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Autore: Ria-chan    15/03/2013    2 recensioni
-Hey, aspetti qualcosa?-
-Tu che dici?-
...
-O magari… qualcuno?-
Certo.
E magari ora lo sconosciuto le dirà che era Lui che stava aspettando e che Lui è arrivato a portarla via.
Che è stato il destino, a farli incontrare.
Che…
-Il treno. Aspetto il treno.-
E neanche questa volta gira la testa e lo sguardo verso l’uomo in piedi alle sue spalle.
-Ovviamente.-
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Questa immensa sciocchezza nasce da una foto, trovata per caso grazie ad una parola sbagliata.
Questa immensa sciocchezza non è davvero nulla di che ma, essendo anche io immensamente sciocca, ve la presento comunque.

Non vogliatemene.


PAROLE: 500

L'attesa


 

-Hey, aspetti qualcosa?-
-Tu che dici?-
Sara è seduta sul bordo di un grigio marciapiedi, sotto il sole cocente delle 15:00 di pomeriggio.
Una valigia al suo fianco.
Davanti a lei due file di binari che la porteranno lontano da quel piccolo paese che le sta davvero stretto. Troppo, stretto.
Cosa può mai aspettare?
-Dicono che tutti aspettano qualcosa. E sono talmente tante, queste “cose”, che non saprei proprio quale possa essere la tua.-
Sarcastico.
Davvero divertente.
Le mancava solo il filosofo di turno che fa il cascamorto mostrando la sua innata sensibilità poetica.
Perfetto.
Davvero perfetto.
Sara odia quello stupido paesino ed anche la sua gente, dalla prima all’ultima.
E neanche si volta a guardare l’uomo: cosa le interessa? Lei sta andando via.
-O magari… qualcuno?-
Certo.
E magari ora lo sconosciuto le dirà che era Lui che stava aspettando e che Lui è arrivato a portarla via.
Che è stato il destino, a farli incontrare.
Che…
-Il treno. Aspetto il treno.-
E neanche questa volta gira la testa e lo sguardo verso l’uomo in piedi alle sue spalle.
-Ovviamente.-
Aggiunge anche, sarcasticamente.
Ora vuole proprio sentire cosa l’altro le dirà.
Se insisterà nel cercare di convincerla o se, invece, andrà via con la coda fra le gambe e l’orgoglio ferito.
-Capisco…-
La seconda.
Decisamente la seconda.
E Sara sorride per aver indovinato: odia quel posto. Quel paese. E la sua stupida gente.
“Non era destino allora, ho sbagliato.”
Le dirà questo, ci scommetti? Lei sì.
-Mi dispiace di averti scocciata. Ma, sai… è tutta la vita che aspetto “qualcosa” anche io; non so neanche cosa, in realtà. Così a volte chiedo a chi mi sembra che aspetti come me, per… per capire se quel “qualcosa” si trova, se posso sperare di trovarlo anche io, un giorno. Ti lascio in pace ora.-
Sara è tentata di girarsi, dopo quella frase strana, una di quelle che le sembra di aver letto in qualche libro d’amore irreale ma che, terribilmente, ti emozionano e ti fanno sognare.
-Il tuo treno.-
Ma quando sta per farlo, proprio in quel momento, un serpente metallico le sfreccia davanti catturando la sua attenzione.
E’ troppo tardi.
O forse no.
Se è davvero il solito Don Giovanni, il solito farfallone da quattro soldi, sarà ancora lì a sorriderle vittorioso alla costatazione che la sua frase ha avuto effetto.
E, se così fosse, lei potrebbe odiarsi per avergliela data vinta per i prossimi 2 o 3 giorni.
Ma se così non fosse?
-Senti,-
Sara decide di mettere le mani avanti.
Anticipare le mosse dell’altro mettendo in chiaro che non sta, assolutamente, dandogli alcuna chance.
Ma dietro di lei non c’è nessuno.
Assolutamente.
Nessuno.
Sara lo cerca con lo sguardo: non sa che faccia possa avere né come possa essere vestito.
E poi, sulla banchina, oltre lei non c’è nessun altro.
Il suo treno è giunto.
Andar via è ciò che ha sempre sognato.
Non rimpiange affatto l’attesa.
Eppure, adesso, rimpiange invece l’aver aspettato tanto prima di voltarsi.

 
 

   
 
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