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Autore: Northern Isa    12/03/2013    5 recensioni
Thor e Loki: fratelli più diversi non potrebbero esistere. Thor è tutto ciò che Loki non è, eppure vorrebbe essere: forte, irruente, prestante, degno figlio di suo padre. Da tempo Loki ha imparato che, per emergere agli occhi di tutti, deve smettere di cercare di assomigliare a Thor. Cosa meglio della magia può controbilanciare la sua mancanza di prestanza fisica? E quale posto più adatto di Durmstrang può insegnargli tutto quello che deve sapere per primeggiare una volta per tutte su Thor? Specialmente se l'Istituto per gli studi magici nasconde un terribile segreto che solo Loki riuscirà a carpire.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Frigga, Loki, Odino, Thor
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5:

Thor stava attraversando il lungo corridoio di marmi pregiati che l’avrebbe condotto nella Sala del Trono cercando di impiegare più tempo che poteva. Poco prima era stato avvisato da uno dei servitori a palazzo che suo padre desiderava vederlo. Immediatamente un corno d’allarme aveva iniziato a risuonare nel cranio del principe. Il servitore aveva riferito il messaggio di Odino senza lasciar trasparire alcuna emozione, né l’umore di Padre Tutto. Poteva trattarsi di qualsiasi cosa, ma un istinto primordiale suggeriva al giovane che ci fossero guai in vista. Thor aveva sempre amato gettarsi a capofitto in duelli, sfide e avventure, ma se Odino era arrabbiato con lui, quella sarebbe stata una battaglia che non avrebbe potuto vincere.
Così riflettendo, il principe era giunto fino alle porte della Sala del Trono, quando d’un tratto queste si aprirono, lasciando passare il servitore che poco prima gli aveva comunicato di recarsi in quella parte del palazzo.
- Principe, - esordì questi, chinando il capo, - il Padre degli dei vi sta aspettando nella Sala dei Tesori.
Thor trattenne il respiro, improvvisamente attraversato dalla consapevolezza di ciò che lo attendeva. Lo aveva sospettato fin dall’inizio, ma adesso ne aveva la certezza.
Il servitore continuava a guardarlo come se stesse aspettando una risposta. Thor gli rivolse un’occhiataccia, lo ringraziò e gli voltò le spalle, per poi dirigersi verso il luogo che gli era stato indicato.
Non riusciva a togliersi dalla testa il ricordo dell’espressione che Padre Tutto gli aveva rivolto quando l’aveva scoperto nella Sala dei Tesori insieme a Loki. Il principe non si era aspettato certo di passarla liscia, ma aveva iniziato a sperarci quando i giorni erano trascorsi senza alcuna reazione da parte di Odino. Lo stesso essere confinato nelle sue stanze probabilmente era stato più un suggerimento di sua madre Frigga che non una punizione impartita dal Padre degli dei.
Era trascorsa appena mezza giornata dalla partenza di Loki, e ora Odino desiderava vedere il suo primogenito. Thor era sicuro del fatto che sarebbe arrivata una bella strigliata di testa – tanto per usare un eufemismo -, e ora capiva anche perché il dio aveva scelto quel momento: non voleva fargliela con Loki in giro per il palazzo. Thor sospirò, riscoprendosi a invidiare il fratello minore, che a quell’ora era ben lontano dall’ira paterna.
- Eccomi, padre. – esordì il principe, facendo il suo ingresso nella Sala dei Tesori.
Odino gli mostrava la schiena e aveva intrecciato le dita sul suo mantello color porpora. Quando cambiò posizione per voltarsi verso il figlio, Thor seppe con fatale certezza che aveva impiegato l’attesa fissando Mjolnir.
- Ti ho mandato a chiamare – esordì Odino con voce salda, - perché tu ti renda conto del modo stupido e infantile con cui mi hai disobbedito.
Bastarono quelle prime parole del padre perché il sangue nelle vene di Thor iniziasse a ribollire. Il principe digrignò i denti, continuando a guardare il genitore fisso nell’unico occhio.
- Padre, lascia che ti spieghi… - esordì il giovane, tentando di mantenere a freno il senso di ingiustizia che l’aveva travolto e aveva iniziato a far montare la rabbia dentro di lui.
- No! – lo interruppe severamente Odino, - Per una volta, ascolterai. Vi avevo o non vi avevo proibito di entrare nella Sala dei Tesori senza il mio permesso?
- Sì, - rispose Thor, distogliendo per un attimo lo sguardo, - ma io vi sono entrato solo perché mi sono accorto che Loki era già lì dentro!
- Lascia tuo fratello fuori da questa discussione. – lo ammonì il genitore.
- Come hai fatto tu, chiamandomi dopo la sua partenza, vero? – ribatté con stizza l’altro.
Odino gli rivolse un’occhiata penetrante.
- L’unica colpa di Loki è stata quella di entrare nella Sala dei Tesori.
In quel momento, Thor capì che il padre gli stava rimproverando dell’altro, ma non riusciva a immaginare cosa. Si sforzò allora di essere conciliante.
- Hai ragione, - convenne il giovane, mettendo le mani avanti, - non avremmo dovuto disobbedirti. Ma tu ci hai sempre vietato di venire qui per via degli oggetti pericolosi che vi sono conservati. Non capisci, padre? Ora il problema è risolto.
Odino sollevò il sopracciglio sovrastante l’occhio buono e serrò le labbra.
- Che cosa vuoi dire con “è risolto”?
Thor svelò un sorriso confidenziale.
- Non si tratta più di oggetti troppo pericolosi… per me almeno. Ho impugnato Mjolnir, non hai visto? Questo vuol dire che sono degno di quell’arma.
- Sono io che stabilisco se sei o non sei degno! – tuonò Odino, facendo tintinnare alcune delle lame appese alle pareti.
Thor sgranò tanto d’occhi, incapace di credere alle parole del padre.
- Ma… padre! È uno degli incantesimi scagliati su Mjolnir… Ci hai sempre detto che sarebbe stato impugnato solo da chi ne fosse stato degno! – ribatté con un tono che era un misto tra l’incredulo e l’arrabbiato.
- Chi credi che abbia scagliato quegli incantesimi sul martello? Sono io che ne ho ordinato la creazione, io che l’ho benedetto! Sono io che decido quando potrà essere impugnato. E il tuo momento non è ancora giunto, per questo non avresti dovuto toccarlo.
Thor scosse le spalle in un impeto di rabbia.
- Mjolnir ha scelto me! – gridò, tentando di sovrastare la voce del padre, - Sono io che lo impugnerò, io sono stato designato come futuro re di Asgard.
Odino dilatò le narici, digrignò i denti e sgranò la palpebra.
- Sei solo un arrogante! Credi che sia tutto deciso, ma non è così! Non dimenticarti che io sono il tuo re prima che tuo padre, e io ho l’ultima parola. Non ti consegnerò un’arma così potente finché non avrai la maturità necessaria per brandirla!
Thor si riscoprì ad ansimare per la collera, ma sapeva che ormai erano arrivati a un punto morto. Suo padre non avrebbe cambiato idea, eppure era così ingiusto.
- Puoi dire quello che vuoi, ma non puoi cancellare il fatto che sono riuscito a impugnare Mjolnir qualche giorno fa. – concluse il principe, volgendo le spalle a Padre Tutto e raggiungendo a grandi passi la porta della Sala dei Tesori.
- Ma, che ti piaccia o no, posso impedire che tu lo brandisca di nuovo. – lo ammonì infine Odino.
 
I rintocchi della campana di Durmstrang riecheggiarono per tutto il castello, rimbalzando sui lastroni di pietra che ne rivestivano le mura e sui bassorilievi, le cui figure si muovevano seguendo il cammino degli studenti diretti a lezione. Udendoli, Loki accelerò il passo e scansò un paio di ragazzi che si affrettavano nella direzione contraria.
Il figlio di Odino aveva trascorso la notte nel dormitorio maschile che occupava quasi totalmente l’ultimo piano del castello. Quella soluzione non l’aveva troppo sorpreso, visto il genere di cena consumata la sera prima, tutti ammucchiati in cucina. All’inizio il russare di quel Fabian Fett era stato insopportabile, ma la stanchezza del principe era stata così tanta che si era addormentato, dimenticandosi di curarsene. Ora, dopo una magra colazione di pane e formaggio in cucina, si stava dirigendo verso l’aula di Religione, dove il maestro Dyrkason avrebbe tenuto la sua lezione.
Loki attraversò un uscio di legno e si ritrovò in un ambiente piuttosto spoglio, eccezion fatta per i piccoli scranni e sgabelli su cui gli studenti iniziarono a prendere posto.
L’insegnante fece il suo ingresso nell’aula quando tutti i ragazzi erano ormai seduti. Indossava una lunga veste viola ricamata con motivi dorati e la sua barba fulva era stata accuratamente pettinata.
- Buongiorno a tutti, giovani desiderosi di apprendere! – li salutò il mago, allargando le braccia in un gesto che era un misto tra una posa solenne e un tentativo ideale di abbracciarli tutti. – Come tutti voi sapete, i Valorosi sono sempre stati sostenitori di un’istruzione completa, l’illustre Mokk in particolare ha voluto che a Durmstrang si insegnasse, accanto alle diverse branche della magia, la Religione. Vedete, ragazzi, un mago senza il timore degli dei non è che un folle e uno stolto.
Seduto un paio di file più avanti, Bergimus accennava con la testa ai compagni intorno a lui, sorridendo soddisfatto. Loki volse gli occhi al cielo e sbuffò con sufficienza. Il professor Dyrkason non diede segno di essersi accorto di nulla e continuò:
- Quest’oggi vi racconterò qualcosa di estremamente importante nella nostra tradizione e nelle nostre credenze: la storia dei tre fratelli.
Loki si rizzò un po’ sul suo posto, percependo che di lì a poco sarebbe seguito qualcosa di molto familiare.
- I tre fratelli in questione sono Odino, Vili e Vé, figli ni Bor e Bestla, e la loro prima e memorabile impresa è stata la vittoria su Ymir. Dovete sapere che questi nacque dal caos in fermento e fu il progenitore delle prime imponenti forze del male, - qui l’insegnante fece una pausa in cui storse le labbra e socchiuse gli occhi, - gli Jotunn, i Giganti di Ghiaccio.
Un coro di esclamazioni critiche proruppe dalla schiera di studenti, poi Dyrkason proseguì la sua lezione, spiegando come Ymir avesse dato vita ai Giganti, raccontando della vacca Adhumula e di come questa avesse plasmato dai ghiacci di una montagna Buri, il generatore, il quale poi aveva creato un figlio a sua immagine e somiglianza: Bor. I tre figli di Bor, avidi di potere, avevano ingaggiato un’aspra lotta con Ymir, la cui astuzia non aveva potuto competere con quella dei fratelli.
- I tre fratelli sconfissero Ymir e lo uccisero. Il suo sangue inondò ogni cosa, uccidendo quasi tutti i Giganti, dai suoi resti nacquero germi di nuove vite. Il suo corpo venne utilizzato per plasmare il mondo come lo conosciamo oggi.
Gli studenti avevano ascoltato la lezione con attenzione. Molti di loro conoscevano già la storia – Loki la conosceva meglio di tutti -, ma il tono solenne e caldo di Dyrkason e la sua dovizia di particolari aveva fatto sì che tutti ascoltassero come se fosse la prima volta. Terminata l’ora di Religione, l’insegnante congedò gli studenti, assegnando loro un tema sull’argomento affrontato a lezione.
Successivamente fu la volta di una merenda più consistente, che Loki avrebbe consumato in silenzio come la colazione di prima, se la ragazza bionda che aveva avuto di fronte a cena non gli avesse rivolto la parola.
- La lezione di Dyrkason è stata interessante, non trovi? – gli domandò.
Loki la squadrò per un attimo. La ragazza aveva una criniera di capelli biondi che le ricadevano sulle spalle, trattenuti sulla fronte da un cerchio verde come la veste che indossava. I suoi occhi chiari conferivano al suo viso un’espressione perennemente ironica e canzonatoria.
Loki annuì e la ragazza abbassò leggermente il capo nella sua direzione.
- Io sono Amora. Tu sei Leif Gòdanson.
Non era una domanda, ma un’affermazione. Loki la guardò di sbieco, constatando tra sé e sé che quella ragazza fosse piuttosto bizzarra. Fu costretto a distogliere lo sguardo però a causa del rumoroso ingresso di Bergimus in cucina.
- È stato divertente sentir parlare di Odino, Vili e Vé, - disse rivolto alla schiera di compagni che lo stava seguendo e lo osservava avidamente, come se si aspettasse di sentire una perla di saggezza da un momento all’altro, - del resto, tra divinità ci intendiamo.
Bergimus gettò il capo all’indietro, facendo ondeggiare i capelli biondi, e proruppe in una risata panciuta che avrebbe fatto invidia anche a Thor. Loki serrò le mascelle, domandandosi se il suo destino fosse di essere circondato da babbei.
- Tutto bene? – gli domandò Amora. La ragazza fissava insistentemente le sue mani, e solo in quel momento Loki si rese conto di averle strette a pugno.
- Sì, non c’è niente che non vada. – rispose il principe, inviando un’altra occhiata velenosa a Bergimus. Non era lui il dio di cui si vociferava a Durmstrang, era solo uno stupido pallone gonfiato. Oh, ma sarebbe stato divertente fargliela pagare o smascherarlo in qualche modo, pensò Loki sorridendo tra sé e sé. La sua mente gli stava già proiettando una serie di scenari, in cui un Bergimus rosso di vergogna era il protagonista incontrastato, quando Amora richiamò nuovamente la sua attenzione.
- Dai, dobbiamo andare, abbiamo lezione col professor Stavason. Ma… tu non hai una bacchetta! – osservò lei.
- Una..? No, io… - rispose Loki, incerto, - Servirà a lezione?
- Direi di sì, - fece la ragazza, - si tratta di Incantesimi.
Gli studenti di Durmstrang lasciarono la cucina, dirigendosi verso l’aula del maestro Stavason, Loki in particolare con la mente ben lontana da Bergimus, mentre invece si affannava alla ricerca di una soluzione. Perché Lord Reidar non gli aveva detto che gli serviva una bacchetta? E dove avrebbe potuto procurarsene una?
Mentre si affrettava dietro Amora lungo i corridoi del castello, notò qualcosa su cui all’inizio non si era soffermato.
- Neanche tu hai una bacchetta!
La ragazza si fermò il tanto che bastava per inviargli un sorriso furbo.
- A me non serve.
Quando i ragazzi giunsero nell’aula di Incantesimi, Loki non si era affatto tranquillizzato. L’insegnante si trovava già al centro dell’ambiente, era alto e secco e aveva corti capelli neri e pizzetto. Man mano che i ragazzi entravano, Stavason li fece disporre in cerchio; dopodiché trasse la sua bacchetta da una delle maniche svasate, ben presto imitato da tutti gli altri. Per un folle momento, il principe si aspettò di sentire, stringendo le dita, la fisicità del bastoncino di legno.
- Bene, miei allievi, - esordì il mago, tirando su le maniche, - con i miei insegnamenti riuscirete a scagliare incantesimi spettacolari e potenti, ma, come è ovvio, bisogna partire dalle basi. Vi spiegherò man mano le caratteristiche delle fatture che tratteremo, il modo per eseguirle e utilizzarle e, se sono note, anche le origini. Iniziamo da qualcosa di molto semplice, eppure utilizzato con grande frequenza nella vita di tutti i giorni. Si tratta dell’Incantesimo di Appello, per scagliarlo dovete pronunciare la formula “Accio”. Ora, vedete queste pigne in fondo all’aula? Voglio che le Appelliate.
L’insegnante mostrò agli studenti il corretto movimento del polso per eseguire l’incantesimo e questi iniziarono ad imitarlo, senza tuttavia declamare la formula, giusto per esercitare la mano che stringeva la bacchetta. Loki li guardava, domandandosi cosa avrebbe dovuto fare visto che lui una bacchetta non ce l’aveva. Allungò il collo nel tentativo di osservare Amora, ma la ragazza guardava seraficamente la scena a braccia conserte.
- Allora, ragazzo?
La voce di Stavason riecheggiò nell’aula, cogliendo Loki alla sprovvista. Avrebbe dovuto spiegargli che nessuno gli aveva detto che avrebbe avuto bisogno di uno stupido pezzo di legno, ma non voleva sembrare in difetto agli occhi del maestro.
- Coraggio, - lo esortò questi con un eloquente gesto della mano, - il movimento del polso è lo stesso, anche se non utilizzi la bacchetta. Tieni solo presente che le dita di entrambe le mani devono rimanere arcuate, come zampe di un ragno.
Loki fu sorpreso dalle parole di Stavason, ma si affrettò ad annuire senza darglielo a vedere. Dall’altra parte del circolo, Amora gli sorrise, disponendo le mani esattamente come aveva insegnato il maestro. La parola “Accio” risuonò forte e chiara pronunciata con la sua voce, una pigna si sollevò stentatamente dal mucchietto in fondo all’aula, per poi ricadere a terra e rotolare verso la ragazza.
Dunque esistevano delle persone come lui e quella studentessa che non avevano bisogno di una bacchetta per praticare la magia, rifletté Loki. Non doveva trattarsi di un fenomeno chissà quanto frequente, ma neanche così unico. Inoltre Stavason era stato avvisato delle sue abilità, il problema era risolto.
Loki osservò per qualche istante ancora gli altri studenti. Nonostante questi inveissero contro le pigne e minacciassero di cacciarsi un occhio a vicenda sventolando le bacchette, i successi con l’Incantesimo di Appello non erano stati molti. Un paio di pigne erano rotolate verso chi le aveva richiamate, esattamente come era successo ad Amora. Tre studenti erano riusciti a farle levitare e queste erano gentilmente atterrate nelle loro mani. Bergimus era diventato rosso per lo sforzo e stava urlando il suo incantesimo, ma la sua pigna non si muoveva.
- No, non così. – intervenne il maestro, avvicinandosi a lui per correggergli il movimento del polso.
Il principe si disse che aveva visto abbastanza, e che adesso era pronto per fare un tentativo. Avvertì la stessa sensazione calda che lo aveva pervaso quando aveva ribaltato il sedile sotto la finestra della sua camera, dispose le mani come aveva imparato e declamò la formula.
Una pigna si sollevò dal mucchio, descrisse una parabola in aria e atterrò sul suo palmo steso.
- Per gli dei, compare! – esclamò Fabian.
Altre esclamazioni stupite fecero seguito a questa, Loki continuava a stringere la pigna in mano e a sorridere. Glissò addirittura sull’appellativo poco consono usato da Fabian, compensato grandemente dall’ammirazione generale che aveva suscitato.
Il dominio di quello sciocco di Bergimus non era durato che mezza giornata, ora era arrivato il tempo di Loki.





NdA: Questo capitolo si apre con un episodio a cui tenevo molto: il cazziatone intergalattico di Odino. Thor si era preso troppe libertà con Mjolnir e Padre Tutto non poteva ancora permetterlo, visto che il figlio non è ancora pronto. Ho fatto sì che la discussione avvenisse dopo la partenza di Loki perché Odino è un bravo paparino, e i bravi genitori non sgridano un figlio davanti all'altro. Ironia della sorte, non avendo saputo del cazziatone intergalattico, Loki continua a rodersi perché crede che Thor sia ormai di Mjolnir munito.
Dyrkason, il maestro di Religione, dice che l'insegnamento di questa materia è stato fortemente voluto da Mokk, uno dei Valorosi. Stando a Fear Itself, Mokk è il Distruttore di Fede. Sì, sono una burlona u.u
Il fatto che, nominati gli Jotunn, tutti storcano il naso, mi pare coerente col fatto che i Giganti di Ghiaccio hanno invaso Midgard senza ritegno.
Sì, la storia dei tre fratelli è una voluta rilettura di quella di Beda il Bardo in chiave mitologica. Nasconde inoltre un altro riferimento al Comic!verse, che verrà svelato più avanti. Anche l'Incantatrice, Amora, è un riferimento al Comic!verse.
Fin dall'inizio, avevo stabilito che Loki non avrebbe usato una bacchetta (del resto non ne ha bisogno). Ricordo di aver letto da qualche parte un nome specifico per chi è in grado di scagliare incantesimi anche senza la bacchetta, ma non l'ho più trovato ç_ç Accetto volentieri suggerimenti nel caso qualcuno di voi lo sappia.
Finalmente Loki ha il suo momento di gloria, se lo merita XD
Grazie a chi legge/recensisce/segue/preferisce questa storia <3
 
   
 
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