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Autore: Sofia Phoenix    12/03/2013    5 recensioni
Lei, romantica e testarda, insignificante.
Lui, bello e dannato, irraggiungibile.
Incuriosita e affascinata dal misterioso nuovo arrivato, Lei tenterà di conoscerlo alla ricerca di qualcosa che forse è solo un'illusione della sua indole sognatrice.
Sorpeso e divertito dall'ingenuità di quello che considera solo un originale passatempo, Lui stesso rimarrà intrappolato nella rete di un sentimento sconosciuto.
Ma non tutto è così semplice, quando è il liceo a fare da sfondo...
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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 *Comunicazione di servizio*
Se doveste trovare errori di grammatica o di ortografia, soprattutto nei dialoghi in francese, non esistate a farmeli notare, nelle recensioni o via messaggio, e provvederò a correggerli. Grazie!


Quella macchia, quella dannatissima macchia di cioccolata…
-Magari era già sporca prima…- tentò di auto convincersi.
*Magari l’ultima volta che lo hai visto è stato meno di un quarto d’ora fa, e sai bene quanto me che la sua camicia era candida e immacolata!*
Grande cosa l’auto convincimento.
Si avvicinava.
-Oh oh…-
*Puoi dirlo forte!*
-Oh oh…-
-Ma quello è…-
-Sì, Laura, è!-
-Sarebbe lui il ragazzo francese? Altro che “non male”, è solo uno scorbutico prepotente e maleducato! Sei sempre troppo buona, Sofi.- intervenne Nicole.
Fantastico: prima scopriva che la sua ossessione degli ultimi tempi avrebbe lavorato gomito gomito con lei a tempo indeterminato (e a giudicare dalla padronanza dei congiuntivi, sarebbe stato più di quanto lei stessa non osasse sperare), e nel giro di un quarto d’ora lui aveva già litigato con le sue migliori amiche, dando una pessima opinione di sé…
*Pensa cosa diranno quando avrai confessato loro la tua fissa per lui…* gongolò una vocina ormai ben nota a tutti.
A quelle parole, Sofia sbiancò: la parte del suo cervello che ancora non si era alleata con la coscienza ribelle si era completamente dimenticata di quel minuscolo particolare…
-Potrei far finta di niente e sperare che non lo scoprano, o  raccontare come stanno le cose e fare le valigie per l’Islanda…-
*Conoscendo Nicole, penso sia meglio non dirle nulla ed emigrare lo stesso.*
-Mmh, stavolta hai ragione, e poi l’Islanda è un paese davvero affascinante, ho sempre voluto andarci!-
*Sìsì, tu prenota i voli, al biondino qui ci penso io!!*
-Chi?-
-Ciao, Sofia.- per una qualche ragione sconosciuta ai più, Nicolas aveva deciso di raggiungerle…
Ragione che risultò improvvisamente chiara quando, senza più fare caso a lei, il ragazzo salutò anche le sue amiche, con un tono di sfida e malcelata irritazione.
-Bonjour!-
-Vi conoscete?- esclamò sorpreso Riccardo, interrompendo lo scambio reciproco di occhiatacce.
-No.- Negò Laura bruscamente, non voleva più avere a che fare con quel tipo, a meno che non volesse pagarle la cioccolata…
-Au contraire, abbiamo avuto un… incontro ravvicinato meno di dieci minuti fa.- ribatté Nicolas con falsa cortesia –Un rencontre rapide, mais bouillant…-
*Oooh, è così sexy: “Rapido ma bollente!”, Sofi tu va’ pure in Islanda, io scappo in Francia con lui!!!*
Sofia, che, a differenza della sua coscienza in crisi ormonale, non si era scomposta né per il suo parlare francese, né per l’atteggiamento provocatorio del ragazzo, gli rispose spiccia:
-Allora facciamo in modo che anche questo sia altrettanto rapide: noi andiamo, vero ragazze?-
Nicole sibilò un “Sì” che ricordava tanto il fischio di una pentola a pressione quando il contenuto è cotto a puntino: un minuto in più e Sofia non avrebbe risposto delle azioni dell’amica… e rovinare quel bel visino francese sarebbe stato un vero peccato!
Ma, evidentemente, Nicolas voleva sperimentare l’ebbrezza di un volo fuori dalla finestra, perché trattenne Sofia per un gomito prima che la ragazza potesse allontanarsi.
-Ferma un po’, est-ce que tu ne me présentes pas à tes amies?-
Era evidente che le amiche in questione non avessero la benché minima voglia di essere presentate, ma questo dettaglio non preoccupò né punto né poco il francesino, il quale dal canto suo sembrava divertirsi immensamente nel porre Sofia tra due fuochi.
-Nicolas, loro sono Nicole e Laura.- sospirò infine la ragazza –Laura e Nicole, Nicolas. Bien, abbiamo fatto le presentazioni, ora se non ti dispiace sta per suonare la campanella e noi dobbiamo tornare in classe.
Io e te ci vediamo domani alla quarta ora, au revoir!-
Concluso frettolosamente quel teatrino pietoso, Sofia diede uno strattone al braccio da cui la tratteneva Nicolas e si trascinò dietro le sue due amiche, appena in tempo per risparmiare una plastica facciale alla scampata, seppur ignara, vittima di un calcio circolare sul naso.
La risata, quasi cattiva e sprezzante, che riservò loro il ragazzo, venne sovrastata da una vocina che piagnucolava disperatamente nella sua scatola cranica…
*Buaaah! Come hai potuto?! TRADITRICE!!!*
-Ma di che stai parlando?!-
*Presenti le tue amiche e non me… Da quanto ci conosciamo? Quattordici, quasi quindici anni? E tu mi ignori così! Non me lo sarei mai aspettato da te…*
-Tu sei pazza!- decretò Sofia dopo che la presenza abusiva nella sua testa l’ebbe assordata con una potente soffiata di naso.
*Ah sì? È questo che pensi di me? Non solo mi fai perdere quella che avrebbe potuto essere l’unica occasione di conoscere l’amore della mia vita, adesso ti abbassi pure a insultarmi! Sei un essere spregevole!*
-Aspetta aspetta: “amore della tua vita”? Ti ricordo che l’ho visto prima io!-
*Ma non vale, sei tu quella con gli occhi!*
-Perché, tu cos’hai? Adesso sono curiosa…-
* È complicato da spiegare, diciamo che vedo attraverso di te, e questo ti dà un leggero vantaggio.*
-Oooh, capito!-
*…*
-…-
*Comunque non c’entra niente col discorso di prima! Tu mi consideri meno delle tue stupide amiche, anzi, non mi consideri affatto! Quindi ho deciso che non ti rivolgerò più la parola, così capirai cosa significa essere ignorata!*
Sofia aspettò di sentire il fracasso di una porta sbattuta con violenza, prima di pensare che fosse meglio così (non poteva correre il rischio di essere sentita dal Tarlo!).
Del resto, in quel momento era già abbastanza tesa per i fatti suoi…
Sapeva perfettamente che la sua non era stata altro che una fuga da Nicolas e i suoi occhi penetranti, e lei odiava scappare… ma, del resto, cos’altro avrebbe potuto fare? Non riusciva a capacitarsi di essere riuscita a mettere in fila delle parole che formassero frasi di senso compiuto, come avrebbe potuto mandare avanti quella farsa ancora a lungo? Fortunatamente, Nicolas era stato irriverente e presuntuoso, il che l’aveva aiutata a mantenere un certo autocontrollo che, anche se per poco, le aveva fatto dimenticare di star parlando col ragazzo che la ossessionava da giorni, tanto da riuscire a rispondergli a tono… o almeno sperava di aver dato quest’impressione.
Tuttavia, la risata di scherno di Nicolas continuava a rimbombarle nelle orecchie, la inseguiva nel corridoio, pungendola nell’orgoglio, e stuzzicando quella parte di lei che le ripeteva di aver rovinato tutto prima ancora che cominciasse.
 
Dopo quella risata Nicolas si sentì immediatamente meglio, era come se si fosse svuotato di parte del risentimento che covava dentro da giorni.
Come poco prima, sentiva solo il bisogno di prendersela con qualcuno, che fosse Sofia o chiunque altro era indifferente: con le sue amiche aveva un pretesto perfetto per attaccar briga, ma quella lì si era messa in mezzo a far da paciere, e riderle dietro era quanto di più soddisfacente fosse riuscito a ottenere.
Il trillo insistente della campanella alterò nuovamente il suo umore, divenuto estremamente altalenante e instabile da quando si era trasferito poco più di due settimane prima.
Le ore successive furono pesanti e faticose come quelle che le avevano precedute in quei giorni: lui parlava correntemente italiano, la sua seconda lingua fin dalla nascita, tanto più che col passare degli anni sua mamma aveva insistito affinché studiasse la sua lingua d’origine, preferendola allo spagnolo che avevano scelto tanti suoi compagni a Tolosa, ma nello scritto trovava non poche difficoltà, e prendere appunti in francese su ciò che spiegavano gli insegnanti gli faceva sempre perdere tempo.
All’una sentiva la testa scoppiargli: lì le lezioni non erano diluite come in Francia, con due intervalli per riposarsi, era tutto pressato e pesante, e non ne poteva più.
Uscì dalla classe senza salutare nessuno, ignorando in primis Cristina che gli si era avvicinata, probabilmente per chiedergli di uscire l’indomani pomeriggio. Poco male, non aveva voglia di uscire con chicchessia, che si trovasse un altro per quella settimana!
Nella ressa che si era formata all’uscita dell’atrio notò Sofia e la sua amica con i capelli lunghi che chiacchieravano fra loro; o meglio, la tizia, che gli sembrava si chiamasse Nicole, parlava rivolta alla mora che, dal canto suo, sembrava persa nei suoi pensieri e alquanto nervosa. Con una punta di malignità sperò che quell’atteggiamento fosse dovuto a lui, e, con un ghigno soddisfatto, spintonò un primino per farsi strada e uscire.
A venti metri dall’ingresso dell’edificio si trovavano le moto degli studenti, che occupavano metà della larghezza del marciapiede, ostruendo così il passaggio nelle ore di punta.
Si fermò di fronte alla quinta della fila, una moto da cross rossa nuova fiammante: l’aveva comprata due mesi prima della partenza, quando ancora non sapeva in quale schifo di posto sarebbe andato a vivere; quando gli avevano comunicato il trasferimento, sua madre aveva pensato di venderla e comprarne un’altra in Italia, ma suo padre, intuendo quale sarebbe stata la reazione, aveva deciso di portarla con loro. Non aveva idea di quanto gli fosse costata la spedizione, né gli interessava saperlo: era il minimo che potessero fare i suoi genitori per farsi perdonare.
Si infilò il casco integrale, bianco con fiamme nere e rosse, e inforcò la moto.
Approfittando del passaggio momentaneamente sgombro, scese dal marciapiede, e partì sgommando.
In pochi minuti raggiunse il cancello di casa, che si trovava dans un lotissement, un quartiere formato da villette unifamiliari, piuttosto vicino al centro: se non altro si erano trasferiti dans les beaux quartiers, in quella maledetta città.
Scese la rampa che portava al garage, depositandovi la moto e il casco, dopodiché risalì le scalette per entrare dal giardino, trascinandosi dietro lo zaino.
La casa era strutturata su tre piani più una taverna, decisamente grande per tre persone, ma perfetta per chi voleva evitare il più possibile i contatti con gli altri inquilini. Come lui, del resto.
Mentre camminava lungo il vialetto d’ingresso del giardino, lo sguardo gli cadde sulla casetta sull’albero.
Sì, aveva una casetta sull’albero.
Era identica a quella della casa in Francia, che era stata il regalo per i suoi sette anni: sin dall’inizio aveva adorato trovarsi lassù, vi portava i compagni di scuola e inventavano giochi sempre diversi, un giorno erano su un vascello pirata, un altro si improvvisavano Tarzan e salivano dalle scalette a pioli come scimmie; crescendo, era diventata un luogo dove estraniarsi dal mondo e pensare ai fatti suoi. I suoi genitori lo sapevano, e avevano tentato anche in questo di comprarsi il suo favore, facendogli trovare la casetta fresca di falegnameria sin dall’arrivo. Non gli piaceva, e lo aveva detto loro da subito: non capiva perché l’avessero commissionata identica a quella vecchia, quando era evidente che niente fosse più come prima: lo credevano forse tanto scemo da commuoversi per una simile connerie? Illusi.
Comunque aveva degli aspetti positivi, come quello di poter fumare sul terrazzino, dalla parte opposta rispetto alla casa, senza essere visto, o semplicemente sdraiarsi sull’amaca con le cuffie e fingere per qualche minuto che quella fosse davvero la vecchia casetta, che niente fosse cambiato e lui fosse ancora a Tolosa. Probabilmente, era un naïf, un illuso anche lui.
Trovò sua madre in cucina, come tutti i venerdì, quando finiva prima i turni a lavoro e potevano fare pranzo insieme.
-Qu’est-ce qui il y a à manger?- Cosa c’è da mangiare ?
-On va manger de la dinde avec tomates, ça t’en dis ?-
Tacchino con contorno di pomodori, non era la bistecca che sperava, ma era sempre meglio della sogliola impanata della settimana prima.
-Mmh… ça pourrait aller pire.-
Potrebbe andare peggio. Come la sogliola, appunto.
Salì le scale fino al secondo piano, dove si trovava camera sua, scaricò lo zaino accanto al letto e si tolse le scarpe con un calcio. La stanza era fin troppo ordinata, probabilmente Melita, la giovane sudamericana che faceva le pulizie da loro, aveva pensato di non aver niente di meglio da fare per perdere tempo che divertirsi a ficcare le sue cose laddove non le avrebbe mai trovate…
Ecco, non sopportava neppure lei!
Tuttavia, non aveva più la forza di arrabbiarsi per quel giorno, era solo stanco: stanco dell’Italia, stanco di quella scuola, stanco della nuova casa e stanco di essere arrabbiato perché era stanco.
Doveva darci un taglio, forse era il caso di accettare un invito in discoteca e affogare nell’alcol le sue preoccupazioni. Sì, avrebbe fatto così.
Udì sua madre che lo chiamava dalla cucina e scese per mangiare.
La tavola era già apparecchiata, e il ragazzo si accasciò su una sedia senza troppi complimenti, guadagnandosi un’occhiata di disapprovazione della madre che gli stava servendo il tacchino.
Dopo qualche boccone, la donna cominciò a raccontargli la sua mattinata a lavoro, con la palese aspettativa che il figlio ricambiasse.
Cosa che, ovviamente, non avvenne.
-Qu’est-ce que tu as fait aujourd’hui?- gli chiese direttamente la donna dopo aver atteso invano.
Cosa ho fatto oggi? Ciò che faccio da due settimane a questa parte: mi sono rotto per tutta la mattina e ho aggiunto un altro giorno nero alla lista dei giorni neri. Siamo a diciotto, se ci tieni a saperlo!
-Rien.- Niente. Sapeva che a sua madre sarebbe bastato per capire, come sapeva che in qualsiasi caso non si poteva fare niente per cambiare la situazione.
Dopo un paio di minuti, Gisella si illuminò, e chiese con voce più allegra:
-Oggi dovevano presentarti la tua tutor, n’est pas? Com’è, simpatica?-
Per la prima volta dacché si era seduto a tavola Nicolas si concesse un sorriso: come avrebbe potuto definire Sofia? Non lo sapeva bene nemmeno lui, non era il genere di persona che frequentava di solito, e non aveva idea di come qualificarla. A dire il vero, non si era posto nemmeno il problema.
-È difficile da spiegare, diciamo… ça pourrait aller pire…-


*Angolo dell'autrice*
Bonjour, ça vous en ditez? Cosa pensate di questo capitolo?
Non vi dico neanche cosa ne penso io, perchè dopo averne scritto uno non riesco mai a convincermi, anche se più che rileggerlo dodici volte non posso fare... (sono leggermente ossessionata dai capitolo nuovi, quindi meno ne parlo, meglio è!)
Vorrei sapere la vostra opinione in particolare per quanto riguarda i dialoghi in francese: evito il più possibile di scrivere la traduzione diretta facendo ripetere la frase tradotta dal personaggio successivo; per voi è un problema? L'intento sarebbe quello di alleggerire il testo, ma se il risultato fosse opposto, fatemelo sapere :)

La coscienza ha dato forfait, e Sofia è riuscita a liberarsene... almeno per i prossimi cinque minuti! Del resto avrà i suoi problemi anche senza il Tarlo rompiscatole: Nicole e Laura non hanno quel che si dice una buona opinione di Nicolas, e lui si impegna con tutto sè stesso per peggiorarla.
Il nostro ragazzo è arrabbiato col mondo per il trasferimento forzato che lo ha spedito in un altro paese, ed è insensibile a tutti i tentativi dei genitori di farsi perdonare (se non fosse così furioso con l'universo si accorgerebbe di essere sulla buona strada per essere tremendamente viziato!)
Non ha un'opinione precisa di Sofia, nè gli interessa più di tanto farsene una, tuttavia il pensiero di quella ragazzina gli strappa un sorriso (vogliamo credere che non sia stato merito del tacchino!)

Come sempre un MEGAGRAZIE alle mie fantastiche recensitrici  
Haileys_little_world_   Clitemnestra_Natalja   MandyCri     DirectionerVale   maDream
che trovano il tempo di lasciare due righe (o un mezzo poema, in certi casi ;) per commentare la mia storia.
  
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