Eat Not The Heart.
Il silenzio ha avvolto la barricata e la strada come uno spesso mantello di neve; Enjolras è inquieto, ma si costringe a restare fermo, ad inspirare ed espirare più piano che può — sfiora, con il dorso delle dita, l’intelaiatura della finestra, guardando in basso, senza pensare a nulla. La stanza gli sembra più piccola di quanto non fosse solo poche ore prima; di fuori, Parigi si srotola all’infinito in tutte le direzioni, le piccole luci delle finestre che brillano sulle facciate dei palazzi come stelle, per dissolversi in lontananza nel buio.
Enjolras non è davvero sorpreso quando, alle sue spalle, una voce gentile e ferma e per niente ubriaca dice, «Drink with me.»
Enjolras si volta lentamente.
Grantaire è a meno di un metro di distanza — vicino, sempre troppo vicino, e inspiegabilmente, perché viene qui giorno dopo giorno dopo giorno, bevendo il suo vino da quattro soldi e al tempo stesso i nostri discorsi, innamorato perso di quel veleno e senza credere, invece, neppure ad una delle parole che sente? Perché? Perché è qui adesso? —, il suo volto e la sua figura a malapena ritagliate nelle lunghe ombre che gettano le candele allineate sul muro. Non sorride, o perlomeno così pare ad Enjolras, ma ha in mano una bottiglia di vino — e gliela sta offrendo.
Enjolras considera la bottiglia e considera Grantaire. Grantaire non dice nulla, ed Enjolras beve — to days gone by, and the world about to dawn, con gli occhi serrati tanto forte che il nero si spezza in frammenti di bianco contro le sue palpebre, — e poi beve anche Grantaire, le labbra premute al vetro tiepido dove Enjolras ha appoggiato la bocca, e lo guarda.
(Come sempre.)
Enjolras è terribilmente consapevole di avere i suoi occhi addosso.
(Come sempre.)
Enjolras ricambia lo sguardo.
(E non è la prima volta, non lo è — e allora perché gli pare che lo sia?)
Restano lì, vis a vis. La schiena di Grantaire è una linea diritta e impertinente, le sue spalle immobili, i suoi capelli un disastro scompigliato di ricci impolverati, e questo è tutto ciò che ha in comune con Enjolras. Restano lì, opposti l’uno all’altro per colore e pensiero e persino nell’espressione: la bocca di Grantaire è lievemente arricciata all’insù agli angoli, mentre il viso di Enjolras è impassibile e severo nonostante il morso di calore che il vino gli ha riversato nella gola.
Eppure, il medesimo soffitto siede sulle loro teste. (Perché?)
Grantaire sospira così quietamente che Enjolras non l’avrebbe sentito, se non stesse trattenendo il fiato. (Perché sta trattenendo il fiato? Dev’essere per via di tutta l’eccitazione di oggi. È impaziente di vedere il popolo di Parigi sollevarsi, la città ammantata di rosso, un trono di orgoglio e coraggio per Madonna Libertà. La ragione è di certo questa.)
Grantaire non ha smesso di fissarlo, e solleva la mano che ancora tiene la bottiglia; la voce morbida, dice, «Destra,» — e poi solleva l’altra mano e dice, «Sinistra.»
Enjolras si acciglia. Non ha desiderio di ammetterlo, ma è incuriosito; quando Grantaire si dirige verso la finestra, Enjolras ruota su se stesso a tempo con i suoi passi, senza perderlo di vista neppure per un istante.
«Movimento,» dice Grantaire mentre si sposta, e poi si ferma sull’attenti, sbattendo piuttosto teatralmente i tacchi, e dice, «Stasi.»
Enjolras è ancora incerto, dunque Grantaire accenna alla stanza e dice, «Limite,» — poi fa un gesto ampio, quasi reverenziale, indicando la distesa di velluto nero e blu scuro che è Parigi, e dichiara: «Illimite.»
Enjolras sgrana gli occhi. Naturalmente. «La Tavola degli Opposti.»
Il punto del discorso continua a sfuggirgli, ma Grantaire china il capo elegantemente, e sembra soddisfatto.
«Molto bene,» dice, ma Enjolras non aveva concluso.
Si preme le dita contro il petto e dice, «Retta,» — e non gli sfugge il modo in cui gli occhi di Grantaire (blu, così blu, così terribilmente blu) si illuminano di divertimento mentre Enjolras lo indica e dice, gentilmente, «Curva.»
Grantaire arriccia il naso, impertinente. «Plauto sarebbe umiliato dal tuo senso dell’umorismo, Apollo.»
Enjolras sorride — un sorriso vero fatto di labbra premute insieme e linee attorno alla sua bocca e sguardo ammorbidito. Grantaire sembra stranamente sorpreso, ma lo nasconde sollevando subito il braccio in un gesto consumato, portandosi la bottiglia alla bocca.
Enjolras sospira, si passa una mano tra i capelli.
«Capisco ciò che intendi,» dice. «Le categorie di opposti sono irrinunciabili alla conoscenza. Attraverso le definizioni negative si realizza l’approccio più primitivo di classificazione del mondo sensibile — l’oscurità è l’assenza di luce, ed entrambe sono necessarie. Il popolo realizzerà che la nostra è una giusta causa, perché hanno conosciuto la libertà e ora ne sono privati. Non appena lo avranno capito, di certo si uniranno alla lotta.»
(Enjolras non chiede, E tu cosa farai, Grantaire? Non dice, Tu ed io siamo come il mare e la terra — la marea si alzerà se è il Sole a chiamarla? Non dice, Non so mai cosa aspettarmi da te, e questo sarà la mia rovina.)
L’espressione di Grantaire resta neutrale per un breve attimo, dopodiché l’uomo scuote la testa, come a dire che no, niente affatto, non intendeva questo. (E cosa, allora? Cos’è che non capisco — come sempre?)
Grantaire non offre alcuna spiegazione, ma solleva la bottiglia e ripete, «Drink with me.»
Enjolras beve.
(Naturalmente, pensa, mentre sta per morire — la Morte lo fissa con occhi neri e vuoti nelle mani di uomini che stanno solo eseguendo degli ordini. Naturalmente.
In cima alle scale che Enjolras stesso aveva tentato di abbattere, inciampa Grantaire — inciampa e si raddrizza e prosegue, senza curarasi della Guardia Nazionale, ed Enjolras vuole strillare, Ora ricordo. I principi dei numeri, il limite e l’illimite — vorrebbe dirgli, in due, Grantaire, siamo imprecisi, imperfetti, — ma non riesce a trovare la voce, non riesce a trovare — non riesce — e Grantaire è così vivo.
Enjolras solleva la bandiera, più rossa del sangue, senza dire nulla — ma la sua mano trova quella di Grantaire.
Muoiono. Come uno solo.
Perfetti.)
A/N.
Il titolo è il trentesimo dei simboli pitagorici, ovvero una serie di precetti che Pitagora imponeva ai propri discepoli. Le frasi in inglese sono tratte pari pari dalle canzoni del musical/film; questa storia l'avevo scritta prima in inglese e, nel caso, la trovate qui.
#notapraticaperchépotevoesprimermimeglio, nella dottrina pitagorica esiste una coppia di principi, l'uno (limitante) e la diade (illimitazione), che danno origine rispettivamente ai numeri dispari e ai numeri pari; i numeri dispari sono dunque considerati "chiusi", finiti, e quindi perfetti, mentre i numeri pari sono aperti, e imperfetti—perciò quando Enjolras capisce pienamente il riferimento di Grantaire, lo prende per mano per morire insieme: perché in due sono sbilanciati e imperfetti, mentre come uno solo non più. <3