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Autore: lulubellula    12/03/2013    0 recensioni
Ventotto anni dal tuo triste piano, dalla Maledizione, dai tuoi malvagi propositi.
Cosa accade se invece di svegliarti a Storybrooke, nel tuo letto, nella tua casa di Sindaco della città, ti risvegli in un letto d'ospedale, dopo ventotto anni di coma.
Chi sei? Chi sono loro? Che cosa è andato storto? Gli altri che fine hanno fatto?
Regina è una Jane Doe qualunque, sa chi è, chi è stata, ma c'è una voragine di 28 anni da riempire e lei vuole sapere, ne ha bisogno ...
Buona lettura!
Dal primo capitolo: "“Come fa male morire, come è doloroso ed estenuante . Che ne è stato delle ghigliottine, delle frecce avvelenate, delle pozioni del sonno? Quale landa crudele ed efferata ha partorito questo strumento di tortura e di morte?”.
Apro gli occhi con fatica, sono circondata, è la fine, è finita, non posso fare altro che arrendermi al mio triste e segnato destino.
Ho le mani legate, non posso lanciare fatture o malefici, la gola ostruita dal loro potente incantesimo, non posso parlare, nemmeno una parola per maledirli o insultarli.
Sono alla fine di tutto, del bene, del male, che ho fatto, che avrei voluto compiere".
Genere: Avventura, Dark, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Regina Mills, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Nightmare or reality?
(Ovvero: che cosa ci faccio qui e soprattutto che cosa ho fatto per meritarmi questo?).


Fa caldo, troppo caldo e c’è luce, talmente tanta da darmi fastidio agli occhi.

E poi c’è bianco, tanto bianco tutt’intorno e puzza di disinfettante e di budino alla soia.

Le mani mi fanno male e la gola mi prude, forte.

C’è qualcosa che mi lacera la trachea e mi ostruisce le vie respiratorie, qualcosa che mi vuole uccidere.

“Devo fermarli o mi prenderanno - penso - non posso permettere che ciò accada, non adesso che la Maledizione è praticamente pronta, non dopo la fatica che ho fatto per portarla a compimento, dopo le vite che ho sacrificato per arrivare sino a qui”.

Non adesso.
Non così.
Non ora che ci sono riuscita.
Non posso permetterlo.

Mi stanno uccidendo e non posso permetterglielo.
Se deve essere la mia fine, così sia, ma non resisterò passivamente.
Lotterò fino allo stremo, portando nell’oblio quanta più gente potrò.
Se proprio dovrò affondare, il resto della ciurma colerà a picco con me.

La luce è così forte, il dolore, il ronzio, il vociare, così insopportabili.

“Sta soffocando, dobbiamo estubarla, riesce a respirare da sola!”.

“Come fa male morire, come è doloroso ed estenuante . Che ne è stato delle ghigliottine, delle frecce avvelenate, delle pozioni del sonno? Quale landa crudele ed efferata ha partorito questo strumento di tortura e di morte?”.

Apro gli occhi con fatica, sono circondata, è la fine, è finita, non posso fare altro che arrendermi al mio triste e segnato destino.

Ho le mani legate, non posso lanciare fatture o malefici, la gola ostruita dal loro potente incantesimo, non posso parlare, nemmeno una parola per maledirli o insultarli.

Sono alla fine di tutto, del bene, del male, che ho fatto, che avrei voluto compiere.

Non posso più cambiare ciò che è stato, non posso più fuggire dalle favole che mi hanno inghiottita e imbruttita sino al midollo.

Posso solo piegare il capo e andarmene da tutto il dolore, subito, causato, covato in ogni mia cellula, in ogni mio battito, in ogni mio vagito.

Si sta svegliando! Non statele così addosso”.

La gola mi duole ancora incredibilmente e le ossa mi sembrano indolenzite e fragili, come spezzate in più punti ma almeno riesco a respirare, il terribile sortilegio che mi attanagliava le vie aeree si è spezzato.

“Ehi, piano, non provare ad alzarti, sei ancora troppo debole e stanca”.

Una donna dai capelli lunghi e biondi mi sorride, al suo fianco un uomo dall’espressione rassicurante e sollevata, mi ausculta il cuore e poi appunta qualche annotazione su un taccuino blu.

“D-Dove sono?” chiedo, cercando di articolare le parole con particolare difficoltà, sentendo la mia voce provenire come da lontano, un pozzo profondo e buio, dimenticato da tutto e da tutti, secco, prosciugato, arso.

La donna mi sorride nuovamente e mi risponde: “A Boston, al St. Walter’s Hospital”.

“Sono in ospedale e per quale motivo? Da quanto?” chiedo visibilmente sotto shock.

“Dalla cartella risulta che lei sia qui dal 1983, ma deve esserci uno sbaglio, insomma, lei avrà all’incirca trent’anni, non può essere, dovrebbe sembrare molto più vecchia” osserva perplessa la donna.

Il medico di fianco a lei le strappa la cartella dalle mani.

“Lei è nuova qui e ancora non conosce le nostre procedure. Potrebbe andare dal Signor Gannon, Miss Swan, aspetta la sua insulina da quasi venti minuti”.

La donna annuisce e se ne va, insospettita, voltandosi ad osservarmi un’ultima volta.

“In che anno siamo?” gli chiedoi incuriosita.
“2011”.
“Ventotto anni”.
“Che cosa?”.
“Sono passati ventotto anni” ripeto più a me stessa che al medico.
“Da cosa?” mi chiede insospettendosi e indispettendosi.
“Nulla, solo un ricordo, niente di più, tutto sfocato, per giunta”.
L’uomo parve ancora più infastidito e sospettoso.
“Ricorda il suo nome? Qualcosa prima di giungere qui?”.
“Regina, Regina Mills” non potevo di certo rivelare la mia vera identità ad uno sconosciuto, per giunta sospettoso e vagamente famigliare, perciò optai per una versione abbreviata del cognome da nubile di mia madre, Cora Miller.
“Non ricordo altro, mi potete dire come sono arrivata qui?”.

“Una notte di ventotto anni fa, lo ricordo bene perché ero di turno ed ero piuttosto stanco, un uomo entrò nel pronto soccorso della clinica portandoti tra le braccia. Eri ferita, sembravi in punto di morte, ma, miracolosamente ti salvasti. La prima settimana di degenza rischiammo di perderti più di una volta, il tuo cuore era instabile e nessuna medicina sembrava esserti d’aiuto. Poi ti stabilizzasti, pian piano il tuo battito divenne forte e regolare, il tuo respiro saldo e costante. Tu però rimanesti in coma, come una bambola di porcellana, bella e inanimata. Poi però le tue condizioni sono peggiorate, da circa quattro giorni a questa parte ti sei aggravata ed ho, ehm, abbiamo temuto per la tua vita, sino a che, oggi, ti sei risvegliata. Ricordi qualche dettaglio in più ora?”.

La mia mente era confusa, una nebbia densa e fastidiosa la colmava, rendendo i miei ricordi fiochi e impenetrabili.

Ricordavo di essere stata la regina di un vasto e potente reame fiabesco, di aver sposato un Re vedovo e di aver perso il vero amore, di aver meditato vendetta in cuor mio contro sua figlia Snow e di aver cercato di cancellare la sua immeritata felicità, portando tutti i miei odiati sudditi nella vita reale, il luogo dove il lieto fine non esiste.

Tuttavia non sapevo cosa fosse andato storto e dove fossero finiti tutti gli altri.

“Non ricordo altro, mi dispiace” risposi al Dottore, nel tentativo di ingraziarmelo e di ottenere un alleato nel luogo dove ero capitata.

“Ti ricorderai, Regina, forse è semplicemente troppo presto. Ora cerca di restare tranquilla e di non agitarti troppo, a breve ti verrà servita la cena, se ne hai voglia. Mangia solo quello che ti va, dopotutto il tuo organismo è disabituato al cibo solido e impiegherà parecchio ad accettarlo di nuovo”.

Annuii lievemente e lo vidi allontanarsi, sempre più confusa su ciò che mi era successo e incerta sul mio futuro.
 

NdA:
Spero che il primo capitolo vi sia paiciuto e vi chiedo di lasciarmi la vostra impressioni così da essermi d'aiuto nella stesura di questa storia.
Grazie
lulubellula
   
 
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