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Autore: adropintheocean_    05/03/2013    3 recensioni
"Sono un paio di fossette e un sorriso allegro che catturano la mia attenzione.
C’è un ragazzo, in fondo al locale, tiene in mano un vassoio con due bicchieri vuoti e un piatto con qualche briciola. Indossa un grembiule verde scuro, legato sui fianchi, sopra un paio di jeans sgarrati. Sorride cordiale a due ragazze sedute al tavolo, poi si gira per tornare indietro.
Volta lo sguardo, per un secondo questo si intreccia al mio.
Mi viene voglia di alzarmi dal tavolo, andare lì da lui, prenderlo e baciarlo. Quindi lo faccio."
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Esco dalla doccia dopo essermi insaponata tre volte i capelli e quattro il corpo. L’odore di uovo mi impregna il naso, più mi lavo e più mi sembra di sentirlo nelle narici. Mi piazzo davanti allo specchio del bagno e con una mano porto via l’alone che lo appanna. Di fronte a me, un viso incorniciato da capelli ramati, sfoggia un bel paio di occhiaie e un’espressione preoccupata.
Cavoli, datti una bella calmata, Lou.
Pettino i capelli, poi li asciugo alla bell’è meglio, cerco di stirarli con un po’ di piastra. Piazzo un dito di fondotinta sul mio viso, con la matita nera traccio il contorno dei miei occhi castani e li ravvivo con il mascara. Mi guardo fisso nelle pupille, faccio un sorriso, poi rilasso il viso.
Posso farcela.
Dall’armadio tiro fuori l’unico vestito da sera che ho, nero, stretto sul petto, ma largo e  liscio fino alle ginocchia. Ho un bel seno, ma mi vedo abbastanza pienotta nel resto del corpo. Mia madre dice sempre  “Accontentati di ciò che hai e valorizzalo”. E così, è quello che faccio stasera.
Mi infilo nel vestito, lo accarezzo con le mani sistemandolo. Tiro giù le scarpe dalla scarpiera, un plateau nero col tacco dieci. Salgo su quei trampoli e mentalmente prego di non cadere, scivolare, o fare qualsiasi altra figuraccia imbarazzante nel corso della serata.
Coraggio, Lou. Coraggio.
Qualche soldo in un piccolo porta monete, il cellulare, le chiavi di casa: il tutto compresso dentro una mini borsetta che, magicamente, ancora non esplode.
“Mà, allora ci vediamo più tardi”
“Ehi, vieni qui” mi dà un bacio sulla guancia e mi poggia un braccio sulla spalla. “Mi raccomando, eh?”
“Sta tranquilla. Per qualsiasi problema ti chiamo” ricambio il bacio sulla guancia, imbocco la porta di casa e mi avvio alla fermata del bus.
“E tu hai tenuto quelle tette nascoste per tutto l’anno? Devi essere bella pazza, ragazza!” Belle mi dà un pizzico sulla guancia e dopo ride insieme a Eleanor.
Christine, come al solito, deve farsi attendere. Arriva dieci minuti in ritardo, non si scusa, ci abbraccia tutte quante e batte le mani eccitata.
“Stasera voglio sballarmi, ma di brutto!”
Il mio cuore aumenta i battiti. Mi escluderanno, è sicuro. Anzi, mi sarò io ad escludermi. Mi sento piccola, una bambina. Loro fumano, hanno già avuto dei ragazzi, bevono e tutto il resto. E io … io ho paura  di tutto. Ho paura di lasciarmi andare, ho paura di mostrarmi agli altri.
Saliamo sull’autobus, dopo sei fermate scendiamo. Mi guardo intorno. I capelli mi coprono il viso, smossi da un caldo venticello leggero.
“Pub?” Eleanor indica un punto di fronte a sé con la mano. Belle e Christina annuiscono, io sorrido, un sorriso tirato, e le seguo.
Fin’ora la serata sembra andare bene. Io e le ragazze chiacchieriamo tranquille, ridiamo.
“Un cuba libre, grazie” Belle ammicca al cameriere, un ragazzo alto, con una barba incolta e due occhi neri.
“Si anche io” si aggiunge Eleanor.
“Una vodka liscia, grazie” Christine annuncia trionfante la sua scelta.
Mi sposto una ciocca di capelli dietro l’orecchio, mi inumidisco le labbra. Guardo e riguardo il menù, è pieno di nomi inglesi, qualche k qua e là, non ci capisco nulla.
“Un sex on the beach per lei” interviene Christine con charm. Mi guarda, sorride ammiccando, mi dà una spallata. “Dai, ti piacerà! Togliti quel muso!” ridacchia divertita.
Dopo qualche minuto i cocktail arrivano in bicchieri splendidi, ornati con ombrellini e cannucce rotonde di vari colori.
“A quest’estate … perché possa essere la migliore!” Belle ci fa l’occhiolino, alza il bicchiere in alto. Noi facciamo lo stesso, facciamo scoccare  i nostri bicchieri l’uno contro l’altro. Tutte si attaccano alla loro bevanda.
Prendo un lungo respiro, sorrido.
Dai Lou. Vai.
“Ehi, ehi fermati!” Christine mi abbassa il bicchiere. “Il primo dev’essere un lungo, lungo sorso” Christine mi guarda eccitata.
“E va bene, va bene. Che scocciatura che siete” scherzo per sdrammatizzare. Ho paura che dal mio viso trasparisca l’ansia che mi attanaglia lo stomaco. Sento che potrei vomitare e le mie labbra hanno a malapena sfiorato il vetro freddo del bicchiere.
Ingoio prima un piccolo sorso, il gusto è buono, dolciastro. Sembra quasi aranciata. Mi lascio abbindolare dagli sguardi divertiti delle mie amiche, mi guardano come se fossi l’ultimo dolcetto grondante di cioccolato appoggiato sul vassoio.
“Giù, giù, ingoia dai!” mi incitano.
Nel locale c’è chiasso, qualcuno ride, altri chiacchierano a proposito di una partita, la tv strilla qualche canzone stridula.
Butto giù un altro lungo sorso, la gola mi brucia  leggermente, un calore mi avvolge lo stomaco. Mi sento bene. La testa non mi gira, riesco a contare fino a dieci e a fare qualche veloce calcolo mentale.
“T’è piaciuto, vedo!” Belle ride insieme alle altre. Sorseggiano ancora i loro cocktail, i bicchieri mezzi pieni. Quello di Christine è più piccolo, ha bevuto pochissimo del liquido trasparente che c’è dentro, ma già ride un po’ troppo.
Guardo la mia bevanda.
Cazzo, Lou, il bicchiere è quasi vuoto.
In quel preciso istante mi rendo conto che, forse, ho esagerato un po’ troppo. Come prima bevuta, sono andata di corsa, avrei dovuto tenermi.
La testa mi gira un po’, sento caldo. Mi sventolo il vestito, mi faccio aria con le mani. Raccolgo i capelli in una coda, poi li faccio ricadere sulle spalle.
“Ma guardatela qua!” Christine mi indica, ride. Continua a ridere. Ride ancora.
Ma adesso rido anche io. Non so perché, non c’è nulla di particolarmente comico. È come se vedessi offuscato, tutto il mondo circostante mi si presenta coperto da una patina opaca.
“Sono dentro una …” pausa per ridere. “una bolla di sapone!” altre risate.
Mi tengo al tavolo con le mani, cavolo se dondola questo pavimento.
Mi guardo intorno ridendo, le mie amiche chiacchierano di un certo Michael del 5B, non so chi sia. Mi distraggo, strizzo gli occhi per scacciare quel velo opaco che mi offusca la vista.
Mi blocco, la testa smette improvvisamente di girare, il mio sguardo castano si blocca.
Sono un paio di fossette e un sorriso allegro che catturano la mia attenzione.
C’è un ragazzo, in fondo al locale, tiene in mano un vassoio con due bicchieri vuoti e un piatto con qualche briciola. Indossa un grembiule verde scuro, legato sui fianchi, sopra un paio di jeans sgarrati. Sorride cordiale a due ragazze sedute al tavolo, poi si gira per tornare indietro.
Volta lo sguardo, per un secondo questo si intreccia al mio.
Forse la quantità eccessiva di zucchero nel mio sangue, forse il mio cuore che accelera, forse il mio cervello che accoglie poco ossigeno, fatto sta che sfoggio un grande sorriso ammiccante al ragazzo che, dapprima confuso, ricambia imbarazzato.
Scompare dietro il bancone, io mi rilasso riprendendo fiato.
Che sto facendo?
Mi viene voglia di alzarmi dal tavolo, andare lì da lui, prenderlo e baciarlo. Quindi lo faccio. 
  
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