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Autore: _elisa_open_book_    14/03/2013    3 recensioni
Non solo Katniss è stata pedina dei giochi di Capitol City.
Questa è una raccolta di storie raccontante dal punto di vista di altri personaggi, che hanno a modo loro subito l'ingiustizia dei Giochi.
Una serie di ff che non obbliga a leggerle tutte, con capitoli uno diverso dall'altro.
Spero che vi piaccia! :)
Elisa
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Rue
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa mattina presto mi sveglio con calma e, come ogni giorno, accendo la candela di cera d’api che sta sul mio comodino. Esco dalla porta posteriore della mia casetta di legno ed illumino le piccole pesche sbucate sull’alberello che qualche anno fa ho piantato nel giardino. Mia madre mi dice di continuo che devo sradicarlo, perchè nel caso i Pacificatori lo vedano, non ci sarà speranza di essere graziati. Io però l’ho nascosto sotto una rete di rami intrecciati a mo’ di campana. Somiglia un po’ a quelle capanne che io e i miei fratelli ci divertiamo a costruire nel boschetto vicino al Palazzo di Giustizia.
Le prime pesche della stagione. Ne raccolgo un paio e corro a mangiarle nel mio rifugio preferito, dove mi nascondo quando ho voglia di pensare, di imprecare contro l’ingiustizia di Capitol City e degli Hunger Games, che hanno già portato via il mio unico fratello maggiore: io la chiamo “La Cava”.
E’ nient’altro che un buco scavato nella terra del boschetto, non ha niente di speciale, tranne le mie lacrime versate, i miei urli di disperazione e le mie ingiurie scagliate contro i muri grigi e ammuffiti del retro del Palazzo di Giustizia che si vedono fra le fronde degli alberi. Sono grata a quel buco per avermi sopportata per così tanto tempo, gli sono grata per ascoltarmi quando ne ho più bisogno.
C’è ancora buio, mia madre e i miei fratelli non si sono ancora alzati ed io sto acucciata qui, a piangere e a riempirmi la bocca, salata dalle lacrime, di queste piccole pesche acerbe.
Qualche ora dopo il sorgere del sole torno a casa, con le ginocchia verdi per essere state tanto tempo a contatto con le foglie cadute, gli occhi rossi di pianto, ma, stranamente, tranquilla.
Sono tranquilla nonostante non sia un giorno qualsiasi, tutt’altro.
Sono tranquilla nonostante sia il mio primo anno.
Sono tranquilla perchè almeno ho la certezza che nessuno dei nomi dei miei fratellini è stato scritto fra i biglietti nella boccia della mietitura.
Mia madre mi fa il bagno in una tinozza di acqua gelida e mi  fa indossare il vestitino bianco che mia cugina Leeve aveva alla cerimonia della mietitura dell’anno prima che venisse giustiziata pubblicamente per aver rubato una prugna durante il “Grande Raccolto” del Distretto 11.
A mezzogiorno in punto arriviamo nella piazza.
L’inno di Panem parte a tutto volume dopo l’augurio di felici Hunger Games che Cervin Prempton, l’annunciatore del nostro distretto, rivolge a noi ragazzi.
Subito dopo si sfila uno dei guanti verdi, come il suo completo stravagante, e inserisce la mano nella boccia trasparente piena zeppa di bigliettini.
Piena zeppa! Anche per questo sono tranquilla!
Evidentemente la “buona sorte” non è esattamente a mio favore.
<< Rue Tiller! >>
Sì, questo è il mio nome. Questo è il nome che Cervin pronuncia dopo aver aperto con delicatezza il biglietto estratto.
Mi si ferma il cuore per un attimo, sono sul punto di svenire, ma qualcuno mi risveglia con un breve grido, sommesso e rassegnato. Forse è mia madre.
Mi  dirigo molto lentamente verso il palco, sotto gli occhi increduli di tutti.
<< Ma è solo una bambi... >>
Questa frase di Cervin Prempton è interrotta bruscamente dalla sua stessa mano, che subito dopo si getta nella seconda boccia, quella dei ragazzi.
Non percepisco neanche il nome del ragazzo estratto; i miei pensieri ormai stanno volando sopra le teste dei ragazzi che almeno per quest’anno possono tornarsene a casa felici e tirare un sospiro di sollievo, sopra il cielo e le nuvole grigie di questa mattina, sopra tutto e tutti; sopra Capitol City e sopra gli allevamenti del Distretto 10, sopra i campi di grano, sopra le miniere di carbone, sopra le fabbriche di vestiti dell’otto.
In questi istanti penso di chiedere spiegazioni al presentatore, di dirgli che deve esserci stato un errore, che il mio nome c’è scritto una sola volta, che non sono pronta, ma non lo faccio. Non lo faccio perchè so che gli Hunger Games sono giochi di fame, di guerra, ma soprattutto di fortuna.
“La fortuna è cieca!” mi dice sempre mia mamma... Infatti non ha visto che sono la maggiore di 5 fratelli, che ho solamente dodici anni, che la fame mi ha ridotta a pelle e ossa, che non riuscirei mai ad uscire viva da questa competizione!
Il mio Distretto però a me e al tributo maschio riserva un saluto cordiale: si appoggia la mano destra sulla fronte e la sinistra sul cuore. E’ un addio con cui da sempre gli abitanti dell’undici augurano solidità della mente e del cuore.
Il presentatore, evidentemente commosso da questo gesto, si congeda con la solita frase:
<< Felici Hunger Games! E possa la buona sorte essere sempre a vostro favore! >> ; doposichè ci accompagna nell’edificio alle nostre spalle.
Durante l’ultimo saluto che ci  concedono nel Palazzo di Giustizia, prometto ai miei fratellini che tenterò di vincere e portare a casa la corona, l’unica cosa che implica per loro la vittoria... Sono ancora troppo piccoli per capire che per me significherebbe molto di più.
Per me significherebbe restare in vita.
Cervin Prempton e Delia Beffily, la mentore, ci portano sul treno per Capitol City, dove ci riempiono di consigli su come procurarci delle armi, su quali tipi di bacche evitare, su come catturare uno scoiattolo e altre sciocchezze varie che avranno modo di dirci i trainers delle sessioni di addestramento una volta arrivati nella capitale. Nè io nè Thresh (ho scoperto che questo è il nome del ragazzo) sembriamo interessati ai loro discorsi.
Entrambi siamo stupefatti dalla quantità di cibo che è stato messo a nostra disposizione.
Purtroppo questo lusso finirà molto presto.
Ed io morirò.
Lotterò con tutte le mie forze, ma... Morirò in questi giochi, perchè sì, sono solo una bambina!
Ho tanta paura di morire.



Ciao a tutti! Sono Elisa, ho quattordici anni e questa è la prima fanfiction che pubblico su EFP.
Si tratta di una raccolta di storie raccontate dalla prospettiva di diversi personaggi di Hunger Games che non hanno legami l'una con l'altra, così da non dovervi costringere a leggere tutti i capitoli!
Spero tanto che vi piaccia!! :)
Bye!
  
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