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Autore: Lauur    10/03/2013    2 recensioni
Essere John Watson, ex-medico militare, dottore nel tempo libero e fidanzato/baby-sitter/collaboratore a tempo pieno dell’unico consulente detective del mondo, è di per sé un bell’affare.
Compiere quarant’anni poi, quando sei tutte queste cose insieme, lo è ancora di più.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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He likes making souffles


 
 
 
Essere John Watson, ex-medico militare, dottore nel tempo libero e fidanzato/baby-sitter/collaboratore a tempo pieno dell’unico consulente detective del mondo, è di per sé un bell’affare.
 
Compiere quarant’anni poi, quando sei tutte queste cose insieme, lo è ancora di più.
 
 
 
Quel giorno John aveva lasciato l’ambulatorio un paio d’ore prima del previsto.
 
- Permesso speciale da compleanno - gli aveva detto Sarah, concedendogli un fugace bacio sulla guancia.
 
 
In realtà John non aveva proprio voglia di tornare al 221B di Baker Street.
 
 
Si sentiva uno sciocco, sapeva bene come lui fosse fatto.
 
 
Ma nonostante ciò, quella mattina, quando aveva aperto gli occhi e si era ritrovato dinanzi a una selva di ricci corvini che gli solleticavano il naso, aveva sperato che, almeno per quella giornata, il proprietario dei suddetti ricci fosse stato un po’ meno se stesso e un po’ più un fidanzato qualunque.
 
Non avrebbe mica preteso mazzi di fiori, colazione a letto e regali strabilianti, e benché meno dichiarazioni romantiche o promesse d’amore eterno, ma almeno un bacio, un “Buon giorno” e un “Buon compleanno John”, sarebbero stati più che graditi.
 
Ma lui era Sherlock Holmes, e il fatto che da quando, al suo rientro dal regno dei morti  un anno prima, avessero iniziato a scambiarsi ripetutamente una vasta tipologia di fluidi corporei (parole sue), e a dire apertamente al mondo di essere vicendevolmente coinvolti in una relazione di coppia (sempre e solo parole sue), non lo aveva cambiato assolutamente, neanche di una virgola.
 
Questo era sempre andato bene a John Watson; lui amava il consulente detective così com’era, nonostante gli aspetti spigolosi e inconsueti (per usare due eufemismi) del suo carattere.
 
Lo amava, e tanto.
Per questo avrebbe abbozzato (come sempre) e sarebbe finito a fare gli occhioni da cucciolo nella speranza di smuovere il suo ragazzo dalla cucina (e soprattutto dal suo fido microscopio) per strappargli l’ardita concessione di una cena da Angelo.
 
Beh, in fondo cosa c’era di meglio per festeggiare adeguatamente il suo quarantesimo compleanno?
 
 
 
 
Una volta aperta la porta di casa, John notò subito che c’era qualcosa che non andava.
 
Era il sette di luglio, e Londra gli aveva dato in dono una deliziosa giornata di sole, ma il tepore che lo aveva investito quando era entrato nell’appartamento era decisamente innaturale.
 
Non appena ebbe scandagliato il salotto alla ricerca di Sherlock, si rese conto che la porta a vetri scorrevole della cucina era chiusa.
 
La cosa lo allarmò non poco, dato che, l’ultima volta che l’aveva trovata serrata, Sherlock stava indagando sui kamikaze improvvisati creati da Moriarty.
 
Un brivido gli corse lungo la schiena.
Le sue narici si riempirono dell’odore del cloro.
 
I sensi del dottore si risvegliarono ben presto da quel momento di lieve torpore, quando il cloro fu sostituito da quello che sembrava essere profumo di cioccolata.
 
Cosa diamine stava succedendo in casa sua?
 
Non appena quel pensiero attraversò la sua mente, sentì il telefono vibrare ed emettere il trillo che annunciava l’arrivo di un sms.
Era quasi certo di conoscerne il mittente.
 

Sono in cucina. SH

 
Un sorrisetto beffardo attraversò il viso di John.
Se avesse scommesso cinque sterline…
Stava per rispondere con una frase ironico-sferzante sul perché si fosse chiuso in camera caritatis, quando il telefono prese a trillare per l’arrivo quasi simultaneo di due sms.
 

Sei tornato prima del previsto. SH
Sto lavorando. Da solo. SH

 
Eccolo lì, il suo fidanzato, dolce e affabile nei momenti giusti.
Decide di iniziare una conversazione con lui, seguendo i suoi discutibili metodi.
 

Perché stai chiuso là dentro? Vuoi dimostrare a tutti che la diagnosi di sociopatia è corretta? JW
 
Ho bisogno di concentrazione, John. SH
 
E di morire per asfissia in una cucina 2x2 dove ci saranno minimo 50 gradi? JW
 
Secondo i miei calcoli attuali circa 75. SH
Ma non ho dato fuoco alla cucina, ne a nessuna delle sue componenti. SH
 
E allora cosa diamine stai facendo?
 
Non ti firmi più. Ti stai innervosendo. SH
 
Si, ottima deduzione. Ribadisco la domanda.
 
Sto conducendo uno studio sui lieviti. SH
 
Proprio oggi??
 
Se non oggi, quando John? SH
 

John emise un involontario sospiro. Sperava che, almeno all’incalzare dell’esclamazione “Proprio oggi” il cervello del suo caro Sherlock si mettesse in moto.
Povero illuso.
Sciocco sentimentale.
 
Nella scala di valori di Sherlock Holmes i compleanni stavano qualche gradino più in basso rispetto al sistema solare. E ciò era tutto dire.
 
Ennesimo trillo.
 

John? SH
 
Non stavi lavorando “DA SOLO”? Non vorrei tediarti oltre.
 
Bene. SH

 
- Stronzo. – Sibilò John, davvero contrariato. – Te la do io la camera sterile a 75 gradi per la coltivazione dei lieviti.
Decise di ignorare la suoneria del suo cellulare e si avventò contro la porta scorrevole.
 
Nonostante fosse chiusa a chiave non ci volle eccessiva forza per farla cedere.
Ah, le care, inutili, serrature di Mrs. Hudson.
 
La scena che il dottore si trovò di fronte fu a dir poco spiazzante.
 
Il tavolo della cucina era stato sgombrato dagli strumenti da piccolo chimico di Sherlock, e ripopolato da una quantità innumerevole di libri aperti.
 
Il lavabo era pieno di piatti sporchi, ciotole e utensili da cucina che nemmeno John sapeva di possedere.
 
Il piano cottura era stato invaso da cinque teglie di ceramica, cilindriche e alte, che a John ricordarono quelle usate dalla madre per cuocere i Soufflè.
 
Ma la cosa più sconvolgente era Sherlock, seduto con fare contemplativo a terra dinanzi al forno. Le dita delle mani congiunge sulle labbra e gli occhi chiusi in meditazione.
 
- Sherlock… - disse titubante John.
 
- John, la tua cocciutaggine è allo stesso tempo il tuo più grande pregio e il tuo più grande difetto. – sentenziò il detective con fare sornione, mantenendo gli occhi ancora serrati.
 
- Scusa? – domandò il dottore, incredulo.
 
- Ti avevo detto che avevo bisogno di lavorare da solo. – proferì, sembrava stizzito.
 
- Oh. – esclamò il suo coinquilino, deluso. – Se è così che stanno le cose, esco.
 
- Non essere sciocco. Resta. Ci siamo quasi. – disse Sherlock, spalancando gli occhi.
 
- Ci siamo quasi per cos…
 
La frase di John fu interrotta da quello che era, senza dubbio alcuno, il suono del timer del forno.
Quindi il loro forno aveva un timer, buono a sapersi.
 
Sherlock aprì con fare reverenziale il portello del forno.
 
John gettò un occhio sui libri sparsi sul tavolo. Erano tutti aperti sulla pagina della stessa ricetta.
 

Soufflè al cioccolato dal cuore morbido.

 
John distolse lo sguardo, allibito, e tornò a guardare in direzione del forno.
Si rese così conto che gli stampi in ceramica disseminati sul piano cottura non erano del tutto vuoti, ma pieni di qualcosa che avrebbe dovuto avere la pretesa di essere un soufflé.
 
Nel contempo, Sherlock aveva tirato fuori dal forno il sesto degli stampi in ceramica, dal quale svettava gonfio e fiero un succulento soufflé al cioccolato.
 
Il sorriso sul volto del detective era così sincero e cristallino che John pensò di poterne rimanere accecato.
 
- SI! John! Si! Ce l’ho fatta! – esclamò con la stessa foga con cui, di solito, annunciava un triplice omicidio commesso in una stanza chiusa dall’interno.
 
- Sei riuscito a fare… - cercò di incalzarlo John.
 
- Un soufflé John, mi sembra ovvio! Ah! E solo al sesto tentativo! – disse scattando in piedi, andando ad aggiungere il soufflé ai suoi fratelli meno fortunati che avevano già preso residenza sul piano cottura – Sai, John, che Julia Child sostiene che sia impossibile riuscire nell’impresa prima dei dieci tentativi? Ah!
 
- Julia chi? Sherlock, mi stai preoccupando. – ribattè John, con un’espressione che andava dal divertito al terrorizzato.
 
- Julia Child, John – disse il detective, come a sottolineare una cosa ovvia e conosciuta ai più – grande cuoca, ma mai grande come me! Puoi leggere tutto sul suo libro, lì sul tavolo. – e indicò distrattamente la massa di volumi.
 
- Tu hai cucinato sei soufflé, Sherlok, per battere questa fantomatica Julia Child? Sei impazzito? – domandò John sempre più allibito.
 
- Credo che purtroppo i miei primi cinque tentativi non possano essere degni dell’appellativo di soufflé, e di certo tutto questo non era iniziato come una sfida nei confronti della vecchia Julia, ma temo di essere diventato, col tempo, vagamente competitivo…  - replicò Holmes con fare quasi colpevole.
 
- E quindi, per amor del cielo, mi dici semplicemente perché hai fatto tutto ciò? – chiese il dottore al limite dell’esasperazione.
 
Sherlock sembrò ignorare la sua implorante domanda, e iniziò a parlare come se stesse spiegando la sua mirabolante risoluzione di un caso.
 
- Sai, John, ho letto otto ricette per il Soufflè, su otto libri diversi scritti da otto diverse cuoche, provenienti da diverse parti del mondo ma nessuna di loro, nemmeno Julia Child, aveva capito che il vero segreto del Soufflè sta nella chimica.
Oh, la chimica è la chiave di tutto, John.
Il forno deve essere ben caldo, duecento grandi, in modo che il calore coaguli velocemente le proteine delle chiare d’uovo montate a neve.
Dentro il Soufflè si formano dei gas: l’aria incorporata dalle chiare si dilata e il vapore dell’impasto si sprigiona.
Quando il reticolo proteico diviene solido e ben strutturato i gas vengono trattenuti dentro l’impasto.
In questa fase non bisogna assolutamente aprire il forno perché basterebbe una minima corrente d’aria fredda per smontare il soufflé (come hanno sperimentato i miei primi cinque aborti).
Successivamente il calore permette alle chiare spinte verso l’alto dal vapore di divenire solide e formare la crosta. 
Ergo, il soufflè resta gonfio anche quando sotto l’aria si raffredda.
 
- Sherlock… – esalò John, cercando di mantenere un’espressione seria in viso. Non avrebbe mai pensato di sentire parlare di pasticceria in quei termini – sono lieto che tu mi abbia ritenuto un degno depositario di cotanta scienza, ma mi chiedo ancora…perché??
 
Eccolo nuovamente lì, il sorriso accecante di Sherlock.
 
- Come al solito, John, tu guardi ma non osservi.
 
- Basta con questa storia, Sherlock! – sbottò John scocciato. Stava anche iniziando a sudare dentro quella camera a gas al cioccolato – Non sono uno stupido!
 
- Oh, John – e il sorriso solare si trasforma immediatamente in uno sornione – Come ti vengono certe idee?
 
In uno svolazzio di vestaglia blu, Sherlock si gira non curante verso il piano cottura.
 
- Signor Holmes, - sibilò John, davvero contrariato stavolta - gradirei almeno che mi guardassi mentre mi lanci i tuoi educati insulti, perché, sai… –.
 
Ed ecco che, inaspettatamente, le sue parole vennero interrotte da  Sherlock, il quale si voltò nuovamente verso John, stringendo tra le mani il suo tronfio capolavoro, sormontato da una candelina a forma di quaranta che bruciava allegra.
 
- Buon compleanno, Jawn. – disse il detective con un una voce bassa e vibrante.
 
John spalancò la bocca in una più che evidente espressione di sorpresa.
 
- Il Soufflè è per te. – continuò Sherlock, con la sua voce di velluto, aumentando leggermente la velocità dell’eloquio  – Siamo una coppia, e una coppia festeggia insieme il compleanno, o almeno così sostiene Molly Hooper. Quindi, se l’idea non ti dovesse piacere, prenditela con lei.
 
Se a John Watson avessero chiesto di ripetere ciò che Sherlock aveva appena detto, non avrebbe saputo proprio come rispondere.
 
Aveva iniziato a essere confuso al “Buon compleanno, Jawn”, ed aveva completamente perso il filo del discorso alla parola “coppia”.
Perché quella parola, pronunciata da Sherlock, aveva un sapore tutto speciale, e un significato quasi ultraterreno.
 
Fu allora che iniziò a guardare al suo ragazzo con occhi diversi. Non quelli indagatori di una madre che cerca di scoprire quale sia l’ultima marachella fatta dal figlio, ma quelli di un uomo innamorato che rispecchia il suo sguardo nell’oggetto del suo amore.
 
- Sherlock, io… - cercò di balbettare, ma riuscì solo a spegnere la candelina con un soffio tremante.
Poi concesse a Sherlock la risposta più esaustiva di tutte: un lungo bacio che valeva più di mille parole, e che teneva racchiuso dentro di se ogni prezioso attimo passato insieme.
Ad ogni bacio John faceva corrispondere un sorriso, rendendosi conto di avere ancora così tanto da scoprire su Sherlock Holmes.
Ben presto il dottore si ritrovò sul pavimento, accanto a un consulente detective dai capelli infarinati, le labbra rosse e le guance imporporate da ogni tipo di calore immaginabile.
Fecero l’amore così, sulle piastrelle della cucina di Mrs Hudson, e John non ebbe timore di dire che quello fu il regalo di compleanno migliore che avesse mai potuto desiderare.
Il Soufflè li guardava sardonico dal ripiano della cucina, nella lunga attesa prima di essere mangiato.
 
 

 
 
 
 
Note della scribacchina:
 
Intanto, siete degli eroi se siete arrivati fin qui. Complimenti!!
E lo so, lo so, è sabato sera, e non si dovrebbero scrivere certe cose, ma questo passa il convento!
Poi:
- Il titolo è in onore di Patta97, del Doctor Who, e di Clara Oswald che ama fare soufflé.
- Il compleanno di John pare fosse il sette di luglio ( a dire di ACD )
- Julia Child è una donna fantastica, cuoca per caso e per passione, che potete conoscere (qualora non la conosciate) attraverso il film Juli&Julia.
 
Spero che non ci siano solo insulti dopo questa lettura!
A presto
Lauur
  
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