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Autore: nevertrustaduck    14/03/2013    6 recensioni
"...Guardando i suoi occhi per una volta mi sentii a casa. Per una volta credetti veramente di essere importante per qualcuno, sentii di essere nel posto giusto. Pensai che non sarei mai più stata sola..."
Jessica vive in un orfanotrofio da quando ha cinque anni. E' cresciuta sotto l'occhio severo e premuroso di Tess, la sua migliore amica, con la quale ha intenzione di scappare non appena compiuti i diciotto anni. Nessuno si è mai curato di lei, a scuola è una continua derisione per quello che non ha, ma un incontro sul lavoro le cambierà radicalmente la vita. Tutto è innescato da delle coincidenze.
E' proprio vero: la vita è quell'entità che si pone tre te e i tuoi piani per il futuro.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avete presente quella stretta allo stomaco che toglie il respiro quando sogni di essere ucciso o di stare cadendo?
Ecco, in quel momento provai la stessa sensazione. Quella fitta di vuoto. Di aver perso a un tratto qualcosa di estremamente fondamentale.
Cercai di rialzarmi, nonostante il dolore pressante che sentivo attorno alle costole.
Vidi che lo strappo sui jeans all’altezza del ginocchio si era allargato, lasciando scoperto un brutto taglio. Mi sarei medicata più tardi, adesso le mie condizioni non erano importanti.
Volevo solo trovare LEI.
Cominciai a chiamarla, ma lei non rispose.
Mi alzai da terra e la chiamai più forte, per quanto la mia voce permettesse, arrivando a urlare, ma non ci fu nessuna risposta ugualmente.
Cominciai ad andare in preda all’agitazione, sentendo il respiro e il battito cardiaco crescere improvvisamente.
Camminai, forse corsi, per quella strada sconnessa, dimenticata dal mondo, dove le cose potevano accadere senza che nessuno ne prendesse nota.
Dimenticai il dolore fisico, prestando attenzione solo a quello crescente causato dal martellare ansioso del mio cuore nel petto.
Finalmente vidi qualcuno in lontananza, riverso sul marciapiedi.
Le lacrime mi salirono agli occhi, chiudendomi la gola, dandomi la forza per compiere quell’ultimo sprint per raggiungerla.
Mi inginocchiai al suo fianco e cominciai di nuovo a urlare il suo nome, scuotendola per le spalle.
La girai sulla schiena, notando quanto il suo corpo, divenuto più esile che mai, fosse interamente coperto di lividi violacei. I suoi vestiti erano quasi ridotti a brandelli. I capelli in cui amavo tuffarmi per ricevere un po’ di sicurezza adesso erano sporchi, rovinati, di un colore triste e spento.
Era più pallida che mai, le sue labbra sottili erano contratte in una smorfia di dolore così come le sopracciglia, e respirava a fatica, emettendo piccoli fiotti per volta.
Le strinsi la mano, supplicandola di resistere, di essere forte, incapace di fermare le lacrime che ormai scendevano copiose sul mio viso.
Le promisi che ora che eravamo insieme sarebbe andato tutto bene, ogni cosa si sarebbe aggiustata.
Poi mi chinai, appena in tempo per sentire il suo sussurro: “grazie per essere tornata.”
Le dissi che non me ne ero mai andata, stringendo con più vigore la sua mano, ma la sua presa stava diminuendo, e adesso era lei che mi stava lasciando.
La supplicai un’ultima volta, con un filo di voce, prima che le mie lacrime arrivassero a toccare le sue guance, facendola piangere di un pianto involontario.
Quando realizzai ciò che era successo urlai con tutta la forza che mi era rimasta, mentre in lontananza sentivo due spari…

«NO! TESS!» urlai, senza rendermene conto, mettendomi a sedere di scatto sul divano.
Mi guardai rapidamente attorno: il sole era sceso di poco, facendo allungare le ombre degli oggetti accanto alla finestra. La TV era ancora accesa ed era ancora in onda il film cominciato prima che mi addormentassi.
Tutto era al proprio posto, l’unica a sentirsi strana ero io.
Nicholas mi guardò sbigottito ed iniziai a piangere, per davvero questa volta.
Cominciai anche a parlare a raffica, spiegando e spizzichi e bocconi tutto quello che mi ricordavo del sogno o, per meglio dire, dell’incubo.
Era stato tutto così reale che in quel momento avrei voluto avere Tess al mio fianco, per assicurarmi che era stato tutto frutto della mia immaginazione.
Si sarebbe fatta una bella risata, e mi avrebbe presa in giro perché avevo creduto davvero che qualcuno potesse ridurla così.
Ma lei non c’era.
Non c’erano i suoi capelli con il loro profumo rassicurante.
Non c’era la sua risata.
Era rimasto solo quel senso di vuoto, di caduta libera con il paracadute fallato.
Ormai non faceva più parte della mia vita, almeno non fisicamente, e purtroppo io non avevo avuto voce in capitolo.
Nicholas mi strinse tra le braccia, accarezzandomi i capelli e cercando di rassicurarmi dicendomi che era stato solo un brutto sogno.
Ma non riuscivo a stare tranquilla, era come se qualcosa mi dicesse il contrario.
«Sai che ho sentito Chelsea l’altro giorno?» mi disse lasciandomi un bacio sui capelli.
«E allora?» borbottai.
«Mi ha chiesto se mi andava di uscire»
O-oh. C’era anche quell’altra faccenda che richiedeva la mia attenzione. Me ne ero momentaneamente dimenticata.
«E tu cosa hai risposto?» dissi infervorata, allontanandomi di scatto.
«Beh, non me la sono sentita di rifiutare era così…»
Non lo lasciai finire la frase, potevo sentire le orecchie fumare per la rabbia.
«Nicholas Jerry Jonas ti è andato di volta il cervello o cosa?!? Non mi interessa quanto possa essere stata giù di morale, afflitta, turbata da non so cosa, tu con lei non esci, è chiaro? Fidati, le tue parole, per quanto belle, non potranno mai consolarla come… oh, lo so io quello che vuole! Ha un secondo fine, io te l’ho anche detto e tu che fai? Fai l’agnellino innocente che accetta l’invito a cena del lupo non capendo che in realtà…»
Questa volta toccò a me lasciare la frase in sospeso. Era stato più veloce di me.
Con una mano mi aveva catturato il viso e mi aveva baciata.
Sentii quel senso di vuoto con il quale mi ero svegliata colmarsi un poco. Poi capii.
«Chelsea non ti ha mai detto niente, vero?» dissi quando le sue labbra ebbero lasciato le mie.
«No» rispose semplicemente.
«E hai detto tutto per…» mi interruppi, lasciando cadere la frase.
«Per farti arrabbiare. Non immagini quanto diventi sexy» mi disse sorridendo.
Sorrisi anche io. Ma il mio era più un sorriso interno, di gratitudine per avermi fatto distrarre. Per non avermi fatto pensare.
E in parte ci era riuscito.
Mi sedetti sulle sue gambe e portai entrambe le mani dietro al suo collo, disegnando piccoli cerchi. Poi gli scostai un ricciolo dalla fronte e gli accarezzai il viso, scendendo lungo i quattro nei che aveva sulla guancia.
Mi avvicinai al suo orecchio e vi sussurrai piano un “grazie.” Poi mi persi nelle sue iridi castane, prima di poggiare le mie labbra sulle sue. Iniziai a giocare, dandogli baci leggeri sapendo che ne voleva di più intensi, fingendo di ritrarmi quando ne chiedeva ancora. Mi lasciai scappare una risatina mentre ero ancora contro le sue labbra, affondando una mano nei suoi ricci.
«Ti diverti, Switcherson?» mi chiese.
Per tutta risposta risi un po’ più forte.
«Bene» continuò con un sorrisetto.
Con un’agilità felina mi fece scivolare sotto di se, facendomi sdraiare sul divano. Si puntellò sugli avambracci, trovando spazio accanto alla mia testa.
«Vediamo se adesso hai ancora voglia di scappare» disse piano.
Chiusi gli occhi e mi avvicinai al suo volto, quando, improvvisamente sentii dei rumori provenienti dalla porta.
Non feci in tempo a realizzare cosa stesse succedendo che Kevin e la sua fidanzata, Danielle, erano già nel bel mezzo del salotto.
Cercai di spingere via Nicholas, nell’imbarazzo più totale, ma lui non mosse un muscolo e mi intimò di chiudere nuovamente gli occhi. Obbedii, sperando che avesse un’idea a dir poco geniale per toglierci da quella situazione che urlava la verità sul nostro rapporto in tutte le lingue del mondo.
Si schiarì impercettibilmente la voce e mi sfiorò il viso con una mano.
«Occhi, guardatela un'ultima volta, braccia, stringetela nell'ultimo abbraccio, o labbra, voi, porta del respiro, con un bacio puro suggellate un patto senza tempo con la morte che porta via ogni cosa»disse con sentimento, recitando la sua parte alla perfezione, prima di lasciarmi un lungo bacio sulle labbra.
«Oh, non pensavo di aver interrotto una scena teatrale» disse Danielle sorpresa.
Nick finalmente si decise ad alzarsi, permettendomi di tornare seduta. Mi sistemai nervosamente il maglione sulle gambe, togliendo qualche pelucco qua e la, mentre l’atmosfera stessa non sapeva che piega prendere.
«Ho pensato che alla fine voi…» continuò allusiva Danielle.
«Chi? Noi?» scattai subito. «No, assolutamente no! Come… o mio Dio, è assurdo! Voglio dire… Nick, ci pensi? Me e te insieme!» dissi dandogli un colpetto sul braccio, scoppiando a ridere. Lui mi imitò, lanciandomi un’impercettibile occhiata d’intesa.
«Mi sembrava strano. Però…» disse Kevin sorridendo, lasciando che la frase si perdesse tra le battute di uno spot che elogiava i vantaggi di cambiare operatore telefonico. Scosse la testa e prese la sua ragazza sottobraccio, ma prima che potessero sparire in cucina Danielle ci mimò con le labbra un “a me sareste piaciuti tanto.”
Appena furono andati via, un sospiro di sollievo si liberò dai nostri cuori. E iniziammo a ridere, scaricando ogni tensione.


***


«Mi spieghi cosa ci facciamo qui?»
«È stato Joe ad insistere, si comporta come un matto nelle ultime settimane, hai notato?»
Mi lasciai scivolare più in basso sul divanetto, afferrando un menu.
«È per questo che mi preoccupo» sussurrai.
Conoscevo lo Skin’s e soprattutto conoscevo il tipo di gente che lo frequentava. Gente che ero stata ben felice di togliermi di torno.
Joe non poteva aver a che fare con loro.
In che guai si era andato a cacciare?
«Dov’è andato? Chiesi lasciando trapelare un poco la mia preoccupazione.
«A prendere da bere, penso» disse Nick alzando le spalle. «Stai tranquilla, è tutto okay. È soltanto un posto un po’ diverso dal solito» continuò poi passandomi un braccio attorno alle spalle. Annuii, ma non riuscì a tranquillizzarmi stavolta.
Non mi piaceva avere di nuovo a che fare con quel luogo, e volevo andarmene prima che fosse stato troppo tardi. Era tutto così buio, così opprimente. Nuvole di fumo aleggiavano sovrane, facendo impregnare la stoffa dei divanetti rosa antico del loro odore. Sulle facce dei clienti erano disegnati dei ghigni, e sembravano tutti impegnati a svolgere qualcosa di losco. Ma nessun’altro, evidentemente, provava le mie sensazioni. Era come se immaginassi tutto nella mia testa, con la differenza che purtroppo era tutto maledettamente reale.
Di nuovo quel bruttissimo presentimento si impadronì di me.
«Vado in bagno» dissi a un tratto.
«Cerca di non farmi svenire troppe cameriere nel frattempo» dissi alzandomi, strizzandogli l’occhio.
Nick mi sorrise e lasciò che mi allontanassi. Pazzo.
Riuscii a farmi strada fino alla toilette, cercando di non finire a pelle di leone sul pavimento in legno disassato.
Notai che poco distante dalla mia postazione c’era un salottino privato dalla porta socchiusa.
Fila via Jess, non è il posto né il momento adatto per farti gli affari degli altri.
Parole sprecate se vengono dette a una piccola bertuccia molto sviluppata.
Mi guardai intorno, cercando qualcuno da cui scappare, ma non vidi nessuno.
Mi accostai piano alla porta, riuscendo a sbirciare a malapena all’interno.
La luce era fioca e si intravedevano degli uomini seduti ad un tavolo. Qualcuno indossava un cappello nero che gli copriva in parte gli occhi, altri si nascondevano dietro occhiali scuri, e poi…
«Joe»
Me lo lasciai scappare, senza pensare alle circostanze.
Lui era lì, in mezzo a loro, nella sua semplicità di sempre. Parlava con un altro ragazzo, non vidi bene chi fosse, non c’era abbastanza luce ed erano troppo lontani.
Mi portai una mano alla bocca. Cosa stava facendo lì dentro? Cosa ce lo aveva spinto?
Oh, ma perché non gli eravamo stati più accanto nell’ultimo periodo?
Feci per tornare indietro, per andare a riferire a Nicholas quello che avevo visto e per decidere sul da farsi, ma le mie spalle urtarono qualcosa.
O meglio qualcuno.
Mi voltai lentamente.
«Cerca qualcosa, signorina?» mi chiese un omone che vestito di scuro, di notte, da lontano, non avrei faticato a scambiare per un armadio.
Deglutii a fatica, cominciando a sudare freddo.
«N-no. In realtà… c-credo di essermi persa. Stavo cercando il bagno e…»
Mi afferrò per un braccio senza darmi la possibilità di finire la frase.
«Ecco, allora è il caso che vi ritorni» disse in tono perentorio.
Annuii rapidamente e tornai in fretta sui miei passi, per quanto le mie gambe tremanti me lo permettessero, decisa a scappare da quell’orribile situazione il prima possibile.
Colsi un sussurro alle mie spalle, ma non riuscii ad identificarne le parole.
So solo che un attimo dopo mi furono di nuovo addosso, pronti a trascinarmi da qualche parte contro la mia volontà.

Salve c:
Lo so che non mi sono comportata bene, che scrivere un FF vuol dire prendersi un impegno e che io nell'ultimo periodo ho trascurato la cosa, ma è stato un momentaccio.
Non mi sono mai capitate tante cose brutte tutte insieme.
E' stato un periodo difficile per me, una mia amica dice delle cose preoccupanti che mi mettono solo in agitazione e sabato ho perso un mio amico.
Perdonatemi, ma non ho proprio avuto la testa adatta, era diventato tutto così piatto, così incolore, come se fosse tutto uguale.
Non mi abbandonate anche voi per favoooore :'c ho tanto bisogno del vostro sostegno.
Mi sto rimettendo in carreggiata e non appena finisco di pubblicare correrò dal prossimo capitolo, promesso!
Okay, basta parlare di cose tristi! Ne ho abbastanza.
Allora, che ve ne pare? Che cosa ci starà combinando Joe?
Sapete che mi piace lasciarvi con mille punti interrogativi dentro le vostre testoline :3
Vi ringrazio, non immaginate cosa voglia dire per me avere delle sostenitrici come voi <3
Mi farò perdonare, chissà magari potrebbe saltar fuori un capitolo alla fine della settimana, ma chissà... dipende da come va questo c:
A presto meraviglie, vi voglio bene.
Un bacio grande <3
Miki

   
 
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