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Autore: VenerediRimmel    05/03/2013    3 recensioni
SPOILER!
[ Ian & Mickey ] Cosa stavano aspettando a farla finita? In qualsiasi modo dovesse andare, ovviamente, dovevano sbrigarsi. Dovevano darsi pace.
“Anche io non faccio altro che pensarci.” Aveva poi detto Mickey, con qualche esitazione e con voce roca, mordendosi il labbro come faceva sempre nelle situazioni critiche. Come aveva fatto poco prima di baciarlo. “E cazzo, dobbiamo finirla qua.” A Ian parve di sentire un discorso già avvenuto, sempre in quel fottutissimo negozio. Doveva licenziarsi.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Maybe.

L’unica persona che non avrebbe mai dovuto sapere, aveva saputo. Era quello il problema. Mickey era andato fuori di testa quando Frank li aveva beccati, tanto da volergli sparare per farlo fuori. Non era accaduto, fortunatamente, anche se Mickey aveva fatto ritorno in prigione. Non c’era stato più, soltanto per un errore, soltanto perché scopavano ovunque. Sempre e ovunque.
Ora era il padre di Mickey ad averli beccati, ad averli gonfiati di botte e ad averli costretti a fare qualcosa di inverosimile: Mickey aveva dovuto scoparsi una prostituta davanti a Ian, questo perché il padre credeva che d'un tratto potesse tornare 'normale'. Come se non lo fosse, solo perché gli piaceva l'uccello.
Si erano allontanati nell’unico modo possibile, più di quanto già non lo fossero, ora che avevano quasi trovato una via. Quella giusta, forse?
Poco importava se fosse potuta essere quella giusta, tanto era andato comunque tutto in pezzi.
Ian aveva chiesto – disperatamente – a Mandy che fine avesse fatto il fratello, lei aveva risposto con il sorriso sulle labbra che era stato gonfiato dal padre. Poi Lip le aveva subito chiesto il motivo e lei - con il medesimo fottutissimo sorriso - gli aveva risposto: “Perché? Ci deve essere un motivo per picchiare Mickey?”
Loro non sapevano. Non avrebbero capito. Forse soltanto suo fratello. O forse nemmeno lui.
Solo dopo tanti pensieri e supposizioni, Ian l’aveva trovato sulla terrazza di un palazzo, mentre sparava – disperatamente – contro un pupazzo che aveva l’aria di non aver fatto nulla di male nella vita. Ian non aveva avuto la possibilità di guardarlo in viso, anche se aveva potuto immaginare che anche Mickey fosse a pezzi come lui. Quanto lui, forse?
Aveva provato a girare intorno al discorso. Non aveva ottenuto nessuna risposta. Solo un colpo di pistola.
Aveva provato a ringraziarlo. Nessuna risposta. Solo qualche secondo di silenzio e poi un altro sparo.
Aveva provato a essere sincero. Nessuna risposta. Mickey aveva continuato a sparare come se quel pupazzo potesse trasformarsi nel padre. O forse in Ian?
Gli aveva urlato contro. Soltanto un’esitazione, ma nessuna risposta. Non c'era niente da fare, erano di nuovo distanti anni luce.
Si stavano lasciando, anche se Ian non era certo del fatto che fossero mai stati una coppia. O forse sì?
Se ne era andato, con il cuore a pezzi.
Avrebbe continuato a pensarci. A quello che era successo.
Avrebbe continuato a dannarsi, sperando che le cose tornassero indietro e andassero diversamente. Ora che stavano trovando la via.
Avrebbe provato la stessa frustrazione anche Mickey, forse? Per lui, forse? O per se stesso, piuttosto?

Quando la sera tornò a casa era contento, erano tornati tutti nella propria dimora. Aveva vinto la famiglia Gallagher, alla fine.
Eppure un pezzo di lui - di Ian - non c’era più, non se lo sentiva più addosso. Non ci sarebbe mai più stato.
Andò in camera sua, voleva crollare sul letto e farci una fossa. E così fece. Ebbe dei fottutissimi incubi che non gli diedero pace e quando la mattina tornò ad aprire gli occhi, tornò tutto in una frazione di secondo. Era ancora tutto lì, il dolore, il panico di non sapere come uscire da quella situazione in modo sereno. Non c’era nessuna strada da affrontare senza vergogna.
Andò a lavorare, i piedi che si trascinavano l’uno dietro l’altro. Aprì il negozio e si sedette dietro la cassa. Guardò verso la porta, non ci sarebbe stata nessuna ‘security’ d’ora in avanti, e avrebbe dovuto dirlo alla proprietaria, ma era stanco e non aveva voglia di parlare.
Voleva una soluzione, anche quella di dimenticare tutto, perfino dimenticare Mickey, gli sarebbe andata bene. Avrebbe continuato a scoparsi il padre di Jimmy e le cose si sarebbero messe a posto. Almeno lui non aveva paura di baciarlo.
Nemmeno Mickey, non più, lo sapeva, perché le cose avevano iniziato a prendere la giusta direzione. Forse.
Ripensò in un secondo a come lo aveva baciato. Sorrise, involontariamente. Era stato alla ‘Mickey’: di sorpresa, velocemente, mandandolo subito a farsi fottere. Era il fottuto bacio che aveva sempre desiderato, agognato. Quello che gli aveva fatto saltare il cuore in petto, fino a sentirlo al principio della gola. Quello che gli aveva dato l'ennessima conferma di essere totalmente gay e - forse - innamorato perso di Mickey. Forse.
Pensò alla notte trascorsa insieme, pensò a come avevano scopato e parlato, parlato e scopato… fino a quando non si erano addormentati, inevitabilmente abbracciati. E pensò a quando si erano svegliati e Mickey si era lasciato scappare un “Fottiti tu e i tuoi abbracci” al posto di un ‘Buongiorno’. Anche se poi avevano scopato di nuovo, e quello, sì, che era stato un fottutissimo buon giorno.
E poi… L'arrivo di Terry, le botte, la fine. Forse?
Sentì la porta aprirsi, non si era reso conto che, disperso nei suoi pensieri, alcune persone erano già entrate nel negozio. Tuttavia il successivo ingresso acquistò tutta la sua concentrazione, questo perché entrò l’ultima persona che si aspettava di vedere: Mickey. Con la faccia ancora livida e la paura di guardarlo in faccia. Mickey, che non aveva paura di fottuto cazzo. O forse no?
Il nuovo arrivato si guardò in giro, Ian piantò lo sguardo sulla cassa. Aspettarono entrambi in assoluto silenzio che le poche persone all’interno del negozio pagassero e se ne andassero. Quando furono soli rimasero comunque in silenzio: l’uno perché aveva già parlato, l’altro perché non sapeva bene cosa cazzo dire. Mickey sapeva soltanto che dovevano dirsi qualcosa, che non voleva che l’ultima parola fosse quella di Ian: “Bene”, perché un cazzo di niente andava bene.
“Mh” Iniziò Mickey, schiarendosi la voce. “Dove cazzo è la mia giacca?” Continuò. Ian sorrise seccato e gliela passò senza entusiasmo. Fare finta di niente era proprio da lui. Gli andava bene? Forse.
“Tuo padre ti lascia lavorare qui?” Aveva chiesto Ian, o perlomeno c’aveva provato. Tra i due era lui che tentava di mettere apposto le cose, di dargli un senso. Come se la loro storia ne avesse uno. Errore.
“È un cazzo di lavoro, che si fotta” La tipica risposta di Mickey Milkovich. “Non lo sa, cazzo” Aveva aggiunto poco dopo, inverosimilmente. Ian gli aveva lanciato una fugace occhiata e poi era tornato a sistemare invano una colonna di sigarette, mentre Mickey girava a vuoto per il negozio. Cosa stavano aspettando a farla finita? In qualsiasi modo dovesse andare, ovviamente, dovevano sbrigarsi. Dovevano darsi pace.
“Anche io non faccio altro che pensarci.” Aveva poi detto Mickey, con qualche esitazione e con voce roca, mordendosi il labbro, come faceva sempre nelle situazioni critiche. Come aveva fatto poco prima di baciarlo. “E cazzo, dobbiamo finirla qua.” A Ian parve di sentire un discorso già avvenuto, sempre in quel fottutissimo negozio. Doveva licenziarsi.
Ian lo sapeva che Mickey non avrebbe fatto niente di diverso da ciò che era appena successo. Cosa credeva? Nei fottuti miracoli? Non esistevano, cazzo. Non erano mai esistiti, altrimenti avrebbe avuto un padre normale e una madre che li voleva crescere.
“D’accordo” Aveva pronunciato, privo di qualsiasi emozione. E Mickey lo aveva fissato per quelle che sembrarono ore e invece furono soltanto una manciata di secondi, poi si era sfilato la giacca, lanciandogliela addosso e se ne era andato, mandandolo a fanculo.
Decisamente un bel addio.

La sera si era messo a dormire sul divano, erano passate da poco le due di notte e non era riuscito ad addormentarsi. Così si era acceso una sigaretta ed era andato a fumarsela fuori, sul cortile di casa. C’era un fottuto silenzio che faceva riecheggiare forte i suoi dannatissimi pensieri.
Aveva fatto due tiri, l’uno dietro l’altro. Nemmeno la nicotina riusciva a calmarlo, eppure le cose avevano trovato una conclusione. O forse no, dopotutto?
Poi aveva sentito dei passi vicino al cancelletto e quando alzò lo sguardo verso quella direzione, lo trovò mentre lo fissava stupito. Mickey era lì, che tirava forte la sua sigaretta, accigliato. Come Ian, si stava chiedendo cosa ci facesse al buio nel cuore della notte. Come lui, sembrava disperato.
Ian, poi, si era alzato e aveva buttato la sua Marlboro, Mickey aveva aperto il cancelletto e aveva fatto due passi verso di lui, fumando velocemente.
Si avvicinarono fino a eliminare tutta la distanza, quella eccessiva che prima Frank e poi Terry aveva messo tra loro. Ian voleva chiedergli cosa diavolo ci facesse lì a quell’ora della notte, ma Mickey non gli diede il tempo di farlo. Lo baciò con voracità afferrandolo per il collo, le loro bocche sapevano dello stesso sapore di fumo. E quel vecchio bacio fugace nella mente di Ian – come in quella di Mickey – fu sostituito immediatamente da quello che esprimeva l’errore. Perché per loro era certo che l’amore potesse chiamarsi errore.
E spingendosi fin dietro casa, scoparono ritornando velocemente a essere un tutt’uno.
“Che si fottano tutti” Aveva detto Mickey quando, baciandolo nuovamente, si erano infine salutati con le prime luci dell’alba.



The End.

Ora mi sento fottutamente meglio. Se le cose non andranno come mi aspetto che vadano, io sbrocco, non so voi. Questi due possono mandarsi a farsi fottere, ma non possono “lasciarsi”.
E vi saluto a tutti.
Fuck off.
   
 
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