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Autore: KH4    08/03/2013    3 recensioni
Estratto dal prologo:
"Io lo so…Tu non sei il tipo di persona che si lascia uccidere così facilmente. Non è nel tuo stile. Ti è sempre piaciuto essere teatrale in tutto ciò che fai, essere la svolta di una situazione prossima al fallimento. Ami essere egocentrico, vanitoso, arrogante, sai di esserlo, e non ti arrenderesti mai d’innanzi a una morte che non ti renderebbe il giusto onore. La sceglieresti solo dopo aver guardato a lungo una bella donna e averle sussurrato frasi che avrebbero fatto di te un ricordo prezioso e insostituibile. Soltanto allora, ne saresti soddisfatto." 
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allen Walker, Lenalee Lee, Marian Cross, Nuovo personaggio | Coppie: Allen/Lenalee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Santi Oscuri.'
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01 / Call.

Hell's Road.

01 / Call.

Allo scoccare dell’una di notte, le uniche luci rimaste accese in tutta la Home appartenevano ai laboratori. Un brusio di cavi elettrici, che alimentavano generatori di funzione troppo conplicata per essere tradotta in parole semplici, si alternava allo ruvido fruscio delle piume d'oca che intingevano inchiostro dal calamaio. Ai piedi di un confine oramai distorto nella forma e nella quantità di tempo scioltasi nell'assidua ripetizione, la Sezione Scientifica dell’Ordine Oscuro era alla fine giunta a raschiare il fondo della propria sanità mentale, seppur qualcuno sospettasse che il suddetto fondo tanto grattato fosse stato già bucato; pareva lampante che nessuno dei poveri disgraziati in camice bianco stesse consapevolmente lavorando per degli straordinari non pagati, ma dopo dodici giorni no stop di lavoro forzato nessuno era più in grado di distinguere la realtà dalla fantasia. Andavano avanti per inerzia, tenuti in piedi da una dieta a base di caffè che, quanto meno, li aiutava a strisciare verso le rispettive scrivanie, con il cervello troppo assuefatto da formule chimiche per fermarsi e domandarsi cosa fosse quella grande palla gialla che ogni tanto vedevano splendere intensamente in cielo.
-
Che sonno… - 
Johnny Jill sbadigliò vistosamente, incurante di coprirsi la bocca con la mano. Le braccia esili erano impegnate a sorreggere una pila di fogli più pesanti del suo stesso corpo perché si dedicassero ad altro, men che meno ricordare il buon senso dell’educazione; la torre traballava al punto che ci aveva pressato contro la faccia incavata dalla stanchezza per impedirle di cadere, cerea e con i grossi occhiali a fondo di bottiglia a scivolargli costantemente dal naso. Finito di assorbire le sue cellule cerebrali, il lavoro aveva puntato direttamente al corpo, di minuta costituzione perfino per quegli abiti fatti a misura e che ora si aprivano in morbide pieghe; la sottigliezza raggiunta dal suo giro vita, dove alla cintura erano stati aggiunti altri tre buchi per evitare che i pantaloni gli scivolassero nei momenti meno opportuni, avrebbe permesso a chiunque di abbracciarlo con un solo dito.
-
Ehi, Tap. Ti ho portato i rapporti degli ultimi sette mesi. – Le mani dello scienziato appoggiarono delicatamente i fogli sul solo angolo di legno libero della scrivania, raggiunta dopo aver arrancato per tutto l’ufficio come se le sue gambe non fossero mai state provviste di muscoli.

Dovette arrampicarvisi sopra per constatare che l’amico fosse lì, chino su un vistoso manuale di ignota materia e con il cappello di lana che permetteva giusto di scorgerne i labbroni scuri, appena socchiusi. Sembrava non averlo neppure sentito.
-
Tap, so che sei impegnato con quel bilancio, ma ti chiedo solo un paio di secondi per firmarmi questi documenti. Per favore -, lo blandì stancamente il ragazzo - Tap? Mi senti? –

La fin troppo perfetta immobilità delle dite salsicciose, dove la matita consunta giaceva quasi del tutto riversa, innescarono il dubbio senza prima varare altre possibili alternative. Johnny allungò il braccio sino alla guancia flaccida del collega, tirandola così forte che, quando la rilasciò, emise un sonoro schiocco ballonzolante che ne accompagnò la caduta a terra del corpo inerme, trascinandosi addosso l’intero lavoro.

-
Caposezione Reever, è crollato anche Tap. – Lo annunciò senza enfasi, un semplice sospiro apatico tipico di chi aveva già vissuto quella scena per sorprendersene con sincera emozione.

Da un punto indefinito dello stanzone, una zazzera castana mosse pigramente la mano, per poi annuire bofonchiando – Lascialo lì. Se ne occuperà la Capoinfermiera.-  

Ventisette collaboratori collassati e tutti per l’aver dato troppo a una ragione scolorita anche nei contorni. Trascesi i limiti di sopportazione umana, non rimaneva che la rassegnazione, costante e statica routine che il pover uomo aveva imparato ad abbracciare semplicemente convivendo giorno e notte con un impacco freddo sulla fronte. Benché torrioni di analisi, referti e rapporti reclamassero la sua attenzione, Reever Wenham trovò la forza per alzarsi dalla propria postazione e udire le sue giunture avvizzite scricchiolare. L’ennesimo documento preso fra le mani richiedeva il bollo del Supervisore.

-  
Johnny, prendi i documenti che hai lì e vieni con me –, ordinò poi al subordinato.

-
D’accordo. –

Una sottile striscia di luce soffusa illuminava il pavimento del corridoio che imboccarono dopo essersi lasciati alle spalle la sterilità futuristica che contrastava con l’arredamento formale degli altri alloggi. Alle porte automatiche si sostituirono cardini cigolanti e gradini irregolari, stanze di confortevole praticità costantemente vivacizzate dal vociare di chi cercava un attimo di riposo. L’ufficio del Supervisore godeva di un isolamento strategico, lontano dagli schiocchi elettronici dei computer e dalle parlantine a cui spesso e volentieri l’orecchio rivolgeva uno spicchio d’attenzione – soprattutto se il nome della sua adoratissima Linalee veniva pronunciato indegnamente -, ma al tempo stesso facile da raggiungere per evenienze improvvise. Bussato alla porta e ricevuto un mugugno come segno di farsi avanti, entrambi si introdussero nella stanza, cullata da un caos comprendente un tappeto cartaceo che sfiorava le loro caviglie, libri accatastati sull’unico divanetto visibile e documenti da cui sporgevano fotografie e schizzi di preoccupanti marchingegni. Il tempo dedicato al lavoro non si poteva paragonare alle ore perse in attività capricciose che marcassero l’insensata iperprotettività per la sorella minore, l’importanza che l'uomo vi attribuiva finiva sempre per ripercuotersi sui suoi subordinati con conseguenze dalla portata disastrosa, seconda solo a tutte le diavolerie progettate per facilitare quel lavoro fagocitante che, a conti fatti, finiva sempre per triplicare sicché mai una volta tali iniziative si erano concluse con successo.
 
Quasi pari a una visione celestiale, Komui Lee era seduto esattamente dove il Caposezione aveva sperato di trovarlo senza il timore di un’imminente punizione divina: ancorato alla sua scrivania con il berretto bianco calcato fra i capelli dalle punte arricciate e la cornetta del telefono tenuta fra la spalla e l’orecchio. Spesse occhiaie nere ne cerchiavano gli occhi scuri dalla pelle sottostante fortemente emaciata. Il sostanzioso fascicolo purpureo che godeva della sua più totale attenzione incuriosì immediatamente il subordinato, che, subito, vi gettò lo sguardo non appena fu abbastanza vicino da leggerne il contenuto. Una calligrafia elegante e leggera - nonostante l’inchiostro avesse il brutto vizio di macchiare anche quando lo scrittore faceva assoluta attenzione ai suoi movimenti -, riempiva le pagine con una particolare firma stampata sull’angolo in basso a destra.
Un bacio vermiglio. Solo una persona poteva essere il mittente di quel plico.
Amèlie? – Il nome uscì dalla bocca del Caposezione unicamente per spezzare il silenzio appena smussato dal fruscio dei loro camici.

-
E’ arrivato giusto una mezzoretta fa. – La testa china di Komui si reclinò all’indietro, appoggiandosi contro lo schienale della poltrona.

Johnny inarcò le sopracciglia, stupito - Strano, la scadenza per la consegna dei rapporti è fra un mese e mezzo. –

-
Infatti, ma questo non è un resoconto delle sue attività. Sembra che abbia scoperto qualcosa sulle recenti attività del Conte –, sospirò il Supervisore, sfilandosi gli occhiali per pulirne le lenti squadrate.

Reever si incuriosì – Di che si tratta? -

-
Spostamenti  di Akuma -, rispose il cinese – Sappiamo che dalla morte del Generale Yeegar la loro produzione è aumentata, ma pare che ultimamente molti abbiano cambiato schema comportamentale, formando numerosi gruppi. -
- Innocence? – Ipotizzò il più giovane. Non era raro che un frammento divino allo stato puro traesse a sé file infinite di quelle macchine grigie.
-
No, ha controllato di persona. – Il castano sfogliò velocemente i fogli già letti dal superiore – Inoltre, i gruppi localizzati, oltre a contare numeri davvero elevati perché sia una semplice caccia al cristallo, puntano tutti la stessa direzione:
Est. –
-
Forse è un ordine del Conte -, azzardò nuovamente il ragazzo, sollevando le spalle.

-  
E’ quello che ha sospettato fin dall’inizio Amèlie, per questo ha deciso di indagare più a fondo -, li delucidò Komui, incrociando le dita e appoggiandovi il mento sopra – Non è riuscita a carpire i dettagli, ma sembra che il Conte del Millennio li stia radunando per un grande evento. –

-  
Di che genere di evento stiamo parlando, Supervisore? – La questione si fece più seria e la stanchezza che pesava sulle viscere di Reever si annullò temporaneamente in un battito d’ali.

Komui tacque per qualche istante, per poi prendere uno dei fogli letti e porgerlo al Caposezione, di modo che potesse farsi un’idea della situazione con i suoi stessi occhi. Ciò che l’uomo lesse, lo lasciò basito e confuso.

Lui è pronto, lui è pronto! A Edo tutto avrà inizio.
Dalle note melodiche della ninna nanna, le ceneri dell’Arca Bianca partoriranno la Nera e le sue ali alte si dispiegheranno alla volta del cielo stellato.

Lui è pronto, lui è pronto! Crepate, Esorcisti, crepate! La vostra ora è scoccata!

Erano le testuali parole pronunciate da un Akuma catturato dalla donna prima che esplodesse. L’euforia impressa si percepiva nonostante fossero state riportate su della comune carta. Reever si astenne dall’esporre un opinione o dal domandare quale fosse il significato celato dietro tanto fermento; la cantilena minacciosa che stoppò il suicidio dei pochi neuroni rimastigli proiettò l’immagine del losco figuro che stava facendo di ogni città, paese e continente il suo personale circo degli orrori. Perfino Johnny evitò di dar voce a teorie che, con tutta probabilità, non potevano trovare sostegno al di fuori delle sue convinzioni: si limitò semplicemente ad osservare il Supervisore nel mentre componeva un numero e aspettava che qualcuno, dall’altro capo, gli rispondesse. Un volta tanto, la fortuna volse a suo favore.
-
Voici la Rose Noire. Comment pouvons-nous répondre à vos souhaits?* – Il timbro rocco e profondo della voce che si udì dall'alto capo della cornetta dava l'impressione di danzare su un terreno inesitente, di sensualità paradisiaca libera di librarsi attorno a un qualche oggetto interessato che si divertiva a osservare, pizzicare.
-
Amèlie? Sono Komui. –

-
Ma guarda un po’…Supervisore, questa sì che è una piacevole sorpresa -, soffiò ancor più morbido quel suono appena ovattato dall'apparecchio - Cominciavo a credere che le nostre conversazioni notturne non fossero più di tuo gradimento. - 
- Questo perché non hai mai tollerato di essere disturbata da questioni che non costringessero le persone a supplicarti in ginocchio –, sorrise lui, memore di quelle parole pronunciate astiosamente durante una conversazione ancor più appuntita.
-
Allora devo dedurre che non ti sono mancata nemmeno un po’? – Si rammaricò la donna - O forse temevi che la tua dolce Linalee potesse scandalizzarsi al pensiero che il suo fratellone faccia cose sconce… –

-
A-Amèlie! –

L’imbarazzo che ne infiammò la pelle fece scattare le gambe di Komui sull’attenti, costringendo Reever e Johnny a far leva sui loro riflessi per impedire che la scrivania si rovesciasse sui loro alluci mentre la risata divertita della donna godeva di quello squittire strappato con facilità a dir poco disumana.

-
Oh, Komui, non avertela a male: oramai dovresti saperlo che la tua pudicizia è un vero toccasana per i miei poveri nervi stressati. – Amèlie giustificò così lo stuzzicare l’uomo nel suo punto più vulnerabile, per poi passare finalmente ad un argomento che non comportasse l’affogare del poveretto in un mare di vergogna – Allora, ha già avvisato gli altri Esorcisti? -  

-
Non ancora. Le squadre sono alla ricerca dei Generali e al momento solo le unità di Nyne e Sokaro hanno risposto alla chiamata. Kanda, Marie e Daisya sono sulle tracce di Froy Tiedoll mentre Lavi, Linalee… –

-
Su quelle di Cross. Lo so -, concluse lei – Mi sorprendi, Komui: mettere in gioco l’illibatezza della tua bella Linalee per costringere quel maniaco a uscire allo scoperto è una strategia che ben si addice alla situazione, ma pensavo che, da quale bravo fratello maggiore sei, avresti fatto l’impensabile per preservare la sua integrità. – Un’altra frecciatina velenosa che vide la morte dipingersi sul volto del cinese,  mentre un’ innocua stilografica – afferrata per puro caso – gli si sbriciolò fra le mani.

Komui Lee non era il genere di uomo che tendesse a trascurare dettagli insignificanti come il quantitativo di armi per la Sezione Finder o il numero di zollette nel proprio caffè, sebbene la stanza adibitagli recitasse un’impressione contrastante a cotanta precisione; il disordine compulsivo sfiorava un livello patologicamente preoccupante, pari, se non superiore, a quella salute che oscillava fra il ricovero immediato e lo sprizzare adrenalina al solo sapere che la sorella si trovava all’Ordine e dunque ben disposta ad allietarne i travagli burocratici con qualche visita. Aveva personalmente stilato la lista con tutti gli Esorcisti e organizzato le unità di recupero in base al grado di idoneità con i Generali da rintracciare, ma al momento di scegliere i membri per la squadra di Marian Cross – team maledetto più delle povere anime mandate a ripescare lo squartatore messicano che rispondeva  al nome di Winters Sokaro –, non aveva potuto fare a meno di ponderare la questione quanto bastava da sentirsi obbligato a costruire un arsenale di Komurin pronti per essere spediti in ogni angolo del globo. L’essenza dell’uomo dai capelli rossi stentava a combaciare con il titolo di cui era stato insignito: ruotava attorno a una serie di aggettivi capricciosi e osceni che ricalcavano con fedeltà quasi al limite della verità umana un carattere avvezzo alla manipolazione e alla noncuranza altrui. Eppure non gli si poteva rimproverare che quella carica da lui sfruttata come un comune accessorio fosse del tutto immeritata: a fare di un comune Esorcista un Generale era la sua simbiosi con l’Innocence e si dava il caso che le abilità di Marian Cross sconfinassero pericolosamente da qualsiasi potere acerbo. Ma nella mente di Komui il tutto si mescolava alla rinfusa sotto i tocchi stanchi delle sue dita che cercavano di placare il pulsare delle tempie; figurarsi sua sorella minore alla mercé di un uomo che scialacquava la sua vita fra vini e donne lo infiammò di adrenalinici propositi omicidi che videro il giovane Johnny Gill supplicare la signorina Amèlie di smetterla prima che il Caposezione Reever fosse costretto a intervenire con dei tranquillanti.

-
Mettendo a parte gli scherzi, ti consiglio di avvisare l’unità di Cross e di ragguagliarla con le informazioni che ti ho spedito. La faccenda è piuttosto seria. – La voce della donna, assunse la fermezza necessario a riallacciare il filo del discorso perso.

L’attenzione del Supervisore riemerse con l’inforcare dei pratici occhiali da vista sul viso ovale - Quanto è grave? –

Dall’altra parte del telefono si udì un leggero mugugno annoiato – Non credo che la questione verta sulla gravità del contesto generale, ma sulla nostra tempistica. Quello che posso dirti è che conosco sufficientemente bene Cross da sapere che i suoi spostamenti seguono sempre una linea precisa: se sta indagando sulla pista di Edo come sospetto, è certo che ci stia lavorando da molto più tempo di noi. –

-
E’ una possibilità. – La fiocca asserzione accompagnò il lento abbandonarsi della nuca contro lo schienale della poltrona.

Il movimento si era ripetuto continuamente, in quelle giornate interminabili, dove il giorno e la notte si fondevano in un interrotto tutt’uno imprigionato nelle mura del castello; la leggera curvatura scavata nella stoffa accoglieva la sua testa affollata di opprimenti preoccupazioni senza lasciar spazio ad alcunché di vagamente piacevole. Non che ci fosse da stare allegri, il Conte del Millennio viveva per elargire soggezione sul futuro già incerto di tutti quanti loro, ma una volta era maledettamente facile perdersi nelle piccolezze della quotidianità. Guardò con rammarico la tazza viola sgargiante che Linalee gli riempiva sempre di caffè, ora fredda e vuota, e subito le palpebre calarono sulla dolcezza scaturita per non dover essere costretto a ricordare l’abominevole discrepanza che li vedeva insieme e al tempo stesso separati per circostanze di ruolo. Il suo posto era
; fra almanacchi e incognite , equazioni e dicerie da soppesare con metro comprendente un’onniscienza che Komui – come spesso asseriva quando il carico di lavoro era sul punto di schiacciarlo -  doveva mendicare da fonti altrui.
Il suo problema era l’indugio che talvolta lo attanagliava nel comporre il numero di Amèlie qualora un ipotetico dubbio si fosse rivelato, agli occhi della donna, una sciocchezza facilmente scaricabile a qualche altro collaboratore: la sua efficienza aveva finito per creare una sorta di dipendenza che il Supervisore tentava di tenere sotto controllo per non oberare le spalle dell’Esorcista più di quanto già non fossero, ma prendere atto che la sola soluzione valida al problema Cross si trovasse dall’alto capo del telefono, non fece altro che spingerlo nell’unica direzione plausibile.

-
Ti chiedo scusa, Amèlie: immagino che avrei dovuto rivolgermi a te fin dall’inizio -, sospirò – Confidavo sul fatto che Allen-kun conoscesse lo schema comportamentale di Cross per poterlo rintracciare, ma… -

-
Allen? – Accigliata, Amèlie raddrizzò la schiena– Un nuovo Esorcista? –

-
Sì, è entrato a far parte dell’Ordine da qualche mese, sotto raccomandazione di Cross in persona. –

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E’ un suo
allievo? – Komui deglutì al brusco cambiamento che la cordialità della donna assunse. Sicuramente si era sollevata in piedi, calma, ma anche irritata per quella trascuranza che subito non mancò di fargli pesare - E quando avevi intenzione di ragguagliarmi a tal proposito? –
-
Non prendertela con me, non posso mica arrivare da tutte le parti! – Si lagnò lui, gesticolando con le braccia, incurante della propria dignità che definitivamente scemava d’innanzi ai suoi sottoposti, più stanchi che sbigottiti – Komui fa questo, Komui fa quello…Sono chiuso nel mio studio da secoli, incatenato alla scrivania e senza un attimo di...! -

-
Hai finito? – Le labbra vermiglie schioccarono lapidarie e il Supervisore si immobilizzò con la spina dorsale completamente ghiacciata. Perfino il Caposezione Reever e Johnny tacquero con il respiro al limite della percezione uditiva. Nel silenzio contenuto fra le nuda mura di pietra, la soggezione di Amèlie calcava sui loro animi come se fosse stata lì, presente, a bacchettarli con i suoi fini occhi di purissima onice nera – Dove si trova l’unità? –

-
Ah…Da qualche parte in Germania, stando alla loro ultima chiamata. Purtroppo Lavi e Allen-kun si sono separati da Linalee e dal vecchio Bookman: sembra che siano riusciti a trovare un altro compatibile. –

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Li hai sentiti per telefono? -

-
Sì. –

-  
Perfetto, dammi la loro attuale posizione. Li recupero io. –

-  
Puoi permettertelo? – Komui si pronunciò fermo, ricomponendosi dietro un’espressione di concentrata serietà che ne affilò i lineamenti orientali .
Aveva le sue buone ragioni per porre quella domanda di senso apparentemente inesplicabile, tuttavia non si trattava di qualcosa che potesse ricollegarsi a una salute cagionevole da parte dell’Esorcista. La sua era ordinaria amministrazione, messa in termini pratici; velata dalla consueta nota morbida che sapeva inserire in ogni discorso, si ergeva precisa e ferma anche con l’animo piegato per le perdite tuttora in aumento.

- 
Leggi tutto il rapporto fino in fondo e agisci di conseguenza, Komui -, asserì la donna – Dell’unità Cross mi occuperò io personalmente. Sono rimasta in disparte dalla caccia solo per assicurarmi che le nostre retrovie non fossero vulnerabili, ma non ho intenzione di perdermi la prima di questa grande guerra. O forse ritieni superfluo il mio supporto bellico? –

-
Non mi permetterei mai di dirlo -, giurò lui.

-
Inoltre, sono molto curiosa di conoscere questo Allen di persona -, proseguì lei, attorcigliandosi attorno all’indice il filo della cornetta - Non mi piace che mi si rubi l’esclusiva. – Sottolineò quelle ultime parole come se fosse appena diventata vittima di un sopruso inammissibile, a suo giudizio, di quelli che facilmente sanabili con soluzioni includenti metodi drastici. Eppure, appena insita sotto il tono sommesso, balenò una maliziosità assetata di divertimento.  

-
Io sono sicuro che ti piacerà -, affermò convinto l’uomo.

Spesero i restanti minuti della telefonata a delucidare le rispettive informazioni in uno scambio che alla fine si concluse con l’ultimo indirizzo lasciato a Komui dal piccolo gruppo dipartito; qualunque giro avessero compiuto per arrivare alle di
Miniere di Kirilenko ora aveva meno importanza del fatto che nessuno dei dispersi fosse più riuscito a mettersi in contatto. Posata la cornetta, Amèlie inclinò il mento verso il basso, portandosi la mano rimasta pigramente appoggiata al bracciolo della poltrona vicino alle labbra. La boccata di nicotina che rilasciò dopo una profonda tirata oscillò nella fluttuante penombra prodotta dalle candele del suo alloggio, sgonfiandosi come un palloncino dopo aver esaurito la carica con cui era stata rilasciata. Soppesare il dà farsi ne scopriva gli occhi sensuali opacizzarsi dietro una maschera d’assoluta indifferenza per qualsiasi altra questione o vano sentimentalismo; risolveva tutto in una manciata di secondi, amplificati in secoli nella sua personale realtà che non teneva conto di eventuali intereventi esterni.
Un suo allievo.
Stonava. Cazzo, se stonava! Un allievo maschio entrato a far parte dell’Ordine Oscuro sotto raccomandazione di Cross stesso.
Che diavolo aveva combinato, quel bastardo ingrato? Preferì sospirarci sopra con un'altra boccata di fumo acre prima che il nervoso potesse salire a livelli compromettenti

-
Allez, ma chérie* –, chiamò poi, schiacciando la punta della sigaretta nel posacenere.
I contorni di una figura minuta la affiancarono senza lasciar alcuna scia uditiva dei suoi passi. Aveva ascoltato tutta la conversazione rimanendo sulle sue fino a quell’ordine che non si sarebbe mai permesso di sostituire con una domanda o una spassionata opinione solo per spezzare il prolungarsi del silenzio. Le gentilezze della
Maitresse della Rosa Nera gli erano fin troppo care per giocarsene anche solo uno.
-
Avverti Bernadette di occuparsi degli ospiti e di preparare anche delle stanze. Io devo uscire a caccia. -

Note di fine capitolo.
1*: Qui è la Rosa Nera. Come possiamo soddisfare i vostri desideri? (Francese)

2*: Vieni avanti, tesoro mio (Francese).

Primo capitolo risistemato! Un bacione e un ringraziamento a tutti quanti! So che  può sembrare inutile  sistemare capitoli già postati anzichè metterne di nuovi, ma la verità è che grazie alla mia storia mi sto gradualmente evolvendo e nel rileggere vecchi lavori mi sono  ritrovata a pensare a quanto potrei migliorarli, anche per il bene della trama, con un pò di  pazienza e  dedizione. Amèlie è un personaggio oscuro per un mucchio di ragioni personali  e immagino comprendiate il disagio nel realizzare che  scrivendo, parte  dell'immagine che si crea nella propria mente, va un pò a perdersi in una scrittura che  dopo diverso tempo appare incompleta.  La revisione, graduale e lenta della mia opera, mira a valorizzare  la sua personalità, quindi, a chiunque  piaccia Hell's Road, spero che questo lavoro in più da parte mia venga apprezzato. A presto e un saluto a tutti quanti!

  
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