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Autore: LOLove    10/03/2013    0 recensioni
é così, tutto sembra svolgersi per caso, come se il filo conduttore del susseguirsi di azioni e pensieri si fosse scordato di alcuni passaggi o stesse andando a caso. A 16 anni non puoi sapere nulla, nulla di significativo almeno, a quell'età si è troppo piccoli per alcune cose e troppo grandi per altre. Ma chi lo decide questo?! solo noi possiamo scegliere o meno di fare qualcosa. Serve a questo il libero arbitrio.
A quell'età sembra tutto un dramma, nessuno riesce a capirti, semplicemente perchè nessuno può. A 16 hai tutta la vita davanti e chi ti circonda o l'ha vissuta da un pezzo o non ha avuto il coraggio di viverla e tu ti ritrovi nel mezzo, insieme a chi come te è ancora sul tortuoso cammino del no sapere, e può ancora cambiare le cose scegliendo cosa fare.
A questo punto allora è meglio camminare con quelli che come te non sanno, almeno non ancora!
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Si sentiva dal corridoio una stana e insolita musica provenire dall’aula magna.  Era un giorno come tutti gli altri.. anzi non proprio.
Era il primo dei tre giorni in cui a scuola ci sarei andata con piacere, dato che la cogestione era appena iniziata e ci avrebbe permesso di vagare di classe in classe o nei corridoi a nostro piacimento.
Le grandi porte che ci avrebbero finalmente fatto vedere chi produceva quelle note distorte si stava aprendo davanti a noi mentre la capogruppo avanzava davanti a noi con il suo ciuffo ribelle che svolazzava fuori dal cappello.
Sul palco suonavano con tutta la loro nonchalance Bobby, il batterista e gli altri musicisti: il chitarrista, il tastierista e il bassista.
Bobby lo conoscevo ormai da due anni, oltre che essere un mio compagno di classe era anche il mio migliore amico. I sui capelli ricci ondeggiavano al ritmo della gran cassa che teneva il tempo assieme alle bacchette che picchiavano ritmicamente su piatti e tamburi. Lo sguardo sembrava essersi concentrato su un particolare indefinito, come se gli fosse di ispirazione continuava a fissare la parete che delimitava il fondo di quella grande sala.
La sessione era chiaramente un’improvvisazione, i toni non erano del tutto accordati e apparivano leggermente dissonanti e troppo diversi tra loro per poter essere il frutto di uno spartito.
LA maggior parte dei ragazzi del gruppo si era sistemata nei posti in fondo alla sala, quelli generalmente occupati da quelli che intendono disturbare o non sono realmente interessati al gruppo.
Io e le altre, Alex e Hanna ci sedemmo invece nelle prime file, dove si poteva percepire ogni singola nota, che con la sua vibrazione riusciva a entrarti fin nelle ossa. Bob fece un cenno per farci capire che ci aveva viste e non avevamo infranto la promessa fatta il giorno prima.
Passammo l’intera ora totalmente assorbite dai continui brani suonati senza neanche un attimo di pausa. La stanchezza non sfiorava nemmeno uno dei musicisti completamente concentrati ed euforici per la loro performance. Noi di tanto in tanto facevamo commenti e apprezzamenti sui vari componenti di quel piccolo complesso.
Quando suonò l’intervallo avremmo dovuto tornare nella palestra per cambiare gruppo, ma Bob insistette per presentarci i suoi ‘colleghi’.
Hanna era entusiasta, dato che si trattava di musicisti con un pizzico di esperienza cominciò a chiedere loro quale fosse la chitarra più adatta per iniziare a suonare e quale l’amplificatore migliore per ottimizzare i suoni. La conversazione tra lei e il chitarrista, che non era neanche tanto male proseguì per 15 minuti buoni. Io e Alex restammo giusto un po’ in disparte perché noi di quelle cose non ce ne intendevamo affatto.
“Piacere Frederic!” una voce mi distolse dai miei pensieri. Era il bassista.
Gli occhiali neri incorniciavano i suoi occhi castani e un accenno di barba nera mette in evidenza la sua pelle chiara. Due labbra rosee e carnose racchiudevano il suo sorriso vivace. In quel momento la prima cosa che pensai è che non avevo mai visto un sorriso più adorabile e meravigliosa di quello.
“Io sono Alessandra” la mia mano strinse la sua tesa, e in quel momento un leggero brivido mi scosse la schiena.
“Sei un’amica di Bob?!”

“Già” accennai un sorriso. Non so per quale e assurdo motivo ma la sua vicinanza mi metteva a disagio. Come se fosse capace di confondermi.
Alex e Bob stavano parlando. La loro vicinanza colse la mia attenzione 
‘quando si decideranno a confessarsi l’un l’altro quello che provano?!’ ra loro c’era sempre stata quella piccola scintilla di attrazione, ma nessuno dei due era pronto a fare il primo passa. Forse la paura che qualcosa avrebbe potuto intaccare il loro rapporto era maggiore del desiderio di appartenersi. Quella cosa proprio non la concepivo. Sapevo dei loro sentimenti, entrambi mi confessavano quello che provavano, ma non potevo riferire all’interessato quello che sapevo, se la dovevano sbrigare da soli!
 
Il suono acuto della campanella ci fece scattare. Saltammo tutte e tre davanti all’ingresso di quella gigantesca sala e attendemmo che un addetto all’ordine ci riportasse in palestra per poter scegliere il gruppo a cui aggregarci. Pensai immediatamente che avremmo potuto benissimo passare un’altra ora nel gruppo musica ma purtroppo era già al completo, così ci toccò andare in un’ altro, decisamente più noioso.
 
Stranamente il livello di attenzione di tutte e tre aveva toccato il pavimento non parlavamo neanche tra noi. Qualcosa ci portava decisamente, a pensare a tutt’altro.
Osservando il tamburellare ritmico delle dita di Hanna pensai che stesse immaginando il suo avvenente chitarrista suonare un pezzo, facendo scorrere le dita velocemente sul manico della chitarra e sulle corde. Vedere Alex fissare il vuoto con quell’accenno di malinconia che era sempre presente sul fondo dei suoi occhini verdi mi fece capire che stava pensando a Bob.
Il ragazzo che stava cercando di intrattenerci parlandoci della cultura del Giappone, aveva decisamente su di me un effetto soporifero. Poggiai allora la testa sul banco e chiusi gli occhi. La prima cosa che mi venne in mente fu quell’incredibile sorriso di quel ragazzo appena conosciuto che mi si era impressa nel cervello nitida, pulita, senza alcuna sbavatura. Forse perché era passata appena mezz’ora. Mentre cercai di capire proprio perché quel ragazzo mi fosse venuto in mente il mio cervello andò in standby facendo vagare i pensieri verso una parte imprecisa del mio subconscio.
Un susseguirsi di immagini veloci mi attraverso la mente, il ragazzo, Frederic, che credevo fosse uno sconosciuto, in realtà lo avevo conosciuto anche l’anno prima, sempre durante la cogestione, ma lo avevo rimosso come se fosse stato solo un leggero accenno durante quei tre giorni dell’anno prima.
 
Il resto delle ore era passato abbastanza velocemente anche perché non avevamo dovuto prestare molta attenzione a quello che veniva dello dalle persone che tenevano i gruppi, ne quelle stesse persone pretendevano di riceverne. Al termine di quelle sei ore Bob era rimasto in auditorium, insieme alla sua amata batteria.
“no ragazze torno a casa tra un po’! Resto con Fred ad improvvisare” il suo luccichio negli occhi rivelava una profonda scarica di adrenalina che avrebbe anche potuto farlo suonare per giorni interi.
“Guarda che se vuoi noi ti aspettiamo, tanto non abbiamo nulla da fare” si affretto a dire Alex.
“Già, non ci sono problemi” dissi pe essere più convincente e sostenere la mia amica.
“Come preferite, a me può fare solo piacere. Anche perché così mi sentite suonare!” ancora quel luccichio, ma stavolta l’emozione era dovuta al fatto che Alex fosse tanto interessata ad ascoltarlo e pronta ad aspettarlo; e io lo avevo capito subito. Solo lei non se n’ era accorta.
“Scusate ma io devo andare, altrimenti perdo l’autobus” Hanna lo aveva detto così rapidamente, che mi ci volle un attimo per assorbire la parole che aveva detto. Ci salutò rapidamente senza lasciarci neanche un attimo per contestare. Mi parve che lo fece perché era come se si sentisse di troppo. Ma non ci pensai al lungo, mi sembrava troppo assurdo.
Erano appena le due e Alex e Bob si misero a parlare. Lasciando me e il povero Fred esclusi dalla loro conversazione.
“Tu hai suonato anche l’anno scorso, giusto?” non tolleravo il silenzio. Anche se sono timida non mi spiace riempire, anche con domane stupide, attimi di silenzio imbarazzanti.
“Ehm… Si” si vedeva che lo avevo colto un po’ alla sprovvista.
“Da quant’è che suoni?”
“Circa nove anni. Sai anche mio padre è un bassista è lui che mi ha trasmesso questa passione”
un sorriso sincero affiorò sulle sue labbra.
“Ah wow! Deve essere bello condividere qualcosa di così profondo” Guardare il suo sorriso mi fece sorridere a mia volta.
 
Cominciammo a parlare del più e del meno, delle sue altre passioni, della scuola, e dei suoi impegnatissimi pomeriggi trascorsi per la maggior parte a scuola di musica. Più ci parlavo e più capivo che eravamo molto diversi. Lui fin troppo impegnato e io che passavo i miei pomeriggi a studiare. Pensai solo che poteva nascere una bella amicizia, anche perché lui era nella band del mio migliore amico.
Praticamente suonarono appena per 5 minuti, perché tra chiacchiere varie ormai era ora di tornare a casa.
Il tempo di cenare che subito mi buttai sul letto come se la giornata fosse stata la più pesante dall’ inizio della scuola.
L’unico aspetto positivo del mese di Dicembre è che ti permette di accoccolarti sotto il piumone e addormentarti come se fossi avvolta in un caldissimo abbraccio. Una volta chiusi gli occhi, l’immagine di quel sorriso vece ancora capolino nel mio cervello. Pensai che scacciarla era inutile tanto valeva aggrapparsi ad essa e tenerla stretta come la parte migliore della giornata.
  
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