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Autore: Laura Kourenai    14/03/2013    1 recensioni
Carmen è innamorata di un ragazzo chiuso e dal comportamento molto strano. Sarà proprio lei la prima a penetrare il muro che lui ha costruito intorno a sè, scoprendo, però, un particolare inaspettato di lui.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Restless heart syndrome

Il primo giorno di scuola mica lo avevo notato. O meglio, di sicuro lo avevo visto, ma non ci avevo fatto caso. Uno, perché eravamo seduti da parti opposte della classe; due, perché non mi sembrava poi così bello… allora. Inoltre, ero troppo occupata a disperarmi perché non ero più in classe con quello che mi piaceva prima.
La prima volta che l’ho notato davvero è stato circa due settimane dopo l’inizio del liceo. Ero al parco con una mia compagna, Joy, che conoscevo da una vita.
Era un sabato pomeriggio assolato. Stavamo passeggiando, quando, ad un certo punto, abbiamo incontrato alcuni nostri compagni di scuola e siamo andati a salutarli. anche lui li stava raggiungendo insieme ad un suo amico. Quello con la faccia da scemo che vorresti solo sbatterlo contro un muro.  Fatto sta che siamo arrivati contemporaneamente, solo che loro correvano. Mi si è praticamente schiantato addosso, tanto che siamo caduti entrambi.
- Ma sei una troia! – mi ha gridato lui. In quel momento avrei voluto sbattere contro un muro anche lui oltre a quel pirla del suo amico.
- Ma vaffanculo! Sei tu che mi sei venuto addosso! –
- Ma vattene in autostrada, zoccola di merda! –
Ecco, avevo i nervi alle stelle. Non ci avrei mai più parlato, ho pensato. C’erano tante belle persone con cui fare amicizia nel mio gruppo classe, lui lo avrei evitato. Mi era sembrato una persona volgare e priva di sostanza.
- Joy, andiamocene. –
Me la sono tirata via e l’ho guardato male. Lui è rimasto un po’ stupito dal mio sguardo. Boh, forse mai nessuna si era mai ribellata ad una sua battutina di minchia.
Il giorno dopo sono arrivata a scuola in anticipo e mi sono appoggiata ad un muretto del cortile con gli auricolari nelle orecchie. Quella stronza della mia compagna si era appena alzata dal letto. Speravo almeno di trovare Nath, quello seduto davanti a me. Ma l’incontro che ho fatto è stato mooolto più significativo. Ho alzato lo sguardo dal mio cellulare e vedo avvicinarsi l’ultima persona che avrei voluto vedere.
- Matt.
- Carmen. I nostri nomi suonano strani detti uno dopo l’altro… sembra che ci sia una calamita in mezzo, no?
Questo non ha proprio un cazzo da dire.
Ho distolto gli occhi da lui, sommamente seccata dalla sua presenza. Credo che avesse capito, ma mi si è appoggiato accanto comunque. Non gli ho rivolto la parola per una decina di minuti, poi lui ha sorriso e se n’è uscito con: - Senti, per rispondermi vuoi che ti dia della troia, come ieri? –
Non ho idea di cosa mi sia successo a quel punto. Mi sono girata verso di lui e sono rimasta imbambolata. Premetto che, prima di lui, sono stata già innamorata diverse volte. Ma con gli altri non mi è mai successo niente di simile. Quel sorriso era luce, energia pura. È come se mi avesse sciolto qualcosa dentro. Non riuscivo a guardare altro , tutto il resto intorno a me era scomparso. Mi sono accorta che i suoi occhi brillavano. Di rimando ho sorriso anche io. Un gesto che mi è venuto dal cuore.
È suonata la campanella e siamo entrati insieme. Mi ha chiesto da quando conoscevo Joy, ma credo proprio di essere riuscita a rispondere solo qualcosa come un paio di versi indistinti provenienti dal mondo dei puffi. La nostra scuola era grande, infatti abbiamo camminato insieme per qualche minuto prima di raggiungere la classe.
Per le cinque ore a seguire non ho fatto altro che guardarlo, lo fissavo, sperando d trovarlo che mi fissava a sua volta. Ma niente. Assolutamente niente.
Una cosa l’ho notata, però. Mi sembrava che parlasse apertamente solo con il suo compagno di banco, un tappo che non si capisce se avesse saltato dieci anni di scuola o se gli avessero camminato sopra. Si chiamava Lukas, sembrava un tipo un po’ eccentrico. Per il resto l’ho visto parlare solo con ragazze, quelle sedute davanti a lui.
Ho guardato così tanto il suo profilo che mi sembrava di averne imparato a memoria ogni tratto.
Stavolta è quello giusto, non è una cotta come le altre.
Quando è finita l’ultima ora ho cercato di avvicinarmi il più possibile a lui. Avrei voluto parlarci, ma non ne avevo il coraggio. Ho seguito con lo sguardo il tragitto che ha fatto appena è uscito dall’atrio, ma l’ho perso dietro un vicolo.
Non me ne sono preoccupata, tanto l’avrei sicuramente rivisto la mattina dopo.
Io e Nath avevamo scoperto di abitare non molto distanti, quindi abbiamo deciso di tornare insieme.
- Guarda che si è notato.
Ho deglutito. Credo di essere diventata pallida. – Ehm… cosa?
- Che passi il tempo a fissare Lukas. Senti, non devi continuare a guardarlo male solo perché sembra un hobbit con problemi di crescita. È basso, basta.
PUAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAH.
- Già, hai ragione… - sono riuscita appena a dire trattenendo le risate.
Abbiamo svoltato l’angolo e lui è entrato a casa sua. Io invece ho continuato a camminare.
Ero ad un centinaio di metri dal mio portone, quando ho sentito delle risate forti e dei colpi. Colpi forti.  Mi sono girata e mi è mancato il respiro.
Dall’altra parte della strada c’era Lui. Una decina di ragazzi lo avevano accerchiato costringendolo addosso a un muro. Guardava in basso, aveva gli occhi sbarrati.
Ma il peggio non era questo. Tra quei ragazzi c’era Nath.
  
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