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Autore: Serenity452    15/03/2013    4 recensioni
Ariel Redlake arriva in città e subito cattura l’attenzione di Damon, che comincia a bramarne il sangue e non solo, sebbene il suo cuore appartenga ad Elena.
Ariel se ne innamora sempre più, ignara che quei freddi occhi azzurri siano quelli di un vampiro che muove i fili della seduzione assecondando un desiderio incontrollato.
Damon ormai succube e ossessionato da lei, dai suoi occhi verdi, le fiamme rosse dei capelli e l’animo puro, è confuso dai suoi stessi sentimenti già tormentati dopo la morte di Rose ed il continuo rifiuto di Elena. Ma quando Ariel scopre la verità su Damon, il peccato ed il dolore si mescolano in un terribile gioco di caccia e vendetta, passione e terrore con un Damon fuori controllo.
La Redlake potrà mai perdonare l’uomo che l’ha fatta innamorare e poi l’ha delusa e distrutta totalmente?
Potrà nascere l’amore da una relazione che affonda le radici nel dolore?
Ma chi è davvero Ariel Redlake?
Chi gli da la caccia?
Chi sono i misteriosi uomini che nasconde nel suo passato?
Damon scoprirà di non essere l’unico a voler Ariel e sarà trascinato nell'abisso di questo mondo dove niente è come sembra...
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore | Coppie: Elena/Stefan
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate
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per quanto marginale o insignificante,

che non valga la pena di effettuare.

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ognuna può sembrare

meschina e pedante;

insieme, possono determinare

un nuovo livello del testo.

Grazie.
Cit.Theodor Adorno
.

 

Capitolo XIX: Eyes On Fire 

 

 
-Che cosa è successo?!-Domandò Damon, premurandosi di chiudere a chiave la porta alle spalle, prima di saettare accanto a lei.
Ma Ariel rotolò via rannicchiandosi sotto il lavabo, spaventata come un cucciolo di gattino.
Lui la guardò ed il cuore gli si strinse in una morsa.
-Vieni qui, dimmi cos’è successo, Sirenetta…-La incitò con la voce più dolce che aveva, proprio come avrebbe fatto un bambino con un gattino.
Lei lo guardò incerta, cercando di sorreggersi il corpetto, slacciato su entrambi i lati nel disperato tentativo di proteggersi.
-Il vampiro…-Biascicò, cercando scandire le parole attraverso i singhiozzi.
-Mi ha aggredita, cercava la microSD con i dati da criptare per aver accesso al mio conto bancario…-
Lui la guardò allibito,a bocca aperta.
I guai sembravano amare molto la signorina Redlake.
-L’ha presa…-Mormorò ancora, coprendosi il volto con  le mani per piangere ancora e più forte.
Lui non seppe cosa fare e rimase a guardarla, col cuore che gli si stritolava in un pugno.
-Se criptano i codici troveranno quello bancario! Ed io non avrò più niente!-
A quel punto Damon davvero non ce la fece più e tese la mano verso di lei afferrandole un polso con delicatezza e spostandole la mano dal viso.
Lei lo guardò diritto negli occhi, senza protestare al tocco, e vide ciò che non si sarebbe mai aspettata: Dolore.
Negli occhi di Damon, fra i suoi laghi di ghiaccio e cielo, vide l’ombra, il riflesso di un dolore sconfinato.
Per lei?
E perché mai, se non provava niente per lei?
Dannato vampiro, ma che aveva nella testa? Di certo non il cervello!
Come lei del resto, perché non pensò ma si limitò a piangere e gettarsi su Damon.
Le sembrava l’unica cosa giusta da fare, in quel momento.
Lui rimase un po’ sorpreso ma l’abbracciò piano, lasciandola piangere sulla sua giacca.
-Tutti i miei soldi! Se li prendono non avrò più niente! E prenderanno anche quelli di Jake e lo uccideranno di certo e sarà tutta colpa mia!-
-Non hai visto chi era il vampiro?-Le chiese Damon, carezzandole i capelli rossi.
-Il ragazzo che mi ha chiesto di ballare! Quello che hai mandato via prima che ballassimo! Era qui fin dall’inizio con l’unico scopo di avvicinarsi a me!-
Damon strinse le mascelle.
Avrebbe dovuto ucciderlo quell’idiota, il primo pensiero quando l’aveva visto avvicinarsi ad Ariel era stato proprio quello di staccargli la testa, considerando il modo in cui importunava la sua Sirenetta.
-Che cosa farò adesso? Non posso stare qui, mentre lui scappa!-Si lamentò lei, tirando su col naso, per non sporcare la camicia al vampiro.
-Sono così importanti per te questi benedetti soldi?-Domandò lui, trattenendo un sospiro.
Ariel balzò via dal suo abbraccio e lo guardò con aria di sfida, nonostante fosse ridicola col corpetto da tener fermo ed i capelli disordinati.
-Certo! Sono miei! Bè non tutti miei, però questo non significa che non siano importanti per me! Sono la mia eredità!-
Damon scrollò le spalle e guardò verso la finestra da cui il vampiro era fuggito.
-Devo trovarlo! Non importa quanto sarà rischioso, o se dovrò affrontare un vampiro, io devo riprendere il mio codice, costi quel che costi!-
-Sei impazzita! Ti sbranerà viva!-
-So difendermi da sola!-
-Ho visto! Ti ha spogliata in un baleno, se non fossi arrivato in tempo chissà cos’altro avrebbe fatto, hai un livido sullo zigomo, non ci vuole un genio per capire che non hai avuto scampo!-Si oppose lui, con ferma e rude convinzione, persino accusandola.
-Non c’è bisogno che me lo venga a dire tu! Lo so dal giorno in cui ho scoperto che razza di demonio sei, che non ho speranze contro un vampiro, nemmeno se ci mettessi tutta la me stessa che temo di più!-
Damon la guardò assumendo un’espressione dura e ferita.
Non era un demonio, maledizione.
Ariel parve rendersi conto che l’aveva ferito ed il suo cuore fu punto da un dolore insolito.
Si sentiva in colpa per averlo trattato male.
Lui si alzò, allontanandola da sé, senza più guardarla.
Ariel si sentì subito infreddolita e troppo indifesa, senza la presenza inquietante di Damon.
Forse perché si era resa conto che provava ancora qualcosa di caldo e romantico per lui e, una parte di lei, voleva sapere com’era fare l’amore in modo consensuale e lascivo con lui.
Se fino a qualche giorno prima l’idea di stargli lontano il più possibile le sembrava una salvezza, ora, sola e senza Jake a sostenerla nelle battaglie future, si sentiva persa.
Damon sembrava un’ancora in mezzo al mare.
Grande e forte, dura e solida come solo un uomo determinato e spietato poteva essere.
Sentiva che avrebbe potuto perdonargli qualsiasi cosa, se le fosse stato accanto, per sempre.
Facendosi coraggio per non piangere e buttarsi ai suoi piedi come una nevrotica, si tirò sù e lo guardò con tutto il coraggio che possedeva.
-Ci andrò comunque, perché non posso mettere in pericolo gli altri…-
-I Cobra, è così che vi chiamate, gli altri giusto?-
Lei lo guardò a bocca aperta ma Damon non si smosse e nemmeno la degnò di un’occhiata.
Non se la meritava, era solo una frignona, psicopatica più di lui, con chissà quali segreti.
-Come lo sai!? Parla farabutto!-Esplose con rabbia lei, unendo i pugni sotto il mento, con un’aria di protesta e rivalità.
In quel momento, gli ultimi fili che chiudevano il corpetto cedettero e questo si aprì lasciando cadere la parte anteriore.
Damon finalmente la guardò e sorrise proprio come un furfante.
-Il tuo amico Jake mi ha detto un po’ di cose sospette…Come: “Arriveranno anche gli altri!” Che significa…l’aggressore era un di loro? Dei Cobra?-
-No!-Ribadì lei con indignazione, mentre si sistemava il corpetto per sfuggire allo sguardo malizioso di Damon.
Non si sentiva più tanto al sicuro, quando non aveva vestiti addosso.
-Allora spiegami chi sono questi tizi che Jake ha chiamato Cobra…Avanti!-
Lei lo guardò incerta, abbandonando l’idea di riallacciare tutti i fili che chiudevano il corpetto.
Era coperta a sufficienza e poi, se Damon avesse voluto, non sarebbe stato un corpetto legato ad impedirgli di fare ciò che voleva.
Rabbrividì, quell’idea perversa di lui che slacciava quel corpetto e si impossessava di ciò che nascondeva, la eccitava tanto quanto le faceva gelare il sangue nelle vene.
-Non ho tempo per spiegarti adesso, devo ritrovare il mio codice!-
Lui sbuffò ed alzò le mani al cielo.
-D’accordo, sei testarda, più di quanto avessi capito fin ora…Non andrai da solo ad affrontare un vampiro, è troppo pericoloso, perciò verrò con te!-
Lei lo guardò sbalordita, quasi non credeva alle sue orecchie.
-Dobbiamo cercare di scoprire dov’era diretto…O non lo prenderemo mai!-
-Ha detto che aveva un volo entro due ore, saranno passati appena 15 minuti da quando è scappato!-
-Allora possiamo seguirlo, se facciamo in fretta…Tieni, indossa questo, il tuo cappotto è dall’altra parte del salone, dobbiamo andarcene in fretta…-Disse togliendosi la giacca e porgendola alla fanciulla.
Ariel arrossì, accettando il dono e, con imbarazzo immemorabile, la indossò.
Damon si avviò verso la porta e lei lo guardò di nuovo con gli occhi velati dal dubbio.
Che stava facendo?
Dove stava andando con un pazzo come Damon?
A recuperare i suoi soldi.
A dimostrare a Jake che poteva contare su di lei.
Ma si sentiva pronta ad affrontare tutto questo con Damon?
Era pronta a rischiare così tanto con lui, che l’aveva già distrutta una volta?
Ed il destino, beffardo, la mise subito alla prova.
Damon si fermò sulla soglia e si voltò a guardarla, dritto negli occhi verdi, dove lui lesse la sua paura ed ogni incertezza.
Sapeva di non meritare la sua fiducia, Damon non era così stolto da ipotizzare che non lo temesse per tutto il male che le aveva fatto, ma sperava di poter guadagnare punti, prima o poi.
-Ascolta, non abbiamo tempo per avvertire adesso Stefan, saremo solo io e te, va bene?-
Ariel non seppe cosa rispondere.
Perciò lo guardò negli occhi, azzurri e glaciali, ma con delle sfumature calde e rassicuranti.
E le parve di vedere anche qualcos’altro.
Speranza.
Ciò che lui le chiedeva non era fiducia, ma una speranza.
Così capì che era davvero pronta a concedergliela.
La sua espressione indecisa cambiò e gli occhi verdi le risplenderono di una nuova luce, che quella sera, solo Damon poté ammirare.
-Sì!-Disse con tutta la determinazione che possedeva.
Il fuoco dei Redlake bruciò dentro di lei, forte come la passione, e Damon sentì di nuovo quel calore che l’aveva sempre colpito e attratto.
Quella era la sua Sirentetta, quella che aveva intravisto ma mai conosciuto.
Le porse una mano e lei l’afferrò senza esitazione.
Corsero via, scartando gli ospiti di Carol, dritti, senza fermarsi, verso l’uscita riuscendo a non incrociare nessuno dei loro amici.
Ariel si sentì in modo strano, trascinata da Damon come se lui fosse una corrente che la trasportava alla deriva, un fiume in piena capace di portarla ovunque.
Salirono sull’auto del vampiro e lui partì immediatamente.
-Hai bisogno di cambiarti, così non riuscirai a muoverti comodamente, se dovremmo affrontare un vampiro!-
-Ma perderemo tempo!-Protestò lei quando si accorse che imboccava la strada per il suo piccolo appartamento.
-Se ha quel volo fra più di un’ora abbiamo tutto il tempo, evidentemente è un novellino e non si aspettava che lo seguissi o che se avessi preso questa decisione per lui sarebbe stato facile sistemarti, visto che lo aveva già fatto…-Spiegò Damon, accelerando davanti alla strada libera per lui.
Ariel guardò fuori dal finestrino e non si lamentò dello spericolato modo di guidare del suo accompagnatore.
Era troppo occupata a ripensare all’assalto del vampiro biondiccio.
Un brivido le percorse la schiena, ricordandole che quel maledetto l’aveva bloccata alla parete costringendola a subire le sue torture.
Lo stomaco le si contorse al pensiero di quelle mani su di lei.
-Tranquilla, ci sono io con te adesso…lo sistemerò in un attimo, non ti si avvicinerà neppure…-La rassicurò Damon, riscuotendola dalla sua trance di terrore freddo.
Si voltò a guardarlo e si accorse che lui stava facendo altrettanto.
Abbozzò un sorriso, che le venne spontaneo, ma dentro si sentiva comunque inquieta.
Chi avrebbe tenuto Damon lontano da lei, invece?
Anche se si fidava in qualche modo di lui, non poteva non chiederselo.
Ciò che provava per lui era confuso e sbagliato e di certo non la aiutava a distinguere il bene dal male.
Ciò che era saggio o ciò che era imprudente fare.
Ma Damon era questo, per lei, una corsa senza freni.
Un rischio continuo, una battaglia senza armi dove poteva soccombere alla passione o alla morte.
Ed in entrambi i casi vinceva lui, sempre e comunque.
Sospirò pensando che forse, visto che aveva già sperimentato la morte, poteva arrendersi alla passione ma il suo corpo non era pronto poi come il suo cuore, aveva ancora paura che gli facesse del male nonostante, di tanto in tanto, ricordasse quel sogno dalle vivide sensazioni ed i tocchi quasi reali dove erano carne e fuoco in modo meraviglioso.
Quel pensiero distruggeva ogni ricordo di dolore e paura verso Damon.
Il piacere trionfava sul dolore fisico e sul panico.
Ecco cosa rappresentava quel vampiro per lei.
-Fai in fretta, mi raccomando…-
In quel momento Ariel guardò fuori casa e sobbalzò.
-Oddio! Non posso entrare! Ho le chiavi di casa nella borsetta! Abbiamo lasciato tutto a casa Lockwood!-
Damon si maledì per l’idea di non recuperare i cappotti e nient’altro.
Probabilmente Ariel non aveva documenti con sé in quel momento.
Non che fosse un problema così grave per lui.
-Non preoccuparti, ci penso io!-Esclamò, ed Ariel lo seguì fuori dalla macchina fino al portone di casa sua.
Damon con perizia ed astuzia, forzò la porta che un attimo dopo cedette e si aprì.
Lei lo guardò sconcertata.
-Prego, mia cara…-Le disse invitandola ad entrare.
-Spero pagherai i danni, Damon!-
Lui si limitò ad alzare gli occhi al cielo ed entrare insieme a lei.
La rossa per prima cosa gli restituì la giacca per poi lanciare una rapida e sospettosa occhiata alla casa.
-Via libera, se ci fosse qualcuno sentirei i suoi passi, i novellini non sono così bravi a controllare la loro forza…-
-Come sai che è un novellino?-
-Intuito, poi è scappato quindi sapeva di non essere in grado di affrontare un altro vampiro…-Le spiegò lui girandole attorno.
Ariel parve accettare quella spiegazione, che a dirla tutta non reggeva affatto e si diresse in camera sua, mentre Damon si avvicinava al frigo e agli stipetti in cerca di qualcosa di forte da bere.
Dovette purtroppo accontentarsi di una birra, perché Ariel non aveva altro.
 
La rossa si chiuse in camera e si spogliò del vestito come una furia.
Il suo primo pensiero fu quello di fare una doccia ma ci rinunciò subito, non avevano tempo da perdere, perciò prese dall’armadio un leggings ed una maglia, ma voltandosi verso il letto notò la scatola in cui poche ore prima era inciampata.
Il secondo regalo di Jake.
L’aveva completamente dimenticato e l’istinto in quel momento le diceva che era necessario aprirlo.
Pur temendone il contenuto, dal valore inestimabile di certo, si chinò per raccoglierlo e riporlo sul letto.
Lo contemplò ancora qualche attimo, non c’aveva fatto caso in precedenza ma era piuttosto pesante e grandicello, poi scoperchiò e non respirò più.
Indipendentemente dalla sua volontà, divenne pallida e le gambe si fecero molli.
No, che cosa voleva Jake da lei? Una prova?
Si sentì male.
Le successe tutto in un attimo, davanti ai suoi occhi si formarono tanti puntini neri e la stanza, insieme al mondo, si capovolse.
Se non incontrò il pavimento duro lo dovette solo a Damon che, alla velocità della luce, se possibile, la prese appena prima che la sua testa rossa toccasse terra.
-Ariel! Ehi! Sirenetta!-Lui la riscosse e, poiché lei non dava cenni di ripresa, ma giaceva immobile fra le sue braccia, la sollevò stringendola a sé per portarla sul lettino e distenderla lì.
-Ariel…Ma ti pare il momento di svenire?-La schernì, carezzandole una guancia, pallida.
Passarono solo alcuni secondi, prima che lei si riprendesse ed aprisse lentamente i suoi occhi verdi.
Damon si era quasi preoccupato quando, dalla cucina, aveva sentito che Ariel non respirava più da almeno venti secondi, prima che il battito del suo cuore gli esplodesse nelle orecchie ed in quel momento, spaventato, s’era precipitato da lei solo per doverla afferrare prima che svenisse.
Ora per fortuna si stava riprendendo.
Forse lo stress, la paura, l’aggressione e, magari anche la sua presenza lì, avevano contribuito a farla stare male.
-Damon…-Miagolò lei, cercando il suo sguardo di ghiaccio che lui le offrì senza indugio.
Sembrava molto turbata, forse doveva allontanarsi, dopotutto non doveva essere contraddittorio con sé stesso, se non doveva toccarla non doveva toccarla e basta.
Ma quando lui le scostò le dita tiepide dalla gota fredda, Ariel gli prese la mano sparando le sue emozioni vampiresche oltre i limiti del cosmo, tanto che il cuore, gli parve, pulsasse di nuovo.
-Ehi, Sirenetta, che ti è successo?-Chiese, un po’ troppo dolcemente per i suoi soliti modi.
-Io…La scatola! Oh Damon la scatola! È stato diabolico!-Vaneggiò lei, sollevandosi ed aggrappandosi alle braccia di Damon.
-Cosa? Di chi stai parlando?-
Ma Ariel non gli rispose e dopo averlo guardato per qualche attimo, lo spinse via, scossa da un brivido di freddo.
Era di nuovo in biancheria intima davanti a lui, in meno di 24 ore.
Era un segno del destino? Una prova per lui?
Una dimostrazione per lei?
Nessuno dei due sapeva trovare una risposta.
Così Damon pensò di sdrammatizzare.
-Non è che stai cercando di entrare in club di nudisti, vero?-
Lei si coprì subito, facendosi rossa come i suoi capelli e finalmente Damon poté decretare che si fosse ripresa dallo svenimento.
-N-Non scherzare! Maledizione! Credo di aver sfiorato un infarto! Dannato Jake, che regalo orribile!-Gemette lei.
Damon, a risentire quel nome, s’inviperì ma cercò di non farglielo notare.
Avrebbe odiato per l’eternità quel bastardo che l’aveva paralizzato e messo in auto, come un sacco di patate, dove era rimasto svenuto per più di mezz’ora.
Al suo risveglio il suo corpo era intorpidito ma funzionante.
Così si chiese cosa avesse mai potuto regalare ad Ariel e si guardò intorno finché non individuò il pacco che lei aveva nominato, proprio alla base del letto, di fronte a lui.
Il coperchio era ricaduto sul contenuto e lui, avvicinandosi, lo spostò e rimase prima perplesso, poi sbalordito.
Prese il tessuto posto nella scatola e lo spiegò spalancando la bocca.
Davanti ad Ariel apparve la divisa che da bambina l’aveva accompagnata nei boschi di Roswell, nel Caveau della banca e in chissà quanti altre occasioni al fianco dei Cobra.
Era una tutina nera, simile ad una muta da sub.
Ma a sconvolgere Damon fu ciò che era riposto sotto ed accanto alla tuta.
Armi.
Pistole, silenziatori, granate, coltellini, un piccolo borsello e due cinture, una più grossa ed una grande quanto una giarrettiera con fodero per pistola.
-Bè, ora direi che sei pronta per giocare alla Vedova Nera, Sirenetta!-
 
 
L’aeroporto, quella sera, era abbastanza tranquillo.
Damon ed Ariel si aggiravano guardinghi lungo gli imbarchi e le sale d’attesa cercando il loro vampiro.
-Sei certo che lo Sceriffo ci aiuterà?-Gli chiese Ariel sotto voce.
-Certo, una volta che avremmo le immagini tratte dal video di sorveglianza di casa Lockwood, Liz ci manderà le informazioni…-
-Stiamo destando sospetti…-Borbottò lei, cercando con lo sguardo un posto dove potersi sedere con Damon.
Quando lo localizzò, fece cenno a Damon di seguirla e sedersi con lei.
Attesero svariati minuti, finché finalmente il telefono di Damon non squillò.
Era lo Sceriffo Forbes.
Damon rispose subito e dopo qualche parola al telefono riattaccò aprendo il messaggio che gli era appena arrivato.
-Charlie Morrison, ricercato per omicidio, ventisei anni, condannato all’ergastolo per sequestro di minore, omicidio e tentata rapina a mano armata, disperso da meno di due mesi…Giusto il tempo per diventare un vampiro! Andiamo!-Esclamò Damon, afferrandola per mano dirigendosi verso un centro reception vuoto.
Damon soggiogò senza preamboli la giovane dietro la scrivania e lei in un attimo trovò Morrison imbarcato per un volo verso il Messico che avrebbe preso il volo, dall’altro capo dell’aeroporto, nei prossimi dieci minuti.
-C’abbiamo messo troppo! Lo perderemo!-Protestò Ariel.
-Non se corriamo, vieni!-Ancora lui le prese la mano e lei lo lasciò fare, sempre troppo impegnata a stare all’allerta nel caso il vampiro che l’aveva aggredita poco prima saltasse fuori.
Eppure correndo dietro Damon si sentiva ancora più al sicuro e pronta a combattere.
Le aveva fatto mettere la sua divisa, dicendogli che sarebbe stata più rapida nei movimenti, ma aveva dovuto coprirla con una lunga maglia bianca leggera, che copriva le armi nascoste sul suo fianco.
Sopra la maglia indossava ancora la giacca di Damon.
Così il suo profumo la inebriava costantemente e totalmente.
Quando videro che oramai la fila per l’imbarco del volo di Morrison era terminato e l’ultimo passeggero stava salendo, Damon accelerò rischiando di farsi vedere da mezzo aeroporto.
-Dobbiamo salire!-Esclamò rivolto alla donna con la cartellina che controllava i passeggeri.
Quello che seguì dopo per Damon fu un susseguirsi di volti da soggiogare, mentre si trascinava Ariel fino all’aereo che stava per chiudere i battenti.
Una volta a bordo, entrambi occuparono i posti all’ultima fila, in seconda classe.
-Dobbiamo fare qualcosa, Damon…-Disse Ariel, cercando con lo sguardo Morrison.
-Abbiamo già fatto abbastanza, ci aspettano 13 ore di viaggio, se non l’avessi notato…e non penso che il nostro amico possa fuggire a bordo di questo aereo pieno di persone, né tanto meno noi possiamo andarlo a prendere ed ammazzarlo davanti a tutti questi spettatori…-Spiegò Damon, mettendosi comodo ed aprendo lo sportellino dinanzi a sé.
-Perciò, Sirenetta mia, metti questa…-E le indicò una maschera copri occhiper dormire, in dotazione sui voli notturni come il loro, facendogliela penzolare dinanzi agli occhi verdi.
-E schiaccia un pisolino, d’accordo?-Fece il vampiro, con un sorriso sornione.
Ariel mise il broncio, gonfiando le guance come una bambina indispettita e strappandogli via dalle mani la maschera per gli occhi.
-Credi che potrei mai dormire, in una situazione del genere? Con un vampiro che ha in mano tutto il mio futuro e con te al mio fianco, che potresti farmi chissà cosa?-Sibilò lei guardandolo con l’aria più truce che poteva.
Damon per un attimo indurì il suo sguardo e lasciò che la rabbia gli bollisse dentro, ma un momento dopo optò per una tattica di vendetta più produttiva, per cui le sorrise malizioso.
-O forse, chissà cos’è che vorresti che ti facessi…-Le sussurrò piano, senza avvicinarsi troppo a lei.
Ariel dalla rabbia dipinse sul suo volto l’indignazione e poi il rossore prese il sopravvento su di esso.
-Sei..Sei un pervertito! L’ho pensato dal primo momento che ti ho conosciuto e lo ripeterò all’infinito!-
-Sì, è vero, non posso darti torto…Allora, vuoi dormire o no?-Le chiese, sporgendosi un po’ verso di lei e sorridendole.
La rossa guardò quelle labbra seducenti e sottili e le imitò sorridendo.
-No, voglio parlare…-Disse avvicinando una mano al petto del vampiro, per allontanarlo da sé quanto bastava per il decoro e la sicurezza del suo corpo e della sua mente.
-Parlare? E di cosa? Ti prego, non chiedermi se ho un piano, perché sono stanco e pensare a quell’imbecille che ti ha messo le mani addosso mi irrita. Quando scenderemo da qui, lo ucciderò e ce ne torneremo a casa felici e contenti…-Disse, certo che l’Idiota in questione non fosse in cabina con loro e che quindi non potesse venir a conoscenza dei suoi diabolici e vendicativi piani contro di lui.
Ariel, dal canto suo, lo ascoltò in silenzio e rimase colpita.
“Pensare a quell’imbecille che ti ha messo le mani addosso, mi irrita.”
Così le aveva detto Damon.
Era geloso? Arrabbiato? Non lo capiva.
-Sei…arrabbiato?-Gli chiese sporgendosi lei, questa volta, per guardarlo meglio in viso.
-Sì, certo che sono arrabbiato! Sono furioso perché eri al ballo con me ed ho permesso che un idiota si avvicinasse a te, così tanto da spogliarti e derubarti! Non ti ha fatto nulla vero?-
-N-No, solo…un po’ di paura, tutto qui…-Disse senza guardarlopiù.
Damon si mosse irrequieto nel suo posto e guardò lontano.
-Jake mi ha detto che ne arriveranno altri, i Cobra…ma tu non vuoi spiegarmi niente di più di quello che mi abbia già detto Jake, quando abbiamo parlato di te…-
Lei lo guardò sbalordita ed in un attimo si fece pallida come un lenzuolo appena smacchiato.
-Tranquilla, il tuo fidanzato ha fatto più male a me che viceversa…-Disse con un po’ di risentimento ed umiliazione.
Ariel prese fiato ed abbandonò l’apnea che aveva sostenuto sentendogli dire che aveva incontrato Jake.
-Cosa gli hai detto!? Lui non è il mio fidanzato!-Disse quasi urlando.
Un paio di persone si voltarono nella loro direzione.
Ariel arrossì, si maledisse e maledì Damon.
-Non urlare, sciocca! Allora è il tuo amante? Perché lui sembrava metterla così, quando ho ribadito che eri già mia!-Continuò imperterrito Damon.
-Oh maledetto! Lo sapevo che non dovevo fidarmi di te! Abbasso solo un attimo la guardia e tu non fai altro che pugnalarmi alle spalle!-Esclamò disgustata e furiosa la rossa, guardandolo con tutto il rancore che poteva.
Lui le scoccò un’occhiata di fuoco e sangue, facendola rabbrividire di paura.
Meglio non provocarlo.
-Il tuo Jake è sano e salvo, non gli ho torto neppure un capello, benché se lo meritasse!-
Ma lei sembrò non ascoltarlo minimamente, con foga ed occhi velati di rabbia lo guardò.
-Damon che cosa gli hai detto?!-
-Non ti riguarda!-
-Che cosa gli hai detto Damon? Dannazione!!!-Stavolta la sua voce sfuggì al controllo del timbro pacato ed uscì stridula e violenta.
-Se vuoi sapere se gli ho detto che sono entrato in casa tua ubriaco e incazzato ed ho abusato di te, beh no, ok?-
Lei raggelò e sembrò che tutto il calore che in quei giorni, in particolare quella sera, avesse accumulato nei confronti di Damon, si fosse appena disperso.
Smise di guardarlo e lui fece lo stesso, lasciando che il silenzio li dividesse di nuovo.
Non potevano chiarirsi, soprattutto non su un aereo pieno di persone.
Forse non si sarebbero mai chiariti su quel punto e, se questo non accadeva, nessuno dei due sarebbe mai riuscito a guardare avanti davvero, Damon ne era convinto.
Ma non era facile ammettere l’errore con lei.
Umiliarsi, quasi quanto lui aveva umiliato lei, sembrava ancora più difficile e doloroso.
Non voleva neppure ferirla tirando in ballo stupide scuse o lagne.
Non sapeva proprio cosa dire e la reazione che lei aveva avuto a quelle parole gli diede la conferma che per loro i tempi non erano maturi.
-Ho bisogno di andare in bagno…-Disse lei, sempre con lo sguardo distante da lui che occupava il posto passeggero esterno, mentre lei era accanto al finestrino.
-Ascolta, non volevo...non volevo ferirti con quello che ho detto un attimo fa, solo…So che provi qualcosa per Jake e questo mi fa andare fuori di testa…-Provò a spiegarle lui.
-Per favore, fammi uscire…-Ripetè lei, gelida.
Damon digrignò i denti e pensò d’impuntarsi.
-Potresti almeno ascoltarmi?-
-Fammi uscire da qui!-Scandì lei, ostinandosi a non guardarlo in faccia, piena d’impassibile collera.
A quel punto Damon si arrese, non voleva scenate su un aereo, fra l’altro avevano tredici ore di volo notturne da affrontare, le due sarebbero scoccate presto e loro avevano tempo per dibattere, al diavolo i tempi maturi ed immaturi.
Si alzò, la fece passare e lei se ne andò in bagno.
Damon attese diversi e lunghi minuti e, quando la sua pazienza superò il limite dei quindici minuti di sopportazione, si alzò anche lui ed andò verso i bagni per poi bussare dove sapeva esserci Ariel.
-Occupato!-Rispose flebile lei.
Forse stava piangendo o quanto meno l’aveva fatto.
Dio, gli si spaccava il cuore, ma perché? Perché gli faceva male sentirla così e perché doveva sempre farla piangere!?
-Sono Damon…Ahm…Ariel mi dispiace davvero per quello che ti ho detto, per il modo in cui l’ho detto, potresti per favore venir fuori da qui?-
-No, non voglio sedermi accanto a te!-Rispose lei stizza, la sua voce era inequivocabile, era arrabbiata.
Damon si appoggiò con la fronte alla porta.
Che testarda, lui gli faceva le sue scuse e lei s’impuntava come una mocciosa?
-Sai una cosa, se non volevi stare con me perché hai accettato di venire al ballo? Perché hai ballato con me? Perché sei qui con me?-
-Non mi sembrava di avere molta scelta!-Sbottò lei dall’altra parte della porta.
-Potevi correre a chiamare Stefan o Jake…-
Lei non rispose.
-Ve bene, fa come vuoi, spero che tu e la tazza vi divertiate…-Si guardò intorno ed in un angolo individuò una bionda molto attraente seduta sola.
-Io andrò a consolarmi con la bionda lì infondo, sogni d’oro Sirenetta!-
-No! Ok, Ok! Mi servono solo…Due minuti, ok?-
Oh, interessante, era gelosia quella che tingeva la voce della sua Redlake?
-Ti aspetterò ai nostri posti…-
 
(Soundtrack consigliata: Eyes On Fire )

Quando Ariel gli chiese di occuparelui il posto accanto al finestrino, Damon l’accontentò, dicendosi che purché stesse buona, per il resto delle dodici ore che dovevano passare insieme, era disposto anche a concederle qualche richiesta.
-Spero tu voglia dormire adesso…-Disse Damon, lasciando sfuggire più rancore di quanto ne portasse dentro.
-Spero che tu, Damon, non voglia più discutere!-Sbottò lei, guardandosi intorno con aria indagatrice.
-Guarda che il nostro uomo è in prima classe…-Chiarì lui.
-Lo so…è…lei!!-Lei sobbalzò e puntò gli occhi sulla famosa bionda che Damon aveva adocchiato prima.
Rossa in viso, Ariel si agitò, sentendole il cuore fare troppe capriole.
Era davvero bella, molto più di lei.
Era più snella, più svestita, più sensuale ed i capelli erano perfetti e ondulati, il trucco la rendeva brillante e bella come una diva di Hollywood.
-Ah, la ragazza…Carina, non trovi?-Le domandò con un sorrisetto, che lei, dandogli le spalle, non vide.
-Bellissima…-Disse sincera, ignorando che lui stava cercando di sondare il terreno, provocandola.
Ariel si voltò e lo scrutò per capire se lui fosse interessato, ma si sorprese scoprendo che lui stava guardando lei e non la bionda.
-Già, anche più bella di te, sai?-
Lei gli scoccò un’occhiataccia ed offesa guardò la sua rivale.
Sul serio, era più bella di lei? Questo era innegabile.
Ma che fosse la sua rivale, era decisamente da discutere.
Lei non era la ragazza di Damon e nemmeno voleva esserlo.
“Chi avrebbe mai potuto amare una bestia?”le sussurrò la voce di Nando Gazzolo, doppiatore italiano del prologo della “Bella e La Bestia”.
-Ma non è te, Sirenetta…-Continuò lui, cogliendo nuovamentedi sorpreso il suo cuore da verginella, mentre si voltava a guardarlo a bocca aperta.
-Non ha i tuoi occhi, così verdi e limpidi, mai visti, nemmeno in un secolo di vita…Non ha le tue labbra, rosse e morbide, non ha queste mani, piccole e delicate…come la tua pelle, come un confetto di seta…-
Damon le prese la mano destra e lei morì in quell’esatto istante.
Esattamente, quando le labbra di Damon si posarono sulle sue dita, con delicatezza e premura.
La sua mano s’incendiò e quel calore ibernatosi diversi minuti prima, riesplose dentro di lei con vulcanica potenza.
Quello che provava per lui era davvero vivido dentro di lei, non poteva proprio nasconderlo a sé stessa e nemmeno seppellirlo con la rabbia.
Era gelosa che lui avesse pensato ad un’altra donna.
Era gelosa perché lui, oramai, l’aveva resa sua più di chiunque altro ed ora non poteva semplicemente scartarla.
Era gelosa perché sapeva come i suoi baci potessero stordire, far male, far bene, farti perdere fra dolore e piacere.
Le sue mani erano state sia fuoco sia ghiaccio su di lei e non avrebbe davvero voluto che lui riservasse un simile trattamento a nessun’altra.
Mai e poi mai, che fosse amore, solo desiderio o violenza, tutto quello che Damon aveva da dare, era per lei.
Ed il suo bacio si ripeté, spostandosi sul suo dorso.
-Non ha questo calore…-Aggiunse lui, guardandola d’improvviso proprio negli occhi.
In quelli di Damon, Ariel vide il fuoco.
La passione ed il desiderio splendevano nei suoi occhi di gelo e cielo.
La stavano incendiando.
-Non ha questo profumo, questo sapore…-
La sua bocca sottile salì ancora lungo il suo polso stretto, facendolo rotare di poco per poterle baciare la pelle più sensibile, lungo le vene.
-Non ha questo sangue…Come il fuoco ed il miele…-
Non riusciva più a respirare? Come si faceva?
Sapeva solo tremare di piacere?
Ma finora forse si era solo illusa, perché quando la lingua di Damon le solleticò una vena, seguendone il tracciato, Ariel poté solo chiudere gli occhi e miagolare, come una gattina che fa le fusa al padrone.
Che vergogna, che umiliazione, che meraviglia sublime.
Ma proprio quando sentiva che quell’estasi avrebbe potuto portarla a chiedere a Damon di spostare quelle carezze sulla sua bocca, lui si spostò e sorrise soddisfatto.
-Penso che per stanotte possa bastare, Sirenetta…-
Lei rinsavì e tutto le esplose attorno.
Gesù! Aveva limonato con Damon in aereo davanti ad un mucchio di persone, intente a dormire, leggere, guardare film e conversare, alla luce di soffuse lanterne di servizio?!
E glielo aveva permesso! Si era lasciata toccare, baciare, leccare da lui senza batter ciglio.
Era impazzita, stava delirando, le avevano fatto il lavaggio del cervello!
Si agitò nel suo sedile, ansimando come dopo una corsa.
E se Damon si avvicinava tanto e l’aggrediva?
Santo cielo, l’aveva violentata un mese prima!
-È un po’ tardi per i ripensamenti e per tirar fuori la ragione, non credi?-Le disse il vampiro, appoggiandosi allo schienale della poltroncina.
-Lurido…-Sibilò furiosa e confusa.
-Ti consiglio di dormire, prima di inscenare un'altra discussione da marito e moglie, fuori luogo, visto che non siamo nemmeno fidanzati!-
-Mi hai appena…fatto quelle cose!-Riuscì a stento a dire lei paonazza di vergogna al sol ricordo di pochi attimi prima.
Lui rise di gusto, attirando l’attenzione di un uomo che cercava di non addormentarsi mentre leggeva il giornale.
Quelle cose?
Forse si stava facendo troppi film in testa, povera Sirenetta.
Infondo, non avevano fatto ancora niente di quello che in realtà lui considerava flirtare.
-E tu mi hai permesso di farle, Sirenetta, come mi avresti probabilmente permesso di baciarti questa sera al ballo…Sai, voglio dirti un’ultima cosa, prima di chiudere l’argomento, per adesso…-E da come lo disse, Ariel intuì che, oltre ad essere serio, era quasi minaccioso.
-Odiami, se vuoi, dì che ti faccio schifo e che sono un mostro, lurido, bastardo e quant’altro ti viene in mente, ma ricorda che qualsiasi cosa dirai, non cambierà ciò che io voglio…Te!-
Ariel sgranò gli occhi e si allontanò da lui, per quanto possibile.
Ma il Salvatore non si fermò.
-Non voglio discuterne in aereo, ma è meglio che tu lo sappia, ti voglio ancora e più di prima, ti voglio mia e questa volta ti voglio per davvero!-
-Mi hai già avuta, non ti è bastato…Sei venuto con me…per questo!-Il terrore avvolse Ariel, delusa da quelle parole che le sembrarono la sua condanna a morte.
Stava cercando di sedurla, di amicarsela, solo per far sì che si fidasse abbastanza da restare da sola con lui, fino a quando non l’avrebbe rinchiusa in qualche stanza con lo scopo di portarla a letto di nuovo, volente o nolente.
-Ti sbagli! Ariel, non sono l’uomo che credevi quando mi hai conosciuto, sono un vampiro, le mie emozioni sono amplificate ed ogni cosa è più intensa! Sono come una bomba atomica distruttiva perché il controllo non è il mio forte da quando sono un vampiro... Tuttavia non sono nemmeno il mostro che credi, o almeno, non è quello che vorrei essere, ho fatto molti, moltissimi errori in questi benedetti 170 anni, ma con te non ne farò più, mai più!-
Damon fece una pausa per guardarla negli occhi con più calma e poi continuò, mentre lei lo ascoltava senza saper cosa dire.
-Non fidarti di me, se non te la senti, non ti biasimerei più di tanto…Però coglierò ogni singolo attimo che mi concederai, prenderò ogni permesso che mi accorderai, ti toccherò ogni volta che tu non me lo impedirai! E non ti farò quelle cose fino a quando non sarai tu a chiedermi di fartele!-
Lei lo guardò a bocca aperta, chiedendosi se e quando avrebbe chiesto a Damon di limonare e fare cose imbarazzanti.
Però Damon non trovò interessanti i suoi pareri e non glieli lasciò esprimere, prendendo di nuovo la parola.
-Adesso dormi, quando atterreremo dovrai essere in forze, mettiti comoda al mio posto, chiamo l’hostess così ti portano il cuscino!-
Calò il silenzio ed Ariel non ebbe più la forza di ribattere.
Cosa avrebbe dovuto dire di fronte a tanta sicurezza?
Dopotutto era chiaro come il sole, Damon le piaceva ancora e gli permetteva di avvicinarsi facilmente, fin dal loro primo incontro, quindi perché avrebbe dovuto dirgli di non approfittare se era lei la prima a permetterglielo?
Forse il fatto che l’aveva violentata sarebbe dovuto bastare, ma incredibile a dirsi, si aspettava di più da Damon, molto di più di sesso senza passione e concordia.
Ma si era già resa conto di desiderarlo, no? Inutile tornarci sopra.
Voleva una seconda chance con Damon e, quando lui le portò il cuscino e prese posto accanto a lei, nel posto esterno, si accoccolò come meglio poté, con la coperta che lui le stava persino sistemando sulle spalle mentre lei lo guardava come una bambina di cinque anni.
Decise di non mettere la mascherina, non si poteva mai sapere, dopotutto stavano inseguendo un vampiro che le aveva rubato la microSD da miliardaria, meglio stare in allerta.
Damon invece si mise veramente comodo e chiuse gli occhi, nel giro di due ore lui sembrava proprio che stesse dormendo come un ghiro.
Ariel faticava ad addormentarsi del tutto.
Quando si svegliò dagli ultimi venti minuti di sonno notò che accanto a Damon, in pieno sonno, c’era la bionda che lui aveva adocchiato prima.
Gesù, lo stava fissando imbambolata e quando la bionda si accorse che lei era sveglia arrossì un po’ ma non se ne andò.
Ariel a quel puntò sentì la minaccia della nuova arrivata come uno Tsunami pronto a scagliarsi su Damon, per avvolgerlo e spazzare via lei.
D’istinto, come una tigre posò una mano sul petto del vampiro e gli si avvicinò come per sottolineare che lui era suo.
La bionda la fulminò con gli occhi azzurri, si mise i capelli dietro l’orecchio e fingendo cercare qualcuno, rimase lì, inosservata perché quasi tutti nell’aero dormivano o comunque erano assorti nei proprio svaghi.
Fu a quel punto che Ariel andò fuori di testa.
Anche se Damon aveva detto tutte quelle cose carine e seducenti su di lei, niente li legava, il fatto che la desiderasse non significava che non avrebbe esitato dinanzi ad una così meravigliosa ragazza, per di più interessata a lui.
Ma se proprio Damon doveva sedurla, che almeno si concentrasse solo su di lei, che non avrebbe permesso all’ultima arrivata di distrarlo.
Costi quel che costi, che fosse gelosa o no, che lo amasse o lo odiasse, non faceva più differenza.
Damon aveva ragione, lui avrebbe preso ogni cosa e lei avrebbe fatto lo stesso con lui.
Si avvicinò al suo volto e lentamente, assicurandosi che la bionda la guardasse, lo baciò lievemente sulle labbra, riscoprendo quanto erano sottili e morbide, calde e eccitanti.
La inebriavano ancora, come quando l’aveva baciata sul ponte, durante il picnic dove lei era quasi annegata.
O di quando l’aveva stregata durante il set fotografico, dandole quel dolce bacio mentre le rammentava che lei gli apparteneva.
Avrebbe voluto indugiare di più, assaporare ogni delizioso labbro di quella bocca, ma aveva troppa paura che si svegliasse.
Non era nemmeno certa che stesse dormendo, come le era saltato in mente di baciaro?
Con il cuore che presto le sarebbe esploso, vide andar via la bionda ed il trionfo la fece sorridere come una beota, ignorando Damon che sorrideva  sotto i baffi.
Ariel rimase convinta che lui stesse davvero dormendo come un sasso e non avesse visto nè sentito nulla, ma purtroppo si era decisamente illusa.
Ma non l’avrebbe scoperto in quelle successive nove ore di volo, dove alle prime luci dell’alba, quando si risvegliò, Damon sembrava semplicemente annoiato e non le destò alcun sospetto.
Anzi, scelsero insieme un paio di film e li guardarono per il resto del viaggio, come se nulla fosse successo.
Un ordinario volo, con due ordinari amici, che si scambiavano opinioni similari sui film scelti.
Anche se forse persino Ariel avrebbe preferito continuare a parlare, litigare e fare quelle cose, quasi quanto Damon, ben consapevole che ora, più che mai, la Sirenetta era pronta per essere conquistata.
 
 
 
 
-Messico, non ci venivo dagli anni novanta!-Disse Damon, guardando Charlie Morrison che giaceva a terra come un sacco di patate, con un bel paletto nel cuore.
Non era stato difficile prenderlo, portarlo in un posto isolato, dove Ariel gli aveva piantato, con gioia, diverse pallottole nel petto e sulle cosce.
Damon gli aveva anche assestato un bel calcio sui gioielli di famiglia, sentendosi poi dire che anche lui se lo sarebbe meritato, ma la sua Sirenetta era parsa più ironica che arrabbiata.
Una volta sistemato Morrison, a cui lui stesso aveva conficcato il paletto nel cuore, Ariel aveva recuperato il suo piccolo tesoro.
-Ci potremmo godere il Messico, sai?-La invitò Damon, mentre camminavano per le strade soleggiate, diretti nuovamente all’aeroporto  internazionale della Città del Messico.
-Non possiamo, forse riusciremo a prendere il volo per la Georgia e con un po’ di fortuna saremo a casa entro domani sera!-
-Non capisco che fretta ci sia, siamo appena scesi dall’aereo dopo tredici ore…E noi siamo in Messico, a Mexico City e ripartiamo così?-
-Ma non siamo in viaggio di piacere Damon!-Esclamò lei, scattando avanti per mettere distanza fra lei e Damon.
La rossa aveva la netta sensazione che il suo bel vampiro stesse tentando di organizzare qualcosa di losco.
Si comportava in modo strano e dalla sera del ballo fino a quel primo pomeriggio, era stato fin troppo gentile ed affascinante.
Ma non aveva intenzione di cadere nella sua trappola da predatore così in fretta.
Aveva bisogno di tempo per elaborare le nuove emozioni che le erano scoppiate dentro la sera precedente e in quelle tredici ore di volo.
Rimanere in Messico con lui sarebbe stato, oltre che pericoloso, perché non si fidava ancora, molto eccitante e lascivo.
Non si sentiva poi così pronta su quel piano, non era pronta ad affrontare l’ovvietà dei fatti e della possibilità che Damon rendesse quella chance qualcosa di molto vero e profondo.
Come un futuro insieme.
Oddio, ci stava fantasticando sù!
Sobbalzò solo quando lui la raggiunse e senza preavviso le posò un braccio sulle spalle, accostandola un po’ a sé.
Caldo e freddo si mescolarono dentro di lei.
-Ma, se lo volessi, potrebbe diventarlo…Molto di piacere…-
-Sei un…Vile!-Disse lei, arrossendo, quando le sussurrò nell’orecchio.
Lo spinse via e lui non se la prese, si staccò e non si riavvicinò.
Anzi rise, divertito.
-Rilassati, intendevo solo dire che potremmo andare a prenderci un bel Bourbon messicano o magari mangiare del Chili!-
Lei si fermò.
Il Chili le piaceva!
No, niente tentazione, lui era come un diavolo in quel momento, cercava solo di indurla in tentazione.
E del Chili piccante non gli serviva proprio in quel momento, Damon lo era già di suo.
-No! Abbiamo ripreso la mia chiave, non vedo perché trattenerci, non vedo l’ora di tornare a casa!-
-D’accordo, niente vacanza di lusso in Messico…-
Ma quando arrivarono in aeroporto, Ariel ebbe una cocente delusione.
Il loro volo era stato cancellato, il prossimo ci sarebbe stato l’indomani mattina.
-No! No! Io devo tornare! Se partiamo domani, Martedì perderò storia alla seconda ora!-Sbraitò furiosa, mentre Damon cercava di trascinarla via dalla reception.
-Storia? Con Alaric? E ti preoccupi per un’assenza a scuola?-La schernì lui, alle sue spalle per spingerla fuori dall’Hall d’attesa.
-No! No Damon! Lasciami! No!-Improvvisamente Ariel si dibatté come una dannata e Damon la lasciò immediatamente andare, sorpreso.
La vide scappare via e guardarsi intorno come se si fosse persa.
Poi raggiunse una panchina e ci si sedé, coprendosi il volto con le mani, poi scoppiò a piangere.
Lui la guardò davvero sbigottito e si apprestò a raggiungerla immediatamente.
Santo cielo, forse aveva il Jet Lag e lui non se n’era nemmeno accorto!
Forse la tensione della sera precedente, la paura, il volo improvviso, il Messico ed il recupero della microSD l’avevano stressata più di quanto pensasse.
-Dai, vieni qui Sirenetta, ti riporto presto a casa…cercheremo il primo volo disponibile, va bene?-Provò a consolarla lui, posandole una mano dietro la schiena, sedendosi accanto a lei.
Ariel singhiozzò, ma non lo cacciò via, né si ritrasse.
-Voglio solo tornare a casa, portami a casa mia Damon, ti prego…-
-Certo, sta tranquilla Sirenetta, è solo il Jet Lag e sei stanca…-
Lei annuì e si asciugò le lacrime.
-Non ho mai sofferto il Jet Lag…Lo odio! Odio questa stupida compagnia area!-Piagnucolò passandosi una mano fra i capelli, tenuti stretti dalla coda alta e ribelle.
-Mi dispiace, ma se è per la scuola, Alaric può..!-
Ma Ariel non lasciò nemmeno finire Damon.
-Il Professor Saltzman non può far nulla, non è giusto metterlo in difficoltà solo perché è tuo amico o di Elena e tutti voi…-Spiegò la rossa, portando le gambe al petto, potendo così posare la testa sulle ginocchia.
-Bè…E’ anche tuo amico, adesso…-Ribadì Damon, carezzandole lentamente la schiena, mentre lei tornava a piangere, in silenzio stavolta.
-Coraggio, prometto che ti porterò nel più lussuoso degli Hotel a cinque stelle di Messico City…-
-Con camere separate!-Disse lei, nascondendo il volto fra le braccia avvolte intorno alle ginocchia.
Damon sospirò, con una rassegnata alzata di spalle.
-Tutto quello che vorrai…Ma dovremo passare una notte qui, mi dispiace…-
 
-Anche a voi il volo per la Virginia è stato annullato?-
 
Una voce li distrasse ed Ariel alzò finalmente lo sguardo verso un uomo di mezza età, dalla carnagione mulatta, penetranti occhi neri come i capelli folti, coperti da un cappello con visiera.
Era vestito in modo semplice e sembrava del luogo.
Lei istintivamente annuì, mentre Damon lo guardava con sospetto e minacciosità.
-Lo immaginavo, a molte persone è stato annullato il volo…Tranne per alcune partenze urgenti!-Annunciò lui, con un sorriso poco rassicurante che però notò solo Damon.
Ariel, nel suo, fiutò solo una speranza, una chance.
-Urgenti?-Chiese fingendo semplice e pura curiosità.
Damon capì immediatamente anche questo, lei stava per carpire informazioni.
-Oh, ho sentito dire che ci sono dei Jet ed Elicotteri diretti all’Houston Ellington Field, l’aeroporto di Houston in Texas, da lì potreste trovare un volo diretto o proseguire diversamente…-
Ariel scattò subito in piedi, rinvigorita e desiderosa di sapere altre informazioni.
-E come possiamo fare, per prendere questi Jet o quel che sia?-
-Oh, sono dall’altro lato dell’aeroporto, si tratta di voli privati o per lo più di voli di trasporto merci al dettaglio!-
-Grazie, è stato molto gentile!-
-Figuratevi, ma se avete davvero intenzione di imbucarvi su quei voli, affrettatevi perché la voce potrebbe spargersi!-
L’uomo, in un batter d’occhio, salutò e si volatilizzò, lasciandoli nuovamente soli.
-Hai sentito Damon!? Andiamo, forse troveremo qualcosa…se partiamo presto, Domani mattina saremo a Houston e probabilmente troveremo una coincidenza per la virginia o per la Georgia, saremo a casa entro Martedì mattina ed io potrei arrivare a lezione!-
-Ariel, ma sei pazza? Non crederai a quell’uomo?-
-E perché non dovrei?-
-Perché non lo conosci neppure, avrà inventato una balla…-Disse lui, alzandosi.
-E se fosse vero? Non dovremmo passare la notte qui, potremmo partire subito!-Esclamò a sua volta lei.
Sembrava davvero sconvolta, quindi Damon le afferrò le braccia, per tenerla un po’ ferma, di fronte a sé.
-Ariel, è solo una notte in più, poi prenderemo un volo di linea e Mercoledì sarai a casa, sono certo che Alaric non morirà se non ti avrà alla sua lezione e tu non morirai se ne perderai un’altra!-
Ma lei si scosse la testa ed alzò gli occhi con fare arrogante.
-Non mi importa, voglio partire adesso e partirò! Tu goditi pure il Messico da solo!-
-Chi ti dice che me lo godrò da solo se te ne andrai?-Provocò lui regalandole un sorriso pieno di malizia.
Ariel ne rimase sconvolta.
Era così bello quando sorrideva, come aveva potuto dimenticare che Damon era Sua Maestà Imperiale Dio Della Bellezza?
Ma anche Mr. Antipatica che cercava di farla capitolare ai suoi piedi.
Non avrebbe fatto il suo gioco.
-Sai che ti dico, fa pure, credi che a me importi se godi con qualcun’altra?-Sbottò più furiosa e gelosa di quanto avesse voluto.
-Da come sbraiti e ti fai rossa, sembrerebbe di si, Sirenetta!-
Ora Damon, che aveva colto nel segno, per lei aveva superato il limite.
Sbatterle in faccia i suoi più oscuri desideri e segreti non era per niente giusto.
Non doveva permettersi.
Arrabbiata, con abile mossa di braccia lo costrinse a lasciarla, evidentemente non stava usando nemmeno una frazione della sua forza, ma Ariel si lasciò sopraffare dalla rabbia e gli puntò l’indice contro, avanzando di un passo.
-Stammi a sentire, presuntuoso! Avrò anche il Jet Lag ma non mi farò mettere i piedi in testa da te! Io non sono tua e tu non hai alcun diritto di dirmi cosa fare…Non passerò la notte in Messico con te, perché non voglio che tu ti avvicini a me con intenzioni predatorie!-
-Predatorie?-Fece lui allibito.
-Esattamente, sono stanca dei tuoi giochetti, hai detto che mi vuoi più di prima e cosa dovrei pensare? Che solo perché hai promesso che non mi farai più del male, io debba crederti e venire in albergo con te e stare sveglia tutta la notte ad aspettare che tu cambi idea? Scordatelo, non mi fido fino a questo punto e se davvero non vuoi farmi più del male…lasciami andare a casa!-
Lui la guardò furioso, ma in quel momento lei lo era altrettanto.
-Va bene! Vuoi tornare a casa? Torniamo, se volessi potrei cambiare idea in qualunque posto, che sia un aero di linea, un jet provato o un dannato elicottero!-
L’ira di Ariel si tramutò in un lampo in puro terrore.
Damon aveva ragione.
Perché lo stava provocando in quel modo?
-Ma sai che ti dico? Dormi sonni tranquilli, Ariel! Continua a fingere di non provare nulla per me, ma sappi che se mi baci un’altra volta perché sei gelosa della prima venuta, dopo aver passato la notte con Jake, faremo i conti!-
Lei rimase a bocca aperta, senza fiato, con la testa che le girava.
Mille aghi le s’infilzarono nel cranio ed un dolore al petto la paralizzò.
Damon non stava dormendo, quando l’aveva baciato!
-I-Io…Lei…-
-Sì, stava cercando di avvicinarsi e tu l’hai allontanata, perciò sii onesta con te stessa, Sirenetta…Sai quel che voglio io, ma tu…cosa vuoi?-Chiese Damon affrontando con la stessa caparbietà la sua Sirenetta.
Ma non si era accorto che lei lo guardava con gli occhi lucidi.
Merda.
-Ma come puoi chiedermi una cosa del genere? Dopo tutto quello che mi hai fatto passare, dopo tutto quello mi hai detto un mese fa? Sì Damon, l’ho allontanata da te, ok? Si, sono gelosa!È questo che vuoi sentirti dire da me? Che cosa voglio? Non lo so, so… solo che ho bisogno di tornare a casa, di…di starti lontana… dieci minuti prima che il mio cervello esploda mentre cerco di capire perché provo queste cose assurde per te!-
Le lacrime le rigavano il volto e Damon si pentì subito di essersi impuntato come un bambino.
Quando stava con Ariel non gli riusciva proprio di controllarsi, era la sua Estasi personale, quella ragazza.
-D’accordo, faremo come vuoi tu, andiamo a prendere questo passaggio…poi ne riparleremo fra qualche giorno!-
Lei si asciugò le lacrime, che silenziose scendevano piano.
Damon era freddo e lei temeva di averlo provocato troppo oltre che sicuramente allontanato.
Perché passavano da momenti di intensa complicità a momenti di rabbia e scontro?
Sembravano una coppia sposata da un paio di anni, con problemi di comunicazione.
Ma forse era anche colpa sua. Così indecisa e confusa.
Forse doveva fare come aveva fatto Damon, mettere in chiaro le cose.
-Aspetta Damon…-
Doveva dirgli ciò che aveva capito al ballo e sull’aereo.
-C’è una cosa, che so di volere…Ora lo sai, provo qualcosa per te, che non è odio! Sono gelosa e voglio che quando sei con me, non pensi a nessun’altra!-
Lo disse, chissà con quale coraggio, ma lo disse.
Lui rimase particolarmente sorpreso, ma dopo i primi attimi sorrise con scherno e le s’avvicinò fino ad afferrarle il mento.
-Ariel, Ariel, Ariel, questa è una pretesa da fidanzata, lo sai?-
Lei arrossì, mentre il corpo le s’irrigidiva alla presa di Damon, calda e pericolosa.
Le piaceva e le faceva paura.
-E noi non siamo fidanzati, tesoro…Anche se…l’idea potrebbe piacermi…-Continuò soave, afferrandola per un fianco per spingerla contro di sé.
-…Se tu alzi delle pretese su di me, Damon, allora farò lo stesso anch’io!-
-Prima dovresti ammettere cosa vuoi davvero, non credi?-
-Voglio che mi lasci subito, non voglio starti attaccata così!-Disse lei, dibattendosi ben poco, rispetto a come avrebbe fatto meno di dieci giorni prima.
Damon non faticò a trattenerla e la derise, per poi inchiodare il suo sguardo di cristallo verde sui di lui.
-Menti, Sirenetta, a te piace…Sei come una gattina spaurita, desideri essere accarezzata ma hai paura…-
-Non è vero!-Sbottò lei, tirandogli qualche pugno, innocuo anche per un bambino, sul petto.
-Si che è vero, Sirenetta… E lo sai anche tu, vedo la tua pura, così come vedo il tuo desiderio…e tu? Tu puoi vedere il mio? E va bene, farò tutto ciò che vorrai per i prossimi dieci giorni…finché non saremo a casa mi divertirò a farti impazzire e poi non ti cercherò più finché non sarai tu a venire da me, a dirmi cosa vuoi davvero…-
Poi la lasciò, sconvolta e accaldata, dopo che le loro labbra erano state così vicine da sfiorarsi, così vicine che i loro fiati si erano uniti.
Così vicini che Ariel era impazzita, chiedendosi se ciò che vedeva lei negli occhi di Damon fosse il desiderio di cui lui parlava.
Se era quello, era fatto di lava e fiamme, di ghiaccio e brividi.
Se aveva intenzione di continuare in quel modo, sarebbe morta prima di arrivare a Mystic Falls, morta per il desiderio che la terrorizzava di più.
Damon Salvatore.
 
 
 
Una catapecchia di aereo.
Con tanto di pale rotanti sul muso ed ali poste sul tetto.
Ariel l’aveva trascinato su un piccolo, orripilante e vecchio aero che trasportava merci come alcolici, alimenti e qualche tessuto.
Il tipo che pilotava l’aereotaxi, Joseph Nikewood, era un puzzolente e grassoccio tipo che aveva tutta l’aria di essere un contrabbandiere, con tanto di effettive merci di contrabbando.
Damon, se pur contrario, era stato costretto a seguire la sua imperterrita compagna rossa, che ignorando i pericoli e le trappole in cui poteva incorrere, era saltata a bordo, senza dar conto al fatto che fossero gli unici due ospiti del volo.
La cosa era strana e per la prima ora di volo rimase sull’attenti come un pellerossa nella giungla.
Ma poi Ariel si era annoiata del silenzio, dormire su quei sedili malconci e scomodi le si era rivelato impossibile, quindi aveva cominciato a parlare.
Così avevano scoperto di avere gusti molto vicini.
Ariel era una fan sfegatata di Via col vento, di cui aveva visto il film molte e ripetute volte, quasi quanto lui stesso, letto il libro con avidità, se pur molte volte il sonno aveva battuto l’interesse smorzato dalla stesura un po’ pesante del libro.
Lui l’aveva letto un paio di volte, negli ultimi settant’anni*
Era rimasta colpita quando gliel’aveva detto e si erano trovati a ridere e a progettare di guardare il film insieme.
Lei gli chiese com’era stato vivere a quei tempi, le battaglie, le dame dai lunghi vestiti e la biancheria monacale.
Damon si era dilungato sulla sua esperienza in slaccia e allaccia corsetti, ma tutto sommato dopo tre ore di volo e puzza persistente, stavano ancora parlando di cose futili.
-Come mai sei diventato un vampiro?-
-Stefan non te l’ha detto? Tutto il processo, insomma...-
-Sì, scusa, intendevo dire...Perché hai deciso di trasformarti?-
Damon si rabbuiò subito a quella domanda e sospirò con malumore.
-Secondo te? Perché un uomo dovrebbe diventare immortale?-
Lei sorrise, non notando subito il suo nervosismo.
-Per il potere…-Disse lei, come se fosse ovvio.
Lui rise e guadò per un secondo alla sua sinistra, verso le grosse casse, poi riportò l’attenzione su di lei.
-Questa è proprio una frase da te, poco romantica!-
-Io non sono poco romantica!-Protestò lei.
-Davvero? Sei la fanciulla che adora le rose e le cene romantiche a lume di candela?-
Rise lui, abbandonando per un attimo l’inquietudine del pensiero funesto di Katherine Pierce.
Anche lei rise in modo nervoso, facendosi rossa rossa.
-No, sono più il tipo da cena con sparatoria…ehehe!-Rise nervosamente lei.
Damon si limitò a sorridere con aria cospiratoria, perché stava già desiderando di scoprire quanto poteva essere davvero romantica la Sirenetta.
Fandonie, quando diceva che non era romantica, si vedeva da un miglio che in realtà aveva il diabete a forza di fantasticare mielosi appuntamenti e romantici tramonti.
-…Hai cambiato discorso perché non ti va di parlare della tua trasformazione?-
-No, Ariel…è stato per una donna…era una vampira, si chiamava Katherine Pierce, credevo mi amasse, ma era solo una stronza…Ha manipolato sia me che Stefan per averci entrambi e per lei siamo morti, invano…mentre noi cercavamo di salvarla e ci facevamo ammazzare, lei era bella e lontana, in salvo…-
Lei lo ascoltò e lo guardò a bocca aperta con gli occhi così sorpresi che quasi facevano ridere il Vampiro.
-Per 145 anni, l’ho creduta sepolta in una cripta di Mystic Falls, cercavo di salvarla per passare il resto dell’eternità con lei…ma, a suo avviso, era Stefan quello con cui voleva passare l’eternità…Però Stefan è stato più sveglio di me ed ha capito l’inganno ed è andato avanti, da molto tempo ormai…-
-Con Elena?-
-Sì…Ma…Elena è la Doppelganger di Katherine…Sai, la sua copia vivente…perché è una sua diretta discendente…-
Lei stavolta lo guardò con la bocca che toccava terra, era davvero buffa.
-Cioè…Stefan…è fidanzato con la fotocopia della sua ex di più di cento anni fa? E ad Elena sta bene?-Gli domandò davvero esterrefatta la sua rossa.
-Bè sì, sai ne hanno passate tante e si sono chiariti, Katherine ha provato a separarli ed a distruggerci, metterci l’uno contro l’altro…ma adesso è rinchiusa nella cripta dove avrebbe dovuto essere, da più di un secolo!-
-Quindi, Katherine è ancora viva?-
-Sì, noi vampiri moriamo solo col paletto nel cuore, se ci strappano il cuore o ci tagliano la tesa…ah bruciamo al sole, senza questo…-
E gli mostrò l’anello di Lapislazzuli.
-Ah, ce l’ha anche Stefan e uno simile Caroline…È lapislazzuli, giusto? Mia…mia…mad...ne aveva una simile…-Disse lei a balbetti, come se improvvisamente la gioia che aveva illuminato i suoi occhi dinanzi al gioiello si fosse eclissata a causa di un brutto ricordo.
-Chi?-
-Una persona che conoscevo…così tu sei diventato un vampiro, perché volevi stare con la donna che amavi…-Disse come se fosse una cosa inconcepibile.
Lui trattenne una risata amara.
-Che credevo di amare, ma era tutto sbagliato…lei era una manipolatrice, Ariel, perfida e stronza, nulla a che vedere con Elena!-Esclamò sentendosi un po’ più tranquillo.
Ma così come il suo malumore si dissolse, quello di Ariel si rifece vivo.
-Quindi adesso sei innamorato di Elena?-Gli chiese quasi acida e infastidita.
Che gelosa.
Damon sorrise e si ritrovò a constatare che in quei giorni non aveva pensato ad Elena nemmeno una volta.
Neanche per un secondo, neppure quando l’aveva vista al ballo nel suo scintillante vestito chiaro.
-Lo sono stato…Ora non lo so più…Lei ama Stefan, come Katherine, quindi perché perdere tempo dietro ad una persona che non prova ciò che provo io…-
Lei annuì in modo brusco ma non disse nulla, restando cupa.
Damon decise di non darle corda, era stanco di litigare e quell’argomento targato “Ami Elena o no?” era improvvisamente emerso e l’aveva fatto mostrandosi confuso ed annebbiato, dopo mesi di assoluta certezza.
-Questa puzza è insopportabile, mi sta intontendo!-Disse d’improvviso lei, inducendolo ad annusare l’aria.
Sì, la puzza era orribile e dava un vago senso di stordimento.
-Mi sta venendo un sonno pazzesco, cercherò di schiacciare un pisolino…Non resisto più sveglia…-
Detto fatto, si accoccolò meglio sul sedile e Damon ne approfittò per togliersi la giacca e posargliela sulle spalle.
Ariel gl’aveva restituita quando erano saliti a bordo della catapecchia, ma serviva decisamente più a lei che a lui.
La rossa gli lanciò un’occhiata imbarazzata, con le gote rosse, che lo fece sorridere.
Poi la rossa chiuse gli occhi e sprofondò in un sonno pesante e silenzioso per quasi tre ore.
Nell’arco di quel tempo, Damon passò da stati di catalessi a vigilanza iperattiva, c’era decisamente qualcosa che non andava.
E quello strano e sospetto odore ormai gliene dava la conferma.
Ariel dormiva tranquilla e assopita da troppo tempo, nemmeno sul volo di linea si era così rilassata.
Qualcosa l’aveva indotta al sonno, e non era la stanchezza.
Sospettoso si guardò intorno e concentrandosi vide che dalla cappa dell’aria condizionata fuoriusciva un inquietante fumo giallognolo.
Santo cielo, che roba era?!
Ma proprio quando stava per alzarsi ed avvicinarsi alla cappa, un uomo entrò dall’unica piccola porta, che dava alla sicuramente minuscola cabina del pilota.
-Ehi! Che diavolo è questa puzza? Cos’è quel fumo disgustoso?!-Sbottò Damon con aria inferocita.
Quella roba era una qualche droga.
Gregor era un uomo di colore, Damon l’aveva visto prima di salire a bordo insieme a Joseph, il comandante.
Il tipo aveva lanciato un’occhiata un po’ troppo sfrontata ed attenta ad Ariel e lui l’aveva fulminato con i suoi occhi di ghiaccio, stando più vicino ad Ariel, ma ora che Gregor, avvicinandosi, tirava fuori dalla giubba una pistola, capiva che non l’aveva guardata solo perché era bella, perché puntò alla nuca di Ariel e fece fuco.
Damon riuscì appena in tempo a spaccare il poggia schiena del sediolino, facendo distendere completamente Ariel, che non incontrò mai il proiettile perché questo finì sulla spalla di Damon che le aveva fatto scudo.
La rossa, stranamente non si svegliò ma mugugnò una protesta e rimase coricata con la testa che penzolava e toccava quasi terra, come se stesse facendo un ponte di ginnastica.
Gregor sparò un altro colpo, ma stavolta Damon era stato tanto veloce da disarmarlo e sbatterlo contro la parete dell’aereo.
-Maledizione, è una trappola!-
Damon si avvicinò ad Ariel, ma l’aereo improvvisamente cominciò a traballare e prendere quota salendo verso il cielo, fino a mettersi in posizione verticale.
Quando questo accadde, Ariel si capovolse all’indietro e le sue gambe volarono in alto e lei rotolò verso le casse, sbattendo contro di esse.
Non si svegliò ma rimase ancora più inerme contro il legno duro che cominciava a tremare per l’alta pressione ed i continui sobbalzi dell’aereocatapecchia.
Anche Gregor venne sbalzato a destra e a manca, mentre Damon riuscì ad aggrapparsi ad uno dei sedili.
Però non poteva lasciare Ariel in balia degli urti e degli spostamenti improvvisi dell’aereo.
Non c’era dubbio, il pilota, il signor Nikewood, stava cercando di ucciderli giocando a fare il pilota d’aviazione esperto in piroette e rapide curve mortali o forse era soggiogato, come probabilmente lo era Gregor.
Tuttavia, se aveva pensato di poter recuperare Ariel e tenersi stretto a qualcosa con lei fra le braccia, si era veramente illuso.
Il piccolo motore destro esplose con violenza e schegge di materiale ferroso, che sfondarono il finestrino, schizzarono per la cabina insieme a pezzi di vetro veloci come frecce letali.
Una di queste schegge si conficcò nel cranio di Gregor, ammazzandolo senza che lui nemmeno potesse accorgersene, così che il suo corpo rimase a picchiare tra i sedili, le casse e le pareti.
Ariel era schiacciata tra una cassa e l’altra, quindi le schegge non l’avevano colpita gravemente, però, se una delle casse si fosse ribaltata, la sua Sirenetta avrebbe potuto farsi molto, molto male.
Persino morire.
Perciò, prima che il fuoco li raggiungesse si precipitò, sfidando la gravità, verso Ariel e scaraventò via i cassoni, potendo così stringere fra le braccia la rossa.
Il fuoco divampò ed il finestrino spaccato, che produceva un risucchio gelido e pazzesco, stava già portando via tutta l’aria nella cabina.
L’unica possibilità, prima di saltare in aria e lasciarci le penne, era uscire da quell’aereo ancor prima che la discesa in picchiata verso gli abissi dell’oceano li trascinasse entrambi all’inferno.
Tenendo bene a sé Ariel, inerme e svenuta, avvistò lo sportello.
Abbatterlo non sarebbe stato facile, ma doveva provarci.
Sferrò il primo calcio, il secondo, il quinto, il settimo e divennero dieci, quindici, finché al sedicesimo colpo, con tutta la sua forza ed il ginocchio che si fratturava e spezzava, il portellone volò via, colpendo il motore sinistro.
Le eliche si bloccarono, esplosero ed il fuoco mangiò anche quell’ala ancora intatta.
L’aereo si bloccò e rimase sospeso in aria per una frazione di secondo, poi si ribaltò e cominciò a scuotersi ad una rapidità impressionante mentre piombavamo verso l’oceano, perdendo quota, dopo aver raggiunto almeno gli undicimila piedi.
Damon osservò solo per un istante l’oceano che infuriava con le sue onde alte e violente, poi il sole che presto sarebbe calato.
A diversi ed innumerevoli chilometri da loro c’era una piccola isoletta.
Ricordandosi che Ariel non sapeva nuotare e che era svenuta, la tenne stretta più del necessario e la guardò.
Non poteva proprio permettere che morisse e nemmeno lui aveva voglia di morire in quella catapecchia d’aereo, perciò saltò.
L’acqua era vicina, c’avevano messo meno di un minuto per colare a picco  con il loro peso e l’aereo sarebbe arrivato in pochi secondi, tappò il naso ad Ariel e pregò che non annegasse mentre cercavano di sfuggire alla carcassa dell’aeroplano che sprofondava, alla corrente che li trascinava di qua e di là.
Ma purtroppo, quando il mezzo s’infranse contro le onde alte e burrascose dell’oceano Pacifico, molti pezzi della lamiera si staccarono dallo scheletro e volarono ovunque.
Damon aveva già un proiettile nella spalla, una gamba rotta ed Ariel da sorreggere, era veramente allo stremo e cercava di nuotare alla meno meglio per schivare le lame metalliche che arrivavano sott’acqua come proiettili.
Ma non poté fare molto.
Un pezzo d’elica gli si conficcò nella schiena e lìtutto divenne buio.
Perso e sconfitto, scivolò giù, portando Ariel con sé.
Non avrebbe voluto che finisse così, per nulla al mondo.
Lui poteva anche sopravvivere, era immortale, ma Ariel sarebbe di certo annegata, se non lo era già.
Rinsavì quando lei improvvisamente gli sfiorò la mano, scottandolo.
L’acqua gli entrò nei polmoni e lottò contro tutti i dolori che il suo corpo ferito gli causava.
Nuotò fino alla superficie e riemerse, con Ariel che sputava acqua, ma sempre priva di sensi.
Forse un bene, visto che non sapeva nuotare, avrebbe fatto più danni che altro.
Solo che da solo non riusciva ad estrarre la grossa scheggia delle pale dell’elica ancora conficcata nella sua schiena.
Perdeva molto sangue e se non arrivavano su qualcosa di solido al più presto, sarebbero morti.
Le onde erano troppo alte perché potesse veramente resistere fino all’isola che vista dall’aereo era solo un puntino lontano e che in quel momento, sballottato come una foglia, non riusciva neppure più a vedere.
Tuttavia, proprio quando la disperazione lo stava per spingere nuovamente giù, un grosso pezzo di lamiera, probabilmente un’ala dell’aereo catapecchia, galleggiò proprio accanto a loro.
Si rese conto che non c’era più pericolo per quanto riguarda le parti dell’aereo che avrebbero potuto colpirli.
Così si aggrappò all’ala distrutta e cercò di issare anche il busto di Ariel su di esso, in modo che non tenesse la testa sott’acqua e soffocasse.
Il tempo che rimasero a farsi trasportare dalle onde furiose e dalla pioggia che si abbatté improvvisamente, parve a Damon interminabile e gli sembrò ancora più lungo quando svenne e si risvegliò che il cielo era nero, con poche nuvole e altrettanto poche stelle.
E quando il suo sguardo andò di nuovo alla ricerca dell’isola, l’avvistò illuminata dalla luce poco vivida di una luna crescente che conferiva all’oasi verde che li avrebbe salvati un’aria surreale e mistica.
Damon, allo stremo delle sue forze, abbandonò la lamiera e trascinò sé ed Ariel verso la sponda sabbiosa dell’isola, ormai non troppo lontana.
Ed appena la sua guancia fece conoscenza con la bianca e tiepida sabbia, si accasciò lì, smettendo di strisciare, con Ariel sempre al suo fianco, che respirava piano e restava immobile.
-Mi...Dispiace Sirenetta, ma la prossima volta, sarà meglio che tu abbia una coda invece che due belle gambe…Perché io credo di essere morto…-
Lei continuò a dormire e lui si unì a lei, perdendo i sensi a sua volta, non prima però di aver trovato la forza per accarezzarle delicatamente una guancia.
Erano salvi…Per ora.
 
Fine XIX Capitolo.

[Continua...]

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Okk…
Anche questo è finito :D
Damon ed Ariel sono finiti su un'isola dispersa in mezzo al mare!
La mia beta lo disse che guardavo troppo Beautifull u.u
Ebbene eccoci qui… Finalmente Damon ed Ariel hanno qualche confronto riguardante i loro sentimenti ed Ariel capisce molte cose su ciò che veramente prova.
Vi è sembrato un capitolo polpettone? Alla mia Beta Indisciplinata si. ù.ù
Ma non temete, da adesso non ci saranno più “e se?” “ma perché?” “lo amo? Lo odio?” No, fine, siamo su un’isola, gente.
Qui si deve sopravvivere e contare l’uno sull’altro…e quale, se non questo è il modo migliore per Ariel di riscoprire quanto può veramente fidarsi ed apprezzare Damon?
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, c’è la citazione del film Disney della Bella e la Bestia, che io amo molto e un richiamo al libro e film di Via col Vento che per l’appunto, come accenna Damon (*) è stato pubblicato circa 70 anni fa.
Detto questo, ringrazio tutte le magnifiche persone che continuano a seguirmi, chi mi aggiunge ai preferiti e alle storie seguite.
Come dico sempre per me siete una gioia.
Ringrazio anche la mia Beta, che mi fa amorevolmente oscurare, ma che oggi che sono un po’ giù mi ha mandato della belle cioccolata e che corregge i miei capitoli con tanto amore e criticosità U_U 

Prima di andare ricordo a tutti un po’ di contatti su cui potrebbe farvi piacere seguirmi :
 
Facebook: http://www.facebook.com/serenity.efp
 
Youtube: http://www.youtube.com/user/Serenity452efp?feature=mhee
 
Nuovo sito Web: http://serenity452efp.weebly.com/index.html
 
 
Ora vi saluto e corro a postare il capitolo <3
 
Baci, Serenity! 
   
 
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