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Autore: Macbeth nella Nebbia    05/03/2013    1 recensioni
Me ne vado, codardo nei suoi confronti, fuori dal caffè e mi ritiro nel supermercato vicino all’appartamento, comprando un po’ di roba, con i pensieri da tutt’altra parte che sulle note dell’iPhone dove avevo scritto quel poco di lista della spesa che mi ero sognato di fare poco fa. {La storia partecipa al contest "Colors Of The Rainbow della pagina facebook The Rainbow Side Of Marvel.}
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Loki, Thor
Note: AU | Avvertimenti: Non-con
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La storia partecipa al contest:Colors of the Rainbow della pagina Facebook The Rainbow side of Marvel.

Colore:Arancio.
Luogo:Midgard.
Oggetto:Tazza di caffè.
Avvenimento che deve comparire: Colazione insieme.










“Questo è il buongiorno di Dr. Feelgood, e cominciamo la giornata con una carica elettrica speciale, e con carica elettrica ho detto tutto! Questo è il Virgin Classic che vi proponiamo! Stay Tuned!”
“Virgin Classics: millenovecentoottanta.”



Riff inconfondibile. Brividi. Il suono della chitarra sporca di Angus Young in solitaria, quell’intro quasi spettrale invade tutta la casa.
Sorrido nel letto fischiettando il giro di chitarra e poi cominciando a canticchiare sottovoce il falsetto più falso della storia di Brian Johnson.
Shoot to thrill, play to kill. Questa è la canzone preferita di Tony ora che ci penso.
Scendo dal tatami.
Ancora devo abituarmi che non sono ad Asgard, ma che sono su Midgard, a condurre una vita da normale essere umano, senza essere un Dio, senza avere i miei poteri. E’ frustrante dopo che passi una vita ad essere una persona, ritrovarsi a costruirsene una nuova. E così è.
New York, non è male come città, ma per cominciare potevo scegliere qualcosa di meno caotico.
“Potevo scegliere”, non è stata una mia scelta essere catapultato sulla terra per di più nella città che tutti chiamano Grande Mela che poi non so nemmeno il perché. Potevano mandarmi in un paesino sperduto dell’Italia, o come si chiama. Sto studiando la geografia di questo mondo da poco, sarà un mese penso.
Vado in bagno. La solita routine: pisciata liberatoria, lavarsi i denti, farsi la doccia e stare tutto il giorno in casa a fissare i piccioni sul cornicione del palazzo davanti fare a gara per un pezzo di pane. Questa mattina però sono estremamente lento e calmo nei movimenti.
Mi avvicino al water, alzo la tavoletta e mi libero. Dopo, fisso me stesso per alcuni minuti allo specchio mentre Brian Johnson continua ad urlare la sua rabbia. Guardo i miei capelli neri che arrivano fino alle spalle e stranamente non sono in disordine, nonostante mi sia appena svegliato.
Distolgo i pensieri dai miei capelli e comincio a spazzolare con energia i denti poi tolgo quel minimo di pigiama che un uomo possa avere ovvero maglietta e boxer, entro nella doccia, ci resto per una decina di minuti, esco fuori, vado in camera e scelgo cosa mettermi.
Ho una vasta scelta di camicie, magliette, cravatte, calzini. Si chiama “armadio” qui su Midgard. E’ misero, in confronto a tutto quello che avevo ad Asgard.
Mi metto dei boxer neri poi sopra un paio di jeans neri e stretti, una maglietta sgualcita e di un verde a dir poco pallido e sopra una felpa grigia da jogging. Agli americani piace tanto fare jogging. Io sto bene anche senza farlo. Vado in cucina con i capelli ancora bagnati ma perfettamente pettinati all’indietro come li porto sempre.
Apro il frigorifero e speranzoso di trovarci qualcosa rimango interdetto nello scoprire che è meravigliosamente vuoto.
“Dannazione. E adesso?” mi dico ad alta voce mentre mi gratto la testa fissando il frigorifero aperto vuoto.
E adesso vai a fare la spesa. Imbecille. Ci vuole tanto?
Ma la colazione, io volevo fare colazione.
Per il nome di Odino, Loki, sono le dieci del mattino.
E che vuol dire? Se ho fame mangio.
Ma perché io sto parlando con me stesso? Poi non ci capisco nulla se continuo così.
Torno in bagno per asciugarmi i capelli, li metto a posto come li tengo sempre, tirati all’indietro, lucidi, perfetti. Se c’è qualche ciocca in disordine corro subito a metterli a posto.
Bene, ora Loki devi uscire e fare la spesa.
L’entusiasmo che mi prende quando devo uscire dall’appartamento per qualche necessità è allarmante per i vicini. Sono sarcastico ovviamente.
Prendo alcuni dollari dal portafoglio, li caccio in tasca. Prendo le chiavi di casa, il telefono e chiudo la porta dietro le mie spalle.
Saluto con un sorriso la signora che davanti a me sul pianerottolo sta pulendo il pavimento dalla polvere che non c’è mai. Per il semplice motivo che ogni due ore esce dalla porta e lava costantemente il pavimento. Maniaca. Sciocca.
Fa così da quando ha perso suo marito, circa dieci anni fa, o così mi ricordo mi abbia detto due mesi fa quando (maledetto quel giorno) decisi di accettare il suo invito di bere un caffè in sua compagnia alle cinque del pomeriggio.
Lui anche era un maniacale della pulizia. Nonostante da giovane lavorasse in una miniera di carbone poco fuori New York. Menti instabili nel mio condominio. Menti instabili ovunque.
“Oggi pomeriggio prendi un caffè con me? E’ tanto tempo che non parliamo signor Loki.”
Santo cielo. Signor Loki, ma dove siamo?
“Mi chiami solo Loki.” le dico sorridendole guardandola negli occhi. “Comunque mi farebbe molto piacere, ma sono occupato e non sono disponibile a chiacchierare con lei. Facciamo settimana prossima? Forse sarò più libero.”
Certo, più libero, come no.
Scendo in strada.
“La colazione prima di tutto.” Assolutamente.
Entro nel primo Starbucks e stranamente è semi-deserto. Scelgo di sedermi in una poltroncina vicina alla vetrata che da sulla Avenue, come la chiamano i cittadini.
Una ragazza mi si avvicina, mi chiede cosa voglio e gli chiedo un caffè, lungo, molto lungo. E un muffin, che ho fame. Ed è colazione.
Mentre aspetto ciò che ho ordinato mi metto a guardare la gente che corre affannata sul marciapiede, mentre attraversa la strada, mentre parla al cellulare con la testa fra le nuvole.
“Scusa posso sedermi qui?”
Non ci faccio caso. Sinceramente non penso nemmeno stia parlando con me.
“Hei amico, posso sedermi qui con te?”
“Perché mai dovresti scusa?”
“Ogni giorno io mi siedo sempre qui, e ora tu sei seduto al mio posto. Mi siedo anche solo davanti a te. Sempre se non ti da fastidio.”
Sì, mi da fastidio. Mi irrita il tuo comportamento. Non lo guardo nemmeno in faccia, gli faccio segno di sedersi, poi tiro fuori dalla tasca il mio iPhone e guardo un po’ di cose, tipo notizie, giusto per non cominciare una conversazione con questo ragazzo.
Finalmente arrivano il mio caffè e il mio muffin, nel mentre anche quello che aveva ordinato lui, un caffè e una ciambella. Vorrei andarmene e sinceramente sto per farlo prendendo le mie cose ed alzandomi ma qualcosa incatena i miei occhi ai suoi.
Un “ti supplico resta” dei suoi occhi azzurri, troppo azzurri per sopportarli sui miei, marroni.
Oh andiamo, mica vorresti rimanere qui a fissare questo ragazzo così. Devi fare la spesa Loki.
Me ne vado, codardo nei suoi confronti, fuori dal caffè e mi ritiro nel supermercato vicino all’appartamento, comprando un po’ di roba, con i pensieri da tutt’altra parte che sulle note dell’iPhone dove avevo scritto quel poco di lista della spesa che mi ero sognato di fare poco fa.


Una settimana dopo.


E se andassi a prendere di nuovo un caffè? Lì, dallo Starbucks della scorsa settimana?
Mi sveglio così, una settimana dopo quello strano incontro. La solita routine, mi sveglio, vado in bagno, controllo il frigo ed è a posto. Ma il caffè oggi lo prendo giù in strada.
Esco di casa con dei jeans scuri ed un maglioncino con le maniche lunghe arrotolate verso i gomiti color verde scuro. Il verde scuro è uno dei colori che più amo. Posseggo qualsiasi vestito esistente nell’universo di questo colore.
La signora pulisce il pianerottolo, mi sorride ma non mi parla. Forse si è offesa.
Ritorno allo Starbucks, ordino un caffè e una fetta di torta alle mandorle. Il posto dove ero seduto la scorsa volta è di nuovo vuoto, allora mi ci siedo.
“Vedo che lo fai apposta.” mi sento dire.
Quella voce mi è familiare. Sarà passata anche una settimana, ma è talmente rimasto nella mia testa questo ragazzo che forse mi sta succedendo qualcosa dentro. Qualche tempesta.
Loki, no. Nient’affatto.
“Non ho saputo resistere. E’ una posizione perfetta per gustarsi un caffè.”
“Già, bhe, posso sedermi?”
Gli sorrido dicendogli un flebile sì. Questa volta però mi soffermo ad osservarlo.
Capelli lunghi, biondi che gli cadono sulle spalle. Barba più o meno folta dello stesso colore dei capelli, tendente un po’ al rossiccio. Occhi azzurri, come avevo già notato la scorsa settimana e un fisico possente. Forse fa molta palestra. Il contrario di me praticamente è questo ragazzo.
Io, alto, magro, senza molti muscoli, capelli neri come la pece, occhi marroni, nemmeno un filo di barba.
“Non penso tu sia qui da molto.”
“Oh, no, solo alcuni mesi. Cerco di ambientarmi ma è difficile.” gli rispondo sorseggiando il caffè.
“Potrei farti fare un tour della città se vuoi, un giorno.”
Ma, cosa? E’ la seconda volta che ci incontriamo e tu pensi già a farmi fare un giro turistico di New York?
Un pensierino potrei farcelo.
“Davvero? Sarebbe magnifico!”
Per il nome di Odino. Seriamente Loki, hai detto “sarebbe magnifico” a praticamente uno sconosciuto?
“Bene. Ehm, senti, per caso mica ti andrebbe di assecondarmi in una cosa?”
“Dipende che genere di cosa.” gli rispondo sicuro.
“E’ semplice. Sarò veloce. Dopo di questo potrai scappare, o magari scapperò io, ma non ti sconvolgere.”
Sono un po’ frastornato da queste parole, ma decido di rimanere al suo gioco.
Giusto perché la mia mente è stata appena rapita nel vero senso della parola da questo ragazzo, sconosciuto che mi sta dicendo di fidarmi di lui nonostante io non sappia praticamente nulla sulla sua vita, nemmeno lui sulla mia.
Lo vedo avvicinarsi al mio volto.
I suoi occhi sui miei, poi istintivamente chiudo le palpebre, lui non lo so e sento la sua barba contro la mia pelle.
Le sue labbra sulle mie per un soffio, un lieve scontro. La sua mano tocca la mia, che avvolge istintivamente la tazza di caffè, per cercare un po’ di conforto, un po’ di calore in qualcosa che conosco fin troppo bene.
Poi il nulla.
Rimango con gli occhi chiusi e quando li riapro davanti a me non c’è più il ragazzo biondo. Solo un biglietto di fianco al mio caffè.
“Thor - 076983265”
Thor. Thor.
Sarà il mio pensiero fisso per molto tempo.





Okay, forse in questa sezione è meglio fare un minimo di presentazione!>.<
Mi chiamo Elena, ho sedici anni e da tre sto cercando di smettere di bere. *ciaaaaao Elena*
A parte gli scherzi, questa è la mia prima ed assoluta Thorki. Partecipa al contest sopracitato.
Se non avessi partecipato a quel contest, non mi sarei sicuramente messa a scrivere una Thorki così. E' stata una sfida, lo devo ammettere çwç
Non sapevo da dove cominciare, insomma, io prediligo Iron Man e quindi so più cose anche sui fumetti di Iron Man, e proprio Thor e Loki sono come estranei alla mia mente. *sì, okay, li ho visti in Avengers, ho visto Thor ma sinceramente non mi sono appassionata più di tanto*
Ah, dimenticavo, devo ammettere che ho fatto sembrare Loki quasi uno stupido ignorante in geografia o cose simili. All'inizio della storia. Lo so. Ma come detto, prima, è il mio primo lavoretto con questi due personaggi e non sapevo come muovermi. çç
- Il titolo è preso da Feeling Good dei Muse (che OMMIODDIO andrò a vedere il 28 giugno a Torino OMMIODDIO *ç*)
Basta, non so più che dirvi. Solo che se voleeeete, potete lasciare una piccolissima recensione. :3
Un bacio,
mrsHolmes :)
   
 
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