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Autore: Altariah    09/03/2013    4 recensioni
Brevissime indagini psicologiche dei vari personaggi in Mass Effect 2, suddivise in capitoli.
Jacob Taylor: Eludere
Miranda Lawson: Fingere
Mordin Solus: Sapere
Kasumi Goto: Amare
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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Mordin risalì sulla Normandy in silenzio, seguendo Shepard e Garrus. Raggiunse il laboratorio e inspirò profondamente, sentendosi cullato dall'odore di disinfettante che, paradossalmente, lo faceva sentire a proprio agio.
Troppa polvere, terra, macerie e morte avevano riempito quel giorno, e in quel momento sentì una piccola scintilla di felicità farsi strada nel petto, per poi svanire. 
No, non c'era nulla di cui gioire. 
Sospirò e fece alcuni passi verso il bancone, ma la voce di IDA lo bloccò, facendolo sussultare e bloccare. "Dottor Solus," cominciò l'intelligienza artificiale, cortese "le consiglio di andare a riposarsi e ripulirsi prima di riprendere la sua postazione."
Il Salarian corrugò la fronte già increspata di rughe e i suoi occhi si assottigliarono, pensierosi. Aprì la bocca, cercando le parole giuste, tra tutte quelle che stavano ammucchiate in confusione nella sua mente. 
Sporco. Puzza di marcio, odore di sangue. Genofagia, tentativi inutili, morti.
E poi Maelon.
"Dottor Solus?" La voce di IDA prese sfumature che gli apparvero di preoccupazione. Sorrise tra sè, certo che fosse stata una sua impressione. Lo sapeva, le IA simulano le intonazioni per sembrare più realistiche e facilitare la comprensione e i dialoghi. 
"S-sì." Balbettò, annuendo con la testa. "Ragione. Devo riposare." 
Serrò la magra mascella squadrata e uscì dalla stanza, chiudendo la porta dietro di sè.
Percorse i corridoi metallici della Normandy in una sorta di automatismo, e solo quando davanti ai suoi occhi vide che ci fosse soltanto il pavimento scuro della propria cabina, notò che non avesse acceso la luce. Stava per aprire la bocca per dire a IDA di accenderla, ma desistette, concludendo che, forse, si sentisse meglio così. 
I suoi grandi occhi neri si confusero con l'oscurità della piccola stanza, rischiarata soltanto dalle stelle visibili dal sistema Alarakh che si agitavano fuori dall'oblò e dalla sagoma di un pianeta dalle sfumature brune. 
Mordin si avvicinò al vetro e vi appoggiò una mano. Tuchanka si allontanava lentamente, e per quanto tentò di convincersene, questo non lo sollevò. 
Maelon. In quel momento la figura del giovane tremulò davanti agli occhi del dottore. Mordin si sedette sulla branda e abbassò il capo, guardandosi le mani. Mosse il sottile indice della destra e poi lo strinse assieme alle altre dita in un pugno, come se non fosse convinto che gli avrebbero risposto, come se temesse che fossero paralizzate.
La figura di Maelon tornò davanti alle sue pupille e lui rabbrividì al pensiero di come l'avrebbe ucciso se Shepard non l'avesse fermato. Quel Salarian non era lui, lui valutava ogni situazione, rifletteva, voleva esaminare ogni sfaccettatura. Ma quella volta, un lato occulto che non conosceva gli aveva afferrato le mani e comandato i nervi, facendolo smettere di essere se stesso.
Non capiva se fosse la vecchiaia e che ormai i suoi neuroni stessero lentamente morendo o se fosse soltanto una singola, l'ultima, delusione addossata a tante altre: sapeva semplicemente che avesse iniziato a temere le proprie azioni.
Il senso di colpa cozzava come tante potenti onde contro il suo autocontrollo e ne logorava la resistenza. Si chiese se avrebbe mai potuto espiare le maledizioni che aveva afflitto ai Krogan, se la sua morte sarebbe valsa soltanto una tra quelle di tutti i neonati venuti alla luce già morti.
Si domandò se la sua morte sarebbe riuscita a smorzare almeno un pianto di una madre Krogan.
Le labbra secche e sottili di Mordin composero una smorfia, e poi si separarono, snudando piccoli denti macchiati dall'età. Quel dolore sarebbe stato almeno un po' più sopportabile, se solo avesse avuto qualcuno al suo fianco che si fosse offerto come spalla su cui piangere? Sì, aveva qualcuno che lui avrebbe potuto definire "di fiducia" e che avrebbe aiutato in qualsiasi caso, ma chi ci sarebbe stato davvero per lui? Lui, che aveva riposto la sua vita in fiale ed alambicchi di vetro, in metalli disinfettati, in siringhe e medicine? No. Per l'affetto nella sua vita non c'era mai stato posto e non ce ne sarebbe mai stato. Poteva solo sentirsi sollevato che suo nipote condividesse la sua stessa passione. Però, in realtà non ne era orgoglioso, ma di certo quel dettaglio lo avrebbe tenuto per sè, mentendo, dicendo il contrario.















Non so bene come commentare questo capitolo. In Mordin non mi sono mai immedesimata e questa è stata la prima volta, iniziare a scrivere di lui mi è parso complicato, ma poi, alla fine, ce l'ho fatta. 
Lo dedico alla mia ammicah Irene, la fan più sfegatata di Mordin e vari Salarian che conosca, che so che di tanto in tanto legge la robetta che scrivo <3
Ovviamente anche mille grazie a coloro che hanno messo questa fic tra le seguite, e altre mille grazie a chi ha fino ad ora avuto la pazienza di recensirla pure. Tanti cuori <3 <3 <3

 
  
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