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Autore: serensnixpity    08/03/2013    5 recensioni
«Non si mosse di un millimetro nemmeno quando un paio di scarpette bianche con i bordi rosa, entrarono nel suo campo visivo, così vicine che le punte quasi toccavano quelle dei suoi sandali. Gonfiò le guance paffutelle lasciandosi sfuggire solo un forte sbuffo che sollevò per un attimo la frangetta corvina, ma niente più, non le interessava sapere chi fosse, tanto di sicuro non era Brittany.»
OS scritta senza particolari pretese, potrebbe rimanere tale o diventare una raccolta. (Brittany in questo caso è solo citata diverse volte) Quinntana!UnholyTrinity!Childhood
Genere: Commedia, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Brittany Pierce, Quinn Fabray, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana, Quinn/Santana
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Andiamo al parco” Le aveva detto sua madre “Vedrai che ti divertirai lo stesso, ci sono tanti bambini” Aveva aggiunto mentre le infilava quei sandaletti blu scuro che ora erano immersi nella sabbia sporca e ghiaiosa. Si sarebbe arrabbiata quella donna minuta dal forte accento spagnolo, ma lei gliel'aveva detto che al parco non ci voleva andare e non voleva stare con altri bambini. Lei al parco ci voleva andare solo con una persona, e quella persona era Brittany. Le piaceva quella bambina, aveva sempre un sacco di storie interessanti sugli unicorni e poi sorrideva tantissimo, di quei sorrisi così grandi che quasi le facevano scomparire gli occhi celesti, nascosti dagli zigomi sempre un po' rossi.

Santana aveva sempre voluto un gatto, ma quel giorno si disse che li avrebbe odiati per sempre, perchè Brittany, la sua unica amica, l'aveva lasciata da sola per rimanere a casa a giocare con il suo nuovo gatto. Gli aveva dato il nome più stupido che avesse mai sentito, ma questo a Brittany non l'avrebbe mai detto, non le piaceva quando il sorriso spariva dal suo visino dolce, sarebbe stato come se la luce delle stelle si fosse spenta all'improvviso.

Fece una piccola smorfia quando, dopo aver scalciato un piedino, dei granelli di sabbia le si infilarono nei sandali nuovi. Sì, sua mamma si sarebbe arrabbiata molto se si fossero rovinati, ma l'aveva trascinata al parco contro la sua volontà per chiacchierare con le amiche e Santana non chiudeva mai un occhio e non avrebbe di certo cominciato quel giorno.

Da almeno mezzora era seduta alla fine dello scivolo di plastica gialla. I piedi immersi nella sabbia, i gomiti puntellati sulle gambe, le manine strette a pugno sotto il mento e un profondo broncio sul bel visino color caffèlatte. Non aveva alzato nemmeno un momento quei suoi grandi occhi vispi e neri come il carbone, nemmeno quando qualche bambino aveva iniziato a protestare perchè bloccava la discesa dallo scivolo.

Cosa gliene poteva importare a lei? Se avesse voluto li avrebbe fatti tacere tutti solo con un'occhiataccia, ma non ne aveva voglia, perchè quel giorno lei era stata messa da parte per un gatto e tutte le sue energie in quel momento erano concentrate ad augurare a Lord Tubbington di diventare il più obeso di tutti i gatti del mondo.

Non si mosse di un millimetro nemmeno quando un paio di scarpette bianche con i bordi rosa, entrarono nel suo campo visivo, così vicine che le punte quasi toccavano quelle dei suoi sandali. Gonfiò le guance paffutelle lasciandosi sfuggire solo un forte sbuffo che sollevò per un attimo la frangetta corvina, ma niente più, non le interessava sapere chi fosse, tanto di sicuro non era Brittany.

Una serie di colpetti di tosse, accompagnati dal rapido battito impaziente del piedino destro sulla sabbia, mise fine a quel gioco di resistenza fra lei e quell'impertinente, quanto fastidiosa, presenza. Roteò gli occhioni neri con aria spazientita e un profondo solco fra le sopracciglia aggrottate, alzando poi lo sguardo sulla bambina davanti a lei. Doveva avere sì e no cinque anni, proprio come Santana, ma aveva la pelle molto più chiara della sua e una lunga cascata di capelli biondi, ma non biondi come quelli di Brittany, i suoi erano molto più simili al colore del grano. Il vestitino rosa pallido con quella piccola giacchetta bianca non era per nulla adatto al parco, ma nemmeno il suo vestito blu lo era, sua mamma la vestiva sempre di tutto punto solo per fare bella figura con le amiche e forse anche la mamma di quella bambina faceva lo stesso.

Smise di pensarci quando i suoi occhi neri incontrarono quelli della bambina. Sembravano fatti d'ambra e di giada, lei le conosceva quelle pietre perchè provava spesso i gioielli di sua mamma di nascosto e le chiedeva sempre di cosa fossero fatti. La guardava altezzosa e con quella punta di rimprovero accentuata dal nasino a punta e le labbra strette, che la fece scattare sulla difensiva

 

“Smettila di guardarmi, sei inquietevole”

“Si dice inquietante”

“Visto? Allora sai di esserlo”

 

Persino la voce leggermente nasale di quella bambina le provocava fastidio. No, decisamente non le piaceva e non le stava per nulla simpatica, non era come la sua amica bionda, quella bambina non sorrideva, sembrava una stupida bambola di plastica e di sicuro non sapeva niente sugli unicorni. Tornò a guardarsi le scarpe cercando di non cedere all'istinto di sollevare all'improvviso i piedi e riempire di sabbia quella bambina dall'aria spocchiosa. Lo fece solo perchè non voleva assistere all'ennesima scena di una bambina che correva piangendo dalla mamma e, ancora meno, voleva essere rimproverata e messa in castigo dalla sua. Era successo spesso, sempre lì al parco quando andava a giocare con Brittany. Non le piaceva che qualcuno si intromettesse nei loro giochi nè le piacevano quelle bambine che le prendevano in giro perchè si rotolavano nella sabbia o sull'erba, invece di giocare alle principesse o alle signore che prendevano il thè. “Non sono giochi da bambine” Dicevano sempre guardandole male o ridacchiando fra loro e, quando Brittany ci rimaneva male ed il suo sorriso spariva, Santana sentiva una forte rabbia scorrerle nel corpicino minuto. Allora si inventava la faccia più brutta che poteva e fingeva di essere un dinosauro, uno di quelli che il suo papà guardava sempre nei documentari alla tv, e cominciava a rincorrerle facendo la voce grossa e dicendo che le avrebbe mangiate per merenda, pezzettino per pezzettino. Alla fine scappavano urlando, qualcuna anche in lacrime e lei e Brittany erano libere di tornare a fare quei giochi poco da bambine che le piacevano tanto.

Quella biondina davanti a lei, ci avrebbe scommesso, era una bambina come quelle e lei non aveva tempo da perdere con le mocciose che non avevano un briciolo di carattere.

 

“La mia mamma dice sempre che bisogna guardarle in faccia le persone quando parlano, non è educato guardare da un'altra parte”

 

Aveva inutilmente sperato che la bambina la lasciasse in pace a continuare ad odiare uno stupido gatto, finchè non fosse arrivata l'ora di tornare a casa. Ma a quanto pare non erano della stessa idea.

 

“E la tua mamma non ti ha anche detto che non si rompe a chi non ti vuole parlare?”

 

Rispose con tono annoiato spostando il peso della testa su una sola mano e torturando il bordo del vestitino con l'altra. Naturalmente non le diede retta e tenne gli occhi puntati a terra con il broncio che non aveva lasciato nemmeno un momento il suo viso grazioso, anche con quell'aria scorbutica.

 

“Ti volevo solo dire che dovresti spostarti perchè questo scivolo non è tuo, è di tutti. Ma tu fai sempre così con tutte le persone? Ecco perchè sei da sola e non hai amici!”

 

Prese a dondolare testardamente la testa aprendo e chiudendo la bocca come se fosse un pesce nella boccia, imitando quella bambina saccente con il solo scopo di infastidirla tanto quanto la stava infastidendo lei. Ma quando quella vocina piccata insinuò che lei non avesse amici, si ritrovò a scattare in piedi prima ancora che se ne rendesse conto. Lo sguardo nero e indurito si inchiodò a quello della bambina che non battè ciglio, strinse le manine a pugno contro i fianchi e il suo tono solitamente noncurante divenne piuttosto pungente mentre le rispondeva

 

“Tu che ne sai? Io ce li ho gli amici! E poi chi ha detto che questo scivolo non può essere mio? Guarda...è appena diventato di mia proprietà”

 

E con quelle parole si stese completamente lungo lo scivolo, coprendo quella piccola porzione che la sua statura le permetteva. Sulle labbra già piene della bambina dai tratti latini, si formò un sorrisetto di sfida, uno di quelli che un giorno sarebbe diventato il suo marchio di fabbrica e che chiunque, prima fra tutti quella bambina bionda, avrebbe riconosciuto. La guardò dondolando i piedini da una parte all'altra, con le braccia comodamente incrociate sotto la testa come quando i suoi genitori la portavano al mare e lei si stendeva al sole. Alla faccia di tutti quei bambini che erano troppo bianchi e al sole non ci potevano stare se non volevano diventare rossi come gamberoni. Pensò a quella bambina che diventava rossa per il troppo sole e le venne da ridere perchè doveva essere davvero buffa, un po' come Brittany, ma la sua amica era simpatica almeno, mentre quella bambina sarebbe diventata rossa e basta, rossa come la sua irritante antipatia. Ma la sua risata e il suo sadico entusiasmo da bambina dispettosa si spensero quando vide che la bambina non reagì, limitandosi solo a mettere una mano sul fianco inarcando un sopracciglio. Un giorno anche lei avrebbe avuto un marchio di fabbrica da attribuire alla bambina bionda ed era proprio quel sopracciglio.

 

“Hai finito?”

 

Fu la sola risposta che ottenne dalla biondina spazientita. Si comportava come sua cugina che aveva quindici anni quando la obbligavano a farle da babysitter. Credeva che tutte le cose che riguardassero i bambini fossero stupide e insopportabili e non faceva altro che trattarla come se fosse una piccola scema. Ma Santana non era scema e non le piacevano le persone che la trattavano come tale, i morsi che lasciava sulle braccia di sua cugina ne erano una chiara prova. Santana cercò di non sembrare troppo delusa dalla mancanza di reazione e fece spallucce mostrando un piccolo sorriso fintamente innocente. Uno di quelli che le facevano spuntare le fossette e intenerivano chiunque.

 

“Di fare cosa?”

 

“Di fare la stupida. Perchè non ti alzi dallo scivolo e non vai a giocare con i tuoi amici immaginari? Visto che dici di averli, ma io non li vedo”

 

I capelli biondi della bambina ondeggiarono leggermente quando si strinse nelle spalle con noncuranza, come a voler dimostrare a Santana che lei sapeva essere anche più strafottente della piccola latina, ma con molta più classe. Un sorrisetto altezzoso si formò sulla boccuccia rosea della bambina specchiando lo stesso sguardo di sfida che gli occhi neri le avevano mostrato poco prima. Santana perse improvvisamente ogni voglia di stuzzicarla e l'unica cosa che voleva in quel momento era chiudere le sue manine da bambina di cinque anni attorno a quelle ciocche dorate finchè non le fossero rimaste in mano.

 

“Io non sono stupida! Tu lo sei! Sei così stupida da non aver capito che adesso sto per prenderti a pugni finchè non ti gonfierai così tanto da sembrare una grassona, anche se non hai bisogno delle botte perchè si vede che da grande diventerai una mongolfiera e sarai così enorme che....”

 

Era scesa da quello scivolo con un salto agile che solo un corpicino come il suo si poteva permettere di fare. Aveva aggrottato le sopracciglia in quel modo da dura che aveva imparato da suo cugino, il fratello di quella che le faceva da babysitter. Imparava sempre molte cose Santana dai grandi, ma in qualche modo erano sempre quelle sbagliate. Da sua cugina aveva imparato che l'amore non esisteva e che qualcosa che lei chiamava “sesso” era meglio senza sentimenti e senza guardarsi negli occhi. Da suo cugino, invece, aveva imparato come funzionavano le cose a Lima Heights e allora quando si arrabbiava faceva come lui, induriva l'espressione del viso, guardava dritta negli occhi, puntava il dito e parlava veloce, con veemenza. Quello che però Santana non aveva ancora imparato era che le altre persone potevano reagire e non tutte le bambine bionde, carine ed eleganti erano uguali. Ma Santana lo imparò quel giorno, quando il palmo di una sottile e piccola mano bianca si scontrò rumorosamente e dolorosamente con la sua guancia frenando il fiume di parole che fuoriusciva da quella boccuccia impertinente. Quello schiaffo le fece male, ma non era niente in confronto ad una strana e nuova sensazione che sentiva nel petto. Si portò la mano sulla guancia massaggiando distrattamente, con la bocca ancora aperta e lo sguardo incredulo che fissava una bambina bionda dalle labbra tremanti e gli occhi d'ambra e di giada pieni di risentimento

 

“Quinn...Quinnie tesoro, andiamo, dobbiamo tornare a casa”

 

“Io...io non diventerò una grassona! Io sarò la reginetta di tutti i balli!”

 

Quasi non riuscì a capire cosa le disse la bambina, nella sua testa rimbombava solo quella voce di donna un po' lontana e ignara di quello che era appena successo. E mentre la bambina le voltava le spalle con aria piccata allontanandosi da lei a grandi passi impettiti, l'unica cosa che riuscì a fare fu lasciarsi andare ad un piccolo e stupido sorriso e permettere ad un sussurro di uscire dalle sue labbra da bambina ignara e ancora ingenua

 

“Quinn...”

 

Santana aveva imparato da Brittany che gli unicorni quando perdevano il corno diventavano cavalli, aveva imparato da sua cugina che i ragazzi era meglio usarli e buttarli come i calzini bucati, ma lei non aveva mai capito cosa c'entrassero i calzini con i maschi. Aveva imparato da suo cugino che per farsi rispettare doveva fare il muso da dura, ma soprattutto aveva imparato da Quinn che non tutte le bambine erano stupide e senza carattere. Quinn ce l'aveva, Quinn era la prima bambina che l'aveva fatta stare zitta e che non era scappata piangendo, Quinn le piaceva come le piaceva Brittany, ma forse Quinn non l'avrebbe mai messa da parte per un gatto. E quando sua madre la raggiunse di corsa dopo aver accidentalmente visto che la figlia aveva litigato di nuovo, la bambina si voltò verso di lei guardandola dal basso verso l'alto con lo sguardo più serio che avesse mai avuto e, con tono solenne come se fosse diventata grande in un solo istante, disse

 

“Mamma, dimmi la verità. Si possono sposare le bambine?”

***********

Holaaaaaa!! Allora, premetto che questa OS l'ho scritta così a tempo perso in meno di un paio d'ore e forse si vede, ma devo anche ammettere che è una delle poche volte in cui sono soddisfatta (poi magari a voi invece farà defecare :P ). Ho sempre voluto scrivere qualcosa sulla Quinntana!Childhood, ma non ho mai trovato delle idee che mi ispirassero particolarmente...finchè non mi è venuto dal nulla il flash del loro primo incontro. Un litigio, uno schiaffo, niente di più adatto a loro...no?
Ho una mezza idea di farla diventare una raccolta di OS di questo genere, magari includendo anche Brittany di tanto in tanto con un po' di Unholy Trinity che non guasta mai. Ovviamente in questo caso tutta la questione di Lucy o del fatto che in glee si sia trasferita dopo le medie, fate come se non esistesse :)
Spero vi sia piaciuta almeno un po' e vi abbia fatto scappare un "awww" come è successo a me, anche se di awoso (?) c'è ben poco tranne i loro bei musetti. 

Vi invito a leggere, se qualcuno ancora non la conoscesse, la mia Long che è il lavoro a cui sono più affezionata http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1229890&i=1

Oppure anche le altre due OS che ho scritto :)

Genius Slapper:  http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1427944&i=1

Two words: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1605824&i=1

Se volete mi trovate anche su twitter: https://twitter.com/Snix_Fra89  e  Ask:  http://ask.fm/SnixFra89  per qualsiasi cosa riguardanti le ff e non.

Aspetto i vostri commenti...se you soon ;)

  
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