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Autore: neesama    06/03/2013    4 recensioni
L'autunno colora di rosso e giallo tutto intorno a loro. Fra un pò sarà inverno. C'è un posto, in un angolo di Seul dove il calore della primavera non ti abbandona mai. E' la sua pasticceria... Kibum e Jonghyun hanno freddo, ma non solo per l'inverno che sta arrivando. Riusciranno a superare quell'inverno insieme "scaldandosi"? E Taemin capirà cos'è quel sentimento che univa i suoi genitori, magari scoprendolo insieme ad un'altra persona, tra panna e cioccolato? JongKey - TaeKey - JongHo
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Taemin
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qui...vi ringrazio di cuore per avermi seguito. Questo è il cap più lungo di Panna e Cioccolato e credo, anzi spero di... farne ancora altri. Grazie a Niky e Giu per aver letto in anteprima!! vi voglio bene ♥♥♥



L’Amore è un sentimento forte, così tanto forte da chiuderti lo stomaco.

L’Amore… è qualcosa di bello, qualcosa che ti lega ad una persona,

e ti impedisce di rimanere senza di lei.

L’Amore è quando… ovunque tu vai, con quella persona, ti senti a casa.

L’Amore sei tu.

~

Una lacrima scivola fuori dall’occhio sinistro, s’infrange contro il cuscino candido. Un colore banale, almeno lo è sempre stato per lui. Un non colore, ecco cos’è il bianco.

Ma fa male anche questo ora.

Fa male quel qualcosa che non è, quel qualcosa che non comprende, quelle briciole a cui tenta di aggrapparsi con tutte le forze.

Quel qualcosa che pensa di non meritare.

“Fai male anche tu…”

Non lo dice, ma sa che qualcosa dentro di lui lo pensa. Non sa se è la coscienza, o il suo “io” come lo chiamano gli psicologi.

Lo definisce semplicemente qualcosa.

Una voce, ecco.

Mentre lo pensa, guarda il ragazzo che dorme di fianco a lui. Adesso, fa paura persino allungare una mano e sfiorarlo, seppur delicatamente. Dorme tranquillo lui, ma Kibum no. Kibum pensa… pensa e non dormirà. Non questa sera almeno, non adesso… non in questo istante in cui ogni pensiero arriva e lo tormenta.

Le palpebre si abbassano, ed un'altra lacrima esce. Non sa nemmeno lui cosa sia quella sensazione, ma sono già le cinque di mattina e lì, in quel maledetto istante, non si sente a casa.

“L’Amore è quando… ovunque tu vai, con quella persona, ti senti a casa.”

E chi l’ha detto?! Eh? Chi?!

Kibum vorrebbe urlarlo, lì, in quel momento, ma… sa bene che è vero.

Lo sa, ma non lo ammette.

E così anche una terza lacrima cade.

Stavolta arriva anche il sonno, stavolta arriva un qualcosa a dargli pace, a mettere a tacere quella voce che gli dice la verità, quella voce che non vuole sentire. Quella voce che sa tutto ma che per ora non può venire a galla.

Il sonno gli occupa tutta la mattina, ma non è un sonno tranquillo.

Piange anche nel sonno.

***

Si era girato più volte nel letto, aveva cambiato posizione con una tranquillità incredibile durante tutta la notte, senza sapere che la persona che amava più di sé stesso, era lì che lo guardava, con delle lacrime che gli rigavano il viso.

Quand’era sorto il sole, però, s’era strofinato gli occhi, s’era alzato e, come se tutto il peso di quella colpa se ne fosse andato, aveva fatto le sue cose. In bagno prima, colazione poi… senza Kibum.

Ma allora perché senza di lui?

“Non posso disturbarlo, dorme così bene…”

Si era detto questo, ma in realtà qualcosa lo tormentava ancora e non sapeva cos’era. Un piccolo masso, piccolissimo, ma pesante, si era fermato lì, sulla bocca dello stomaco.

Gli aveva impedito di finire la colazione e l’aveva costretto a far ritorno in camera. Ogni passo, che solitamente lui faceva lungo, era breve e pieno di pensieri.

Ogni passo lo riportava a pensare alla sera prima, al proprio cuore, a quei sentimenti chiusi dentro. Pensava a come avevano fatto l’amore, se così si poteva ancora chiamare, e sentì crescere quel sasso dentro di sé.

Ad ogni passo diventava sempre più grande.

Ad ogni passo era sempre più difficile respirare.

Ad ogni passo si rendeva conto che la voragine… non era mai stata chiusa.

~

Apre piano la porta della loro camera da letto. A piedi nudi si dirige verso il loro letto, Kibum è lì, di lato, che dorme.

Non aveva pensato a lui, almeno finché non era più riuscito a mandare giù il boccone.

Si avvicina lentamente, così tanto che gli sembra di andare a rallentatore e, dopo pochi attimi, si ritrova seduto accanto a lui.

È rannicchiato su sé stesso, è coperto dal piumone, quello verde e giallo che non gli era mai piaciuto poi tanto. Il respiro regolare fa capire a Jonghyun che Kibum è nel mondo dei sogni, allunga una mano e… questa s’appoggia delicatamente sul viso.

La carezza è lenta, dolce, ma così timorosa.

Da quando la sua mano trema, appena si appoggia sul suo viso?

Jonghyun non ha mai visto la propria mano tremare.

Lo accarezza di nuovo, sempre piano, e vede che da quell’occhio esce una lacrima. Una spada gli trafigge il cuore, un’altra volta, intuendo quale sia la causa.

Sé stesso.

“Ho sbagliato di nuovo, gli ho fatto del male ancora.”

E se ci ripensa, ricorda il corpo di Kibum un po’ più rigido tra le sue braccia, più rigido delle altre volte.

Si sente un pezzo di merda.

Toglie di colpo la mano dal viso del suo ragazzo e se l’appoggia sul suo, così dannatamente colpevole.

Gesti non fatti, parole non dette.

Parole sbagliate, anche se sussurrate.

La ferita sanguina di più.

“Stiamo morendo davvero.”

Si alza di colpo e s’infila i calzini, le scarpe ed esce di casa, dirigendosi al lavoro, con un macigno ben più grande di prima sullo stomaco.

***

Si era svegliato alle 11:34. Neanche aveva fame, ma per lo meno era riuscito a dormire un po’. Aveva tirato su quel piumone e aveva guardato quella stanza. Ogni angolo sapeva di tutto, tranne che di casa sua.

Era stato desolante ancora una volta e aveva deciso di non pensarci, provarci almeno, dato che la giornata si prospettava lunga.

S’era alzato, non aveva nemmeno infilato le ciabatte ed era corso in bagno. La maglietta ed i boxer erano finiti a terra, la voglia di raccoglierli non c’era, ed era andato dritto, sotto la doccia.

“È quello che ci vuole…”

Pensò in quell’attimo, mentre con un colpo di mano, l’acqua divenne praticamente calda e gli bagnò il viso. Ogni singola goccia bruciante percorse prima il suo viso, poi il suo corpo.

Bruciava. Il viso si arrossava, come il resto del corpo.

Ma doveva. Doveva sentire quel calore bruciargli la pelle, fargli del male e poi? Cosa doveva sentire poi?

Non avrebbe più voluto sentire niente.

Niente dolore, niente pensieri.

Niente lacrime amare.

Tempo qualche minuto e se ne uscì profumato, con la pelle che scottava. L’accappatoio, quello blu di Jonghyun, l’avvolse ma non gli trasmise nessuna sensazione e forse era anche peggio di sentire “qualcosa di diverso”.

Freddo? Nemmeno più quello.

Fece una smorfia di dolore, si portò entrambe le mani sulla fronte e uscì velocemente dal bagno. Doveva fare qualcosa, qualsiasi cosa, pur di non pensare.

Un paio di boxer a caso, come la maglietta e lo stesso per i pantaloni. Tutto a caso, lui che, almeno per i vestiti, non badava alla casualità.

Stavolta il cellulare lo portò con sé.

Ma arrivò un messaggio, forse come una benedizione.

~

──── 1 иυσνσ мєѕѕαggισ

To: Kibummie
From: Jongie


Non torno per pranzo…

***

──── 1 иυσνσ мєѕѕαggισ

To: Jongie
From: Kibummie

Ci vediamo stasera.

~

L’orologio a forma di sole segnava le 12:03. Taemin aveva sbuffato una sola volta e non per il suo lavoro, non per quelle persone che continuavano a sorridergli e alle quali sorrideva. No, non per loro.

Kibum non era ancora arrivato.

Forse non sarebbe andato lì, quel giorno.

Magari nemmeno quello successivo.

Giusto un minuto pieno zeppo di tristezza che la porta si aprì e, di fronte gli occhi di Taemin, comparve lui.

I suoi occhi di opale, con la tonalità cioccolato, erano rimasti spenti fino a che non avevano incontrato quelli di Taemin.

Fuori di lì nient’altro aveva importanza.

Lì dentro invece c’era il calore, quello vero.

Lì c’era la primavera.

~

“Ciao, Taemin…”

“Ciao Kibum, non vedevo l’ora di vederti!”

“A..anch’io…”

Le gote di Kibum si colorano di rosso, lo sguardo si abbassa. Adesso lì, anche se si morde le labbra, non riesce a sentirsi in colpa.

O forse un po’ sì?

No, non adesso.

Si guardano entrambi, di nuovo, ed incomincia il loro nuovo giorno insieme, lì in quella pasticceria che sa solo di primavera. Il tempo si ferma, in quell’attimo in cui i loro occhi si incontrano, in quel momento in cui i loro cuori battono veloce.

Loro due li sentono bene.

A poco a poco, la gente se ne va, è ora di pranzo ormai… lì dentro rimangono solo loro due. Ancora si morde le labbra, Kibum, ma… è felice.

Lo sente lì dove prima sentiva freddo.

Sente caldo.

Lo sente anche Taemin.

Dopo poco si rifugiano nel laboratorio, come fosse la cosa più naturale del mondo che Kibum sia lì, cominciando così a preparare la base per quella torta.

Sempre lei.

Sempre con quel “qualcosa di grande che ti fa star bene”.

~

I loro sorrisi erano come i raggi di sole in primavera, le loro mani erano come i primi fiori sbocciati. Erano forti e man mano che gli ingredienti venivano mescolati dalle loro mani, finché l’uno era accanto all’altro, qualcosa diventava sempre più grande.

Complicità.

E forse non solo quello. Senza il forse.

Il tempo era scorso talmente veloce che nessuno dei due se n’era accorto. Stava per mescolare il cioccolato alla panna ma non era riuscito bene il miscuglio, così con una piccola smorfia dolce, Kibum aveva smesso di preparare tutto.

Taemin aveva riso.

“Ci vuole un po’ di tempo…”

Gliel’aveva sussurrato all’orecchio, facendolo arrossire, baciandogli subito dopo quella guancia talmente tanto calda che… sembrava essere arrossata dal sole, andandosene di là ad aprire ai suoi aiuto-pasticere.

Erano già arrivati e loro due nemmeno avevano mangiato.

Ma a nessuno dei due importava. Non ci fecero caso perché ad entrambi importava solo stare vicini, sentendosi invadere da una sensazione fin troppo bella, così difficile da spiegare a parole.

Kibum rimase lì, seduto ad un tavolino, mentre Taemin serviva le persone e, di tanto in tanto, lo guardava, perdendosi in quegli occhi di opale che, dal momento in cui erano arrivati lì, incrociando il caldo sole di primavera, non avevano più la nota triste.

***

Ci aveva pensato tutta la mattina, come fosse una canzone che continuava a ritornargli in mente.

Alla fine la odi, ma lui non voleva odiare Kibum.

Voleva solo scacciare quell’orribile sensazione di vuoto o di pieno… pieno di angoscia. Dopo avergli toccato la guancia, dopo aver capito ancora una volta la stupidità dei suoi gesti, s’era sentito ancora più dentro la voragine.

Non c’era scampo.

Ma dovevano salvarsi.

Non aveva toccato nulla di quello che c’era sopra il tavolo la sera prima, ed in quell’attimo si chiese se Kibum avesse visto i regalo. In fondo era ancora là, al suo posto. Chissà se aveva mangiato, chissà se… stava bene.

Non si piange nel sonno se si sta bene.

Kibum non stava bene.

Non voleva più vedere Kibum piangere.

Non voleva più farlo piangere.

Era stato molto più semplice, a mezzogiorno e mezzo, non ritornare a casa, non vederlo, non scontrarsi con i suoi occhi sofferenti. Eppure prima o poi ci avrebbe dovuto fare ritorno.

Finito la giornata lavorativa, gli mancò ancora una volta il coraggio di tornare e se ne andò al solito bar, dove beveva una birra insieme agli amici.

Aveva incontrato Minho, con cui aveva bevuto e chiacchierato per una buona ora e poi aveva rivisto la stronza, che, nonostante si stesse facendo il suo nuovo ragazzo, continuava a lanciargli qualche sguardo languido.

Se n’era accorto anche Minho e, affettuosamente, gli aveva dato una pacca sulla spalla.

“Jonghyun, non ti fare il sangue amaro per quella… vai a casa da Kibum, rimanere qui non ti fa bene.”

“L’ho tradito con quella.”

“Sei pentito?”

“Sì.”

“Torna a casa. Pensarci non ti farà star meglio, ma forse… dovresti dirlo a Kibum.”

“E rischiare di perderlo?!”

“E così non rischi di più? Quante volte dovrai venire a bere qui, guardare quella e punirti per il tuo errore? Lo stai facendo pagare anche a Kibum.”

“Non voglio perderlo.”

“Torna a casa Jonghyun e sii sincero con lui.”

“Credi che mi perdonerà?”

“Hai solo un modo per scoprirlo.”

“Ho paura.”

“Tutti abbiamo paura di qualcosa.”

Minho gli sorrise e Jonghyun gli fu grato di questo. Lui c’era sempre, c’era stato anche in quel momento. Da quanti anni gli era vicino? Sette. Era sempre stato il suo migliore amico e sempre l’aveva aiutato.

Lo fa anche ora. Ora che Jonghyun si sente un pezzo di merda.

Ma i veri amici ti stanno vicino sempre.

Soprattutto nei momenti in cui tu ti senti una merda.

“Io sono davvero un pezzo di merda.”

~

Inserì le chiavi di casa nella toppa e le girò velocemente. Credeva di trovarlo lì, invece non c’era. Non se l’aspettava, anzi. Solitamente lui era lì, con la cena pronta, con un sorriso dolce in viso, la tv accesa e un profumo dolce nell’aria.

Quello però era delle candele profumate.

A Kibum piacevano tanto, perché non sopportava sentire l’odore del cibo in casa. A Jonghyun invece non dispiaceva affatto l’odore del cibo, ma aveva sempre trovato molto carino il vedere la candela accesa e sentirne il profumo, ritrovandosi poco dopo le braccia di Kibum attorno al collo e le sue labbra sulle proprie.

Ma questo era prima.

Prima del bacio con la stronza.

A poco a poco, dopo, aveva iniziato a dargli fastidio il profumo, la luce fioca e anche quel bacio che non credeva di meritare.

Ma non era solo un bacio?

Non si dava pace, ma aveva resistito per tutto quel tempo.

E adesso?

Adesso… ogni cosa sembra orribile.

Si sedette di fronte al posto vuoto di Kibum. Sguardo perso, mani sotto il mento, fissava quel vuoto cercando di ricordare ogni momento.

Tutte le volte che Kibum gli aveva sorriso lì, tutte le volte che l’aveva guardato imbronciato e poi si alzava, andando a sedersi sulle sue gambe e baciandolo subito dopo.

Tutte le volte che erano stati un “noi” ed ora invece… cos’erano?

Ora siamo tu ed io.

***

Aveva cominciato a sudare freddo non appena Taemin l’aveva salutato e si erano divisi. Aveva già voglia di rivederlo ma… Jonghyun?

Non corse stavolta, forse… andava bene così. In qualche modo aveva cominciato a pensare che, se si fosse ritagliato un piccolo angolo di casa che non fosse realmente la casa in cui viveva, tutto sarebbe andato meglio.

Non sapeva però come c’era arrivato a quella conclusione, ma l’aveva fatto, forse tra un ingrediente e l’altro.

Con Taemin stava bene, ma con Jonghyun doveva viverci. Si amavano, dopotutto. Perciò gli serviva qualcosa per star bene, se nient’altro lo faceva star bene.

Stai cercando di scappare dai problemi, Kibum?

“Voglio solo essere un po’ felice… tutto qui.”

Lo disse sussurrando, il suo pensiero, entrando in casa… la porta era aperta. Non ci fece molto caso, ma quando vide Jonghyun seduto lì, con lo sguardo spento, si sentì gelare il sangue.

Rabbrividì e si bloccò lì, tra l’entrata ed il tavolo della minuscola sala da pranzo.

Di certo non s’aspettava che Jonghyun si girasse e gli facesse mezzo sorriso, come non si aspettava di sorridere a sua volta e riuscire ad avvicinarsi e abbracciarlo.

Si stavano abbracciando.

Si stavano stringendo un po’ più forte del solito.

Taemin, allora fai bene.

***

È sempre questa la sensazione.

Sento di perderti, poi ti ritrovo.

Ti perdo e poi ti ritrovo ancora.

È tutto così strano, ma se ti guardo negli occhi,

se ti guardo davvero…

sento che la tua felicità non dipende da me.

Mi fa male.

Ma in fondo… lo merito.

~

“Dove sei stato Kibum?”

Erano giorni ormai che rincasava tardi e quel giorno Jonghyun voleva starci anche a pranzo con lui. Non voleva passare solo la sera con lui, voleva recuperare anche le piccole abitudini del pranzo, magari aggiungendo un qualcosa di bello e dolce.

Non gli aveva mai chiesto nulla del fatto che la sera ritornasse col sorriso sulle labbra, sapendo che non era merito suo, anche se tra di loro, in qualche modo, era tutto migliorato.

Erano stati cinque giorni all’insegna della dolcezza ritrovata di Kibum. Baci, coccole, qualche tenerezza davanti alla tv e anche finché facevano l’amore.

La voragine si stava richiudendo?

Perché mai avrebbe dovuto dirgli del tradimento? Stava ritornando tutto alla normalità e Jonghyun non voleva distruggere nulla con una verità brutta e scomoda e, in fondo, avrebbe anche potuto tenere dentro di sé quel pezzo di verità senza importanza. Solo che gli dava fastidio vederlo con un sorriso che non era causato da lui.

Al di là della sua fottuta colpa e dei meriti che non aveva, era geloso.

Tanto.

Tantissimissimo, così vedeva il suo amore alla pari di quello di Kibum.

***

Kibum, stava per andarsene, quel venerdì mattina era in ritardo. Taemin si sarebbe di certo preoccupato non vedendolo arrivare.

Non gli piaceva mancare al suo appuntamento. Sembrava così strano ma, nel giro di pochissimi giorni, quella meravigliosa sensazione di sentirsi a casa era diventata irrinunciabile.

Forse lui lo era diventato.

Non lo sapeva, non voleva chiederselo e forse era meglio… anche se… stava davvero bene con Taemin. Non sentiva più così tanto freddo, forse nemmeno lo sentiva più.

L’inverno se n’era andato?

Era a testa bassa in quell’attimo, stava armeggiando col cellulare per vedere se Jonghyun gli aveva mandato quel messaggio, uguale a quello dei giorni prima, invece… dovette alzare la testa, perché la porta si aprì praticamente un attimo dopo aver sentito le chiavi girare nella toppa.

Manda giù a vuoto.

Sbianca e suda freddo.

Fa un sorriso forzato.

Jonghyun entra con un mazzo di fiori in mano.

Lo vede e s’incupisce, il mazzo penzola dalla sua mano.

“C-che fai qui, Jonghyun?”

“Sono venuto a pranzo.”

“Ma… non tornavi a casa gli altri giorni…”

“Volevo stare con te. È sbagliato?”

“No, no… non lo è ma…”

“Ma cosa, Kibum?”

La gelosia sta prendendo il sopravento, Jonghyun s’arrabbia. Lo guarda serio e Kibum… non sa cosa dire.

“Stavo per uscire…”

“Ah sì? E dov’è che vai ogni giorno?”

“Non… credo t’importi…”

“Invece sì, non te l’avrei chiesto, non ti pare?”

“Non serve che ti scaldi, Jonghyun…”

“Vai da quel pasticcere, vero?!”

“Jonghyun… ti ho detto che non ti deve importare!”

“VAI DA QUEL FIGLIO DI PUTTANA, VERO?!”

“Jonghyun!! Smettila!!”

“NON SMETTO UN CAZZO KIBUM!! TI RENDE COSì TANTO FELICE?!”

“Sì! SONO FELICE… VOGLIO AVERE UN Po’ DI…”

“FORZA, DAI VAI DA LUI… COSì IO VADO DALLA MIA AMICHETTA!!”

“Ma… cosa… cosa stai dicendo Jong?!”

“LEI NON SI FA PROBLEMI A BACIARMI!”

“Io… mi faccio… problemi? Che intendi dire… ci ha provato?!”

“No, ci siamo baciati, ed è stato bello sai?!”

Si blocca, lo guarda. Manda giù a vuoto e… Non dice niente… sa solo che la ferita ha smesso di sanguinare. Non c’è più sangue. È morto in quel preciso istante.

Lo spera. Vuole essere morto.

Ma perché allora fa così male?

Perché il cuore batte ancora e fa male da morire?

Scuote la testa, guarda a terra. Fa un sorriso così triste che in quell’istante a Jonghyun si ferma il cuore. Kibum scoppia in lacrime, singhiozza e non si ferma.

Ecco perché.

Ecco perché è tutto finito.

È finito, vero?

È finito.

È da allora, vero?

Da allora tutto è cambiato.

Ma chi sono?

Chi sono io? Perché… perché fa così male?

Perché mi devo sentire in colpa?

Gli da una spinta ed esce di casa correndo. Il mazzo di fiori che Jonghyun teneva tra le mani, cade a terra e si rovina… i petali sono sparsi ovunque, ma non se ne accorge. Kibum se n’è andato e quei fiori lì a terra sono solo tutto quello che c’era, rovinato per sempre da quel suo gesto, da quelle sue parole.

Aveva lasciato parlare la gelosia.

Ancora una volta aveva permesso a sé stesso di ferire Kibum che non aveva nessuna colpa. L’aveva trattato come un traditore, quando era il primo ad aver tradito a causa dei suoi assurdi pensieri.

Lui l’aveva tradito veramente, mentre Kibum aveva solo cercato di essere felice, facendo qualcosa che gli piaceva. Si era anche rasserenato in quei giorni, cercando di scacciare una colpa che non aveva.

Jonghyun s’inginocchia a terra. Guarda quei fiori e capisce veramente che ora è tutto finito. Non ci saranno altre possibilità.

I fiori sono rovinati, non si possono aggiustare. E lo stesso il loro amore. È questo, vero? Era la fine. Minho lo sapeva? No, conosce anche lui Kibum e… che direbbe ora?

Jonghyun prende il cellulare e non sa come fa a chiamarlo. Non vede niente perché piange. Piange così tanto che gli sembra un incubo quello che sta vivendo, un maledetto incubo. Si sente soffocare, e peggio ancora pensa a Kibum, a quello che sta passando ora che è scappato.

“MINHO!!”

“JONGHYUN! CHE SUCCEDE?!”

“SONO UNA MERDA, GLIEL’HO DETTO, SONO STATO UN BASTARDO, GLIEL’HO DETTO!!”

“DIO MIO, MA CHE… E’ SUCCESSO?”

“E’ SCAPPATO… GLIEL’HO DETTO COME IL PEGGIORE DEGLI STRONZI!”

“Jonghyun… cosa intendi?!”

“GLI HO DETTO… CHE L’HO BACIATA E…CHE E’ STATO BELLO!! PERCHE?! PERCHE’ L’HO FATTO?!”

“Jonghyun… arrivo.”

***

Ti aspetti di tutto,

tranne che il tuo migliore amico si comporti da idiota.

Anche se lo conosci da anni, non pensi che possa fare una cosa simile.

Jonghyun è un’idiota.

Ma come sempre, Minho corre in suo aiuto, non può lasciarlo da solo. Non può. È una persona fondamentale nella sua vita.

Parte velocissimo in macchina, quella sua vecchia carretta che non ha ancora potuto cambiare, ma che arriva sempre a destinazione.

Arriva dopo poco, anche se salterà il pranzo. Non importa… per lui… per lui va bene qualsiasi cosa. Sale veloce le scale e lo trova lì a terra, inginocchiato, col viso stravolto.

Piange. Piange così tanto che Minho, per la prima volta si sente impotente. Si avvicina, però, s’inginocchia anche lui e lo prende tra le braccia.

Piange insieme a lui.

Perché il tuo dolore è il mio?

***

Non sa descrivere ciò che prova in questo istante. Corre. Corre solamente per scappare a quella verità così triste. Vorrebbe tanto seminarla, vorrebbe tanto che la verità inciampasse e non lo seguisse più.

Ma sai una cosa? La realtà ti segue sempre e ti schiaffeggia come gli pare e piace.

La realtà lo sta schiaffeggiando.

Le guance sono talmente rosse che fanno impressione.

Potrebbe essere il freddo, anche perché è senza giacca, ha solo una fottuta maglia in pile. Nemmeno la pashmina ha con sé, è tutto all’ingresso.

Ma lo sente quel freddo d’inverno?

No.

Non è quell’inverno che sente.

Non ha nemmeno la forza di urlare, anche se le lacrime scendono e non si fermano. Vorrebbe non pensarci, corre e basta. Corre nell’unico posto che lo rende davvero felice.

Rischia quasi di venire investito, attraversando la strada. Sente il cuore battere e fare male, sente i polmoni bruciare, sente il dolore consumargli il corpo…

Arriva fino alle gambe. Arriva fino al cervello.

Ha bisogno di un abbraccio.

Ha bisogno di calore.

E arriva in quel posto. Si ferma lì, davanti l’entrata, giusto il tempo che Taemin lo veda e s’irrigidisca.

Perché Taemin già aveva capito che qualcosa era successo.

L’ha capito subito.

La pasticceria, grazie al cielo è vuota, ma non fa nemmeno in tempo a superare il bancone che Kibum entra dentro. La sua espressione ferita, il suo dolore, il tremore del suo corpo, gli occhi di opale con la nota dolorosa dentro, lo distruggono.

È come se avesse ricevuto un pugno in pieno stomaco.

Non riesce a respirare.

Eppure mantiene quell’espressione forte, quella da uomo, nonostante quel suo viso da bambino e Kibum non vuole fare nient’altro se non aggrapparsi a lui, perché Taemin, in poco tempo, è diventato tutto ciò di cui aveva bisogno.

Taemin allarga le braccia e Kibum si getta letteralmente dentro.

Piange.

Taemin, con le sue braccia, lo stringe.

Kibum s’aggrappa, si sente a casa.

Ha perso Jonghyun, ma ha un posto dove si sente al sicuro.

Un bacio tra i capelli, Taemin lo trascina in laboratorio.

Kibum, dopo qualche attimo si riprende… lì... c’è calore, lì sta bene. È tutto così strano e… terribile? Eppure in qualche modo riesce a tranquillizzarsi, perché lì… lì è a casa. Si stacca dall’abbraccio, come se avesse bisogno di respirare.

Poggia le mani sul bancone, guarda il ripiano senza realmente vederlo, senza vedere cosa c’è lì sopra. Deve farlo, deve dirlo.

Deve parlare e tirarlo fuori, deve urlare al mondo, a lui, ciò che sente, ciò che fa male… perché il cuore fa male, segno che ancora non è morto.

Però lì fa meno male, lì… è tutto diverso.

“Mi ha tradito… con la sua ex.”

Nemmeno si accorge delle lacrime. Guarda di nuovo il nulla e sente un macigno schiacciargli la schiena. Vorrebbe dire qualcosa, invece si gira solamente e lo guarda.

Guarda Taemin che non dice nulla. Lo guarda e ad un certo momento la testa si svuota, va in panne. Non riesce neppure a capire come si deve sentire.

Taemin fa un passo, poi un altro. Lo guarda serio, ma con una nota dolcissima di cioccolato negli occhi. Quello buono, quello di cui mai ti stancheresti.

Appoggia una mano sotto il mento di Kibum, lo scruta con attenzione.

In questo attimo lo capisce meglio di chiunque altro.

È come un bambino, quando perde i suoi genitori.

È un amore diverso, ma è sempre amore.

È quel qualcosa di grande che ha conosciuto, ma l’ha sentito con i suoi genitori.

Sente che vuole dargli qualcosa di grande, perché i suoi occhi sono troppo belli per versare lacrime, sono troppo belli per perdere quella meravigliosa nota calda degli opali più belli.

Sente con lui qualcosa che lo rende pieno, sente qualcosa di più rispetto a “lei”.

Non sa se è giusto, né se è sbagliato.

Non sa nemmeno come si fa, sa soltanto che vuole farlo.

Le sue labbra raggiungono quelle di Kibum, si poggiano leggere sulle sue.

Rimane lì per un tempo indefinito e Kibum…

Chiude gli occhi, sentendo la dolcezza di quella torta, di lei che…

Ha “quel qualcosa di grande che ti fa stare bene”.

Sente Amore.

   
 
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