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Autore: pandamito    05/03/2013    0 recensioni
Gli Hunger Games si svolgono sempre così: alla Cornucopia ci sono zaini per la sopravvivenza ed armi da taglio o da lancio di ogni genere; i più veloci si prendono le armi migliori ed iniziano ad uccidere a destra e manca. Ma, in fondo, è Capitol City che decide il suo vero vincitore ed è disposta a tutto pur di averlo.
Sei spacciato.
Era proprio così che si sentiva Rafe Donald, il diciassettenne del Distretto 6 della sessantaquattresima edizione degli Hunger Games.
Genere: Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Everything's gonna be alright.'
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Gli Hunger Games non sono uno di quei giochi per bambini dove uno conta e gli altri devono nascondersi, eppure è proprio così che appaiono agli occhi divertiti di Capitol City. Questi sono giochi mortali, che spingono l'individuo a scoprire lati di sé stesso che non avrebbe mai pensato, essi portano alla pazzia, a compiere gesti inaspettati e, alla fine, uccidere se non si vuole morire. 
Ma solo uno sopravviverà.
 
Quando sei nella foresta, da solo, è dura; non vuoi cercare aiuto perché potresti affezionarti alle persone e dopo sarebbe troppo difficile ucciderle, oppure hai troppa paura che esse ti si possano rivoltare contro rendendo te la vittima di questo gioco. Ma ciò che è più difficile, in realtà, non è uccidere, bensì sopravvivere. Perché negli Hunger Games non c'è acqua, non c'è cibo, ma devi essere tu a dimostrare di avere le capacità necessarie per trovarli; anche quando sei ferito e senza un'arma che possa proteggerti.
 
Sei spacciato.
 
Era proprio così che si sentiva Rafe Donald, il diciassettenne del Distretto 6 della sessantaquattresima edizione degli Hunger Games. 
Provenire da un Distretto periferico di certo non aiutava mai con gli sponsor, quelli dovevi lavorarteli bene e cercare di puntare su altri piani con loro, per esempio sull'aspetto, sul carattere, su una storia commovente alle spalle, sulla strategia... Rafe, di strategia, non ne aveva mai avuta una e la sua storia era troppo semplice per essere raccontata; ma, stranamente, non gli erano mai mancati dei paracadute che venissero in suo soccorso con qualche galletta o pezzo di pane per sfamarlo. Ma ora - proprio quando era intrappolato su un albero, ricoperto da foglie e fango appiccicati fra loro per tutto il suo corpo, col rischio che quella sua stessa mimetizzazione rischiasse di fargli infezione ed aggravare tutte le ferite sanguinanti che si era procurato e, per giunta, senza né cibo, né acqua e né la possibilità di scendere dal suo rifugio per niente sicuro - erano giorni che non vedeva neanche l'ombra di un paracadute.
Gli strateghi non sembravano avessero intenzione di far piovere, così Rafe non aveva neanche la possibilità di bere. Col piccolo pugnale che gli era rimasto tagliò una striscia di stoffa dalla sua maglia per poter così bendare lo squarcio che aveva sulla gamba, per poi cercare di stendere quel fango che si stava seccando anche su di esso; fece la stessa cosa sul braccio. Tirò indietro la testa, appoggiandola al tronco, e guardò il cielo, in cerca di qualcosa che non sarebbe mai arrivato. Ma, in realtà, quello che Rafe voleva trovarvi era il viso di Emma, della sua Emma. L'azzurro del cielo dell'Arena non sarebbe mai stato come la tonalità degli occhi della giovane, perché - e Rafe lo sapeva bene - mai niente di artificiale sarebbe potuto essere così bello come i suoi occhi. 
Voleva fuggire, voleva andarsene, non voleva più essere costretto a nascondersi, a combattere, ad uccidere. Lui voleva solo ritornare da suo padre e dalla sua ragazza, del resto non gli importava nulla. 
Abbassò il capo, malinconico, ripetendosi nella mente di stare calmo, perché l'Arena non era di certo il luogo adatto dove fare del sentimentalismo. Gli dispiaceva solamente abbandonare la sua famiglia, una volta morto, perché non era sicuro che ce l'avrebbero fatta senza di lui. 
Improvvisamente, però, sentì echeggiare nell'aria un tintinnio dolce e ripetitivo, come quello di un campanello, ma Rafe sapeva bene a cosa apparteneva. Alzò di scatto gli occhi al cielo ed un paracadute scese direttamente nelle sue mani. Sospirò, quasi sollevato, perché era consapevole che non avrebbe resistito per molto senza nulla con cui nutrirsi. Con le dita sporche di terra sfiorò il bordo della biglietto che era attaccato al contenitore.
 

Scommetto tutto su di te.
- Abby

 
Si ritrovò a sorridere senza rendersene conto. Quella testa calda della sua accompagnatrice doveva aver insistito per avere lei la possibilità di mandare il paracadute ed il giovane Donald sapeva bene che Abigail Scarlet Reth non perdeva mai. In fondo lo sapeva che anche lei aveva un cuore, nascosto sotto quei vestiti neri che si ostinava ad indossare.
Ma, quando andò ad aprire il contenitore, qualcosa di altamente inaspettato si presentò d'innanzi ai suoi occhi. Mai nessuno aveva spedito una cosa del genere nell'Arena, mai nessuno aveva trovato così tanti soldi e sponsor per permetterselo! Non si era mai vista una cosa del genere in nessuna edizione degli Hunger Games e Rafe iniziava a chiedersi perché proprio lui.
Alzò ancora una volta gli occhi al cielo, accarezzando la pistola donata fra le mani. 
 
Capitol City aveva deciso: lui avrebbe vinto.






pandabitch.
Non voglio tornare a scuola, voglio vivere da barbona.
Amo stare seduta ad ascoltare musica, mangiare, leggere e scrivere.
Queta sarà la mia vita.
Indi, questa fanfiction è ispirata all'interattiva Everything's gonna be alright di BlueCoral.
Rafe Donald è un mio tributo e quindi bao.
Pandamito EFP su facebook.
@pandamito su twitter.
Baci e panda, Mito.

   
 
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