NCIS
Oo_- Flash back -_oO
whaaaa!!
^O^ buon giorno!!! è la prima fic che faccio su di un telefilm^^ che emozione…
^//////^ spero che sia interessante…
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Chapter one -
Sempre complicazioni
Erano passate le sette
di sera, quando il buio della notte cominciò, col suo leggero velo oscuro, a
coprire la città.
Al terzo piano di un
palazzo, in uno dei tanti uffici dell’ NCIS, una figura osservava questo
avvenimento con aria turbata e a braccia conserte. Il vivavoce richiamò la sua
attenzione << è arrivato, lo faccio entrare? >> si sedette alla
scrivania per rispondere << si grazie Cinthya ora puoi pure
andare…>>
La porta si aprì ed un
fascio di luce penetrò nella stanza ormai buia.
Un uomo sul metro e
ottanta, dai capelli corti grigi e dagli occhi Azzurri varcò la soglia.
<< voleva
vedermi direttore? >> La donna accese la lampada accanto a lei
<
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flash back _____________________
<<
alle ore 13.oo del giorno 19 dicembre 2006, il detenuto numero 75429032
Christofer Dustfire incarcerato per omicidio di primo grado, Ë stato
temporaneamente rilasciato perchè affetto da cancro. Sotto stretta sorveglianza
Ë stato trasferito all’ospedale di Betesda dove alle 16.3o si sono perse le
tracce. Due Marines e uno dei cinque giudici che lo condannarono sono stati
assassinati. Ora le chiedo di mettere una delle sue migliori squadre a nostra
disposizione per indagare. Ci troviamo in una grave situazione: il fuggitivo in
questione Ë un ex soldato, capace di uccidere a sangue freddo come gi‡
successo. Ha giurato davanti hai magistrati in aula di tribunale subito dopo la
sua condanna, di vendicarsi di colore che lo hanno arrestato, ma soprattutto di
chi ha ucciso suo fratello. Se accetta, sappia che non le Ë consentito rivelare
a terzi quest’informazione. In particolar modo all’agente speciale Leroy Gethro
Gibbs poiché coinvolto emotivamente. >>
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<< Jen? Io stavo
per tornare a casa… se non hai nulla da dirmi la mia presenza qui Ë inutile, Ë
stata una giornata pesante e mi piacerebbe fare una doccia fresca e riposare
>> aspettò una risposta, era sicuro che lo avrebbe fatto, come per tutte
quelle volte che l’aveva provocata. Ma nulla. I suoi occhi verdi e penetranti
lo osservavano e continuavano a farlo. A quel punto si alzò ed uscì. Non
riusciva ancora a sopportare il peso del suo sguardo, ogni volta che la
guardava le immagini di un passato lontano, ormai irraggiungibile, gli
scorrevano davanti portando con se una vena di malinconia.
Jen si alzò qualche
istante dopo per seguirlo, non poteva non dirgli niente, se lo avesse scoperto
da solo chissà cos’avrebbe potuto fare. Con uno scatto bloccò le porte
semichiuse dell’ascensore che si riaprirono ed entrò.
Passò qualche secondo
di silenzio poi:<< Scusa per prima, ero soprappensiero >> mentre lo
diceva,guardava il pannello grigio dritto davanti a sé << l’avevo
notato…>> rispose Jethro cercando a sua volta di non incrociare il suo
sguardo.
<< di cosa
dovevi parlarmi? >> si voltò e guardandolo decisa disse: <
Si, lui,
il suo vecchio partner quando lavorava ancora come agente, l’uomo che aveva
amato, che, per quanto cercasse di dimenticare e di rifiutare tutti quei
sentimenti che provava quando gli parlava o gli stava accanto come ora, non
riusciva ad allontanare dalla sua mente e dai suoi pensieri.
Fermò l’ascensore.
Ora era davanti a lui
con le spalle rivolte alla parete: << stammi a sentire, in silenzio… non
dire nulla fino a quando non avrò finito ok? >> la osservò sorpreso poi
fece un cenno di consenso.
Si sentiva inquieto,
c’era qualcosa di anomalo nel suo comportamento.
La sua insicurezza nel
parlare, la non reazione alla sua provocazione erano tutti sintomi che lo
preoccupavano.
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<<
posso capire il motivo per cui non glielo dovrei dire, ma lui Ë proprio il capo
della mia migliore squadra, cosa dovrei fare? Mettere al corrente gli altri
membri del gruppo riguardo lo stato delle cose, ed estraniare lui dal tutto?
>>
<<
si >>
<<
non mi sembra onesto nei riguardi di Je… dell’agente Gibbs. A mio parere
dovrebbe essere anche lui informato >>
<<
in questo preciso istante non stiamo parlando di cosa sia giusto o meno per
Gibbs. » un ordine. Accettando la mia richiesta Ë obbligata a seguire le nostre
regole. >>
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<< lo so che hai
avuto una pessima giornata e non vorrei trattenerti oltre, ma devo informarti
di una questione urgente e che non ho intenzione di nasconderti. in questo
momento Non sono pi_ il tuo direttore… ma solo un’amica che ti sta dicendo di
ascoltarla >>
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<<
quali vantaggi avrei? >>
<<
nessuno >>
<<
accetto solo se potrò personalmente informare Jethro. Sappia che lo farò
stasera stessa. In qualunque caso >>
<<
non c’Ë nulla che posso fare per farle cambiare idea, vero? >>
<<
no >>
<<
sa quello che rischia se disubbidisce ad un ordine? Sa che potrebbe venir
degradata e tornare a lavorare sul campo? » disposta a sacrificare la sua
carriera per quell’uomo? >>
<<
credo solo nei miei princìpi >>
<<
… io l’ho avvertita. Star‡ a lei decidere… >>
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<< promettimi
solo una cosa… che non farai nulla di avventato e che prima di fare qualunque
cosa me ne parlerai >>
lo sguardo della donna
era diventato deciso, serio. Cominciò senza interruzioni a spiegare l’accaduto,
mantenendo un tono calmo e pacato. Quando ebbe finito calò per un’istante il
silenzio; ci voleva qualche attimo per assorbire la notizia. Poi, dapprima con
voce pacata e in seguito pi_ alterata :<< perché me lo stai dicendo?
Conoscendomi sai quello che potrei fare e pur sapendolo mi stai chiedendo di non
fare nulla?! Di stare a guardare!! >> << lo so, ma conoscendoti, so
anche che non ti sarebbe piaciuto se te l’avessi tenuto nascosto!! O sbaglio?!
>> Gibbs chiuse gli occhi e sfregandoseli con la mano fece un respiro
profondo, poi riaprendoli incrociò lo sguardo di Jen e le si avvicinò. <<
stai calmo… >> << come puoi dirmi di rimanere calmo! >>
picchiò le mani contro la parete dietro Jenny. Era furioso. Se la stava
prendendo con lei perché in quel momento, non sapeva su chi poter sfogare la
sua rabbia
Tirò ancora un pugno.
Questa volta si fece male. Jen era in silenzio. Non riusciva a parlare,
qualunque cosa avesse detto sapeva bene che non sarebbe servita a nulla.
Era cosÏ vicino.
Sentiva il suo respiro sul collo, la mano destra sulla parete le sfiorava i
capelli, mentre quella sinistra, era ancora stretta a pugno dove aveva creato
un piccolo solco sul pannello dall’alluminio.
Il cuore e il respiro
accelerarono, si sentiva la gola secca, il viso caldo come se avesse la febbre.
Il silenzio era tale
da poter sentire i granelli di polvere cadere a terra. << continueremo
questo discorso nel mio ufficio domani. Vai a casa e.. >> << non
dirmi quello che devo fare Jenny. >> lo disse con freddezza guardandola
con il solito sguardo duro alla Gibbs. << va bene, Jethro >>
l’ascensore ripartì. Le porte si aprirono. Tony fece per entrare, ma si bloccò
e sogghignando osservò i due in quella posizione alquanto ambigua. <<
capo… direttore… >> Gibbs, voltandosi lentamente e fulminandolo con lo
sguardo sapendo perfettamente ciò che stava pensando:<< cosa stai facendo
ancora qui, Dinozzo? >> << quello che fa lei capo! Vado a
casa dopo il lavoro! >> mise un piede in ascensore, ma gli venne rivolto
un altro sguardo inceneritore << capito, scendo a piedi… sa, avevo
proprio deciso di… >> gli si chiusero le porte in faccia. << dimagrire
>>.
Jethro rivoltandosi
verso Jen << sei in macchina? >> << no. Ë a riparare…
>>
<
Uscirono e si
diressero verso la macchina. A metà strada rincontrarono Tony. << chi non
muore si rivede! vero capo!? >> << Dinozzo… domani mattina vorresti
arrivare a lavoro con le tue gambe giusto? >> << certamente…
>> << e allora… da bravo, vai e non fiatare >> salirono in
macchina e se ne andarono. << non ti sembra di essere stato un po’ duro?
>> non rispose stette zitto per tutto il tragitto. Jen si appoggiò con la
testa al sedile, fissò il suo riflesso nel vetro pensando che forse era lei
quella che avrebbe dovuto dimenticare, o forse sarebbe stato meglio smetterla
di negare l’evidenza?
Si voltò, osservò
Gibbs domandandosi un’altra volta se avesse sbagliato ad accettare la
promozione, ma come per tutte le altre, non aveva una risposta. Tornò a
guardare fuori dal finestrino. Le tenebre ormai erano calate sulla città,
Washington di notte risplendeva delle luci artificiali create dal genio
dell’uomo, il traffico scorreva regolare e ogni tanto il suono di un’ambulanza
irrompeva tra il rimbombo dei motori.
Il volto serio di
Jethro al volante creava un’ atmosfera densa e pesante, quasi irrespirabile.
Entrambi con la loro mente rivivevano scene di molti anni prima che avevano
creato ferite non ancora rimarginate e dolorose.
La macchina si fermò.
Erano arrivati. Jen, era arrivata. Nell’aria quella sera c’era qualcosa di
strano, qualcosa di anormale, lo sentiva chiaramente. Qualcosa non andava, era
il suo istinto, il suo cosiddetto… sesto senso a dirglielo.
Jen fece per aprire la
portiera, ma Gibbs la bloccò. << cosa stai facendo? >> << non
lo so.. ricordi quella sensazione che ho avuto a Parigi? Ecco ce l’ho ora...
>> la donna l’osservò stupita << ora smettila, ti ho detto che
potevi accompagnarmi, perciò io ora scenderò dalla macchina ed entrerò in casa
mia e me ne andrò a dormire. Questo Ë quello che farai anche te quando te ne
sarai andato. Ora buona notte Jethro, a domani. >> uscì, attraversò la
strada, cercò le chiavi in borsa e aprì la porta. << JEN! >> la
donna si girò, Gibbs era fuori dall’auto. Aveva il fiatone, come se avesse
fatto una gara di corsa su uno di quei campi rossi di atletica leggera. Jenny
si voltò e fece inconsapevolmente un passo verso di lui. La porta le si chiuse
alle spalle. In quel momento il viso dell’uomo assunse uno sguardo di puro e
semplice terrore. Qualcosa spinse improvvisamente Jen in avanti, Jethro la
prese quasi all’ultimo secondo prima che cadesse a terra e la strinse a se, ma
perse l’equilibrio ed entrambi caddero rotolando su se stessi…
To Be CoNtInUeD…