HOSPITAL
“Non
vorrai mica uccidere la tua cara mogliettina!”
Envy
scrutava con un ghigno beffardo il tenente colonnello, paralizzato per le sembianze che aveva preso
l’homunculus, non poteva colpirla.
Era
sua moglie quella che aveva davanti.
Lentamente,
l’uomo dagli occhiali poggiò lentamente il kunai che serrava tra le dita, mentre
Envy fremeva alla vista del sangue che scorreva copioso dalle ferite aperte nel
corpo dell’ufficiale, pregustando il momento della morte. Dio, quanto amava
uccidere. Adorava fare male agli esseri umani, privarli lentamente della vita,
fino al momento in cui proprio le sue vittime lo imploravano di finirle. Hughes ansimò, tenendosi il braccio dolorante per il colpo ricevuto poco
prima da Lust: “E ora cosa hai intenzione di fare?” soffiò quello; l’homunculus
caricò la pistola, e sorrise affabile. Dio, come era simile a
Glacier..
In
quei interminabili momenti, Maes Hughes, tenente colonnello in forze al comando
di Central City, si ritrovò a pensare alla sua piccola Elycia, al suo angelo:
“Perdonami piccola, papà non tornerà a casa.” Pensò l’uomo, mentre con la mente
ripercorreva tutti i momenti felici vissuti nell’Esercito, e con la sua
famiglia, quando Glacier, in lacrime, gli aveva annunciato di essere incinta,
quando lui e Roy combattevano a Ishbar, l’incontro con i giovani Elric…
Mentalmente, chiese scusa a tutti, e chiuse gli occhi, aspettando il colpo
finale. Che però non arrivò.
Udì
invece uno scalpiccio frenetico di piedi, e un clangore metallico in lontananza.
Aprì lentamente gli occhi, e vide l’homunculus impallidire, e voltarsi verso la
strada, dove spiccava la sagoma di un essere che, all’apparenza, pareva umano;
in quel momento, un velo sanguigno si posò sugli occhi dell’ufficiale, che perse
conoscenza.
Non
appena Envy si fu voltato verso la figura, udì un fruscio, e vide un imponente
sagoma saettare verso il vicino comando militare, portando con se un pesante
fardello: “Maledizione! Chi cazzo siete?” urlò furioso l’essere, scagliandosi
verso quella sagoma enorme che correva via. Fu però bloccato da una lama che lo
colpì in pieno petto, mozzandogli il respiro: “Hai commesso due errori,
bastardo. Il primo, è stato di metterti contro l’esercito, il secondo è stato
quello di aver fatto del male al tenente colonnello!” sbraitò, i profondi occhi
dorati ridotti a due fessure, l’odio che scaturiva da ogni poro…
Envy,
per la prima volta nella sua vita, ebbe paura di quel
ragazzino.
Edward
Elric, Fullmetal Alchemist, era lì, davanti a lui, e lo voleva
morto.
Con
uno scatto felino, il giovane alchimista lo colpì nuovamente in pieno petto,
scagliandolo a parecchi metri di distanza, contro un lampione, che sfrigolò al
contatto con il corpo dell’essere, e si spense.
Dopodichè,
Edward sparì nella notte.
“Al-kun,
dove sei?”
Una
voce sommessa e stridula gli rispose da un vicolo: “Ed-san, sono qui!”. Il
ragazzo s’infilò nel vicolo, e finalmente lo vide: l’enorme armatura che faceva
da corpo al fratellino minore. “Al, tutto a posto?” domandò preoccupato il
ragazzo, togliendosi il mantello, e facendone delle bende. “No, ha perso molto
sangue, dobbiamo aiutarlo.”, la sua voce tradiva l’ansia e la preoccupazione per
la sorte dell’ufficiale; il fratello, con le bende improvvisate, cercò di
arginare il sangue che colava dalle ferite più gravi. “Ecco fatto, ora andiamo
via. Non è salutare, potrebbero tornare.” Esclamò il biondo, passando il braccio
destro di Hughes dietro la sua nuca. In lontananza, le luci del
Comando.
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Il
telefono trillava insistentemente nell’ufficio del colonnello Mustang, a East
City, irritando non poco il tenente Riza Hawkeye, che stava finendo di sbrigare
un lavoro. Ai suoi piedi, il piccolo Black Hayate sonnecchiava placido. Con aria
indispettita, la donna prese la cornetta, e se la portò all’orecchio, scostando
un ciuffo di capelli biondi: “Pronto, ufficio del Colonnello Mustang, Quartier
Generale di East City.”. la donna si stupì non poco quando udì la voce affannata
del più anziano degli Elric dall’altro capo della linea: “Hawkeye-dono, sono
Edward. Devo parlare urgentemente con il Taisa Mustang.” Sembrava molto
spaventato. La donna, per un momento, perse la sua proverbiale calma, e si
lasciò sopraffare per un istante dalla paura: “Ed, è successo qualcosa? Mustang
Taisa è partito.” Spiegò la donna, cercando di non far trapelare l’ansia che
ormai s’era impadronita delle sue corde vocali e del suo animo, impedendole di
pensare. “Cazzo, quel dannato colonnello quando serve non c’è mai!!” imprecò il
ragazzo, “Senta, mi ascolti con attenzione. Il tenente colonnello Hughes è stato
aggredito alcune ore fa, e se a quel dannato colonnello non gliene frega nulla
degli amici, perché deve farsi i cazzi suoi, allora se ne può anche andare dove
non batte il sole!” sbraitò Ed, sbattendo la cornetta contro il muro. In quel
momento, una voce fin troppo ben conosciuta fece raggelare il sangue nelle vene
al Fullmetal: “Cosa è successo a Hughes?”, il Colonnello Mustang era lì, davanti
ai suoi occhi. Furibondo, l’alchimista gli si avventò quasi addosso, e lo
tempestò di insulti e domande: “Dove cazzo era finito?? Il tenente colonnello ha
rischiato la pellaccia, e lei dov’era? A divertirsi con qualche bella ragazza in
qualche localetto equivoco?” lo sfottè Edward, sedendosi su una poltroncina.
Stranamente, il colonnello non rispose, e gli si sedette vicino: “Mi dispiace.
Non doveva finire così”.
Disse
solo questo.
Parole,
che a Edward dissero molto più che un discorso completo.
“Come
sta?” chiese l’uomo dai capelli corvini, dopo qualche istante di silenzio; “è
fuori pericolo, ma ha perso molto sangue, indi non lo dimetteranno prima di
qualche giorno. Adesso sta dormendo.” Aggiunse il ragazzo. Roy Mustang s’alzò in
piedi: “Qualcuno ha avvertito la signora Glacier?” chiese tranquillo; “Si, ho
chiesto ad Al di andare da lei.”.
L’ufficiale
si risedette sulla poltroncina accanto a Edward, nascondendo il volto tra le
mani. I due alchimisti, rimasero in silenzio, poi, quasi come se gli fosse stato
dato un ordine, entrambi aprirono bocca per parlare: “Scusami” dissero
all’unisono.
Ed
arrossì: “Scusi, non avrei dovuto dirle tutte quelle parole ingiuriose, non se
le meritava. In fondo, lei non poteva sapere ciò che era accaduto al tenente!
Mormorò Fullmetal, con la testa inclinata verso il pavimento. Roy gli si strinse
il cuore a vedere Ed così abbattuto, in fondo aveva fatto molto più il biondo
per Maes in pochi giorni, che lui in una vita intera. E pensare che quell’uomo,
che era appena scampato alla morte, era il suo migliore
amico.
“Hai
perfettamente ragione Fullmetal, non c’ero quando il tenente aveva più bisogno
di me, mentre lui, al contrario, c’è sempre stato. Mi sento un perfetto
ingrato.”
“Non
dica così colonnello, sono io che ho reagito male. Per fortuna che Al mi ha
convinto a tornare indietro perché aveva un brutto presentimento, altrimenti non
oso pensare a cosa sarebbe successo a quest’ora. Abbiamo lasciato Winry in
albergo, e siamo corsi qua in tutta fretta.”
Altri
attimi di silenzio, poi Mustang riprese a parlare: “Fullmetal, Edward. Secondo
te, io sono solo un povero bastardo egoista?” chiese
l’uomo.
Edward,
con stupore del suo superiore, scosse la testa: “No, affatto. Anzi, se solo si
decidesse a mettere da parte il suo abituale cinismo, sarebbe una persona
splendida, glielo assicuro.”
Mustang
sorrise.
LO
SO, MAGARI NON HA MOLTO SENSO, MA MI È VENUTA COSì DI GETTO, E HO DECISO DI
SCRIVERLA. IO CONTINUO A NON RASSEGNARMI ALLA MORTE DI HUGHES, E PER QUESTO, CHE
HO SCRITTO QUESTA ONE SHOT SEMPLICE SEMPLICE.
LA
DEDICO A UN GRUPPO DI PERSONE CHE ADORO, DI CUI NON POTREI MAI FARE A MENO:
LIENA, E I NOSTRI COINQUILINI, CHE MI HANNO TENUTO COMPAGNIA A LUNGO DURANTE
NOTTI INSONNI. È TUTTA PER VOI!
UN
BACIO E BUONA NOTTE
SHUN
DI ANDROMEDA