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Autore: Whitelily_    11/03/2013    5 recensioni
Sono un uomo degno di riprovazione?
Senza dubbio.
Sono un peccatore?
Non l’ho mai negato.
Lasciate che io vi dica che nessuno segue alla lettera le pagine di quel libro polveroso in cima ad un altare di marmo. Finiremo tutti all’inferno.
Tanto vale godersi il viaggio no?
Peccare - per usare un termine vecchio stampo - è l’unica cosa che ci rimane.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim, Moriarty, Sebastian, Moran, Sebastian, Moran
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La guerra. Oh, sì. La guerra. Ti dà belle ricompense. Davvero.

Non cercate di fare i perbenisti ora: so che state leggendo e state aggrottando le sopracciglia in disappunto nello scorgere queste mie parole.
Se non mi credete, confermate ancora quello che penso e ho sempre pensato del genere umano: un branco di deliziosi, sciocchi, poveri illusi.

Tutti combattiamo una guerra, sapete?

L’operaio che la mattina va a lavorare combatte ogni giorno per dare quello che serve alla sua famiglia; lo studente combatte per cercare di prendere una laurea ed affermarsi in questo mondo così incerto; gli animali combattono ogni giorno ovviamente per la sopravvivenza; i ricchi combattono per continuare ad esserlo e i poveri combattono, invece, perché vorrebbero migliorare la loro condizione. Il buon impiegato d’ufficio combatte sul proprio posto di lavoro e anche tu, certo, anche tu combatti anche solo per parcheggiare la macchina in centro all’ora di punta.

Ora stai sorridendo. Sei prevedibile.

Nell’elencare queste guerriglie da quattro soldi ho mancato -di proposito- la categoria più importante. La categoria che mi riguarda, che ti riguarda. La categoria che comprende le ombre, le persone agli angoli delle strade, con gli occhi spenti e la morte sulla punta delle dita.

I criminali.

Sono importanti i criminali, sapete? Anche loro combattono. Il criminale combatte per sfuggire alla cattura e, qualche volta, si dimentica addirittura quale sia esattamente la battaglia che porta sulle spalle. Perché, beh... sì. I delinquenti sono quelli che dovrebbero farvi più pena di tutti, perché la loro battaglia era simile alla vostra, perché la loro causa un tempo era giusta, perché anche loro tentavano di cambiare un mondo che va al contrario. 

Veniamo a noi. E io perché combatto?

Il problema, signori miei, è che la mia battaglia non l’ha mai capita nessuno. Credo, in tutta sincerità, di non averla capita nemmeno io.
Io sono partito facendo la cosa giusta, mettendomi al servizio del nostro rispettabilissimo paese.

Poi, mi sono semplicemente stancato di tutto questo e ho preso una strada diversa. Ho incontrato tante persone lungo il mio percorso, ma ce n’è stata una sola in grado di sconvolgerlo. O, per meglio dire, la vita me l’ero sconvolta abbastanza già da solo. Lui ha pensato a come farmi vivere dignitosamente. Lui mi ha fatto alzare in piedi, mi ha scrollato la polvere di dosso e mi ha reso di nuovo capace di camminare sulle mie gambe. Mi ha scaraventato dritto dritto all’inferno, ma la volete sapere una cosa?

Da dove sto io, qui in basso, il mondo si vede meglio. Si vede per quello che realmente è. La realtà noi la conosciamo almeno, senza che essa passi attraverso veli inutili. È crudele?
Beh, passerotti, la vita non è mai giusta.

Quanti di voi possono guardarsi intorno ed affermare senza il minimo dubbio che quello che vedete e vivete ogni giorno è la pura e semplice realtà? Su, su le mani.

Non vi accalcate. Ma, di nuovo, io lo immaginavo. No, rettifico, non me lo immaginavo. Io lo so.

Sono un uomo degno di riprovazione?

Senza dubbio.

Sono un peccatore?

Non l’ho mai negato.

Lasciate che io vi dica che nessuno segue alla lettera le pagine di quel libro polveroso in cima ad un altare di marmo. Finiremo tutti all’inferno.

Tanto vale godersi il viaggio no?

Peccare - per usare un termine vecchio stampo - è l’unica cosa che ci rimane.  

***

Vi ho già detto che non sono un uomo che dovreste imitare. Perché perdete ancora tempo a leggere le memorie di un peccatore?

Caspita, come sono melodrammatico oggi.

Jim Moriarty sarebbe orgoglioso di me. Voi lo conoscete il consulting criminal?

Oh, ma certo che lo conoscete, altrimenti non sareste qui a leggere queste poche righe.

***

 

Ricordo ancora quando ero bambino e mi costringevano ad andare in chiesa. Non che la mia infanzia sia stata particolarmente felice, badate, ma ho avuto anche io i miei anni di infanzia in grazia di Dio, è il caso di dirlo, perdonate se ho utilizzato delle parole così scontate e di così bassa comicità.

Ricordo ancora le insegnanti che ti si affiancavano e ti elencavano passo passo le cose dalle quali ti dovevi astenere per volare poi in paradiso.
Col senno del poi, seriamente, quante scempiaggini insegnano ai nostri figli?

Ci educano facendoci sentire in continuazione l’abominevole minaccia delle fiamme dell’inferno a bruciarci il culo. Se ascoltassimo davvero tutto quello che ci dicono... Beh, personalmente mi sarei ritrovato a trentacinque anni solo, calvo e con una vita di rimpianti.

Gradii particolarmente il momento in cui mi parlarono dei “sette peccati capitali”. La mia reazione fu qualcosa tipo “Oh, Signore, ho vissuto anni nella menzogna, la mia anima è irrimediabilmente corrotta! Sono condannato, finito, destinato a bruciare in un dolore senza fine!”

Mi viene da ridere, oggi. Considerando che lì avevo sei anni e che oggi ne ho qualcuno in più. E, soprattutto, da bambino pensavo che sarei finito all’inferno per aver detto alla mamma che avevo finito i compiti per andarmene invece a giocare in giardino.

Voi mi conoscete, suppongo. Sapete che cosa ho fatto. Le bugie... Magari fossero quelli i miei problemi!  Quelle sono diventate talmente automatiche quando lavoro che ormai ho smesso anche di dare loro un nome. Le bugie per me sono diventate puro e semplice istinto di sopravvivenza.

Escludendo i comandamenti, che ho infranto pezzo pezzo come il servizio di piatti di una di quelle famiglie italiane vecchio stampo fuori dalla finestra la notte di capodanno... mi piacerebbe ora considerare questi famosi e temibili sette peccati capitali che tanto mi terrorizzavano da bambino. Tanto per sorridere, e riconsiderare tutto quello che ho fatto - e che magari ancora farò- con quegli occhi chiari e la faccia pulita del bambino che sono stato. E perché no, per riderci su. Concedetemelo, suvvia.

***

Eccomi qua, comodamente seduto nel mio salotto- una volta tanto- con il portatile sulle gambe. Dico una volta tanto perché, almeno, dopo l’ultima missione passata a gelarmi il culo a Novosibirsk in Siberia, Jim Moriarty ha finalmente deciso di darmi un po’ di tregua. Non fosse altro se non perché lo stare a -40°C perfettamente immobile con un fucile in mano, a stretto contatto con il terreno -che probabilmente era anche più freddo- e le dita che ti stavano quasi cadendo per il gelo nonostante i guanti, mi ha fatto prendere un leggero raffreddore.

Quell’uomo è fortunato che io sia stato in guerra. Ma questa è per lui anche la sua sfortuna: prima o poi lo faccio fuori... dopo aver mandato le sue sinuose chiappe firmate in Siberia, ovviamente.

Comunque. Di cosa stavamo parlando? Ah, già. Dei peccati capitali.

Li conosciamo tutti, no? Nel caso aveste la memoria corta ci pensa il vostro Sebastian a ricordarveli. Superbia, Avarizia, Lussuria, Invidia, Gola, Accidia, Ira.

Va meglio, vero? Ne sono felice. Non perdeteli di vista, ci serviranno.

Da quale vogliamo iniziare? Direi di andare in ordine, mi appartengono tutti, qualcuno di più, qualcuno di meno.
Per partire come si deve con questa pazza idea direi di aiutarci con la sacrosanta Wikipedia, che è un po’ come la Mother Mary della canzone dei Beatles che viene nei nostri “times of trouble”. 1

Superbia: desiderio irrefrenabile di essere superiori, fino al disprezzo di ordini, leggi, rispetto altrui.”

Qualcuno ha probabilmente fatto la descrizione della mia vita in vizi capitali e l’ha messa su internet? Credo sia stupefacente. E forse un pizzico inquietante.

 

La Superbia. Senza dubbio il perfetto punto di partenza. Come tutte le storie da raccontare è sempre bene iniziare dal principio.

Vi ho parlato di guerra, all’inizio di questo mio confuso blaterare. Questo perché la guerra mi ha reso quello che sono ora, mi ha plasmato, reso più forte e mi ha fatto capire davvero quanto i nobili propositi contino poco, in realtà.

Cinque anni. Cinque anni a fare il loro burattino, in mezzo alla polvere, il sole cocente e i commilitoni che morivano ad uno ad uno: alcuni saltavano in aria per via di attentati alle nostre basi... Beh, è così che agiscono gli islamici, ma lo saprete meglio di me, considerando che giornali e notiziari vi avranno riempito la testa con il loro blaterare su quanto sia cattivo “il nemico”.

Perché, giustamente, noi siamo zuccherini, i nostri fucili sparano coriandoli e le nostre granate esplodono in tante caramelle. Tra americani ed inglesi faccio fatica a capire chi dei due sia peggiore, dico davvero.  

Dopotutto, chiunque fosse quel poveraccio che esclamò per la prima volta ‘Comandare è meglio che scopare’ ha tremendamente ragione. Nell’esercito funziona così, quasi a livelli spaventosi.

Il potere, signori miei, dà alla testa. E ve lo dice un ex Colonnello.

Il problema è che, fondamentalmente, nell’esercito, come nella vita reale, incontri persone di competenza, che sanno dove mettere le mani, e un Generale di brigata a caso che pensa di essere il re del mondo e di fare una partita a Risiko invece di considerare le persone che stanno rischiando la vita e non soltanto -per una volta! - il suo stramaledetto prestigio personale.

Se ho fatto carriera nell’esercito non è stato certamente perché cercavo la gloria personale. Solo un povero sprovveduto partirebbe a morire di sua spontanea volontà per farsi ammazzare nell’ipotesi remota di mettere qualcosa in tasca. Avevo perso ogni cosa, l’esercito era tutto quello che mi era rimasto. Mi ero arruolato nella speranza di diventare un uomo migliore.

Le cose dovevano andare diversamente, però, e mentirei se dicessi che la cosa non mi ha fatto piacere.
Sono un cattivo ragazzo, ve l’ho detto.

Se sapeste quello che ho dovuto passare...

Avevo la responsabilità di così tanti uomini e lui, questo Generale - Alexander Walker, come dimenticarlo- ancor più di me. Eravamo entrambi uomini che non temevano schierarsi in campo al fianco dei loro commilitoni, con la sola differenza che il buon generale Walker - pace all’anima sua- era un tiratore eccezionale. Peccato, però, che non fosse in grado di pianificare le operazioni come si deve.

L’avevo avvisato che la sua era un’operazione suicida. Non puoi mandare centocinquanta uomini all’attacco di una base decisamente più grande della nostra e armata fino ai denti, per giunta. La cosa più esilarante di tutto questo è che lui “avrebbe coordinato le operazioni dalla base”. Che personaggio simpatico il nostro Generale, non trovate?
Naturalmente mi sono offerto di coordinare le operazioni sul campo, non avrei mai lasciato tutti quegli uomini da soli, nonostante me lo sarei potuto permettere.

Mi piacerebbe avervi avanti uno ad uno per chiedervi com’è finita, secondo la vostra modesta opinione. Vorrei tanto rendermi conto se siete davvero delle persone intelligenti o se il mondo è pieno di idioti, come il caro Jim non fa che sottolineare almeno dieci volte al giorno. Allora... Volete sapere come è finita?

Mine antiuomo, dei buoni fucili e altrettanto buone granate hanno fatto crollare le nostre file come un castello di carte. I pochi superstiti - me compreso- sono stati fatti prigionieri e condotti su un’imbarcazione -chissà dove nei dintorni di Kabul-, torturati e lasciati a morire chiusi nella pancia di questa sottospecie di nave già maleodorante di suo... Vi lascio immaginare l’emozione dell’essere rimasto vivo, sofferente, ma cosciente in mezzo ai corpi in putrefazione dei miei commilitoni.

Di quelle quarantotto ore ricordo soltanto l’odore persistente del sangue, della morte e il dolore di quelle maledette ferite alla coscia che non mi permettevano di muovermi e continuavano a bruciare.

Credo sia superfluo dirvi che quando arrivarono quelle poche truppe che ci erano rimaste dopo la missione suicida e non appena mi trassero in salvo, mi diedero da bere e si presero cura delle mie ferite, la prima cosa che feci fu recuperare la mia Browning e, con la mano buona, sparare il caro Walker. Già, proprio in fronte non appena venne a cercarmi per chiedermi “che cosa mai fosse successo”.

Bam! Cacciato con disonore.

Venni portato via dall’Afghanistan e trasferito nuovamente in patria, in un ospedale dell’Inghilterra per aspettare che le mie ferite guarissero prima di essere sottoposto ad ipotetici provvedimenti per il mio gesto.

Ed è lì che lo incontrai, Jim Moriarty. In ospedale. Venne a prendermi lì, dicendo che non avrei dovuto preoccuparmi più di nulla e che ora mi avrebbero trasferito in una clinica privata, a sue spese.

Non sapevo cosa pensare, ero terribilmente stanco e avrei accettato di buon grado davvero qualsiasi cosa.

Ne fui orgoglioso però, quando capii cosa era successo. Col senno del poi, signori, quello fu il superbo inizio di un’altra storia altrettanto grande, quel filo rosso e indissolubile che mi lega alla più grande mente criminale di tutti i tempi, James Moriarty, unico consulting criminal del mondo e mio nuovo superiore da quel momento in poi.












1 Ovviamente ci si riferisce a Let it be- Beatles












Note dell'autrice: 

Rieccomi, con un progetto niente male. Come si può intuire dal titolo - e dal contenuto ( e a proposito, visto che siete arrivati sin qui a leggere vi ringrazio preventivamente!) - questa storia si basa sui "sette peccati capitali". E, inizialmente, devo dire che l'avevo pensata davvero... beh, diversa. Si è rivelata diversa, scrivendo. Non era stata questa la mia idea iniziale, ma questo è un nuovo stile che sto avendo il piacere di sperimentare e mentirei se vi dicessi che non mi sto divertendo. Vorrei ringraziarvi tutti, uno ad uno se vi siete fermati a leggere e avete dedicato a questa storia del tempo e se gliene dedicherete in futuro. Non so se riuscirò a postare in periodi costanti - è ancora in corso, infatti - ma l'idea è più o meno chiara nella mia mente, su quello che dovrebbe contenere ogni capitolo.
Un'altra piccola nota: il rating della storia potrebbe cambiare nei prossimi capitoli. Non ne sono ancora sicura e vi prego di non volermene se succederà. 

Un abbraccio in particolare va alla mia beta, SAranel. Grazie, piccola. Il tuo lavoro e i tuoi incoraggiamenti sono preziosi. 

Ed il mio abbraccio va anche a te, singolo lettore.


   
 
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