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Autore: CowgirlSara    01/10/2007    9 recensioni
Non era per la scena in se, perché non era certo la prima volta che sorprendeva suo fratello in atteggiamenti compromettenti con qualche ragazza. Ma lui sapeva chi era lei e capiva che una relazione con Tom era potenzialmente pericolosa. Così lo aveva detto al fratello. Era la reazione di Tom che non aveva previsto. NO twincest.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Bleeding - 1 Una nuova storia. È sempre bello iniziare una nuova avventura, ma questa introduzione non è facile per me. Devo spiegare alcune scelte che ho fatto. Questa non è una storia facile, non è la mia solita commedia romantica (oh, ragazzi, le amo e ne scriverò ancora, eh!). È una storia che parla di una crisi nel rapporto tra Bill e Tom e spero di riuscire ad esplorare al meglio i sentimenti di questi personaggi. C’è anche un’altra cosa anomala in questa fanfiction: Bill è omosessuale.
Dopo questa dichiarazione, probabilmente, mi sarò attirata le ire di orde di fan, ma questa scelta è funzionale alla storia. Avevo bisogno di un Bill così, ma ripeto non è una twincest, poiché io non le sopporto e sono anche felice che le abbiano tolte dal sito. Tanto per chiarire.
Tornando a quella decisione. Per molto sono stata indecisa se pubblicare o meno, non è mio costume speculare sui gusti sessuali della gente. Però, sia Tom che Bill sono personaggi difficili da interpretare, sono sfuggenti, ambigui e misteriosi, come è giusto che siano dei divi, quindi Bill potrebbe benissimo essere gay come il più grande sciupafemmine dell’universo, dopo suo fratello. Io questo non lo so e non lo posso sapere, quindi in questo racconto la faccenda sta così. Magari nel prossimo si porterà a letto due ragazze alla volta.
Qui c’è un maschio nel suo cuore e nel suo letto, quindi rassegnatevi. Se l’idea non vi piace, cambiate storia.

La fanfiction è scritta con il massimo rispetto per i Tokio Hotel, per gli altri personaggi reali citati, il loro lavoro e la loro vita privata. Quanto scritto è una storia di pura fantasia, i fatti narrati non vogliono dare rappresentazione della realtà. Non ha alcun scopo di lucro.
I Tokio Hotel non mi appartengono (ma ormai sono nel club delle Zie), così come gli altri personaggi reali e le canzoni che eventualmente userò.
La canzone che da il titolo alla storia e la introduce è “My Guitar Lies Bleeding In My Arms”, stupendo pezzo contenuto nell’album “These Days” dei Bon Jovi. Ascoltatela, è bellissima e perfetta per lo stato d’animo del Tom di questo racconto.

Note e saluti alla fine!
Vi lascio alla lettura e aspetto con trepidazione i vostri commenti.
Baci
Sara

*****
I can't write a love song the way I feel today
I can't sing no song of hope, I got nothing to say
Life is feeling kind of strange, it's strange enough these days
I send this song to you, wherever you are
As…
~ My Guitar Lies Bleeding In My Arms ~

1 – Distance between brothers

Il suo corpo fendeva l’acqua più lentamente di quanto avrebbe voluto, mentre le immagini di quel giorno gli attraversavano la mente. Paula, elegante in cima ai suoi jeans firmati, innegabilmente bella, di certo sfrontata, dietro quegli occhiali da sole. Tom ed il suo sorriso irriverente, con quegli sguardi non troppo nascosti verso di lei. E di nuovo la ragazza ed i suoi occhi soddisfatti e per nulla intimoriti, inginocchiata tra le sue gambe. E il viso di suo fratello, arrossato e un po’ affannato, che stentava a mettere a fuoco la sua faccia sconvolta. E poi vedeva se stesso, come se guardasse un film, fermo sulla porta del camerino a guardare incredulo quella scena.
Si vedeva sbattere gli occhi, come sperando che quelle immagini sparissero, desiderando che fosse un sogno; poi aveva sentito il proprio viso avvampare ed aveva dato le spalle alla stanza, chiudendo la porta. Ed era fuggito a gambe levate.
Non era per la scena in se, perché non era certo la prima volta che sorprendeva suo fratello in atteggiamenti compromettenti con qualche ragazza. E non era nemmeno per Paula, anche se Bill non riusciva proprio a farsela riuscire simpatica. Ma lui sapeva chi era lei e capiva che una relazione con Tom era potenzialmente pericolosa. Così lo aveva detto al fratello, quello stesso pomeriggio, con la sincerità che usava per dirgli ogni cosa. Era la reazione di Tom che non aveva previsto.
Lui gli aveva urlato contro, dicendogli di farsi gli affari suoi, con freddezza. Beh, Tom, a volte, era un po’ permaloso, ma era la prima volta che reagiva con quella rabbia. Bill, sorpreso e dispiaciuto, era stato solo capace di abbassare gli occhi, mentre suo fratello lo scansava per uscire dalla loro suite. Era successo il giorno prima e, da allora, non si parlavano.
Bill, dovette fermarsi, gli veniva voglia di piangere anche nuotando. Emerse dall’acqua, appoggiandosi al bordo della piscina e respirò a lungo. Quando sentì un brivido percorrergli la schiena, decise di uscire ed andare a prepararsi per la cena.
Sgusciò fuori, lasciando che l’acqua gli scivolasse di dosso e, ad occhi chiusi, si sciolse i capelli che aveva legato per nuotare, quindi cercò l’asciugamano che ricordava da aver appoggiato su un lettino lì vicino, ma non c’era. Si guardò intorno cercandolo, finché qualcuno non gli posò il telo di cotone bianco sulle spalle, stringendolo con tenerezza.
Bill socchiuse gli occhi, sollevando appena il mento e sospirò. Sperava che fosse Tom, ma sapeva che non era così. Non era il suo profumo quello e poi chi lo abbracciava era troppo alto…
“Ciao stella…” Gli sussurrò una voce dolce all’orecchio. “…come stai?”
Il cantante si girò, tra le braccia del nuovo arrivato, sorridendo felice, ma senza riuscire a nascondere la malinconia del suo sguardo.
“Andreas!” Esclamò a bassa voce, poi abbracciò d’impeto l’amico.
“Hey, scoiattolo!” Reagì l’altro ridendo con calore, come era nel suo stile. “Così mi bagni tutto!”
“Oh, scusa…” Mormorò imbarazzato Bill, scansandosi quasi bruscamente e abbassando gli occhi.
“Tranquillo, niente d’irreparabile!” Lo rassicurò subito Andreas allegro, controllando la maglietta appena umida, poi rialzò lo sguardo ed osservò l’amico, trovandolo stranamente tormentato. “Che c’è?” Gli domandò aggrottando la fronte.
“Niente.” Negò troppo velocemente il cantante, guardando altrove. “Vorrei andare a farmi una doccia, mi prederesti l’accappatoio, è laggiù.” Aggiunse, indicando all’altro l’attaccapanni sul muro di fronte. Andreas lo guardò con sospetto, ma poi decise di non indagare ed andò a prendere l’accappatoio. Conosceva Bill e sapeva che non era il caso d’insistere.

La suite che i gemelli dividevano era composta da due camere da letto, ognuna con bagno annesso, un piccolo soggiorno con poltrone, tavolo e attrezzatura home theatre, un breve corridoio. Nel salottino non c’era un eccessivo casino, a parte qualche avanzo sul carrello del servizio in camera, alcune riviste sul tavolino tra le poltrone e un contenitore per cd aperto sul mobile dell’ingresso.
Andreas si guardò intorno, tutto sembrava normale come poteva sempre esserlo nelle stanze d’albergo dei gemelli. Tutto, tranne l’atteggiamento di Bill. Era distratto, scostante, triste, niente a che vedere con il dolcissimo, vanesio chiacchierone che Andreas adorava. Non aveva più spiccicato parola da quando avevano lasciato la piscina e lui cominciava a preoccuparsi.
“Vado a farmi la doccia.” Annunciò il cantante, aprendo la porta della sua camera.
“Tom?” Domandò l’amico e poté giurare di aver visto le spalle di Bill contrarsi, mentre si fermava con la mano sulla maniglia.
“Non credo che ci sia.” Gli rispose poi.
“Non abbiamo provato a…” Tentò Andreas, facendo per girarsi verso la stanza del chitarrista.
“Credimi, non c’è.” Affermò secco Bill, entrando in camera e chiudendosi la porta alle spalle.
Il ragazzo rimase di sasso, fissando la porta bianca che si era appena chiusa davanti a lui. Rifletté per un attimo e poi pensò di aver capito: i gemelli dovevano aver litigato, non c’era altra spiegazione al gelo che si respirava nell’aria.
Provò a bussare alla porta di Tom, nessuno rispose, quindi decise di provare ad entrare. La porta era aperta, nella stanza non c’era nessuno. Andreas si guardò intorno. Il letto era fatto, in giro non c’era molta roba a parte una valigia aperta sull’ottomana e un paio di scarpe sul tappeto. Richiuse la camera e tornò nel soggiorno ad aspettare Bill.
Più di mezz’ora dopo, il ragazzo gettò con uno sbuffo la copia di Rolling Stone che stava leggendo sull’altra poltrona, quindi si alzò, deciso a stanare la primadonna.
“Bill?” Chiamò dopo aver bussato. Non giunse risposta, quindi Andreas entrò.
Aperta la porta si trovò davanti un disordine epocale e pensò che Bill era sempre il solito casinista. C’erano più magliette sul letto, scarpe in giro, fogli, riviste di quanti sarebbe umanamente possibile spargere in una camera. Valige aperte sul pavimento. Il cantante era seduto davanti alla specchiera, il cui piano era ingombro di trucchi, attrezzature e prodotti per capelli. Guardava il vuoto.
“Bill?” Fece interrogativo il ragazzo.
“Hn?” Rispose lui, senza girare la testa; era abbandonato sulla poltroncina, aveva un’aria distratta ed indossava ancora l’accappatoio.
“Bill, ma stai ancora così? Sono quasi le otto, faremo tardi a cena.” Gli disse; l’amico lo guardò con espressione ebete, come se non capisse quello che gli diceva. “Ti sei fatto la doccia, almeno?”
“Sì.” Annuì Bill. “Non so che cosa mettermi…” Aggiunse poi, decidendosi a raddrizzarsi sulla sedia e prendere in mano, almeno, la matita per gli occhi.
“Sant’Iddio, qui sembra esploso il magazzino della Gap, possibile che non trovi nulla da metterti!” Replicò Andreas scoraggiato, guardando il casino che aveva attorno.
“Hn…” Bill fece una smorfia nauseata.
Andreas sbuffò e si mise a cercare qualcosa da fargli mettere, in mezzo al disastro. “Che ne dici di questa maglietta nera con i tribali bianchi?” Propose, ma il cantante arricciò schifato il naso. “T-shirt rossa con i cuori gotici?” Stavolta gli rispose un verso disgustato. “Una guepiere di pizzo nero coi fiocchi di raso?” Continuò ironico lui.
“Ehhh?!” Reagì questa volta Bill; Andreas scosse il capo e poi gli lanciò la prima maglietta sotto mano, prima di sedersi sul letto.
“Andiamo, vestiti!” L’incitò quindi. “Di che hai ancora bisogno, un tiro da sei di boys in smoking che ti lanciano petali di rose mentre scendi le scale?”
“Ah ah ah, come sei simpatico!” Protestò acido Bill, alzandosi.
“Ti vesti o no?!” Sbottò l’amico e si ritrovò sommerso dall’accappatoio lanciato dal cantante; quando riuscì a liberarsene, aveva davanti Bill in mutande che s’infilava un paio di jeans.
Seguì i suoi movimenti. I pantaloni che salivano lungo le sue gambe magre, le sue dita smaltate di nero che chiudevano i bottoni e la grossa fibbia della cintura. La stella tatuata sul suo addome. Lo aveva già visto vestirsi, o spogliarsi, ma ogni volta… Dio, era così magro, come un ramo di salice. Perché ogni volta gli veniva solo voglia di abbracciarlo e proteggerlo? E specie quando lo vedeva tanto abbattuto…
“Scoiattolo…” Lo chiamò dolcemente, lui lo guardò. “Hai litigato con Tom?” Si decise a chiedergli; Bill abbassò il capo e guardò altrove. “Hai litigato con Tom.” Affermò quindi, sicuro ormai che era la verità.
“Sì…” Ammise infine il cantante.
“Mi vuoi dire che è successo?” Gli propose comprensivo l’amico. Bill sospirò e si sedette accanto a lui, dopo essersi infilato la maglia.
“Circa un mese fa si è aggiunta allo staff del gruppo una ragazza, Paula Schneider si chiama.” Esordì il cantante, sotto lo sguardo attento dell’amico. “È molto bella, e disinibita…” Descrisse. “Sta per laurearsi in scienze della comunicazione a Monaco ed ora lavora come assistente dell’addetto stampa.” Spiegò poi.
“Kurtzmann?” Domandò Andreas. Bill annuì.
“È abbastanza brava nel suo lavoro, ma non è per questo che sta nell’entourage.” Riprese il cantante. “Vedi, lei è la donna di Werner Velbaum.”
Andreas spalancò gli occhi. “Quello della casa discografica?”
“Già, proprio lui.” Rispose Bill annuendo.  
“E cosa ci entrate tu e Tom in tutto questo?” Chiese quindi l’amico.
“Indovina un po’…”
“No, aspetta.” Fece Andreas, realizzando. “Tom non se la sta scopando, vero?”
“Se la sta scopando eccome, Andi.” Replicò sconsolato Bill.
“Dai, non può essere così cretino…” Commentò l’altro con espressione incredula. “E… tu? Non avrà tirato in mezzo anche te?” Chiese poi, preoccupato, posando una mano sulla schiena del cantante. Non poteva credere che Bill si fosse fatto coinvolgere in un simile quadrilatero di relazioni.
“Io li ho sorpresi insieme.” Raccontò, però, l’amico, dandogli un immediato sollievo. “E poi ho parlato a Tom, dicendogli che secondo me sbagliava ad avere una relazione con lei.”
“Hai fatto bene.” Intervenne Andreas.
“Sì, ma lui mi ha trattato di merda, Andi!” Ribatté subito l’altro, girandosi verso di lui. “Non aveva mai reagito così, giuro! Ci sono rimasto talmente male che se ci penso piango ancora! Non mi parla da ieri.” Concluse sconsolato.
“Mi dispiace.” Gli disse solidale l’amico, passandogli un braccio sulle spalle. “Ma vedrai che gli passa, magari si è solo offeso perché glielo hai detto…”
“Lo spero!” Esclamò triste Bill.
“Tranquillo, Scoiattolo, ora ci sono io e troveremo un modo per fare pace, dai!” Lo rassicurò Andreas con allegra dolcezza, stringendolo a se.
“Oh, Andi, speriamo!” Affermò mogio Bill, rintanandosi contro la sua spalla.
“Dai, vedrai che gli passa tutto in un paio di giorni!” Replicò ottimista l’amico. “Vai, adesso finisci di truccarti, che così, con un occhio solo sembri il gatto di mia nonna!”
“Stronzo!” Reagì Bill ridendo, mentre gli dava una piccola spinta.
“Ma mi ami così, no?” Il cantante lo guardò per un attimo nei brillanti occhi verdi, reprimendo il tuffo al cuore, poi sorrise incerto.
“Già, ti amo così…” Mormorò, prima di tornare allo specchio e lasciare Andreas al suo batticuore.

Tom era davanti all’entrata del ristorante e stava rispondendo ad un messaggio sul cellulare. La mattina erano stati in sala prove e nel pomeriggio lui si era visto con Paula. Avevano passato diverse ore in camera di lei, a fare l’amore, senza pensare a nulla.
Il ragazzo era ancora arrabbiato per l’intrusione di suo fratello nella sua vita privata. Ma che cosa gliene fregava, a Bill, se lui si scopava Paula? Sì, lo sapeva perfettamente che lei stava con quel tipo della casa discografica, ma era un vecchio. E poi, insomma, mica se la voleva sposare! Fare sesso con lei era bello, una cavalcata selvaggia che toglieva ogni pensiero dalla testa. Meglio dell’alcool. Paula gli faceva davvero bollire il sangue. Forse perché era più grande, ma non era la prima venticinquenne che si faceva. Certo era bella, sexy, capace di fartelo venire duro con uno sguardo, ma non era solo questo. Lei lo aveva trovato in un momento di fragilità, anche se lui non lo avrebbe mai ammesso. Gli faceva rabbia pensare di essere stato debole, ma aveva stupidamente bisogno di quella donna. Anche per questo aveva preso così male le parole di Bill. Adesso, però, chissà perché, si sentiva strano all’idea di aver litigato col gemello… A volte, questo legame ancestrale con Bill, era proprio fastidioso!
Sbuffò, mentre riponeva il telefono, appena prima di sentirsi chiamare da una voce familiare. Si girò e vide Andreas venirgli incontro.
“Ciao, Andi!” Salutò cordiale, abbracciando l’amico.
“Ciao Büchse (*), come va?” Rispose l’altro, dandogli delle amichevoli pacche sulle spalle.
“Hm, abbastanza bene.” Gli disse, poi si staccarono. “Quando sei arrivato?” Chiese Tom, guardandolo negl’occhi.
“Oggi pomeriggio.” Affermò Andreas. “Sono stato con Bill.” Spiegò quindi.
“Ah…” Fece soltanto l’altro, guardando altrove. Calò un silenzio imbarazzato, Andreas non sapeva se dirgli che era a conoscenza del litigio.
“Mi ha detto che avete avuto una discussione.” Confessò infine; fu colpito dalla freddezza dello sguardo con cui rispose Tom.
“Ti ha già spiattellato tutto, eh?” Replicò quindi il chitarrista. “Non regge neanche il semolino…” Aggiunse scuotendo la testa. Andreas aggrottò la fronte, insospettito.
“Guarda che è molto triste, per questa cosa, vorrebbe davvero fare la pace…” Gli disse.
“Doveva pensarci prima di farsi i cazzi miei!” Intervenne Tom, interrompendo l’amico. L’altro gli scoccò un’occhiata di rimprovero.
“Ci sta male davvero, Tom.” Affermò Andreas severo.
“Ripeto. Doveva pensarci prima.” Ribatté duro il chitarrista. “E, tanto, adesso ci sei tu a consolarlo…”
“Non ti permetto…” Fece Andreas appena minaccioso.
Bill, in quello stesso momento, stava raggiungendo il ristorante; non si accorse del fratello, perché Andreas gli copriva la visuale. “Sì, l’avevo lasciato in camera il tel…” Esordì, rivolto all’amico, che si girò, scoprendo Tom e la sua espressione cupa. Il cantante interruppe la frase e si fermò sul posto.
I due gemelli si guardarono per un lungo istante negl’occhi. Lo sguardo di Bill era triste e aggrottava la fronte come se stesse trattenendo le lacrime. Quello di Tom, invece, era quasi di sfida. Infine, quest’ultimo fece un sorrisino beffardo, lanciò un’ultima occhiata ad Andreas, poi voltò le spalle ad entrambi ed entrò nella sala.
Andreas, che lo aveva seguito mentre se ne andava, si voltò verso Bill. Il ragazzo non si era mosso di un millimetro. Quando i suoi occhi nocciola incontrarono quelli dell’amico erano lucidi, gli tremava il mento. Andi gli corse accanto.
“Non piangere, dai.” Gli disse, circondandogli le spalle con un braccio. “Andrà tutto bene, si sistemerà tutto…” Mormorò poi, accarezzandogli il viso nell’intento d’impedirgli di scoppiare in lacrime. “Su, Mäuschen (*), che poi ti cola il trucco…” Il nomignolo riuscì a strappare un sorrisino triste a Bill; Andreas sospirò sollevato, stringendoselo contro e portandolo finalmente in sala.
La cena, ad ogni modo, non fu il convivio divertente che era solita essere con i ragazzi. Andreas chiacchierò con Georg e Gustav, dato che era molto tempo che non si vedevano, ma sempre tenendo d’occhio Bill, che quasi non toccò cibo quella sera. Tom lo ignorava, non lo guardava e non gli rivolgeva la parola, nemmeno per chiedere il pane o il sale. Andi, ogni tanto, scorgeva sguardi pieni di tristezza da parte del cantante per il gemello e questo faceva male anche lui. Stava cominciando a pensare che questa storia fosse più grave di quanto credeva.

“Grazie.” Disse Andreas al cameriere del servizio in camera, dopo avergli dato la mancia; lui salutò e se ne andò silenzioso.
La porta della camera si aprì, attirando l’attenzione del ragazzo; ne spuntò la versione notturno-depressa di Bill: niente trucco, pantaloni del pigiama neri a righe, maglietta grigia ed espressione da poeta esistenzialista con manie suicide.
“Che cos’è?” Domandò il cantante, indicando il carrello, mentre si sedeva su una poltrona.
“Ti ho ordinato qualcosa da mangiare, non hai toccato nulla a cena.” Rispose Andreas, che era in piedi davanti al tavolino dell’ingresso e faceva qualcosa col cellulare.
“Dimmi che è dolce…” Piagnucolò Bill, rannicchiandosi sulla poltrona.
L’amico si girò con un sorriso. “Torta al cioccolato con doppia farcitura fondente.” Gli rivelò soddisfatto.
“Oh, ti adoro!” Proclamò il cantante giungendo le mani. “Hai preso anche il latte?” Continuò avvicinandosi incuriosito al carrello.
“Sì.” Annuì Andreas.
“Sei meglio della mia mamma!” Sentenziò Bill, ritrovando un po’ di verve.
“Dai, adesso mangia.” L’incitò con un sorriso. “Io vado, ci vediamo domattina.” Annunciò poi.
L’altro ragazzo, a quelle parole, fermò la mano sul coperchio del vassoio e guardò l’amico. La sua espressione si era fatta improvvisamente seria.
“Resta, Andi.” Lo supplicò quindi.
Ecco, lo sapeva che glielo avrebbe chiesto. C’erano un milione di motivi per dirgli di no, prima fra tutti la sua sanità mentale. Ma c’era un solo enorme motivo per cui, alla fine, gli avrebbe risposto di sì: era Bill. E Andreas, quando lui lo fissava con quegli occhioni da cucciolo smarrito, sarebbe stato capace di saltare negli anelli di fuoco, come le tigri dei circhi.
“Non credo che sia il caso…” Tentò comunque il ragazzo, aggrappandosi disperatamente al proprio buonsenso.
“Ti prego, non voglio stare solo…” Mormorò Bill, con una faccina sempre più triste.
“Ma tornerà Tom…” Provò ancora Andreas.
“Non tornerà.” Affermò secco l’altro, abbassando gli occhi. “E anche se lo facesse non…”
“Bill.” L’interruppe l’amico. “Anche se volessi restare, non c’è nemmeno un divano dove potrei dormire.” Spiegò, sperando che fosse una scusa sufficiente.
Il cantante alzò due occhi lucidi e supplicanti sull’interlocutore. “Puoi dormire con me, il letto è grande.”
No, no, no! Qui si andava di male in peggio! Lui non poteva dormire con Bill! L’ultima volta che era successo erano in campeggio e c’erano anche suo fratello Bertie e Tom, più che dormire avevano sparato cazzate fino all’alba… Ma ora, così, con Bill in quelle condizioni… E se cercava conforto? E se lo abbracciava? Oddio… Poteva controllarsi, di giorno, in pubblico, ma di notte, nello stesso letto, a pochi centimetri di distanza? Oh, Dio…
“Ti prego…” Mormorò ancora il cantante. E, ad Andreas, bastò osservare per un altro solo secondo il suo visetto sconfortato, per dimenticare ogni raccomandazione che si era fatto.
“E va bene.” Si arrese infine, strappando un sorriso gioioso alle belle labbra di Bill. “Tu mangia, io vado a prendere la mia roba.”
“Grazie!” Esclamò l’altro soddisfatto, scoprendo finalmente la torta. Andreas scosse il capo e si diresse nella propria camera. Ennesima battaglia persa.

La camera era illuminata solo da una piccola lampada su uno dei comodini. Bill era steso supino, coi capelli sparsi come un’esplosione sul cuscino e guardava un qualche punto non identificato.
Andreas si sedette sul letto, ravviandosi i capelli e cercando qualcosa da dire. Non era la prima volta che dormivano insieme, ma quando erano ragazzini era sempre un’affollata avventura e il cantante solo uno dei tanti amici, magari più folle, sensibile e dolce degli altri, ma null’altro. Solo da un paio d’anni era consapevole di provare per Bill qualcosa che andava oltre il semplice affetto. E questo qualcosa lo aveva sempre tenuto sotto stretto controllo, senza dargli la possibilità di venire in superficie. La possibilità di essere corrisposto nemmeno la considerava, perché questo avrebbe significato grossi problemi per la carriera di Bill. Eppure, c’erano momenti in cui…
“Immagino questo significhi che devo prendermi il lato sinistro.” Esordì finalmente Andreas, alludendo alla posizione di Bill sul letto.
Il cantante si girò lentamente verso di lui, con un sorriso mesto e lo sguardo spento, poi allungò una mano sul materasso fino a sfiorare la sua. Il ragazzo trattenne un brivido.
“Se vuoi stare di qua, devi solo dirlo.” Mormorò Bill.
“Va… va bene così.” Rispose Andi, quindi gli sorrise. “Va meglio?” Gli chiese poi.
“No, ma grazie per avermelo chiesto.” Replicò il cantante, rimettendosi supino.
“Dai, vedrai che farete presto la pace!” Esclamò l’altro, cercando di essere allegro.
“Non capisco come fai ad esserne tanto sicuro.” Fece Bill, guardandolo con la coda dell’occhio, mentre si stendeva accanto a lui.
“Beh, è perché siete tu e Tom.” Spiegò Andreas. “Un mondo dove tu e Tom non vi volete bene non esiste, è impossibile, non ci crederei nemmeno vedendolo.”
“Vorrei essere io così ottimista…” Commentò sconsolato l’altro, fissando il soffitto.
“Andiamo!” Sbottò l’amico con un gran sorriso, mentre gli dava una piccola spinta. “Andrà tutto bene, Pfuscherei!(*)”
Bill spalancò gli occhi, sorpreso e divertito. “Come mi hai chiamato?!”
“Pfuscherei!” Ripeté Andreas tranquillamente sorridente. “Perché? È il tuo, perfetto per un casinista come te, guarda che bordello è questa stanza!” Continuò, indicando la camera sotto sopra.
“Tu, con questa fissa dei nomignoli, ti metterai nei guai un giorno o l’altro!” Esclamò Bill, che ormai rideva.
Andreas, anche lui ridendo, lo guardava, preso dall’allegria, con quella risata argentina che tanto amava e le gambe per aria. Per la prima volta, quel giorno, si sentì meno inquieto e poté rilassarsi un po’. Sempre per quanto gli permetteva la situazione.
Bill, quando riuscì a vincere un po’ l’ilarità, si girò verso l’amico, avvicinandosi alla sua spalla; ogni tanto era ancora scosso da qualche risatina e aveva gli occhi lucidi. Andreas lo guardò con dolcezza, poi gli scostò dal viso una ciocca di capelli.
“Sei bellissimo, così…” Gli sfuggì e, quando se ne accorse, ritrasse appena la mano.
“Lo pensi davvero?” Domandò però Bill, che ovviamente lo aveva sentito.
“Ce… certo…” Balbettò Andreas. “…altrimenti non te lo avrei detto…”
“Grazie.” Mormorò l’altro, mentre si accoccolava a pochi centimetri da lui.
Il ragazzo sospirò, gli carezzò piano la testa e poi spense la luce. Addormentarsi non sarebbe stato facile.

Era notte fonda, quando Tom entrò nella suite che divideva col fratello. Era tornato lì, non perché ne avesse voglia, ma solo per farsi una doccia, cambiarsi e dormire un po’ in pace. E poi, anche perché Paula si era fissata che era meglio non passare la notte insieme.
Il ragazzo attraversò il corridoio e vide, nel soggiorno, il carrello con la torta mangiucchiata ed il bicchiere sporco di latte. Sempre il solito, Bill.
Pensare a suo fratello con la bocca sporca di cioccolata gli strappò un sorrisetto e, chissà perché, gli fece venire voglia di vederlo. Ma questo non significava che ce l’avesse meno con lui. Si tolse le scarpe e raggiunse la porta del gemello. Era solo accostata e, quindi, gli bastò spingerla appena per avere una visuale sufficiente della stanza.
Il rettangolo di luce della porta raggiungeva i piedi del letto, ma illuminava abbastanza da consentire di vedere le due figure stese sopra.
Bill era rannicchiato su un fianco, con il capo posato contro il torace di Andreas, che invece era supino, con un braccio sopra la propria testa e l’altro oltre quella di Bill. Tom strinse i denti.
E poi Andreas aveva anche il coraggio di affermare che non era lì per consolare Bill! Certo, come no! E questo come lo chiamava? Era, tutto tranquillo, a letto con suo fratello!
Era incazzato. Sì, perché uno dei suoi migliori amici non gli aveva neanche chiesto la sua versione delle cose, ma aveva dato, a prescindere, ragione a Bill. E il motivo della sua preferenza era più che chiaro, o no? Nemmeno per un momento, Tom, mentre andava in camera sua, pensò che forse era solo geloso del rapporto tra il suo gemello e Andreas. Sapeva solo di essere sempre più arrabbiato con Bill. Come si permetteva di giudicare lui, per la sua storia con Paula, e poi flirtare apertamente con Andreas, finendoci anche a letto insieme?!
Quando entrò nella propria stanza, chiuse la porta un po’ più rumorosamente di quanto fosse necessario.

Bill sussultò, svegliandosi. Si guardò intorno smarrito, cercando di capire se aveva sentito davvero qualcosa, un rumore. Andreas dormiva tranquillo al suo fianco, ronfando placidamente.
Il ragazzo si sollevò su un gomito e spiò il buio, in direzione della porta. Gli sembrava più aperta di come l’avevano lasciata, ma non sapeva dire se si trattasse di un’impressione.
Qualcosa, però, gli diceva che Tom era tornato. Qualcosa nella pancia, una sensazione che conosceva bene e che, purtroppo, in quei giorni era accompagnata da tristi pensieri.
“Tomi?” Provò a chiamare a bassa voce. Gli rispose solo il silenzio della notte; così, triste e deluso, si rimise giù, rannicchiandosi più vicino ad Andreas.

CONTINUA

(*) Büchse - scoppietto
     Mäuschen - topolino
     Pfuscherei – pasticcio, danno


Mah, ditemi voti, io continuo a pensare che questa storia e i personaggi siano un tantino patetici. Temo di annaspare troppo tra lacrime e melassa. Chiaritemi le idee con le vostre recensioni.

Saluto tutti quelli che leggeranno e commenteranno e ne approfitto per ringraziare coloro che hanno commentato l’ultimo capitolo di “Something like summertime”: siete stupendi, un sostegno indispensabile per ogni scrittore! Vi aspetto ancora!

   
 
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