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Autore: Janasel    14/03/2013    0 recensioni
Voglio raccontare le mietiture dei tributi che non sono mai state raccontate. Dei tributi conosciuti. Johanna, Annie, Cato, Finnick, Mags, Cecilia, Clove, Enobaria. Tutti loro e anche di più.
Genere: Drammatico, Guerra, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Annie Cresta, Cato, Favoriti, Finnick Odair
Note: Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Johanna Mason


Quando apro gli occhi, questa mattina, una luce grigia entra dalla finestra. Penso che sia ancora presto perchè il sole illumini il Distretto 7 ma, quando scosto la tenda, sono le nuvole cariche di pioggia ad oscurare la luce. Il primo pensiero che affiora alla mia mente è che sarà una giornata pessima al lavoro ma subito dopo scuoto la testa. Oggi niente lavoro, oggi c'è la mietitura.
"Johanna, Johanna! Svegliati!" La voce di mio padre urla dal piano di sotto. Da quattro anni, la mattina della mietitura, è lui ad alzarsi per primo per preparami la colazione. Una colazione abbondante, forse l'unica che vedo in tutto l'anno. Qui non siamo poveri, vengo pagata anche io i giorni in cui mi obbligano a lasciare la scuola per andare a tagliare legna, quando Capitol City ne ha più bisogno, e poi siamo solo in due a doverci mantenere, non abbiamo nessun altro a cui pensare, ma siamo molto accurati su come spendere il nostro denaro.
Mia madre morì subito dopo avermi dato alla luce, portata via dall'amarezza, dall'odio per se stessa e dagli incubi degli Hunger Games. Si perchè, anche se tornata vicincitrice dall'arena, i visi dei ragazzi che hanno portato alla sua salvezza non l'hanno mai abbandonata. E il dolore per aver messo al mondo una figlia che potrebbe vivere la sua stessa sorte alla fine se l'è portata via.
Così, anche se la sorte è a mio favore, visto che stiamo abbastanza bene da non aver mai avuto il bisogno di iscrivermi per le tessere, mi sono allenata ogni giorno ad essere fredda con chiunque, il più cattiva e spietata possibile, per poter odiare gli altri e mai me stessa. Odio anche mia madre, per non essere stata abbastanza forte per me, per noi. Riesco ad amare solo mio padre.
Scendo in fretta, vestita di quello che avevo per dormire.
A tavola mi aspetta del latte caldo, uova, pane e qualche biscotto. Più di quello che speravo. Mangio tutto quanto sotto gli occhi di mio padre, senza tralasciare il nervosismo che mi rimescola lo stomaco. Ho bisogno di energie per affrontare questa giornata.
Finita la colazione, mio padre mi obbliga ad andare a farmi un bagno, a vestirmi e pettinarmi per essere pulita e bella per la mietitura.
Oggi siamo fortunati, dal rubinetto scende acqua calda, cosa alquanto rara.
Mi lavo per bene, pettino i miei lunghi capelli neri e indosso uno dei vistiti più eleganti ereditati da mia madre. Ora sembro veramente ciò che sono: poco più di una bambina che è dovuta crescere in fretta per far fronte ad un destino orribile. Ma non siamo un po' tutti così, noi del 7? O forse tutti quelli che non abitano a Capitol City. Non so bene come funzionino le cose negli altri distretti ma, a volte, durante gli Hunger Games, ad alcuni tributi dei distretti più poveri si possono contare le ossa.
Quando sono pronta scendo per il pranzo, una zuppa verdure; come quasi tutti i giorni, solo che forse oggi c'è un po' meno liquido nel mio piatto.
Finiamo velocemente di mangiare: è quasi ora di radunarsi in piazza.
Prima di uscire, mio padre mi saluta con un ultimo abbraccio, qualcosa di privato che non vuole condividere nelle strade. So quanto è in pena per me. Se io mi sento sicura, lui invece è convinto che i figli dei tributi siano chiamati con troppa frequenza a partecipare agli Hunger Games per poter stare tranquilli.
Quando arriviamo in piazza, quasi piena ormai, gli dò un ultimo saluto e raggiungo le mie compagne di classe al posto noi assegnato. Vedo che si tendono per mano ma nessuna di loro rivolge a me poco più di un saluto. Io sono una da evitare.
Il sindaco, i due mentori del distretto e Alexis, la donna di Capitol che estrae i nomi dalle bocce, sono già sul palco, in attesa dell'arrivo di tutti.
Allo scoccare delle due il sindaco si alza e fa il solito discorso di rito che ogniuno di noi conosce perfettamente a memoria.
Alla fine Alexis si alza e, con il suo fastidioso accento di Capitol augura a tutti noi di avere la buona sorte dalla nostra parte. Si dirige verso la boccia con i nomi delle ragazze e rimescola con fastidiosa ripetitività i biglietti piegati al suo interno. Voglio solo che tutto questo finisca il più possibile. Ma quando estrae il mio nome so che tutto questo è appena l'inizio. Ho appena il tempo di girarmi a guardare la faccia inpetrita di mio padre prima che mi esortino a salire sul palco. Ero troppo sicura di me da non aver preso in considerazione il dolore che gli stò dando in questo momento. Sento la prima lacrima scorrermi sul viso. Lacrime di rabbia, non di dolore. Lacrime perchè so che non sono io a fargli questo, ma un governo corrotto, una dittatura ingusta. Non cerco nemmeno di ricacciare indietro le lacrime e, mentre salgo sul palco, trasformo la mia sorda rabbia in singhiozzi di paura. Sono così concentrata a non guardare mio padre che non sento le domande che mi sono rivolte e non presto attenzione al ragazzo chiamato ad andare nell'Arena con me.
Ma quando finalemente due pacificatori mi scortano all'interno del palazzo di giustiza, tra le lacrime mi nasce un sorriso quasi di trionfo. Hanno visto tutti una bambina impaurita e piagnucolosa. Ma quando gli altri tributi si accorgeranno di quello che so fare, sarà troppo tardi: saranno già morti. E io tornerò a casa vittoriosa.
   
 
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