L’Amore
è un sentimento forte, così tanto forte da chiuderti lo stomaco.
L’Amore…
è qualcosa di bello, qualcosa che ti lega ad una persona,
e
ti impedisce di rimanere senza di lei.
L’Amore
è quando… ovunque tu vai, con quella persona, ti senti a casa.
L’Amore
sei tu.
~
Una
lacrima scivola fuori dall’occhio sinistro, s’infrange contro il
cuscino
candido. Un colore banale, almeno lo è sempre stato per lui. Un non
colore,
ecco cos’è il bianco.
Ma
fa male anche questo ora.
Fa
male quel qualcosa che non è, quel qualcosa che non comprende, quelle
briciole
a cui tenta di aggrapparsi con tutte le forze.
Quel
qualcosa che pensa di non meritare.
“Fai
male anche tu…”
Non
lo dice, ma sa che qualcosa dentro di lui lo pensa. Non sa se è la
coscienza, o
il suo “io” come lo chiamano gli psicologi.
Lo
definisce semplicemente qualcosa.
Una
voce, ecco.
Mentre
lo pensa, guarda il ragazzo che dorme di fianco a lui. Adesso, fa paura
persino
allungare una mano e sfiorarlo, seppur delicatamente. Dorme tranquillo
lui, ma
Kibum no. Kibum pensa… pensa e non dormirà. Non questa sera almeno, non
adesso…
non in questo istante in cui ogni pensiero arriva e lo tormenta.
Le
palpebre si abbassano, ed un'altra lacrima esce. Non sa nemmeno lui
cosa sia
quella sensazione, ma sono già le cinque di mattina e lì, in quel
maledetto
istante, non si sente a casa.
“L’Amore
è quando… ovunque tu vai, con quella persona, ti senti a casa.”
E
chi l’ha detto?! Eh? Chi?!
Kibum
vorrebbe urlarlo, lì, in quel momento, ma… sa bene che è vero.
Lo
sa, ma non lo ammette.
E
così anche una terza lacrima cade.
Stavolta
arriva anche il sonno, stavolta arriva un qualcosa a dargli pace, a
mettere a
tacere quella voce che gli dice la verità, quella voce che non vuole
sentire.
Quella voce che sa tutto ma che per ora non può venire a galla.
Il
sonno gli occupa tutta la mattina, ma non è un sonno tranquillo.
Piange
anche nel sonno.
***
Si era girato più volte
nel
letto, aveva cambiato posizione con una tranquillità incredibile
durante tutta
la notte, senza sapere che la persona che amava più di sé stesso, era
lì che lo
guardava, con delle lacrime che gli rigavano il viso.
Quand’era sorto il sole,
però,
s’era strofinato gli occhi, s’era alzato e, come se tutto il peso di
quella
colpa se ne fosse andato, aveva fatto le sue cose. In bagno prima,
colazione
poi… senza Kibum.
Ma
allora perché senza di lui?
“Non
posso disturbarlo, dorme così bene…”
Si era detto questo, ma in
realtà qualcosa lo tormentava ancora e non sapeva cos’era. Un piccolo
masso,
piccolissimo, ma pesante, si era fermato lì, sulla bocca dello stomaco.
Gli aveva impedito di
finire
la colazione e l’aveva costretto a far ritorno in camera. Ogni passo,
che
solitamente lui faceva lungo, era breve e pieno di pensieri.
Ogni passo lo riportava a
pensare alla sera prima, al proprio cuore, a quei sentimenti chiusi
dentro.
Pensava a come avevano fatto l’amore, se così si poteva ancora
chiamare, e
sentì crescere quel sasso dentro di sé.
Ad
ogni passo diventava sempre più grande.
Ad
ogni passo era sempre più difficile respirare.
Ad
ogni passo si rendeva conto che la voragine… non era mai stata chiusa.
~
Apre
piano la porta della loro camera da letto. A piedi nudi si dirige verso
il loro
letto, Kibum è lì, di lato, che dorme.
Non
aveva pensato a lui, almeno finché non era più riuscito a mandare giù
il
boccone.
Si
avvicina lentamente, così tanto che gli sembra di andare a rallentatore
e, dopo
pochi attimi, si ritrova seduto accanto a lui.
È
rannicchiato su sé stesso, è coperto dal piumone, quello verde e giallo
che non
gli era mai piaciuto poi tanto. Il respiro regolare fa capire a
Jonghyun che
Kibum è nel mondo dei sogni, allunga una mano e… questa s’appoggia
delicatamente sul viso.
La
carezza è lenta, dolce, ma così timorosa.
Da
quando la sua mano trema, appena si appoggia sul suo viso?
Jonghyun
non ha mai visto la propria mano tremare.
Lo
accarezza di nuovo, sempre piano, e vede che da quell’occhio esce una
lacrima.
Una spada gli trafigge il cuore, un’altra volta, intuendo quale sia la
causa.
Sé
stesso.
“Ho
sbagliato di nuovo, gli ho fatto del male ancora.”
E
se ci ripensa, ricorda il corpo di Kibum un po’ più rigido tra le sue
braccia,
più rigido delle altre volte.
Si
sente un pezzo di merda.
Toglie
di colpo la mano dal viso del suo ragazzo e se l’appoggia sul suo, così
dannatamente colpevole.
Gesti
non fatti, parole non dette.
Parole
sbagliate, anche se sussurrate.
La
ferita sanguina di più.
“Stiamo
morendo davvero.”
Si
alza di colpo e s’infila i calzini, le scarpe ed esce di casa,
dirigendosi al
lavoro, con un macigno ben più grande di prima sullo stomaco.
***
Si era svegliato alle
11:34.
Neanche aveva fame, ma per lo meno era riuscito a dormire un po’. Aveva
tirato
su quel piumone e aveva guardato quella stanza. Ogni angolo sapeva di
tutto,
tranne che di casa sua.
Era stato desolante ancora
una
volta e aveva deciso di non pensarci, provarci almeno, dato che la
giornata si
prospettava lunga.
S’era alzato, non aveva
nemmeno infilato le ciabatte ed era corso in bagno. La maglietta ed i
boxer
erano finiti a terra, la voglia di raccoglierli non c’era, ed era
andato
dritto, sotto la doccia.
“È
quello che ci vuole…”
Pensò in quell’attimo,
mentre
con un colpo di mano, l’acqua divenne praticamente calda e gli bagnò il
viso.
Ogni singola goccia bruciante percorse prima il suo viso, poi il suo
corpo.
Bruciava.
Il viso si arrossava, come il resto del corpo.
Ma doveva. Doveva sentire
quel
calore bruciargli la pelle, fargli del male e poi? Cosa doveva sentire
poi?
Non
avrebbe più voluto sentire niente.
Niente
dolore, niente pensieri.
Niente
lacrime amare.
Tempo qualche minuto e se
ne
uscì profumato, con la pelle che scottava. L’accappatoio, quello blu di
Jonghyun, l’avvolse ma non gli trasmise nessuna sensazione e forse era
anche
peggio di sentire “qualcosa di diverso”.
Freddo?
Nemmeno più quello.
Fece una smorfia di
dolore, si
portò entrambe le mani sulla fronte e uscì velocemente dal bagno.
Doveva fare
qualcosa, qualsiasi cosa, pur di non pensare.
Un paio di boxer a caso,
come
la maglietta e lo stesso per i pantaloni. Tutto a caso, lui che, almeno
per i
vestiti, non badava alla casualità.
Stavolta
il cellulare lo portò con sé.
Ma
arrivò un messaggio, forse come una benedizione.
~
────
1 иυσνσ мєѕѕαggισ ✉
To:
Kibummie
From:
Jongie
Non
torno per pranzo…
***
────
1 иυσνσ мєѕѕαggισ ✉
To:
Jongie
From:
Kibummie
Ci vediamo stasera.
~
L’orologio
a forma di sole segnava le 12:03. Taemin aveva
sbuffato una sola volta e non per il suo lavoro, non per quelle persone
che
continuavano a sorridergli e alle quali sorrideva. No, non per loro.
Kibum
non era ancora arrivato.
Forse
non sarebbe andato lì, quel
giorno.
Magari
nemmeno quello successivo.
Giusto
un minuto pieno zeppo di tristezza che la porta si
aprì e, di fronte gli occhi di Taemin, comparve lui.
I
suoi occhi di opale, con la tonalità cioccolato, erano
rimasti spenti fino a che non avevano incontrato quelli di Taemin.
Fuori
di lì nient’altro aveva
importanza.
Lì
dentro invece c’era il calore,
quello vero.
Lì
c’era la primavera.
~
“Ciao,
Taemin…”
“Ciao
Kibum, non vedevo l’ora di
vederti!”
“A..anch’io…”
Le
gote di Kibum si colorano di
rosso, lo sguardo si abbassa. Adesso lì, anche se si morde le labbra,
non
riesce a sentirsi in colpa.
O
forse un po’ sì?
No,
non adesso.
Si
guardano entrambi, di nuovo,
ed incomincia il loro nuovo giorno insieme, lì in quella pasticceria
che sa
solo di primavera. Il tempo si ferma, in quell’attimo in cui i loro
occhi si
incontrano, in quel momento in cui i loro cuori battono veloce.
Loro
due li sentono bene.
A
poco a poco, la gente se ne va,
è ora di pranzo ormai… lì dentro rimangono solo loro due. Ancora si
morde le
labbra, Kibum, ma… è felice.
Lo
sente lì dove prima sentiva
freddo.
Sente
caldo.
Lo
sente anche Taemin.
Dopo
poco si rifugiano nel
laboratorio, come fosse la cosa più naturale del mondo che Kibum sia
lì,
cominciando così a preparare la base per quella torta.
Sempre
lei.
Sempre
con quel “qualcosa di
grande che ti fa star bene”.
~
I
loro sorrisi erano come i raggi di sole in primavera, le
loro mani erano come i primi fiori sbocciati. Erano forti e man mano
che gli
ingredienti venivano mescolati dalle loro mani, finché l’uno era
accanto
all’altro, qualcosa diventava sempre più grande.
Complicità.
E
forse non solo quello. Senza il
forse.
Il
tempo era scorso talmente veloce che nessuno dei due se
n’era accorto. Stava per mescolare il cioccolato alla panna ma non era
riuscito
bene il miscuglio, così con una piccola smorfia dolce, Kibum aveva
smesso di preparare
tutto.
Taemin
aveva riso.
“Ci
vuole un po’ di tempo…”
Gliel’aveva
sussurrato all’orecchio, facendolo arrossire,
baciandogli subito dopo quella guancia talmente tanto calda che…
sembrava
essere arrossata dal sole, andandosene di là ad aprire ai suoi
aiuto-pasticere.
Erano
già arrivati e loro due
nemmeno avevano mangiato.
Ma
a nessuno dei due importava. Non ci fecero caso perché ad
entrambi importava solo stare vicini, sentendosi invadere da una
sensazione fin
troppo bella, così difficile da spiegare a parole.
Kibum
rimase lì, seduto ad un tavolino, mentre Taemin serviva
le persone e, di tanto in tanto, lo guardava, perdendosi in quegli
occhi di
opale che, dal momento in cui erano arrivati lì, incrociando il caldo
sole di primavera,
non avevano più la nota triste.
***
Ci
aveva pensato tutta la mattina, come fosse una canzone che
continuava a ritornargli in mente.
Alla
fine la odi, ma lui non
voleva odiare Kibum.
Voleva
solo scacciare quell’orribile sensazione di vuoto o di
pieno… pieno di angoscia. Dopo avergli toccato la guancia, dopo aver
capito
ancora una volta la stupidità dei suoi gesti, s’era sentito ancora più
dentro
la voragine.
Non
c’era scampo.
Ma
dovevano salvarsi.
Non
aveva toccato nulla di quello che c’era sopra il tavolo
la sera prima, ed in quell’attimo si chiese se Kibum avesse visto i
regalo. In
fondo era ancora là, al suo posto. Chissà se aveva mangiato, chissà se…
stava
bene.
Non
si piange nel sonno se si sta
bene.
Kibum
non stava bene.
Non
voleva più vedere Kibum
piangere.
Non
voleva più farlo piangere.
Era
stato molto più semplice, a mezzogiorno e mezzo, non
ritornare a casa, non vederlo, non scontrarsi con i suoi occhi
sofferenti.
Eppure prima o poi ci avrebbe dovuto fare ritorno.
Finito
la giornata lavorativa, gli mancò ancora una volta il
coraggio di tornare e se ne andò al solito bar, dove beveva una birra
insieme
agli amici.
Aveva
incontrato Minho, con cui aveva bevuto e chiacchierato
per una buona ora e poi aveva rivisto la stronza, che, nonostante si
stesse facendo
il suo nuovo ragazzo, continuava a lanciargli qualche sguardo languido.
Se
n’era accorto anche Minho e, affettuosamente, gli aveva
dato una pacca sulla spalla.
“Jonghyun,
non ti fare il sangue amaro per quella… vai a casa
da Kibum, rimanere qui non ti fa bene.”
“L’ho
tradito con quella.”
“Sei
pentito?”
“Sì.”
“Torna
a casa. Pensarci non ti farà star meglio, ma forse…
dovresti dirlo a Kibum.”
“E
rischiare di perderlo?!”
“E
così non rischi di più? Quante volte dovrai venire a bere
qui, guardare quella e punirti per il tuo errore? Lo stai facendo
pagare anche
a Kibum.”
“Non
voglio perderlo.”
“Torna
a casa Jonghyun e sii sincero con lui.”
“Credi
che mi perdonerà?”
“Hai
solo un modo per scoprirlo.”
“Ho
paura.”
“Tutti
abbiamo paura di qualcosa.”
Minho
gli sorrise e Jonghyun gli fu grato di questo. Lui
c’era sempre, c’era stato anche in quel momento. Da quanti anni gli era
vicino?
Sette. Era sempre stato il suo migliore amico e sempre l’aveva aiutato.
Lo
fa anche ora. Ora che Jonghyun
si sente un pezzo di merda.
Ma
i veri amici ti stanno vicino
sempre.
Soprattutto
nei momenti in cui tu
ti senti una merda.
“Io
sono davvero un pezzo di
merda.”
~
Inserì
le chiavi di casa nella toppa e le girò velocemente.
Credeva di trovarlo lì, invece non c’era. Non se l’aspettava, anzi.
Solitamente
lui era lì, con la cena pronta, con un sorriso dolce in viso, la tv
accesa e un
profumo dolce nell’aria.
Quello
però era delle candele
profumate.
A
Kibum piacevano tanto, perché non sopportava sentire
l’odore del cibo in casa. A Jonghyun invece non dispiaceva affatto
l’odore del
cibo, ma aveva sempre trovato molto carino il vedere la candela accesa
e
sentirne il profumo, ritrovandosi poco dopo le braccia di Kibum attorno
al collo
e le sue labbra sulle proprie.
Ma
questo era prima.
Prima
del bacio con la stronza.
A
poco a poco, dopo, aveva iniziato a dargli fastidio il
profumo, la luce fioca e anche quel bacio che non credeva di meritare.
Ma
non era solo un bacio?
Non
si dava pace, ma aveva
resistito per tutto quel tempo.
E
adesso?
Adesso…
ogni cosa sembra
orribile.
Si
sedette di fronte al posto vuoto di Kibum. Sguardo perso,
mani sotto il mento, fissava quel vuoto cercando di ricordare ogni
momento.
Tutte
le volte che Kibum gli aveva sorriso lì, tutte le volte
che l’aveva guardato imbronciato e poi si alzava, andando a sedersi
sulle sue
gambe e baciandolo subito dopo.
Tutte
le volte che erano stati un
“noi” ed ora invece… cos’erano?
Ora
siamo tu ed io.
***
Aveva
cominciato a sudare freddo non appena Taemin l’aveva
salutato e si erano divisi. Aveva già voglia di rivederlo ma… Jonghyun?
Non
corse stavolta, forse… andava bene così. In qualche modo
aveva cominciato a pensare che, se si fosse ritagliato un piccolo
angolo di
casa che non fosse realmente la casa in cui viveva, tutto sarebbe
andato meglio.
Non
sapeva però come c’era arrivato a quella conclusione, ma
l’aveva fatto, forse tra un ingrediente e l’altro.
Con
Taemin stava bene, ma con Jonghyun doveva viverci. Si
amavano, dopotutto. Perciò gli serviva qualcosa per star bene, se
nient’altro
lo faceva star bene.
Stai
cercando di scappare dai
problemi, Kibum?
“Voglio
solo essere un po’
felice… tutto qui.”
Lo
disse sussurrando, il suo pensiero, entrando in casa… la
porta era aperta. Non ci fece molto caso, ma quando vide Jonghyun
seduto lì,
con lo sguardo spento, si sentì gelare il sangue.
Rabbrividì
e si bloccò lì, tra
l’entrata ed il tavolo della minuscola sala da pranzo.
Di
certo non s’aspettava che Jonghyun si girasse e gli
facesse mezzo sorriso, come non si aspettava di sorridere a sua volta e
riuscire ad avvicinarsi e abbracciarlo.
Si
stavano abbracciando.
Si
stavano stringendo un po’ più
forte del solito.
Taemin,
allora fai bene.
***
È
sempre questa la sensazione.
Sento
di perderti, poi ti
ritrovo.
Ti
perdo e poi ti ritrovo ancora.
È
tutto così strano, ma se ti
guardo negli occhi,
se
ti guardo davvero…
sento
che la tua felicità non
dipende da me.
Mi
fa male.
Ma
in fondo… lo merito.
~
“Dove
sei stato Kibum?”
Erano
giorni ormai che rincasava tardi e quel giorno Jonghyun
voleva starci anche a pranzo con lui. Non voleva passare solo la sera
con lui,
voleva recuperare anche le piccole abitudini del pranzo, magari
aggiungendo un
qualcosa di bello e dolce.
Non
gli aveva mai chiesto nulla del fatto che la sera
ritornasse col sorriso sulle labbra, sapendo che non era merito suo,
anche se tra
di loro, in qualche modo, era tutto
migliorato.
Erano
stati cinque giorni all’insegna della dolcezza
ritrovata di Kibum. Baci, coccole, qualche tenerezza davanti alla tv e
anche finché
facevano l’amore.
La
voragine si stava richiudendo?
Perché
mai avrebbe dovuto dirgli del tradimento? Stava
ritornando tutto alla normalità e Jonghyun non voleva distruggere nulla
con una
verità brutta e scomoda e, in fondo, avrebbe anche potuto tenere dentro
di sé quel
pezzo di verità senza importanza. Solo che gli dava fastidio vederlo
con un
sorriso che non era causato da lui.
Al
di là della sua fottuta colpa
e dei meriti che non aveva, era geloso.
Tanto.
Tantissimissimo,
così vedeva il suo
amore alla pari di quello di Kibum.
***
Kibum,
stava per andarsene, quel venerdì mattina era in
ritardo. Taemin si sarebbe di certo preoccupato non vedendolo arrivare.
Non
gli piaceva mancare al suo appuntamento. Sembrava così
strano ma, nel giro di pochissimi giorni, quella meravigliosa
sensazione di
sentirsi a casa era diventata irrinunciabile.
Forse
lui lo era
diventato.
Non
lo sapeva, non voleva chiederselo e forse era meglio…
anche se… stava davvero bene con Taemin. Non sentiva più così tanto
freddo,
forse nemmeno lo sentiva più.
L’inverno
se n’era andato?
Era
a testa bassa in quell’attimo, stava armeggiando col
cellulare per vedere se Jonghyun gli aveva mandato quel messaggio,
uguale a
quello dei giorni prima, invece… dovette alzare la testa, perché la
porta si
aprì praticamente un attimo dopo aver sentito le chiavi girare nella
toppa.
Manda
giù a vuoto.
Sbianca
e suda freddo.
Fa
un sorriso forzato.
Jonghyun
entra con un mazzo di
fiori in mano.
Lo
vede e s’incupisce, il mazzo
penzola dalla sua mano.
“C-che
fai qui, Jonghyun?”
“Sono
venuto a pranzo.”
“Ma…
non tornavi a casa gli altri
giorni…”
“Volevo
stare con te. È
sbagliato?”
“No,
no… non lo è ma…”
“Ma
cosa, Kibum?”
La
gelosia sta prendendo il sopravento,
Jonghyun s’arrabbia. Lo guarda serio e Kibum… non sa cosa dire.
“Stavo
per uscire…”
“Ah
sì? E dov’è che vai ogni
giorno?”
“Non…
credo t’importi…”
“Invece
sì, non te l’avrei
chiesto, non ti pare?”
“Non
serve che ti scaldi,
Jonghyun…”
“Vai
da quel pasticcere, vero?!”
“Jonghyun…
ti ho detto che non ti
deve importare!”
“VAI
DA QUEL FIGLIO DI PUTTANA,
VERO?!”
“Jonghyun!!
Smettila!!”
“NON
SMETTO UN CAZZO KIBUM!! TI
RENDE COSì TANTO FELICE?!”
“Sì!
SONO FELICE… VOGLIO AVERE UN
Po’ DI…”
“FORZA,
DAI VAI DA LUI… COSì IO
VADO DALLA MIA AMICHETTA!!”
“Ma…
cosa… cosa stai dicendo
Jong?!”
“LEI
NON SI FA PROBLEMI A
BACIARMI!”
“Io…
mi faccio… problemi? Che
intendi dire… ci ha provato?!”
“No,
ci siamo baciati, ed è stato
bello sai?!”
Si
blocca, lo guarda. Manda giù a
vuoto e… Non dice niente… sa solo che la ferita ha smesso di
sanguinare. Non
c’è più sangue. È morto in quel preciso istante.
Lo
spera. Vuole essere morto.
Ma
perché allora fa così male?
Perché
il cuore batte ancora e fa
male da morire?
Scuote
la testa, guarda a terra.
Fa un sorriso così triste che in quell’istante a Jonghyun si ferma il
cuore.
Kibum scoppia in lacrime, singhiozza e non si ferma.
Ecco
perché.
Ecco
perché è tutto finito.
È
finito, vero?
È
finito.
È
da allora, vero?
Da
allora tutto è cambiato.
Ma
chi sono?
Chi
sono io? Perché… perché fa
così male?
Perché
mi devo sentire in colpa?
Gli
da una spinta ed esce di casa
correndo. Il mazzo di fiori che Jonghyun teneva tra le mani, cade a
terra e si
rovina… i petali sono sparsi ovunque, ma non se ne accorge. Kibum se
n’è andato
e quei fiori lì a terra sono solo tutto quello che c’era, rovinato per
sempre
da quel suo gesto, da quelle sue parole.
Aveva
lasciato parlare la gelosia.
Ancora
una volta aveva permesso a
sé stesso di ferire Kibum che non aveva nessuna colpa. L’aveva trattato
come un
traditore, quando era il primo ad aver tradito a causa dei suoi assurdi
pensieri.
Lui
l’aveva tradito veramente,
mentre Kibum aveva solo cercato di essere felice, facendo qualcosa che
gli
piaceva. Si era anche rasserenato in quei giorni, cercando di scacciare
una
colpa che non aveva.
Jonghyun
s’inginocchia a terra.
Guarda quei fiori e capisce veramente che ora è tutto finito. Non ci
saranno
altre possibilità.
I
fiori sono rovinati, non si
possono aggiustare. E lo stesso il loro amore. È questo, vero? Era la
fine.
Minho lo sapeva? No, conosce anche lui Kibum e… che direbbe ora?
Jonghyun
prende il cellulare e
non sa come fa a chiamarlo. Non vede niente perché piange. Piange così
tanto
che gli sembra un incubo quello che sta vivendo, un maledetto incubo.
Si sente
soffocare, e peggio ancora pensa a Kibum, a quello che sta passando ora
che è
scappato.
“MINHO!!”
“JONGHYUN!
CHE SUCCEDE?!”
“SONO
UNA MERDA, GLIEL’HO DETTO,
SONO STATO UN BASTARDO, GLIEL’HO DETTO!!”
“DIO
MIO, MA CHE… E’ SUCCESSO?”
“E’
SCAPPATO… GLIEL’HO DETTO COME
IL PEGGIORE DEGLI STRONZI!”
“Jonghyun…
cosa intendi?!”
“GLI
HO DETTO… CHE L’HO BACIATA E…CHE
E’ STATO BELLO!! PERCHE?! PERCHE’ L’HO FATTO?!”
“Jonghyun…
arrivo.”
***
Ti
aspetti di tutto,
tranne
che il tuo migliore amico
si comporti da idiota.
Anche
se lo conosci da anni, non
pensi che possa fare una cosa simile.
Jonghyun
è un’idiota.
Ma
come sempre, Minho corre in
suo aiuto, non può lasciarlo da solo. Non può. È una persona
fondamentale nella
sua vita.
Parte
velocissimo in macchina,
quella sua vecchia carretta che non ha ancora potuto cambiare, ma che
arriva
sempre a destinazione.
Arriva
dopo poco, anche se
salterà il pranzo. Non importa… per lui… per lui va bene qualsiasi
cosa. Sale
veloce le scale e lo trova lì a terra, inginocchiato, col viso
stravolto.
Piange.
Piange così tanto che
Minho, per la prima volta si sente impotente. Si avvicina, però,
s’inginocchia
anche lui e lo prende tra le braccia.
Piange
insieme a lui.
Perché
il tuo dolore è il mio?
***
Non
sa descrivere ciò che prova
in questo istante. Corre. Corre solamente per scappare a quella verità
così
triste. Vorrebbe tanto seminarla, vorrebbe tanto che la verità
inciampasse e
non lo seguisse più.
Ma
sai una cosa? La realtà ti
segue sempre e ti schiaffeggia come gli pare e piace.
La
realtà lo sta schiaffeggiando.
Le
guance sono talmente rosse che
fanno impressione.
Potrebbe
essere il freddo, anche
perché è senza giacca, ha solo una fottuta maglia in pile. Nemmeno la
pashmina
ha con sé, è tutto all’ingresso.
Ma
lo sente quel freddo
d’inverno?
No.
Non
è quell’inverno che sente.
Non
ha nemmeno la forza di
urlare, anche se le lacrime scendono e non si fermano. Vorrebbe non
pensarci,
corre e basta. Corre nell’unico posto che lo rende davvero felice.
Rischia
quasi di venire
investito, attraversando la strada. Sente il cuore battere e fare male,
sente i
polmoni bruciare, sente il dolore consumargli il corpo…
Arriva
fino alle gambe. Arriva
fino al cervello.
Ha
bisogno di un abbraccio.
Ha
bisogno di calore.
E
arriva in quel posto. Si ferma
lì, davanti l’entrata, giusto il tempo che Taemin lo veda e
s’irrigidisca.
Perché
Taemin già aveva capito
che qualcosa era successo.
L’ha
capito subito.
La
pasticceria, grazie al cielo è
vuota, ma non fa nemmeno in tempo a superare il bancone che Kibum entra
dentro.
La sua espressione ferita, il suo dolore, il tremore del suo corpo, gli
occhi
di opale con la nota dolorosa dentro, lo distruggono.
È
come se avesse ricevuto un
pugno in pieno stomaco.
Non
riesce a respirare.
Eppure
mantiene quell’espressione
forte, quella da uomo, nonostante quel suo viso da bambino e Kibum non
vuole
fare nient’altro se non aggrapparsi a lui, perché Taemin, in poco
tempo, è
diventato tutto ciò di cui aveva bisogno.
Taemin
allarga le braccia e Kibum
si getta letteralmente dentro.
Piange.
Taemin,
con le sue braccia, lo
stringe.
Kibum
s’aggrappa, si sente a
casa.
Ha
perso Jonghyun, ma ha un posto
dove si sente al sicuro.
Un
bacio tra i capelli, Taemin lo
trascina in laboratorio.
Kibum,
dopo qualche attimo si
riprende… lì... c’è calore, lì sta bene. È tutto così strano e…
terribile?
Eppure in qualche modo riesce a tranquillizzarsi, perché lì… lì è a
casa. Si
stacca dall’abbraccio, come se avesse bisogno di respirare.
Poggia
le mani sul bancone,
guarda il ripiano senza realmente vederlo, senza vedere cosa c’è lì
sopra. Deve
farlo, deve dirlo.
Deve
parlare e tirarlo fuori,
deve urlare al mondo, a lui, ciò che sente, ciò che fa male… perché il
cuore fa
male, segno che ancora non è morto.
Però
lì fa meno male, lì… è tutto
diverso.
“Mi
ha tradito… con la sua ex.”
Nemmeno
si accorge delle lacrime.
Guarda di nuovo il nulla e sente un macigno schiacciargli la schiena.
Vorrebbe
dire qualcosa, invece si gira solamente e lo guarda.
Guarda
Taemin che non dice nulla.
Lo guarda e ad un certo momento la testa si svuota, va in panne. Non
riesce
neppure a capire come si deve sentire.
Taemin
fa un passo, poi un altro.
Lo guarda serio, ma con una nota dolcissima di cioccolato negli occhi.
Quello
buono, quello di cui mai ti stancheresti.
Appoggia
una mano sotto il mento
di Kibum, lo scruta con attenzione.
In
questo attimo lo capisce
meglio di chiunque altro.
È
come un bambino, quando perde i
suoi genitori.
È
un amore diverso, ma è sempre
amore.
È
quel qualcosa di grande che ha
conosciuto, ma l’ha sentito con i suoi genitori.
Sente
che vuole dargli qualcosa
di grande, perché i suoi occhi sono troppo belli per versare lacrime,
sono
troppo belli per perdere quella meravigliosa nota calda degli opali più
belli.
Sente
con lui qualcosa che lo
rende pieno, sente qualcosa di più rispetto a “lei”.
Non
sa se è giusto, né se è
sbagliato.
Non
sa nemmeno come si fa, sa
soltanto che vuole farlo.
Le
sue labbra raggiungono quelle
di Kibum, si poggiano leggere sulle sue.
Rimane
lì per un tempo indefinito
e Kibum…
Chiude
gli occhi, sentendo la dolcezza
di quella torta, di lei che…
Ha
“quel qualcosa di grande che ti
fa stare bene”.
Sente Amore.