Le sue occasioni le ha avute, ma è stato troppo cieco per saperle cogliere.
Quel ragazzo-uomo mi fissa ancora, mi chiedo cosa voglia, come se non sapessi che dovrebbe restare e non scappare come una lepre bianca, spaventata dall'ombra di un iceberg. Dalle occhiaie e dalle rughe sul suo giovane volto mi rendo conto che le battaglie lo hanno sconfitto, vuole la pace. Un ragazzo pensionato.
Quello sconosciuto deve averne vissute di tristezze.
La sua età non traspare dalla voce spezzata, porta da solo due valigie e uno zaino, come a dirmi che la sua vita è tutta lì, racchiusa in bagagli che non disferà mai.
Se ne sta stravvacato su una panchina, per un breve attimo sorride lieve. Ricorda i tempi felici in cui credeva che l' amore fosse tutto, che i baci significassero qualcosa, ma presto la vita l'ha dovuto disilludere. L' unica cosa che dura per sempre è l'addio.
Gli occhi scuri di lui seguono il via vai distratto dei passeggeri, non gli sfugge che ciascuno ha qualcuno che lo attende, qualcuno che lo accompagna, ma lui è solo in quella grande stazione.
Forse se avesse vissuto la sua vita meno egoisticamente.
Se non avesse mentito continuamente.
Se... se... se non fosse mai nato sarebbero tutti stati meglio.
Sì, quello sconosciuto dai capelli ossidiana si rende conto di quanto dolore e distruzione abbia provocato. Ricomincerà in un altro luogo, forse in un monastero, si raserà i capelli a zero e mediterà, sperando che almeno questo gli ridia la pace e faccia scivolare via dalla sua pelle quei sentimenti malati.
In questi minuti alla stazione mi sono affezionato a quello sconosciuto, voglio salutarlo. Alzo una mano e dico addio al mio riflesso.