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Autore: Ari_92    10/03/2013    7 recensioni
L’ultimo anno di liceo è passato, e per molti è arrivato il momento di pensare al futuro.
Tutto è andato esattamente come sappiamo, se non per il fatto che Kurt non ha mai spiato i Warblers, e non ha mai conosciuto Blaine.
Rachel parte per New York e Kurt la segue: dopotutto non ha niente a trattenerlo a Lima.
Tra nuovi incontri e tentativi di lasciarsi il passato alle spalle, Kurt dovrà fare i conti con qualcuno che ha smesso di credere nell’amore, con chi ce l’ha sotto al naso ma non riesce a vederlo e con chi - forse - l’ha appena trovato.
Intanto, se Rachel prova a dimenticare Finn, di certo non dimentica il suo biglietto ferroviario per New Haven.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt, Quinn/Rachel
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 12
 

“Io penso che un tuo bacio può valere le macerie in cui forse un giorno mi lascerai.”
_G. Cercasi








 
Nei due giorni immediatamente successivi al loro rappacificamento, Kurt non poté fare a meno di godersi il modo goffamente imbarazzato in cui lui e Blaine si stavano riavvicinando, all’insegna di una gentilezza reciproca ai limiti del patetico e della sistematica ossessione al non contraddirsi per nessuna ragione al mondo.
Kurt lasciava semplicemente che Blaine gli sorridesse, gli parlasse e passasse del tempo con lui, nello sforzo quasi doloroso di non chiedersi nelle mani di chi sarebbe finito quella sera.
E quella successiva.
E quella dopo ancora.
 
Sapeva che rimanere vicino a Blaine avrebbe finito per ferirlo, esattamente come era perfettamente consapevole di non poterne fare a meno.
 
«Ti do una mano?» Kurt alzò lo sguardo dalle sue confezioni di cibo precotto e sorrise a Blaine, che indicava le scatole alle sue spalle offrendogli il suo aiuto.
«Blaine, sono scatole di minestrone. Non sono così pesanti.» Blaine sembrava confuso, come se non avesse nemmeno preso in considerazione quell’aspetto. In ogni caso annuì in fretta, appoggiandosi cautamente allo scaffale semivuoto alle sue spalle. Kurt non poté davvero fare molto per evitare di concentrare la sua attenzione sul modo in cui i jeans gli aderivano alle gambe, o alle sue braccia muscolose-non-così-tanto-ma-abbastanza piegate sul ripiano dei condimenti.
 
«...Kurt?» Lui abbassò lo sguardo tanto in fretta da avvertire un discreto dolore ai muscoli dietro al collo.
«Mm?»
«Ti ho chiesto se hai già qualche programma per pranzo.» Ripeté Blaine per quella che era evidentemente la seconda volta – Kurt si rifiutava di prendere in considerazione che fossero di più – e lui si limitò a sorridere, scuotendo leggermente la testa.
«Allora potremmo mangiare insieme. Se vuoi provare qualcosa di diverso ha appena aperto un nuovo ristorante qui in zona- »
«Il posto dove siamo sempre andati andrà benissimo, Blaine. Scusa un secondo...» Kurt si alzò velocemente in piedi e si infilò una mano in tasca, estraendo il cellulare che aveva appena iniziato a suonargli.
 
Blaine sapeva che non avrebbe dovuto pensare a Kurt in quel modo.
Sapeva che erano amici, sapeva di avere bisogno di lui e sapeva anche che immaginarselo senza vestiti per buona parte del tempo che passavano insieme non era esattamente il metodo migliore di perseguire i suoi propositi.
Tuttavia, onestamente, in nessun modo avrebbe potuto evitarsi di far indugiare lo sguardo sulla sua bocca, o ignorare le sue gambe, il suo sedere e il suo sguardo così disperatamente magnifico.
Blaine non aveva mai visto niente di più bello. E pensare di averlo costantemente a portata di mano senza poterlo toccare lo stava facendo impazzire.
 
Kurt sapeva che tipo di vita conduceva, e lui non aveva niente da offrirgli. Gli voleva bene, certo, ed era attratto da lui in un modo quasi imbarazzante, sicuro, ma non poteva semplicemente privarlo di quella sua dolcezza innata, così rara che Blaine quasi non riusciva a credere di avere il privilegio di ammirarla ogni giorno.
Non poteva fare sesso con Kurt – sempre ammesso che Kurt ricambiasse la sua attrazione in assoluto – e poi girare pagina come se niente fosse. Kurt credeva nell’amore, a differenza sua.
Era un’illusione infantile, carina, che prima o poi si sarebbe lasciato alle spalle. Non voleva spezzargli il cuore, non era giusto.
 
Eppure, Blaine non si biasimò per aver fissato la mano del suo amico stretta attorno al suo cellulare ed averla immaginata in un contesto del tutto differente e non necessariamente edificante.
 
«Pronto?» Kurt era già arrabbiato.
Probabilmente il nome che aveva letto sul display prima di rispondere era stato sufficiente a prognosticare guai. Blaine era abbastanza sicuro che si trattasse della sua coinquilina: a quanto gli risultava stavano avendo qualche problema ultimamente.
«Oh, io benissimo! E tu? Per quanto ne so potresti benissimo essere morto da settimane. Ti costa tanto prendere in mano un cavolo di telefono e chiamare?!»
 
D’accordo. Evidentemente non si trattava di Rachel. A meno che non avesse lasciato l’appartamento che condividevano rifiutandosi di dare notizie di sé senza che Kurt gli avesse mai detto nulla al riguardo. Un attimo dopo, Blaine socchiuse appena la bocca.
 
Morto?
 
«Questa volta non ti farai perdonare così facilmente- aspetta, cosa?» Kurt spalancò gli occhi, riappoggiando la confezione di zuppa che aveva appena preso in mano.
«...Non posso crederci. E io che cosa faccio? Tu- Tu verrai qui, vero? Ti prego, dimmi che verrai qui.»
Era il suo ragazzo. Era abbastanza chiaro. Un ragazzo con cui evidentemente aveva litigato, magari lo stesso che era uscito con lui gli ultimi mesi di liceo.
 
Un ragazzo che Kurt stava pregando di venire lì, insieme a lui.
Nonostante ci fosse già Blaine, lì, insieme a lui.
 
Era un ragionamento stupido. Così stupido che Blaine non si stupì della conseguente stupidità della sua azione immediatamente successiva.
«Sei fortunato che ti voglio bene. Molto, molto fortunato- Blaine
 
Prima anche solo di pensare – perché era escluso che avrebbe fatto davvero una cosa così idiota a mente lucida – Blaine gli aveva già preso il telefono dalle mani, interrompendo la comunicazione.
 
Kurt rimase immobile a fissarlo per una buona dose di secondi, con un’aria del tutto sconvolta. Blaine era abbastanza sicuro di avere a sua volta qualcosa di simile dipinto in faccia. Quando Kurt parlò, Blaine aveva le sue buone ragioni per credere di essere uscito completamente di senno.
 
«Ti conviene dirmi che in quel telefono c’era una bomba o qualcosa del genere, perché altrimenti sei ufficialmente fuori di testa.» Blaine valutò velocemente le sue opzioni.
Dire la verità – ovvero che per qualche oscura ed insensata ragione era geloso del suo fidanzato – era del tutto fuori discussione. Tuttavia, inventarsi una bugia credibile atta a spiegare un comportamento del genere gli risultava abbastanza complicato.
 
«Pensavo fossimo amici, Kurt.» Improvvisò, con fare accusatorio. Era abituato a convogliare la tristezza nella rabbia. Kurt spalancò gli occhi, incredulo.
«Ma lo siamo, razza di menomato mentale- »
«E allora perché non mi hai detto di avere un ragazzo?» Kurt lo fissò come se gli fosse appena spuntata una seconda testa.
«Blaine, ti droghi?»
«...Eh?»
«Era Finn, il mio fratellastro nonché ex ragazzo della mia migliore amica molto schizofrenica e ultimamente molto lesbica! Mi ha richiamato dopo settimane dicendomi di aver mollato l’esercito e di voler tornare con Rachel. Così gli ho detto di venire qui e chiarire con lei, e adesso conoscerei anche la sua risposta se tu non mi avessi strappato il cellulare di mano!»
 
Blaine avrebbe voluto sprofondare nel pavimento appiccicaticcio del Pickle mart.
 
Non riusciva a credere a quanto aveva appena fatto e – soprattutto – si sentì un vero idiota nel trattenere un sospiro di sollievo.
Quali erano le sue intenzioni, esattamente? Tenersi Kurt come amico e fantasticare su di lui senza permettere a nessun altro di sfiorarlo?
Era irrealizzabile. Era stupido.
 
«Mi dispiace.» Disse semplicemente, consapevole che ogni altra parola che avrebbe potuto aggiungere non avrebbe fatto altro che aggravare la sua già precaria posizione. Tuttavia, Kurt non sembrava propenso a continuare la discussione né ad arrabbiarsi più di quanto non avesse già fatto. Prese un profondo respiro, abbassando per un momento le palpebre.
Blaine avrebbe voluto baciarlo più di qualunque altra cosa al mondo.
 
«Non importa. Lo richiamerò.» Disse alla fine, sforzandosi di abbozzare un sorriso. Kurt tornò alle sue zuppe, e Blaine tornò a fissare Kurt.
 
«...Blaine?» Lo chiamò dopo qualche minuto di silenzio, con un tono esitante. Il moro si affrettò ad allungargli il cellulare che ancora teneva in mano, non senza una certa dose di imbarazzo. Kurt lo prese, scuotendo leggermente la testa.
«Blaine, Finn non è il mio ragazzo, ma... Se lo fosse stato- Perché hai reagito in quel modo?» Blaine lesse qualcosa di simile alla speranza nei suoi – bellissimi, meravigliosi, incredibili – occhi. Era così bello da non sembrare nemmeno reale.
«Ti ho già detto che mi dispiace. Oggi ti offro il pranzo, okay?» Kurt cercò di nascondere la sua delusione abbassando lo sguardo.
 
«Okay.»
 
 

***

 
 
«Non sono normale.»
 
Nick alzò distrattamente lo sguardo dai piatti che stava lavando, trovandosi di fronte un Blaine particolarmente inquieto. Tornò ad strofinare il bicchiere che aveva momentaneamente lasciato sprofondare sul fondo del lavello.
 
«Dimmi qualcosa che non so, Blaine.» Lui sbuffò, appoggiandosi entrambe le mani sui fianchi.
«Si tratta di Kurt.»
«E anche questo è tutto fuorché una novità.» Sottolineò, con voce volutamente annoiata. Blaine lo fulminò con un’occhiataccia.
«Nick. Sono serio.»
«Vai. Ascolterò quanto è meraviglioso il tuo Kurtie, fingerò interesse e tutto il resto.» Nick ignorò del tutto l’ennesimo sguardo omicida appena ricevuto.
 
«...Okay, farò finta di non aver sentito. Diciamo che oggi Kurt era al telefono con un ragazzo. Era suo fratello, ma io ho creduto che fosse il suo fidanzato. ...Così gli ho preso il cellulare di mano e ho chiuso il telefono in faccia a Finn.» Spiegò in fretta Blaine, senza avere davvero il coraggio di guardare Nick in faccia.
 
Sapeva perfettamente a cosa assomigliava, raccontata in quel modo. Sapeva quanto fosse insensato da parte sua essere geloso, soprattutto considerando il tipo di vita che lui stesso conduceva. Non aveva alcun diritto di sentirsi in quel modo nei confronti di Kurt.
Nick si voltò a guardarlo, senza curarsi dei guanti di gomma gialli che sgocciolavano abbondantemente sul pavimento della cucina.
 
«Gesù, Blaine. Ti stai innamorando di quel ragazzo!» Blaine sbuffò una risata, scuotendo la testa.
«Ti prego. Sai benissimo come la penso- »
«Puoi pensare quello che vuoi. Le tue convinzioni non possono cambiare quello che provi.» Naturalmente, Blaine stava già iniziando ad innervosirsi. Era sempre così, quando Nick cercava di farlo ragionare. Avrebbe solo voluto che riuscisse a lasciarsi alle spalle il passato, in qualche modo.
 
«...Devo andare.»
«Blaine- »
«C’è un ragazzo che mi aspetta al bar giù all’angolo. Torno domattina.»
«Un altro? Ancora?» Blaine non rispose. Semplicemente, gli voltò le spalle e uscì in tutta fretta dalla cucina. Un minuto più tardi Nick sentì la porta di casa sbattere, e non poté fare altro che abbandonarsi a un sospiro sconsolato.
 
Si sfilò i guanti e tolse il tappo dal lavello, rinunciando all’eroico proposito di lavare i piatti in favore di una bella dormita: magari qualche ora di sonno in più gli avrebbe regalato la giusta ispirazione per riuscire a ricondurre Blaine sulla retta via. Dopotutto, se non lui, o in alternativa quel meraviglioso Kurt di cui aveva le orecchie piene da mesi, non aveva idea di chi altro potesse aiutarlo.
Raggiunse la camera da letto poco più tardi, e non poté fare a meno di imbambolarsi all’ingresso non appena si rese conto della presenza di un’altra persona, seduta sulla sua parte di materasso.
 
«Ehi.»
Jeff alzò lo sguardo su di lui, gli occhi spalancati di chi è troppo immerso nei propri pensieri per fare caso a chiunque altro. E, se non aveva sentito i passi tutt’altro che discreti di Nick dal corridoio, doveva essere preda di preoccupazioni piuttosto serie.
 
«Ehi.»
Rispose con un filo di voce, stringendo più forte il pugno su un ginocchio. Aveva qualcosa in mano, Nick non avrebbe saputo dire di cosa si trattasse esattamente. Quando il silenzio tra loro iniziò a farsi imbarazzante, Nick si sentì in dovere di dire qualcosa. Di solito era Jeff il chiacchierone tra di loro, e quell’improvviso cambio di rotta lo spiazzava.
 
«Credo che Blaine si stia innamorando di Kurt. Ho appena scoperto che è geloso di lui, oltre a parlarne come di un Dio sceso in terra e a propinarci monologhi inascoltabili su quanto sia adorabile. Pensa che oggi gli ha preso il telefono di mano mentre stava chiamando suo fratello, perché- »
«Nick?»
Lui si interruppe e piegò la testa da un lato, confuso. Non aveva mai visto Jeff così spiazzato da quanto ricordava. E ricordava bene, ricordava ogni cosa quando aveva a che fare con il suo migliore amico.
 
«Stai... Stai bene?- »
«So che non avrei dovuto, ma ho trovato il cassetto del tuo comodino aperto e l’ho presa.»
 Dischiuse lentamente il pugno, rivelando una striscia di stoffa a righe rosse e blu che entrambi conoscevano alla perfezione. Non avrebbe potuto essere altrimenti, dopo averla indossata tutti i giorni per quattro anni delle loro vite. Nick si sentì tremare le gambe, mentre la testa iniziava a girargli. Sapeva perfettamente che avrebbe dovuto nascondere meglio quella cravatta, eppure non l’aveva fatto.
Perchénon l’aveva fatto?
 
«Mi dispiace di aver guardato tra le tue cose, è solo- »
«Jeff. Guardi tra le mie cose da quando abbiamo sei anni. E poi non vedo cosa ci sia di così sconvolgente: ho solo conservato la mia cravatta della Dalton.»
Jeff ascoltò in silenzio le sue parole, annuendo leggermente. Nick si augurò che la cosa sarebbe finita lì, ma – quando il suo migliore amico si alzò dal letto e avanzò verso di lui fino a fermarsi a venti centimetri dalla sua faccia – era abbastanza sicuro che no, non era affatto finita.
 
«Che cosa vuoi che faccia, esattamente?»
«Cos- »
«Ti ho chiesto che cosa vuoi che faccia!»
Jeff stava quasi urlando, e quasi piangendo. Ed era impressionante quanto lui potesse soffrire di riflesso nel vederlo in quello stato.
 
«Jeff...»
«Devo fare finta di crederti? Devo convincermi che è stato normale per te rubare la mia cravatta quando ancora non ci parlavamo e tenerla nel comodino per tutto questo tempo?! Devo pensare che è una cosa da amici, che va bene così?»
Nick decise di fare un ultimo tentativo. In cuor suo, sapeva che non avrebbe funzionato.
«Questa è la mia cravatta- » Jeff indicò una piccola macchia scura in un angolo del pezzo di stoffa.
 
«Secondo anno, biologia. Ero seduto di fianco a Wes quando la sua stupidissima stilografica è esplosa macchiando d’inchiostro qualunque cosa nel raggio di due metri. Compresa la mia cravatta.»
 
Ora stava piangendo davvero, e Nick non si era mai sentito così disperato da quando gli aveva detto che quel bacio – quello che si erano dati mentre litigavano, quello del loro ultimo anno – era stato solo un errore.
 
«Jeff, per favore, non piangere- »
«Ti rendi conto della realtà, Nick? Puoi smetterla di fingere di non capire che sono venuto qui solo per te? Se ne sono accorti anche i sassi, okay?»
Si asciugò una lacrima con la manica del maglione e lo spinse senza troppa delicatezza da una parte, intenzionato a lasciare quella stanza il più in fretta possibile. Nick, però, lo prese per mano. Più o meno nello stesso istante in cui lo investì la consapevolezza che magari – più o meno consciamente – voleva che Jeff trovasse quella stupidissima cravatta.
 
«Lasciami andare- »
«Quando abbiamo fatto pace ti ho detto che quel bacio non è stato un errore,» Jeff sembrava confuso. Nick l’aveva sempre trovato così carino con quell’aria spaesata. Si avvicinò di un passo e – una volta certo che non sarebbe corso via – gli sfiorò timidamente un lato del viso con la punta delle dita.
«...Intendevo davvero quello che ho detto.»
Jeff si limitò a fissarlo per quella che gli parve tutta l’eternità. Poi socchiuse la bocca e iniziò a parlare, con il labbro inferiore che tremava ancora a causa del pianto.
 
«Se il tuo è uno strano modo per chiedermi di baciarci di nuovo, la risposta è sì. In caso contrario dimentica quello che ho appena det- »
Nick non aveva intenzione di dimenticare. Non dimenticava niente quando si trattava di Jeff.
Semplicemente, si alzò sulle punte dei piedi e lo baciò.
 
Non aveva la completa certezza di quanto stava facendo, affatto. Tuttavia, sapeva che in quel momento era esattamente quello che entrambi volevano. Sentì le dita di Jeff stringersi sulle sue spalle mentre avvicinava i loro corpi, con l’urgenza di chi aspetta da sempre. Nick gli afferrò istintivamente i fianchi con le mani, facendolo voltare e spingendolo senza troppa difficoltà verso il letto.
 
Non smisero di baciarsi quando le loro gambe cozzarono contro il bordo materasso. E nemmeno quando si lasciarono cadere sul copripiumone ancora intatto.
Jeff si separò dalle sua labbra con il fiato corto, senza tuttavia allontanarsi più di qualche centimetro da lui. Nick – prima di poter davvero rendersene conto – aveva già fatto scivolare le mani sotto la sua maglietta. Quando Jeff lo fermò, per un attimo desiderò sparire nel nulla.
 
«Io- uhm, scusa! Non volevo dire che dobbiamo- » Fu zittito con un altro bacio.
«Se domani mi dici che è stato un errore ti uccido.» Nick si sporse verso di lui e lo strinse tra le braccia, facendolo rotolare sul letto con lui e cercando le sue labbra.
 
E Jeff la considerò una garanzia più che soddisfacente.
 
 

***

 
 
«Non è normale.»
 
Rachel inarcò le sopracciglia, senza smettere di girare assiduamente un mestolo di legno nell’acqua che aveva appena messo a bollire.
«Chi non è normale?» Chiese, guadagnandosi un’occhiata scettica da parte del suo coinquilino, che l’aveva appena raggiunta in cucina.
«Beh, prima di tutto tu, dato che stai mescolando dell’acqua. E poi Blaine. È fuori di testa.» Rachel interruppe la sua sterile occupazione e si voltò verso Kurt, appoggiando i fianchi al piano di lavoro della cucina.
 
«Per il fatto che va a letto con chiunque?»
«No, per il fatto che è geloso.» Rachel incrociò le braccia al petto.
«Geloso? E di cosa?»
«Di me.» La ragazza spalancò gli occhi, per poi aprirsi in un enorme sorriso.
«Sul serio? E come lo sai?»
 
Kurt stava per dirlo. Stava sul serio per farsi scappare la faccenda della telefonata di Finn in quel modo, in una mera esposizione delle sue congetture riguardo la presunta gelosia di Blaine Anderson. Se avesse fatto qualcosa del genere, Rachel avrebbe avuto ogni ragione del mondo per accusarlo di anteporre i propri fatti personali ai suoi. Semplicemente, gliene avrebbe parlato con calma dieci minuti più tardi. Di Finn, e del fatto che – stando alla loro seconda telefonata di quel giorno – non aveva intenzione di raggiungerla a New York. O almeno non ancora.
 
«Diciamo che è abbastanza evidente.»
Rachel annuì e sollevò il contenitore pieno di pasta cruda dalla bilancia elettronica, per poi far sprofondare la loro cena nell’acqua bollente.
Kurt seguì con lo sguardo la traiettoria dei piccoli schizzi d’acqua generati da quella collisione.
 
«Glielo voglio dire.» La ragazza aggrottò la fronte.
«Kurt, ti voglio bene, ma non sono certa di seguire i tuoi flussi di coscienza stasera- »
«Che mi piace. Tanto. Voglio dirlo a Blaine, anche se lui non crede a questo genere di cose.»
«Kurt- »
«Sì, lo so: è una pessima idea. Ma mi conosci: a fingere faccio piuttosto schifo.» Rachel scosse la testa con un piccolo sorriso, girando – stavolta sensatamente – il contenuto della pentola.
 
«Concordo pienamente sul fatto che dovresti dirglielo. Se non altro mescolerà un po’ le carte in tavola, non credi?» Kurt si sporse per prendere due tovaglioli, deciso ad aiutare Rachel nell’allestire la cena.
«E tu invece? Hai preso qualche decisione riguardo Quinn?»
«Ho fatto come hai detto tu: le ho scritto un messaggio dicendole che andava tutto bene e che l’avrei chiamata presto...» Kurt attese qualche istante e, siccome il palese seguito di quella frase tardava ad arrivare, decise di agire per primo.
 
«E...?»
«E mi manca.»
 
Kurt e Rachel, mentre stavano avendo quella conversazione nella tranquillità della loro cucina, erano ben lungi dall’immaginare cosa stesse accadendo a pochi isolati di distanza, nell’ennesimo stereotipato appartamento squallido che iniziava sul serio a disgustare Blaine, quasi con la stessa intensità con cui lui odiava se stesso per le parole che aveva appena propinato allo sconosciuto con cui avrebbe dovuto passare la notte.
Naturalmente, erano ancora più lontani dall’immagine di una ragazza che – senza un motivo apparente – si trascina fino in stazione e sale sul primo treno per New York su cui le cade l’occhio nel tabellone delle partenze.
 
 

***

 
  
 
 
 
 
 
 
Eccoci qui ^_^
Ave, o elette anime sopravvissute alla performance di Come What May. Anche stavolta non posso dilungarmi perché ho talmente tanta roba da studiare che questa vita non basterebbe :’) *ride per non piangere*
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e vi anticipo che il prossimo conterrà una svolta non trascurabile ;) Un enorme bacio a chiunque abbia messo questa storia tra seguite/preferite/ricordate e soprattutto a chi la recensisce, che madda sempre il mio day u.u
Un ringraziamento particolare alla mia adorabile nonché stupenda moglie (che si da il caso sia anche la mia beta) che mi ha impedito di scrivere cose come “mane” al posto di “mani” o “il suo fratello” <3
A presto guys, vi amo!
_Ari
 
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