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Autore: PandoraGroovesnore    30/09/2007    3 recensioni
Sai, ho sempre voluto questo. Ho sempre voluto proteggerti. Perché tu, non sei fatta per vivere in questo mondo crudele e spietato. Chi è forte sopravvive mentre chi è debole cade. Non ci sono alternative.
Genere: Generale, Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I'm nothing without you

I’m nothing without you

Capitolo 1

 

Sono arrabbiato. Le parole di Ren ancora mi rimbombano in testa e questo non lo sopporto perché mi succede quando mi sento in colpa, mi rendo conto che ha ragione ed io sono nel torto. Ecco perché stò venendo da te.

“Sei schifosamente freddo con lei  e questo non se lo merita! Ammettilo Takumi!”

Si è curato di calcare bene schifosamente freddo quando me l’ha detto. Ma ha fatto bene perchè ha parlato nella

mia lingua. Diretta e senza mezzi termini.

Busso delicatamente contro la porta di cedro pregiato ma entro senza attendere risposta.

Tu sei lì, adagiata su quel grande letto di piume d’oca e lino, candido e soffice come le nuovole che sorvolano questa città.

Il tuo viso piccolo e minuto spunta dai tessuti bianchi e sembri un bocciolo di rosa, contornato da tanti petali che ti proteggono. Sai,  ho sempre voluto questo.  Ho sempre voluto proteggerti. Perché tu, non sei fatta per vivere in questo mondo crudele  e spietato. Chi è forte sopravvive mentre chi è debole cade. Non ci sono alternative.

Vedo una salvietta ed una bacinella di metallo contenente dell’ acqua e qualche cubetto di ghiaccio. Immergo il pezzo di stoffa nel liquido gelido e poi la strizzo con cura.

Sento lo sguardo di Mari alle mie spalle e mi giro verso di lei. E’ gentile, premurosa e paziente. Ma soprattutto ti vuole bene. Sono contento che hai trovato almeno una specie di amica.

“Grazie Mari, puoi andare. Resto io con lei.” Sussurro.

Lei, veloce, capisce e con un lieve sorriso scompare dietro la porta.

Appoggio con una mano la salvietta sulla tua fronte, scostando i riccioli dall’altra.

Al contatto con il freddo il tuo viso assume un espressione buffa, dici qualche parola incomprensibile e tiri fuori una mano per toccarti la testa.

Trattengo il respiro mentre guardo il tuo viso rilassarsi nuovamente e la mano stendersi sul cuscino. Ti lasci scappare un sospiro.

Mi siedo su una sedia accanto a te. Hai le guance rosse e le labbra un po’ screpolate a causa del freddo, ma sei bellissima lo stesso, ed avvolta in quell’ involucro bianco sembri un angelo. L’ho sempre pensato, fin da quando ero bambino.

Ricordo perfettamente la prima volta che ti incontrai.

Come al solito faceva freddo e la neve si depositava instancabilmente su ogni singola tegola delle case. Io mi trovavo in soggiorno e giocavo con delle macchinine ed un treniro elettrico. O meglio, mi divertivo  a farli scontrare. Quello fu l’ultimo regalo che ricevetti da mio padre.

Da un po’ di giorni girava la voce che, nella villetta all’inizio della via si sarebbero trasferite due nuove vicine, una mamma con sua figlia dall’America.

L’avevo sentito dalla signora Fujikawa, una vecchia zitella che abitava disgraziatamente di fronte a noi e che, non ho mai saputo come, sapeva tutto di tutti e ,come se non bastasse, raccontava tutto a tutti.

Si era presentata, come al solito, con i suoi biscotti intrisi di miele,  e da questa sua visita “casuale” si capiva che aveva saputo qualche pettegolezzo scottante o delle novità sul quartiere.

Solitamente preferivo stare vivamente alla larga dal salotto quando c’era lei, ma mio padre mi aveva detto di ripulirgli immediatamente la sua collezione di coltellini tascabili e come sai, una sua richiesta è semplicemente un obbligo.

“Sai cara, l’agente immobiliare Midohiji mi ha riferito che l’appartamento all’inizio della via é stato preso da una vedova e la sua bambina, sembra che lei sia originaria di quà.. mi pare che si chiami, Serizawa.. ah poi lo sai che Tastuya, il figlio di Yukiko è stato bocciato, beh, dopotutto si vedeva che..”

  La sua voce era noiosa e petulante, davvero insopportabile, ma fortunatamente mia madre non gli dava corda, così dopo 20 minuti già era andata a raccontare le novità a qualcun altro.

Io pensai che non c’era niente di eccitante in quella notizia, anzi, avevo sempre immaginato che le bambine fossero solo una seccatura: non facevano altro che piangere o lamentarsi quelle che vedevo ai giardini pubblici, e poi, io non volevo una bambina che mi stesse sempre appicicata, l’unica femmina che poteva starmi vicino era la mia mamma e.. qualche volta anche mia sorella.

Quattro giorni dopo il campanello suonò nuovamente, ma stavolta non era la signora Fujikawa o il postino come mi aspettavo, bensì davanti ai miei occhi compariste tu e tua madre che, con un inchino, si presentò alla mia.

Ero imbarazzato, perché, come sai, non mi sentivo proprio a mio agio con le persone estranee e soprattutto la tua vista aveva superato ogni mia aspettativa. Te ne stavi in silenzio, con gli occhi attenti ad ogni gesto e parola di tua madre, il naso all’insù e quel tuo sorriso stampato sulle labbra.

“Ciao Takumi, mi farebbe molto piacere se tu e mia figlia diventaste amici, sai lei è nata a New York quindi non capisce bene la nostra lingua.”

Io ero rimasto impalato e non sapevo cosa rispondere; in più mia sorella mi spingeva verso di te che mi guardavi incuriosita. Ad un tratto t’immaginai come una bambola francese, o meglio americana, simile a quelle che mia madre teneva nel salone sulla libreria di legno; viso minuto, occhi incredibilmente grandi e vivaci, le guance leggermente colorite, un sorriso smagliante e due piccoli orecchini rossi. Avevi già i capelli molto lunghi, boccoli soffici e morbidi legati con dei graziosi nastrini color crema, abinati alla sciarpa e ai guanti.

“Mi chiamo L-A-Y-L-A”

Mi feci lo spelling in inglese ed io ovviamente non capì niente, così visto che non ricevevi risposta, ti rifugiasti dietro a tua madre, lanciandogli uno sguardo preoccupato, timorosa di aver detto o fatto qualcosa di sbagliato.

Stavo ancora pensando se eri  una di quelle bambine rompiscatole che chiedevano sempre attenzioni e premure, o come una di quelle bambole francesi della mamma, preziose e delicate, che solo pochi hanno il privilegio di avere su degli scaffali. Optai per la seconda.

Addrizzai le spalle, misi le mani in tasca e guardai tua madre dritta negli occhi rispondendo:

“Va bene.”

                                                                                                                                           (continua)

Salve a tutti, lo so ho in corso l’altra fic ma ho avuto dei problemi con il PC (ecco perché sono stata così assente) e mi si sono cancella ti tutti i capitoli quindi dovrete avere un po’ di pazienza >__< Comunque ho notato con piacere che la sezione si stà riempiendo sempre di più e con storie davvero belle (specialmente quelle di Kuri, SakiJune e Alina83^^) spreo di ricevere qualche commentuccio, anche per migliorare il mio stile di scrittura! Un kiss vostra Mommika ^w^

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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