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Autore: lattebiscotti    08/03/2013    8 recensioni
Durante la sua vita, solo in due occasioni Derek Hale è stato colto da attacchi di panico.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Melissa McCall, Sceriffo Stilinsky, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Sorta di seguito di Smells Like Home, ma può essere letta come storia a se stante. 
Enjoy.




Durante la sua (non particolarmente lunga) vita, solo in due occasioni Derek Hale è stato colto da attacchi di panico.


Verrebbe da pensare che essendo un licantropo, specialmente uno nato tale, non dovrebbe avere problemi di questo genere; peccato che non sono in molti, specie tra i licantropi, a rendersi conto che anche loro sono in parte umani, anche loro possono subire violenti shock. Anche Peter Hale è rimasto in stato di shock per tanti anni, dopotutto (gli ultimi anni era tutto finto, ma meglio sorvolare).
 

La prima volta è stato dieci anni fa. Lui e Laura erano appena arrivati a New York, dopo mesi di rifugi nei boschi. Derek aveva appena 17 anni e ritrovarsi lì, solo lui e Laura, da soli tra quelle strade, tra quei grattacieli, quel fumo... Si era sentito come un topolino in trappola.
In un attimo gli era parso come se gli edifici si piegassero verso di lui, come se tutti i taxi avessero improvvisamente deciso di salire sul marciapiede e finirgli addosso, come se tutta l'aria venisse risucchiata dai tombini e il cuore gli battesse così forte da perforargli i timpani. Solo dopo che Laura gli si piazzò davanti e lui riuscì a percepire vagamente l'odore del sangue si rese conto che Laura teneva strette le sue mani, non solo per conforto, ma perché aveva estratto gli artigli, affondati in quel momento nei polsi della sorella.

 

Solo dopo che i suoi artigli furono ritratti e sua sorella smise di sanguinare, Derek Hale scoppiò a piangere. Lì, in piena New York, in una strada piena di passanti, tra le braccia di sua sorella maggiore, l'unica ormai rimasta. Pianse per la sua famiglia, per Laura, per lei. Pianse perché aveva paura e l'attacco di panico l'aveva lasciato coperto di sudore freddo, e terrorizzato che potesse ripetersi. Pianse perché per un po' aveva creduto di essere adulto, invincibile, e invece era solo un ragazzino con un senso di colpa che lo avrebbe perseguitato per l'eternità e il peso della morte di otto persone che amava sulla coscienza.

Aveva pianto per un po', finché Laura non lo aveva portato da Starbucks e non gli aveva ordinato una cioccolata alla cannella (davanti al quale pianse un altro po', era la sua preferita e quella che sua madre gli preparava tutti i pomeriggi d'inverno quando era piccolo).
Aveva cercato di raccontare a Laura di Kate, ma lei lo aveva zittito dicendo che non era necessario e che non era stata colpa sua. Derek voleva tanto crederle.

Dormirono in un angolo remoto di Central Park quella notte, lontano da vagabondi e borseggiatori. Lì, accucciati contro un albero, riusciva a sentire vagamente l'odore di casa.

 

Il secondo attacco di panico? Dieci anni esatti dopo il primo, nella sala d'attesa dell'ospedale di Beacon Hills, California.

 

E' sceso dalla macchina così in fretta che non si è reso conto di aver quasi strappato la cintura di sicurezza, entrando nell'ospedale con così tanta furia da far saltare in aria l'infermiera dell'accettazione.
«Lui dov'è??» le ha urlato contro, quasi ringhiando.

«L-l-lui chi, mi scusi... » doveva essere nuova, questa tizia. Nessuno sentirebbe la sua mancanza se Derek le tagliasse la gola.

Si è reso conto di star ringhiando solo quando ha sentito qualcuno chiamare il suo nome in lontananza e la povera infermiera è scappata via, terrorizzata. Senza pensare troppo a lei si è diretto verso la voce e ha iniziato a seguirla. Solo dopo una rampa di scale e un lungo corridoio realizza che si tratta effettivamente di Melissa McCall.


«Ok, Derek.» Ha avuto il permesso di chiamarla Melissa un anno prima, quando Scott ha iniziato ad invitarlo a cena sempre più spesso e lei una sera lo ha preso da parte e gli ha chiesto (obbligato sarebbe più appropriato) di averlo a pranzo tutte le domeniche. E' lui ad occuparsi del barbecue.
«Stiles sta dormendo adesso, nella stanza ci sono Scott e suo padre... NO, Derek, aspetta. » dice lei, cercando di fermare Derek che si era praticamente lanciato contro la porta dal quale adesso riusciva a sentire l'odore di Stiles, mischiato con altri odori poco piacevoli e tanto, tanto disinfettante. Derek odiava gli ospedali.

«Aspetta qui per favore, stai... Derek. Derek, che succede??» Allarmata, Melissa si mette quasi sulle punte per poter poggiare le mani sulle spalle di Derek e convincerlo a voltarsi. Sta iperventilando.

Lo accompagna a sedersi su una delle piccole sedie dell'ospedale, mentre Derek cerca di riprendere il controllo di sé. Troppe luci, troppi bip, troppo pulito. Forse chiudendo gli occhi, immaginando di essere nei boschi... Si sentì come se fosse di nuovo su quel marciapiede di New York.

 

Alla fine, Melissa prende con decisione il viso di Derek tra le mani e lo costringe a guardarla. «Derek, guardami. Ascoltami. Starà bene. Lo so che adesso sembra difficile da credere, ma è così. Starà bene.»
Inizia a ripeterselo in testa, come un mantra: “starà bene, Stiles starà bene, Stiles starà bene...”

Quando finalmente riesce a calmarsi e a respirare di nuovo normalmente si guarda le mani, spaventato di aver fatto del male a Melissa. Fortunatamente le mani di lei sono ancora sulle sue spalle, le mani di Derek ancorate sulle sue stesse cosce, dita affondate nella carne ma fortunatamente ancora umane. Ha mantenuto un po' di autocontrollo, nonostante tutto.

 

Ha appena poggiato la testa contro la parete quando la porta della stanza di Stiles si apre. Ne escono sia lo sceriffo che Scott e Derek non saprebbe dire chi di loro due sembra più sconvolto. Probabilmente però lui li batte entrambi, a giudicare dalle occhiate che gli lanciano non appena lo vedono.
E' lo sceriffo a parlare per primo. «E' sveglio. Il dottore è passato poco fa e ha detto che lo terranno qui un paio di giorni, ma è fuori pericolo.» Poi si gira nuovamente verso Derek. «Entra. Ha chiesto di te non appena ha aperto gli occhi.» Affrettandosi ad entrare, Derek passa accanto allo sceriffo, che lo ferma mettendogli una mano sulla spalla. «Figliolo, starà bene. Quel ragazzo è fatto d'acciaio, è più resistente di te e Scott, credimi.» Quando lo Sceriffo ha scoperto dei licantropi ha messo Stiles in punizione per tre settimane. Dopo quattro giorni, quando ha scoperto che Derek entrava dalla finestra della camera da letto di Stiles, ha sospirato ed è uscito, tornando con la pizza per tutti e tre. Quando non è a cena da Scott, c'è il 93% di possibilità che Derek sia a casa Stilinski.

 

Con un cenno della testa, Derek riesce finalmente ad entrare nella camera d'ospedale di Stiles, girandosi, una volta entrato, a chiudere la porta senza fare troppo rumore.
«Ehi, tu.»

Ora che è dentro, ha il terrore di girarsi a guardare Stiles.
«Non sono un fantasma, se ti giri puoi vedermi. E non sono nemmeno un basilisco, non ti pietrificherò con lo sguardo.»
Finalmente si volta. Dio santo.

 

Stiles sta sorridendo, o almeno ci prova. Tutta la parte sinistra del suo corpo è ricoperta di lividi e graffi, riesce ad avvertirli anche sotto le coperte perché in alcuni punti Stiles emana così tanto calore da sembrare in fiamme; il suo occhio è così gonfio che resta aperto a malapena e tutta la testa è coperta da una spessa benda bianca, segno del trauma cranico.

Derek si avvicina al letto molto, molto lentamente.

«Lo sai, per essere uno travolto da un camion meno di quattro ore fa, ho una voglia matta di cheeseburger. Non è che me ne andresti a prendere uno? Insieme a tante patatine fritte? Ci andrei io ma penso che il cassiere si spaventerebbe. Chi l'avrebbe detto che sarebbe arrivato il giorno in cui avrei messo più paura di te?»

 

Derek non risponde. E' in piedi accanto al letto ormai, alla destra di Stiles. Se si concentra solo su questo lato, magari i lividi sembrano di meno. Sta tremando, così forte che anche Stiles se ne accorge.
«Ok, ok, vieni qui.» dice, facendosi più in là sul lettino. Derek esita solo un minuto prima di togliersi la giacca di pelle, poggiarla ai piedi del letto e sdraiarsi accanto a Stiles, le loro teste a pochi centimetri di distanza. Derek non riesce ancora a guardarlo negli occhi. Le braccia di Stiles, per quanto lo concedano i lividi e gli aghi delle flebo, si avvolgono attorno a Derek. «Derek, guardami per favore.»

Finalmente, ancora spaventato, Derek incrocia lo sguardo di Stiles, che sorride: «Ehi, ciao Brontolo

 

Allora Derek si lascia andare. Si rannicchia ancora di più contro Stiles, cercando di mantenere quanta più distanza possibile tra i loro corpi poiché non vuole provocare altro dolore a Stiles, ma quest'ultimo lo attira verso di sé senza riserve. Derek si fa più piccolo possibile, nonostante lui e Stiles siano della stessa altezza e lui sia più muscoloso, più imponente. Si sente di nuovo un diciassettenne sperduto a New York e cerca di spiegarlo a Stiles tra un singhiozzo e l'altro, aprendo bocca per la prima volta da quando aveva terrorizzato l'infermiera all'accettazione.
«Non posso perderti, lo capisci? Quando ci fu l'incendio avevo Laura e nonostante tutto mi sentivo solo al mondo, adesso ho gli altri ma... E' ancora peggio, capisci? Se ho gli altri adesso è solo grazie a te, sei tu che mi hai salvato da me stesso, abbiamo salvato Isaac dagli alpha, abbiamo lottato con le streghe, non posso perderti, non posso...» continua così per un po', con Stiles che cerca di rassicurare Derek che non sarebbe andato da nessuna parte; quel povero camionista aveva sterzato per evitare la bambina che si era lanciata in mezzo alla strada per inseguire una palla, ma lui e la jeep erano sopravvissuti a ben altro, questo era niente in confronto.
«Non mi perderai, Derek. Anzi, credo proprio che tu sia bloccato con me per parecchio tempo.»
Derek alza di nuovo la testa e bacia Stiles, dolcemente, con una frase che non aveva bisogno di essere detta. Mi hai ridato una famiglia, una vita. Non so se potrei avere tutto questo anche senza di te.

 

Quando si separano, Derek è più calmo e Stiles visibilmente felice, nonostante i dolori.
«Sei fortunato che ti amo, a quest'ora ti avrei già spinto fuori da questo letto a calci. E' troppo comodo per dividerlo con qualcuno.»

Derek ripensa brevemente a quando la loro storia era iniziata, poi finita, poi ricominciata quando Stiles lo aveva tirato fuori dai boschi per le orecchie. Erano passati quasi due anni.
«Essì, sono davvero fortunato. »




***

Ancora una volta, mille grazie a Giulia, la mia preziosissima Beta. E a tutti voi che leggete le mie piccole storie ♥

  
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