta all'ennesimo movimento brusco che compì; trattenne un'espressione di disapprovazione piuttosto colorita tra i denti stretti e proseguì la sua marcia aprendosi un varco nella fitta boscaglia con braccia rigide, tese ancora per la fatica di una giornata intera di lavoro.

Kasamatsu non era il tipo d'uomo che si lamentava per la mole e la pesantezza delle proprie occupazioni terrene – era un sacerdote e come tale aveva deciso di seguire di propria sponte un determinato rigore di vita, che prevedeva in specie quello di mescolarsi alle umili genti e di fare loro da guida, che fosse in un tempio benedetto o nel fango delle risaie – eppure, dopo una settimana dall'inizio della stagione della mietitura cominciava a trovare poco sopportabile il giro di ricognizione da fare lungo tutta la collina, appena calato il sole, per controllare se le trappole dei cacciatori della zona avevano svolto il loro lavoro catturando fagiani incauti o conigli distratti, o al massimo qualche tasso poco furbo, e quindi liberare le povere prede incaute. Lui aveva ammonito, a suo tempo, ognuno di quei uomini, su quanto fossero vietate certe pratiche sul luogo sacro del tempio, e il fatto che qualcuno non l'avesse ascoltato lo faceva irritare solo di più.

Un sasso lo fece quasi inciampare ma, prima di piantare il viso nel muschio della roccia che aveva davanti a sé, riuscì ad afferrare una sporgenza esposta e a tenersi in precario equilibrio; il dolore che seguì il momento fulmineo di sorpresa lo rese consapevole di aver toccato un cespuglio di spine le cui schegge l'avrebbero accompagnato fino al su ritorno, dove un Kise costretto all'obbedienza dal suo sempre più crescente malumore lo avrebbe privato di quel fastidio molesto e quindi fasciato con cura.

Si issò con l'aiuto di un tronco sporgente e riuscì, quindi, ad arrivare alla fine del proprio percorso. Si prese un attimo di raccoglimento, per recuperare fiato e le poche energie rimastegli, quando ecco che un suono familiare catturò la sua attenzione e lo mise in allerta: il campanello di una delle trappole cominciò a tintinnare con una certa insistenza e forza, mosso forse da una creatura spaventata dal suo arrivo o forse solo intestardita a cercare la libertà.

Yukio si erse sulle proprie gambe – davanti al suo sguardo si aprì uno sprazzo di prato lucido di brina, che alla luce bianca della luna sembrava brillare appena – e si diresse verso il cespuglio sotto il quale sapeva esserci la trappola. Il rumore si interruppe quando lui sollevò le foglie, con un sol gesto.

Tutto si era aspettato, da roditori di medie dimensioni a uccelli di bosco dalle ali incapaci, tranne che quello: la caviglia di un giovane uomo era intrappolata nel laccio stretto talmente ben fatto da non essere slegato neppure da dita abili, consapevoli e prensili. Bastò un'occhiata di più, la visione del volto stanco dell'altro e delle sue orecchie ferine, nonché di quell'abito largo e leggero e degli occhi sottili, perché l'uomo capisse di ritrovarsi di fronte non tanto un essere umano come lui quanto piuttosto uno spirito della foresta, una Kitsune dai capelli lunghi e neri.

La bestia gli rivolse un tono addolorato, compassionevole – da come teneva rigide le gambe, era evidente che fosse lì da parecchio tempo.

-Uomo, per favore, liberami...

Yukio fece un passo indietro, stranito non solo dalla visione in sé della creatura che aveva davanti ma anche dalla sua richiesta e dalla capacità con cui aveva pronunciato quelle poche parole. Scosse la testa, e si accorse che quello non se n'era andato.

Non era solito credere alle dicerie popolari, fantasie che rendevano allegre le sere e i sogni dei bambini: non ne aveva tempo né voglia, troppo occupato a badare a cose decisamente più concrete come riuscire a finire di costruire l'ala est del proprio tempio o terminare la conta degli ettari ancora da mietere, assieme alle famiglie del villaggio. Trasalì lo stesso quando, lo sguardo fisso al capo dell'altro, vide le orecchie pelose muoversi velocemente in avanti per poi tornare nella posizione precedente. Si mosse di poco, circospetto, cercando una posizione dalla quale poter controllare l'intera figura dell'altro senza troppe difficoltà; la Kitsune aveva ancora stampato in viso il proprio sorriso pietoso e non ebbe problemi a ripetersi.

-Per favore, liberami da questa trappola.

La bestia cercò di issarsi sulle proprie mani, piegandosi quindi appena verso il sacerdote; fece tintinnare il campanello ma non riuscì a fare molto altro, costretto in quella posizione da chissà quanto tempo tanto da aver i muscoli del corpo rigidi. Yukio depose a terra il cespuglio che aveva ancora tra le mani e si chinò, piegandosi sulle proprie ginocchia; notò solo a quel punto, distesa sotto il corpo dello spirito, una lunga coda di volpe, col pelo dello stesso colore scuro delle orecchie, tutta schiacciata e sgonfia riversa verso terra. Allungò una mano verso di essa e la ritirò subito, quasi fosse stato scottato fino al dolore, quando ne sentì la consistenza morbida e fin troppo reale sotto i polpastrelli delle dita. Il suo sguardo si fece ancora più sospettoso e stranito.

La Kitsune, muovendosi appena e cercando di sporgersi verso di lui, parlò una terza volta, sempre con tono molto dimesso e mortificato; si mise di fianco e gli porse il proprio viso, con l'effetto immediato di farlo ritirare di un passo – non demorse.

-Se mi aiuti, esaudirò tre tuoi desideri.

Yukio non disse nulla, per niente toccato dalla proposta della creatura, quanto piuttosto impegnato a convincersi di star vivendo una strana illusione: il giorno dopo avrebbe dormito un'ora in più per recuperare, perché non poteva permettersi simili sbandate per colpa della fatica, specialmente con tutto il lavoro che ancora doveva essere svolto al villaggio. Così, velocemente, si avvicinò al suo corpo – la bestia ebbe una reazione spaurita per il gesto improvviso, che la portò a stringersi e a ritirarsi tutta, abbassando le orecchie e irrigidendo la propria coda -e con pochi saputi gesti slegò il laccio e la liberò. La Kitsune subito si allontanò da lui e dalla trappola, seppur ancora un poco incerta sui propri arti; assunse le sembianze di una volpe argentata e si intrufolò tra i cespugli bassi della boscaglia per sparire nella notte. Solo un secondo si fermò, puntando muso e sguardo verso di lui, con due occhi scuri e sottili che si fissarono sul suo volto quel giusto momento per memorizzare di lui ogni dettaglio. Lasciò quindi dietro di sé solo un fruscio leggero di foglie.

Kasamatsu impiegò qualche minuto per riprendersi da quella strana visione; poi un corvo gracchiò e lui fu scosso dai propri pensieri. Tolse definitivamente la trappola dai rami del rovo, la depose arrotolata in una tasca della propria veste e cominciò la discesa della collina.

Quella sera avrebbe preso due razioni di rape in brodo, onde evitare altri colpi di testa.

   
 
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