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Autore: carly_0805    07/03/2013    1 recensioni
Vivi la musica, perché questa ti rende libero.
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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musica

 

                                                               VIVI LA MUSICA

 

“Com’è nata questa canzone, Charlie?” La mia insegnante è curiosa di sapere la storia della mia nuova composizione.

“Il mondo che mi stava intorno mi ha ispirato.”

Nella mia mente si fa vivo il ricordo di quella giornata in cui capii cos’era davvero la musica.

 

Poggiai lentamente una mano sul pianoforte e cominciai a suonare una nota alla volta:do, re, mi…

Bianco. Bianco era lo spartito che avrei dovuto riempire di note, ma troppo bianca era la mia mente per poterlo fare.

Da piccola ero riuscita a comporre qualche canzoncina banale, ma era giunto il momento di fare qualcosa di serio, qualcosa per la quale i miei amici, i miei insegnanti, gente sconosciuta e la mia famiglia, avessero potuto dire: “Wow! Questa si che è un’opera d’arte!”.

Ero pronta, avevo tutto il materiale necessario: pianoforte, spartito e penna; mancava solo la concentrazione.

“Charlie, ti sta cercando la tua insegnante Paola!”

Mary, la mia compagna di classe, entra di corsa nella stanza spalancando la porta all’improvviso.

“Non ho molto tempo.” Rispondo astratta con un filo di voce.

“Che stai facendo?”

“Niente. Ecco il problema.” Mary si avvicina sempre di più a me e nota poggiato sul pianoforte uno spartito vuoto.

“Suoni il vuoto?” Ride.

“Sto cercando di comporre, forse non sono nelle condizioni adatte.

Forse io non so nemmeno come si compone, ammesso che ci sia una teoria da studiare per comporre canzoni, perché credo che per questo ci voglia solo talento e ispirazione.”

Faccio una piccola pausa abbassando lo sguardo e poi continuo: “Non ho abbastanza talento.”

Volto lo sguardo verso la finestra e cerco di andare oltre la realtà. Provo a immaginare come hanno fatto i Pink Floyd a comporre e mi chiedo se il loro lavoro è tutto frutto di sostanze allucinogene.

Forse dovrei provare anch’io allora.

“Ti senti bene?” Probabilmente ho un’espressione preoccupante a guardare lo sguardo sbarrato di Mary.

“No ma non importa.”

“Charlie, tu hai talento! Altrimenti non saresti in questo conservatorio!” Mi poggia una mano sulla spalla cercando di consolarmi ma non funziona.

“Magari verrò bocciata, magari non dovevo nemmeno entrare.”

“Magari adesso sei così ansiosa di concludere che non riesci nemmeno a iniziare.”

Mi fa l’occhiolino e sorridendo mi lascia sola, in quella stanza così grande.

Mi sento piccola. Io e il pianoforte, in quelle mura così alte e bianche.

La porta si apre improvvisamente proprio quando stavo per premere un tasto e una voce sconosciuta mi fa sobbalzare: “Scusa, stavo cercando la sala per chitarre”.

Non rispondo, lo guardo da cima a fondo. Credo che abbia la mia età e mi accordo di non averlo mai visto qui prima d’ora.

Si sente forse in imbarazzo e pian piano richiude la porta.

“Aspetta.” Mi affretto a dire, ma non mi è uscita voce e la porta ormai è chiusa.

Dovrei tornare alla mia concentrazione ma l’unica cosa che riesco a fare è alzarmi in fretta da quello sgabello e uscire dalla stanza.

Lo vedo ancora. Sta camminando guardando attentamente ogni stanza con la custodia della chitarra che gli pesa sulla spalla.

“Aspetta.” Questa volta riesco a dirlo, anche troppo forte. La gente che era nel corridoio si gira a guardarmi sorpresa come se tutto questo fosse la scena di un film; una tipica scena di un film drammatico in cui la ragazza disperata urla “aspetta!!” al suo amato che parte per andare in guerra.

No qui non si tratta di drammi, ma di musica.

Si gira di scatto anche lui e ritorna pian piano verso di me e sorride.

“Ti va di suonare insieme? Io il pianoforte e tu la chitarra. È acustica?”

“Si è acustica. Si suoniamo insieme, e poi faccio un giretto per il conservatorio.”

Lo guardo incuriosito mentre lui continua a sorridere.

“Ma quindi sei nuovo?”

“In realtà sono un estraneo. Volevo vedere come si sta in questo bel posticino pieno di note musicali in ogni momento.”

“Credo che per capire bene una cosa devi viverla.”

“Ed è per questo che mi sono portato la chitarra! Per quest’oggi vivo qui.”

È una follia e ridiamo insieme mentre torniamo nella sala pianoforte.

Tira fuori dalla custodia una chitarra acustica che mi cattura l’attenzione.

È bellissima, blu come l’oceano.

Si siede su uno sgabello e comincia a suonare qualche nota. Rimango così incantata da quel suono meraviglioso e limpido che mi interrompe la sua voce: “Ti piace eh?!”

Annuisco senza aprir bocca. “Improvvisa! Scala di do maggiore.”

Seguo il suo consiglio e faccio una bellissima improvvisazione al pianoforte.

Dopo qualche minuto si ferma e mi guarda: “Fammi sentire che sai fare!”

“Cos’è una sfida?” Ribatto.

“Dipende da quanto sei brava.”

Accetto la sfida ed eseguo un brano di Mozart in modo perfetto.

Appena finisco, mi volto verso di lui curiosa della sua espressione.

“Brava davvero.” È rimasto stupito. Ecco, è esattamente quest’espressione che vorrei per una mia composizione.

Il mio sorriso si rende d’un tratto amaro.

“Posso sentire delle tue composizioni, se ne hai fatte?”

Sono curiosa di sapere se un ragazzo semplice come lui ci è riuscito.

Comincia subito a suonare. È una canzone triste, lenta e poi canta.

Amore, potrei morire…”

Rimango sorpresa dall’unione di quelle note malinconiche e quelle parole così dolci.

D’un tratto smette di suonare, alza lo sguardo verso di me e nota la mia assenza.

Mi sono distratta e per riportarmi lì comincia a suonare un’altra canzone più allegra.

La sentivo in sottofondo, mentre al centro dei miei pensieri c’erano le mie prime canzoni; erano povere, semplici. Mi domandavo cosa aveva ispirato così tanto lui; riprende a cantare.

“La capra, la vacca, la mucca, l’agnello…”

Lo guardo con un’aria interrogativa e penso che le sue sono canzoni molto originali, anche per il testo!

“La sacca ‘n goppa…”

“Belle eh?” si interrompe curioso del mio pensiero.

“Ma come fai? Insomma, io credevo che per saper suonare bastasse amare, come dice Louis Armstrong, però con me non funziona.”

Ride e annuisce.

“Devi solo riuscire a non pensare che stai componendo. Lo stai facendo e basta. E poi qualcosa può nascere anche da un’improvvisazione, tipo quella che abbiamo fatto prima!”

Lui ha talento ed è libero. Il mio talento è represso dallo studio. In questo momento, i suoi occhi scuri emanano luce e felicità.

“Sono felice ogni volta che poggio la mano sullo strumento, ogni volta che nella stanza risuona anche solo una nota.”

“Vorrei esserlo anche io.”

Ora nella stanza regna il silenzio ed entrambi guardiamo in basso pensierosi.

All’improvviso: “Vuoi comporre? Vieni con me.”

Mi prende la mano e senza neanche rimettere nella custodia la sua chitarra, mi trascina fuori dalla sala, fuori dal corridoio, fuori dal conservatorio. Mi porta fuori.

“Da quanto non esci?” Mi chiede cercando di aiutarmi.

“Un po’.” Rispondo genericamente.

“Guarda. Vieni.” Mi trascina via per le strade del centro di Roma facendomi notare tutte le persone che suonano per strada, tutte le tecniche che usano e i generi che suonano.

 Credevo fosse un ragazzo tranquillo, invece il suo carattere esplode quando si tratta di musica.

Diventa vivace e si emoziona ogni volta che ne parla.

“Questa è tutta gente che suona per passione e poi viene a fare soldi qui. Guarda lì!”

Mi indica un signore che sta suonando il sax e ci avviciniamo a lui.

E’ incantato da quello strumento e dal suono che produce.

C’è troppo rumore qua fuori, troppa gente, troppe persone che camminano avanti e indietro per la stessa via, troppi negozi affollati, gente che balla e disegna sulla strada.

“Sorry, can you take us a photo?”

Una coppia inglese mi chiede di fargli una foto davanti la fontana di Piazza del Popolo.

Sono così felici insieme e non appena scatto la foto, gli auguro di passare insieme un buon futuro. Chissà se anche io ne avrò uno così felice.

“Rientriamo? Mi staranno cercando.” Dico al mio nuovo amico, ma lui è troppo impegnato ad ascoltare il sax invece che ascoltare me. È così astratto che ora starà sicuramente immaginando di avere un sax tra le mani e suonarlo, visto come muove la mano a ritmo con la musica.

“Rientriamo?” Ancora non mi sente. Sono stufa di stare in mezzo a tutta questa folla, non ci sono abituata.

Alzo la voce di più ma lui non mi sente. È perso. Io mi sento persa. Mi guardo attorno e vedo persone ovunque, sento rumori ovunque, il sole splende nel cielo e non c’è nemmeno una nuvola. Gira tutto. La pizza gira, la gente gira, la fontana gira, e quelle note del sax non le sopporto più; sono troppo forti e come sono penetrate violentemente nelle orecchie voglio farle uscire.

Mi sento gli occhi lucidi e vorrei svenire.

Lo guardo ancora un attimo prima di voltarmi e correre indietro verso casa, il conservatorio.

Mi fermo a un tratto davanti a un negozio con il fiatone e il cuore che batte veloce, velocissimo.

“Dove stai andando?” Sento la sua voce che mi urla da dietro e in pochi secondi me lo ritrovo accanto.

“Sei stato rapito dalla tua amata. Fai un buon viaggio con lei; questo però non è il mio di viaggio. Io torno a casa.” La sua espressione si fa seria e cupa. Credo di averlo rattristato.

Mi volto e resto lì appena sento la sua voce che fermamente grida: “A casa? Quella è la tua casa, sei sicura?

Sei intrappolata lì dentro, non puoi o non vuoi uscire e quando esci per un minuto ti viene l’ansia dei professori che ti cercano. Tu non ami la musica. Sei solo una sua schiava. Sei schiava di tutte quelle regole, di tutti quegli studi. Ricorda, la musica rende liberi, non schiavi!

Hai detto che per saper suonare si deve saper amare. Allora comincia ad amare e parti con l’amare te stessa e il mondo che hai intorno.”

Aspetto che finisca il suo discorso per andarmene e tornare alla mia vita regolare.

Entro nel conservatorio, attraverso il corridoio non rispondendo a nessun saluto dei miei amici e vado dritta nella sala del pianoforte.

Mi siedo e guardo quello spartito. Bianco. Bianco come stamattina, bianco come la mia mente, bianco come quest’edificio e queste alte mura.

Mi manca. Ho imparato molte più cose con lui in mezza giornata che in un anno qua dentro.

Mi accorgo di non sapere niente di lui. Era uno sconosciuto. Non so nemmeno il suo nome, ma mi manca. Forse aveva ragione. Forse ho sbagliato tutto sin dall’inizio.

Istintivamente comincio a suonare per cercare di sfogarmi, e poi continuo a suonare e a improvvisare, e nella stanza risuonano nuove note, nuove melodie.

 

“Sono contenta che finalmente hai trovato la tua ispirazione.”

Sorrido alla mia insegnante che ha appena ascoltato la storia della mia nuova canzone.

“Se vuoi andartene da qui va bene, ma non ti dimenticare di noi. Sei stata una brava allieva!”

“Grazie. Forse un giorno ci rivedremo.”

“Sono fiera di te.” Mi lascia andare con un sorriso e quando spalanco la porta del conservatorio, il sole mi risplende negli occhi. Ora sono pronta a tutto. Sono anche pronta a rivedere Tommy.

Tommy è il ragazzo che mi ha aperto gli occhi, e che il giorno dopo che ci siamo conosciuti, mi è venuto a trovare al conservatorio e mi ha posto due vie: restare in quella sala e continuare a cercare un’ispirazione all’interno delle mura, o uscire con lui e scoprire il resto del mondo.

 

  
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