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Autore: Stay away_00    05/03/2013    0 recensioni
Klaus, rinchiuso in casa Gilbert...
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Klaus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Was my family.

Klaus era rinchiuso li, in quella camera, con il corpo carbonizzato di suo fratello, quello stesso fratello che ero morto con la convinzione che lui centrasse qualcosa, che lui non lo amasse.

Con la convinzione che la famiglia non fosse più importante della cura, di quei stupidi ibridi.

Con la convinzione, che la famiglia fosse andata distrutta.

La loro famiglia non era andata distrutta, non poteva essere andata distrutta, se così fosse stato…

L’uomo diede un calcio al muro invisibile, lasciando che uno strano dolore, quasi rigenerante gli salisse dal piede sino a metà polpaccio.

Suo fratello non poteva essere morto, loro non potevano averlo ucciso, il suo Kol.

Loro non potevano averlo ucciso.

Tutto quel dolore non poteva essere reale, tutto quello non poteva succedere nuovamente.

Non poteva aver perso sia Finn che Kol in così poco tempo, per colpa di una stupida ragazzina viziata che di loro non sapeva nulla, nulla.

Sentii gli occhi bruciargli, mentre una lacrima silenziosa gli rigava la guancia.

Se quella famiglia non fosse andata distrutta, in quel momento, con lui, ci sarebbe stata Rebekah, la sua Rebekah sarebbe stata li, come c’era sempre stata quando ne aveva bisogno.

Si sarebbero protetti a vicenda, come era sempre stato, avrebbero fatto di tutto l’uno per l’altra e avrebbero pianto le loro lacrime, bramando insieme una vendetta.

Ma invece lei non c’era, lei in quel momento non era li a dirgli che sarebbe andato tutto bene, lei in quel momento forse non sapeva neanche che Kol era morto.

O forse non gliene importava.

Poteva non importargliene?

Doveva andare da lei, abbattere quella prigione invisibile, informarla, proteggerla, prima che venisse fatto del male anche a lei-

Non se lo sarebbe mai perdonato.

L’aveva abbandonata come lei aveva pensato di fare tante volte, l’aveva lasciata sola nelle mani del nemico, facendo si che lei compisse il piano che brava ormai da troppo tempo.

Klaus scosse la testa e si andò a sedere sul divano.

Non c’era più nulla per lui, aveva perso tutto, quello che gli restava era aspettare e mentre aspettava, tutto a quello a cui poteva pensare erano soltanto ricordi, ricordi della sua famiglia.

Quello che gli saltava di più alla mente in quel periodo era uno di lui e Rebekah, ancora umani… ancora… fratelli.

 

“  - Nik… - Gridò una Rebekah quattordicenne, spensierata, felice, mentre correva nel piccolo campo che si trovava  poco lontano dal villaggio, mentre un Niklaus, appena diciassettenne la seguiva, allegro, incurante di quello che poteva pensare suo padre, incurante di quello che chiunque poteva pensare.

Era sua sorella e le voleva bene, incredibilmente bene, qualcosa che si avvicinava molto all’amore avrebbe detto qualcuno.

A lui non importava, non era mai importato, e lo stesso valeva per lei, potevano essere quello gli altri più desideravano, ma non avrebbero mai saputo cosa si celava dietro il loro rapporto, non avrebbero mai potuto capire quanto affetto, quanto, appunto, amore, potesse nascondersi dietro quelle risate.

Erano appena due ragazzi, erano un fratello e una sorella che… cercavano una via di fuga, molteplici volte avevano buttato giù l’idea di scappare insieme, molteplici volte, Klaus, aveva ricordato a sua sorella che una cosa del genere non sarebbe mai accaduta.

Rebekah amava troppo la loro madre, l’ammirava e segretamente sperava che un giorno sarebbe stata come lei. Al contrario del ragazzo, che nutriva uno sconosciuto rancore nei confronti dei suoi genitori.

Suo padre lo odiava e lui non ne comprendeva il motivo, quell’uomo non perdeva occasione per umiliarlo o per ricordargli quanto fosse infantile, quell’uomo non perdeva mai… mai… una singola occasione, mentre sua madre… sua madre era fredda, gelida come la neve che attraccava in inverno.

A volte avrebbe detto che non c’era nulla di materno in lei, alle volte avrebbe detto che quella donna non lo riteneva neanche suo figlio, bensì qualcuno che viveva sotto il suo stesso tetto, per convenienza o pietà, non sentiva quella come la sua famiglia, se non fosse stato per i suoi fratelli, sarebbe stato solo, completamente solo.

Niklaus cinse i fianchi della sorella, per poi attirarla a se e scoppiare a ridere allegro.

“Presa.”

Le sussurrò il ragazzo all’orecchio, mentre le sue labbra si increspavano in un sorrisetto soddisfatto”.

 

Klaus sospirò rumorosamente, non avrebbe dovuto tormentarsi con ricordi di quando erano ancora umani, non avrebbe dovuto imporre alla sua mente di rivivere sentimenti tanto belli, per poi ritrovarsi in quella realtà, che di bello aveva ben poco, di ritrovarsi in quel mondo, che ormai l’aveva dimenticato.

“Nessuno tiene più a te, ragazzo.”

Quelle parole si erano rivelate veritiere, anche se non aveva voluto ascoltarle, anche se aveva fatto di tutto per dimenticare, alla fine non ci era riuscito.

Nessuno teneva più a lui.

Nessuno avrebbe pianto la sua morte, nessuno si sarebbe preoccupato di una scomparsa improvvisa o delle lacrime che poco prima gli avevano rigato il volto, a nessuno sarebbe importato.

Forse, un tempo, era diverso, ma no in quel momento, in quel momento era completamente solo, in balia di un dolore a lui sin troppo conosciuto.

Quante persone aveva perso nel corso del tempo? Henrik, Tatia, Finn, Kol…

Troppe, semplicemente troppe.

Si leccò le labbra per poi sospirare rumorosamente e alzarsi dal divano, per piazzarsi di fronte al corpo carbonizzato di suo fratello, per rimanere ad osservarlo, ancora e ancora, sino a quando non sentì una voce, dannatamente irritante, alle sue spalle.

 

 

 

   
 
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