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Autore: kajie    17/03/2013    1 recensioni
« Un vento a dir poco ghiacciato lo accolse lì fuori e gli sbatté contro il viso, riuscì perfino ad attraversare quel misero tessuto che copriva il suo petto nudo entrandogli fin dentro le vene; gelò il suo corpo, ma non sarebbe mai riuscito a congelare per sempre anche il suo cuore. »
Genere: Angst, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Avvisi: AU, Twincest Not Related
Genere: Angst, Triste, Malinconico, Fantasy,
Riassunto: « Un vento a dir poco ghiacciato lo accolse lì fuori e gli sbatté contro il viso, riuscì perfino ad attraversare quel misero tessuto che copriva il suo petto nudo entrandogli fin dentro le vene; gelò il suo corpo, ma non sarebbe mai riuscito a congelare per sempre anche il suo cuore. »
Disclaimer: Non possiedo né i Kaulitz né i Tokio Hotel, tutto ciò che ho scritto non è reale e non è a scopo di lucro.


 
Sturm und Drang
 
 
Se tutto il resto sparisse, e lui rimanesse, io potrei continuare ad esistere;
ma se tutto il resto rimanesse e lui fosse annientato, il mondo,
diverrebbe per me, qualche cosa di estraneo.
Avrei l'impressione di non farne più parte.
– Cime Tempestose –
 

Sospirò con voce tremante facendo scivolare i suoi piedi lungo le assi del pavimento, si massaggiò con la mano destra il collo che ormai da giorni gli faceva male lasciando vagare lo sguardo nella stanza poco illuminata, senza soffermarsi mai per più di qualche istante sui quei mobili che loro, insieme, avevano scelto l' anno prima. Era tutto troppo doloroso, ogni singolo angolo, perfino i granelli di polvere pensò, gli ricordavano lui.
 
 
Fece scivolare la mano dalla sua nuca fino a dietro l'orecchio solleticandosi la pelle in quel punto, si morse con poca forza le labbra e il suo viso, scarno da lì a quel tempo, venne illuminato dalla luce abbagliante di un lampo. Si fermò tra la porta della cucina e il corridoio dell'entrata, guardò oltre la portafinestra e scosse la testa andando nella sala da pranzo avvicinandosi al frigorifero, lo aprì e mosse velocemente le spalle per colpa di un brivido di freddo che attraversò il suo intero corpo. Dopo tutto, chi era il pazzo che a metà Gennaio girava in casa che era senza riscaldamento a torso nudo e con un paio di miseri pantaloni?
 
 
Si piegò in avanti sporgendosi verso il ripiano più basso, infilò la mano per poi tirarla fuori stringendo tra le lunghe dita il cartone del latte richiudendo subito dopo il frigo con il fianco mentre si voltava. Si sedette scompostamente sullo sgabello, aprì lo scatolo del latte e portò le labbra umide all’apertura, piegando la testa all'indietro e chiudendo gli occhi iniziò a bere quel liquido freddo e dolciastro.
 
 
Riportò la testa in avanti staccandosi dal cartone, leccandosi il labbro superiore. Storse il naso posando il latte sul tavolo davanti a sé, poggiò i gomiti su di questo sostenendosi la testa con entrambe le mani e osservando le ombre degli oggetti fuori dalla finestra riflettersi sul muro accanto a lui. Era come uno spettacolo. Sorrise amaramente sbuffando annoiato, anche quella meravigliosa rappresentazione dopo un po' lo stufava, perdeva facilmente l'interesse per tutto.
 
 
Si guardò ancora attorno cercando qualcosa da fare, lavare i piatti, pulire i fornelli, sistemare la dispensa, qualsiasi stupida cosa che gli impedisse non solo di non pensare, ma precisamente di non pensare a lui, ricordare il suo volto. Strinse il bordo del tavolo quasi furioso, odiava quando la sua mente gli inviava a ripetizioni vecchi ricordi come un film a pellicola, tutti terribilmente muti ma che gli facevano sentire fin troppe emozioni. Aveva già fatto di tutto se non di più, non sapeva veramente più cosa fare.
 
 
«Sei uno stupido, dove pensi di andare? Lo sai che non mi scappi» Cinguettò una vocina.
Se quelle immagini erano terribili, ancora di più era quando sentiva solo la sua voce.
 
 
Lasciò andare la presa sul tavolo mordendosi l'interno guancia come a volersi fare male e si alzò dallo sgabello facendolo traballare; bastava quella voce a farlo calmare o ancora meglio, a farlo rattristare ancora di più di quanto già non lo era. Sospirò affranto e prese il latte posandolo al suo posto nel frigo per poi uscire dalla cucina proprio come vi era entrato, lentamente.
 
 
Ancora, un altro fulmine lo illuminò, irradiando le sue iridi dorate di una folgorante luce. Sfregò le mani tossendo leggermente per poi bloccarsi di colpo alzando la testa, girò su se steso come se cercasse qualcosa e poi si fermò avanzando finalmente verso il salone, afferrò la coperta riposta alla meglio sul divano e vi si coprì anche se doveva ammette che quel tessuto, a contatto con la propria pelle, era fastidioso, ma lasciò scivolare via quella sensazione.
 
 
Sorrise leggermente, con un po' di felicità quella volta e andò verso la portafinestra, poggiò la mano sulla maniglia trovandola terribilmente fredda e tremò al solo contatto, deglutendo però, fece forza sulla presa facendo poi scorrere il vetro. Un vento a dir poco ghiacciato lo accolse lì fuori e gli sbatté contro il viso, riuscì perfino ad attraversare quel misero tessuto che copriva il suo petto nudo entrandogli fin dentro le vene; gelò il suo corpo, ma non sarebbe mai riuscito a congelare per sempre anche il suo cuore.
 
 
Starnutì con forza portando in avanti la testa involontariamente, la scosse cercando di allontanare quella sensazione di pizzico e fastidio che aveva al naso e richiuse la porta finestra dietro di sé, lasciando giusto un piccolo spiraglio per non rimanere bloccato fuori. Strinse tra le dita la coperta cercando di non far scappare quel minimo di calore che ancora risiedeva nel suo corpo e che gli permetteva di non definirsi del tutto morto; avanzò incerto nei passi meravigliandosi sempre di più dello spettacolo che gli si presentava davanti.
 
 
Poté percepire fin dentro le ossa l'aumento dell'umidità nell'aria, la pressione atmosferica era sicuramente scesa drasticamente dall'ultima volta che era uscito di casa e il cielo notturno era coperto da voluminose nuvole nere che si univano formando una sola ed enorme nube al cui punto di origine, una luce abbagliante diminuiva e aumentava quasi regolarmente. “E' lì che si sta scatenando l'inferno” pensò il ragazzo.
 
 
Alzò di più la testa chiudendo gli occhi e lasciando che il vento con forza agitasse quel poco che rimaneva in lui, avrebbe dato qualsiasi cosa per non provare quella terribile noia, anche l'anima. Serrò la mascella avanzando e poggiò una mano sulla ringhiera del balcone umida e fredda, tremò irrimediabilmente.
 
 
«Sai Tom, io credo di essere simile alle tempeste» Quegli occhi ambrati gli tornarono in mente.
«Perchè?» Osò chiedere anche se ora sapeva perchè avesse fatto quell'esempio.
«Prova a guardarne una! Prova a cogliere ogni cosa, anche la più stupida e poi dimmi cosa vedi» Sussurrò una voce languida.
 
 
Lasciò andare la coperta portandosi la testa tra le mani e scuotendola furiosamente. Perchè? Perchè non voleva andare via?
Non ce la faceva più, si sentiva esausto, tutte le sue forze velocemente si stavano asciugando e ciò che rimaneva di lui era niente, non si sentiva più lo stesso ma non avrebbe mai detto direttamente cosa avesse di diverso. Solamente, si sentiva cambiato ma, in meglio o in peggio? Non si rispose.
 
 
Quasi ringhiò contro il vento prepotente che ora non gli dava sosta e raccolse la coperta da terra facendo per entrare, ma di bloccò di nuovo quando ormai la sua mano era in prossimità della maniglia.
 
 
«Perchè?» Richiese al moro accarezzandogli lentamente una guancia.
«Per favore, fallo» Rispose solamente quello posando la testa sulla spalla del rasta e baciandogli il collo.
«Va bene» Disse Tom rassicurandolo baciandogli la testa e abbracciandolo. «Solo per te»
 
 
Sospirò mordendosi le labbra e lasciò ricadere la mano lungo il fianco senza sapere cosa fare.
Quella vocina lo avrebbe tartassato ancora allungo? Magari se faceva come voleva se ne sarebbe andata, sperò senza però essere veramente convinto. Lentamente si voltò e si ricoprì con la coperta andando a sedersi sulla sedia attorno al tavolino sul balcone, portò le gambe al petto per coprirsi anche quelle, stringendosele con le braccia.
 
 
«Grazie amore mio» Sussurrò di nuovo quella vocina.
 
 
Inspirò ed espirò più volte, lentamente, cercando di calmarsi e di trovare una mezza tranquillità, se continuava di quel passo si sarebbe gettato dal balcone o magari sarebbe solamente tornato dentro casa per rannicchiarsi sotto le coperte cercando quel calore, che l'anno prima, era stato un corpo ad offrirgli. Gli occhi iniziavano a pizzicare e a riempirsi di lacrime, sospirò nuovamente, odiava sentire quella sensazione nostalgica che presto lo avrebbe fatto lacrimare come un bambino.
 
 
Puntò gli occhi sulla tempesta che si stava preparando ad esplodere davanti a lui e così fu, dopo pochi istante un forte lampo seguito subito dal suo tuono echeggiò sulla città e sussultò tanta era la forza di quel rumore. Rimase a lungo a guardare la pioggia infrangersi con impeto sui tetti delle case a bagnare quei passanti che cercavano un rifugio o un angolo nel quale potersi riparare.
 
 
“Tutto inutile” pensò “non si può sfuggire mai a niente.”
Abbassò lo sguardo osservando tra le sbarre della ringhiera notando gli alberi ondeggiare avanti e indietro spinti sempre da quel vento che non voleva calmarsi, non dava pace a nessuno, nemmeno alla natura. Si strofinò gli occhi con il dorso della mano cancellando le prime impronte di quelle lacrime amare e salate che erano scese senza che se ne accorgesse.
 
 
«Allora, hai visto la tempesta di ieri sera?» Cinguettò il moro saltando al collo del biondo. «Cosa hai visto?»
«Vento, pioggia, caos...» Disse Tom solamente mordendosi il labbro.
«Uhm...» Esclamò il moro sciogliendo quell'abbraccio e facendo per andare via, ma l'altro lo bloccò.
«Bill, dove sbaglio?» Chiese il rasta guardandolo preoccupato.
«Da nessuna parte» Rispose Bill tornando vicino a lui per rassicurarlo. «Tu sei perfetto»
 
 
Non aveva mai capito nulla, mai.
Bill si era sempre riferito a quella forza straordinaria che viveva in lui e che mostrava a tutti, a quell'impeto che solo lui aveva conosciuto sotto le coperte del loro letto, di nascosto, alla luce del sole o della luna, ma che mai aveva permesso ad altri occhi, o mani, o labbra di domare quella potenza.
-Perchè non capivo?- Sussurrò la domanda il povero Tom posando la fronte sulle sue ginocchia e singhiozzando senza trattenersi.
Bill era come una tempesta: un turbinio di sensazioni che ti paralizzavano dalla paura ma allo stesso tempo, ti affascinavano facendoti impazzire per il solo pensiero di poterlo toccare o, ammirare.
 
 
-Ti odio.- Disse a sé stesso guardando il rossore che si era formato tra le nuvole cariche di pioggia, di quella potenza minacciosa e incantevole allo stesso tempo, proprio come lo era Bill. Perfetto ma fragile, potente ma insicuro, impetuoso ma di una dolcezza infantile. Dov'era ora quel piccolo cucciolo che aveva infranto, rimesso a nuovo e poi distrutto nuovamente il suo cuore? Dov'era il suo amore?
 
 
«Non puoi capire, ma non ce l'ho con te» Mormorò il moro guardando il biondo dritto negli occhi.
«Perchè? Perchè non me lo spieghi tu?» Quasi urlò il rasta all'altro con un misto di rabbia e tristezza che lo stava avvolgendo.
«Non ce la faccio, non so come fare» Ammise Bill tremando e alzandosi dal loro letto.
«Per favore, non andare» Lo supplicò Tom rimanendo seduto, ma guardandolo disperato e con gli occhi lucidi.
 
 
Ogni giorno si chiedeva che cosa doveva fare per essere un uomo? Doveva resistere e combattere per dimostrare a tutti chi era? Era quello che la sua vita era per i rifiuti in un mondo pieno di guerra? Era davvero stanco, troppi pensieri circolavano nella sua mente, non sapeva più dove doveva sbattere la testa, era tutto troppo complicato per lui, non poteva sopportare veramente tutto quel dolore o amore che fosse.
 
 
Una serie di lampi si concentrarono illuminando una gran parte della città e il rasta, alzando di scatto la testa, vide le nuvole diventare stranamente rosse e tremò, mai, mai aveva visto quel colore così profondo contornare il cielo o qualsiasi altra cosa esistente. Era un aura che lo intimidiva ma che lo affascinava, avrebbe voluto toccare quella scarica elettrica e sentirsi di nuovo vivo, un essere che non era solo un corpo vuoto su quella terra.
 
 
Chiuse gli occhi piegando di lato la testa e sospirò lasciando andare le gambe e le braccia fuori dalla sedia sorridendo appena quando il vento fresco, stranamente, gli accarezzò con dolcezza il viso, sembravano delle carezze, le sue carezze. Lui che era la sua luce nelle notti oscure, la sua forza e la sua ragione, senza di lui aveva la sensazione di cadere giù, di precipitare in un buco nero e lui non si sforzava di trovare la forza per salvarsi, perchè non aveva nulla senso senza il suo Bill.
 
 
Si alzò automaticamente dalla sedia, ci salì sopra salendo poi sul tavolo e si aggrappò alle sbarre del balconcino del piano superiore, posò prima un piede e poi l'altra sul proprio balcone tenendosi stretto con le mani sopra, guardò di sotto sorridendo piegandosi poi sulle ginocchia, si sedette sul bordo del balcone facendo penzolare le gambe e lasciandosi bagnare dalla pioggia che scendeva lentamente lungo i suoi muscoli, la sua pelle e inzuppando di acqua i suoi capelli e i suoi pantaloni.
 
 
-Ti troverò?- Domandò Tom al vento poggiando la spalla al muretto affianco a lui e tenendosi con forza, con le mani al balconcino. Sollevò con lentezza il braccio porgendo il palmo della mano al tutto ciò che si presentava davanti a lui, al mondo, alle persone.
Sempre e solo a Bill!
 
 
«Non si può, non più» Disse il moro dispiaciuto infilandosi il giubbotto e afferrando la sua valigia.
Possibile che una intera vita insieme si poteva contenere in una sola borsa?
«Non mi lasciare» Singhiozzò piano il rasta avanzando verso di lui e abbracciandolo facendo combaciare i loro petti.
«Mi verrai a cercare quando capirai» Sussurrò Bill staccandosi a malincuore da quel corpo.
 
 
Il rasta richiuse la mano a pugno tornando ad osservare la strada sotto di lui, magari avrebbe potuto davvero metterla finita, scrivere finalmente il suo “the end” per quella storia alla quale non aveva mai voluto mettere un punto e girare pagina, scrivere una nuova avventura. Ma tutto ad un tratto, qualcosa attirò il suo sguardo, una chioma lunga e nera brillava alla luce dei lampi ed era ferma al portone del palazzo nel quale abitava. Sospirò triste, assomigliavano ai suoi capelli.
 
 
«E se non capirò?» Domandò il biondo stringendosi nella maglia che indossava.
«Tornerò io, prima o poi» Rispose Bill uscendo velocemente dal loro appartamento.
Solo, rinchiuso nella loro antica prigione.
 
 
Si alzò dal balcone e scese sul pavimento, raccolse la coperta che si era bagnata e tornò dentro, in quel momento voleva solo gettarsi nel letto e dormire, sognare un altro mondo dove c'era anche il suo amato, magari, presto o tardi, sarebbe tornato perchè lui aveva capito o almeno, ci sperava. Tornò dentro l'appartamento chiudendo dietro di sé la portafinestra gettando in un angolo la coperta, si seccava metterla ad asciugare, ci avrebbe pensato l'indomani. Passò silenziosamente davanti la porta dell'entrata per andare verso la sua stanza ma si fermò davanti essa quando crebbe di percepire un rumore, come se qualcuno avesse graffiato la porta.
 
 
Si fermò aggrottando la fronte e osservando quel pezzo di legno, forse era impazzito?!
Fece per tornare a camminare quando un leggero bussare lo fece girare completamente verso la porta.
-Chi è?- Chiese Tom poggiando la mano sulla chiave aspettando la risposta in caso dovesse girarla o meno.
La persona dietro la porta starnutì forte per poi ridacchiare e quella voce, quella risata il rasta l'avrebbe riconosciuta tra mille. L'avrebbe sentita anche nel chiasso più totale, perfino durante una tempesta.
 
 
Spalancò velocemente la porta trovandosi davanti a suoi occhi un Bill completamente bagnato dalla testa ai piedi; i suoi erano capelli attaccati disordinatamente al viso che sgocciolavano come i suoi vestiti che se di natura erano stretti, in quel momento erano come pezzi di carta.
-Sei qui.- Sussurrò il rasta alzando la mano e sfiorando lentamente la guancia del moro.
I due tremarono appena l'uno toccò l'altro.
 
 
-L'avevo detto che prima o poi sarei tornato.- Esclamò Bill guardandolo dritto negli occhi e con voce pacata.
-Da me?- Osò Tom domandare deglutendo preoccupato e facendo scivolare la sua mano dietro la nuca dell'altro ragazzo.
Bill azzerò con due passi la distanza tra i loro corpi e si gettò tra le braccia del biondo, posò la testa sulla sua spalla annuendo e sorridendo inspirò i loro profumi.
 
 
-Finalmente.- Ammise rialzando la testa e sorridendo mentre i loro visi si facevano sempre più vicini.
-Non lo fare mai più.- Quasi supplicò il rasta ormai in prossimità delle labbra dell'altro. -Non osare lasciarmi mai e mai più.- Gli ringhiò posando con passione la sua bocca su quella di Bill facendo sospirare di piacere queste che, con un calcio chiuse la porta dietro di se e si aggrappò a Tom.
 
 
-Ti amo, tanto amore mio.- Sussurrò arrossendo dal freddo e dall'emozione il moro staccandosi affannato dal corpo del rasta.
Quello lo riafferrò da un braccio attirandolo nuovamente a sé e gli alzò il viso per poterlo baciare con tutto quel dolore, quell'amore che stava esplodendo dalla gioia dentro di sé, finalmente poteva liberarsi di quelle emozioni e tornare quello di un tempo, voleva tornare ad essere quel “Tomi” solo e solamente del suo amato.
-Anche io, ti amo.- Mormorò sulle labbra del moro mordendogli poi quello inferiore facendolo sospirare contento.
 
 
Bill tremò e notò solo in quel momento che anche il rasta era completamente bagnato, inarcò un sopracciglio confuso scrutandolo affondo. -Perchè sei tutto bagnato?- Domandò con voce esile Il biondo abbassò la testa guardando la pozza d'acqua che aveva creato -con l'aiuto di Bill- per terra. Rise piano e baciò il viso del suo ragazzo stringendolo con più forza. -Osservavo la tempesta, guardavo te.- Rispose e il moro lo guardò mordendosi un labbro. -Shhh...- Disse Bill posando un dito sulle labbra del rasta e scuotendo la testa. -Ora basta, mi dirai tutto dopo.-
 
 
Tom lo guardò confuso. -Cosa vuoi fare?- Chiese con una leggera punta di malizia mentre gli accarezzava la schiena umida. Bill sorrise felice alzandosi sulle punte così da guardarlo dritto negli occhi. -L'amore con te.- Rispose gettandosi sulle sue labbra e riuscì a far perdere l'equilibrio a Tom cadendo così per terra.
 
 
– Un mese dopo –
 
 
Se gli avesse detto che esisteva allora lui, avrebbe saputo che era in quel mondo con Bill. Se gli avesse detto che possedeva un cuore avrebbe battuto solo per lui, un paio di occhi nei quali si sarebbe riuscito solo il moro a riflettersi. Se gli avesse dato un corpo, Tom, lo avrebbe donato solo a Bill, al suo personale piacere.
 
 
Se lo avesse toccato, se avesse inspirato il suo odore, provato sfiorare con i battiti del suo cuore il misero amore che ogni giorno procura a Tom ansia, un tormento che cresceva sempre di più e lo rende folle di gelosia e di passione avrebbe sentito quanto era felice finalmente. Voleva averlo solo suo ma non lo era. Bill era solo di se stesso e lui poteva solo ammirarlo stando al suo fianco.
Cos'era? Dov'era? Solo il moro poteva rispondere a quelle sue domande.
 
 
 
Addossato con la schiena allo schienale della sedia, portò all'indietro la testa osservando il cielo limpido; stava congelando ma non si mosse, certe volte il freddo lo faceva calmare, lo liberava dai pensieri verso Bill altre volte invece, incentiva i suoi ricordi e le sue fantasie, gli faceva credere di vivere momenti che loro due non avevano ancora mai vissuto.
 
 
-Baciami adesso.- Sussurrò una volte languida al orecchio del rasta mentre veniva accarezzato con dolcezza dietro la nuca.
 
 
Tom chiuse gli occhi sorridendo istintivamente e si sporse in avanti avvolgendo con le sue braccia quella vita che conosceva bene, quel corpo che fin troppe volte aveva fatto suo. Sprofondo con il viso nella sua chioma di capelli ispirando con forza il suo profumo che chissà quanto gli era costato, sfiorò con le punte delle dita il suo fianco facendo salire la mano per tutto il suo corpo provocando a Bill dei sinceri brividi di piacere.
 
 
-Sono qui, con te.- Mormorò quello sfiorando con la punta del naso una guancia e stringendo la maglia del rasta con le mani. Il corpo del moro, come ogni volta si avvicinò di più a quello dell'altro annullando quella lontananza che lo faceva tremare come un bambino. Tom posò la testa sulla spalla di Bill respirando contro il suo collo, procurandogli sicuramente con il proprio respiro e le sue ciglia un amabile solletico che gli faceva stringere ancor di più la presa su di se.
 
 
-Tomi, mi vuoi per sempre?- Chiese il moro e il rasta alzò la testa guardandolo dritto negli occhi, guardandolo come avevo sempre fatto, cercando di trasmettergli le sue sensazione e riuscire a leggere le sue. Tom sorrise prendendo il suo mento tra due dita, fece sfregare le sue labbra con quelle del moro schiudendole appena così da far percepire a Bill il suo alito caldo sulla propria pelle e il rasta annuì piano per poi baciarlo con calma, facendo aderire alla perfezione le loro bocche create apposta per completare l’una quella dell'altro.
 
 
Fece scivolare le mani tra i sinuosi capelli del moro massaggiandogli la cute e piegò la testa per approfondire leggermente quel contatto mentre Bill gli circondava il collo con le braccia come a poterlo avvicinare di più, anche se non erano possibile, erano incollati perfettamente. Sospirarono entrambi nel bacio dischiudendo nello stesso istante le loro bocche facendo incontrare le loro lingue. Il moro con più timidezza leccò quella del biondo sollevando le labbra in un mezzo sorriso quando quello rispose con più decisione, lasciandolo infine entrare nella sua bocca.
 
 
La sedia sulla quale il rasta era seduta era stretta, ma le gambe del moro non intendevano staccarsi dal circondargli i fianchi mentre il suo sedere sedeva in parte sul suo bacino. Tom leccò il palato di Bill facendolo gemere. -Per sempre, finché non esisterò più...- Iniziò a dire il rasta staccandosi leggermente da quella bocca amata, ma sfiorandola comunque con la propria. -Finché potrò vederti, riuscendo a vedere il tuo viso, ti voglio sempre e solo con me.-
 
 
Il moro sorrise radioso per poi sussultare quando una gocciolina d'acqua gli cadde sulla punta dal naso. Alzarono entrambi la testa notando solo in quel momento che il sole era scomparso e il cielo era nuovamente coperto da nuvole spesse e nere.
 
 
-Sta per scatenarsi una nuova tempesta.- Annunciò contento Bill tornando a fissare il rasta che ancora guardava incantato il cielo. -Non mi importa, io ho la mia personale tempesta tra le mie braccia.- Rispose quello chiudendo gli occhi e posando la fronte contro quella del moro. -Solo tua.- Mormorò Bill ridacchiando piano. -Mio... mio.- Sussurrò Tom riaprendo velocemente gli occhi e baciandolo.
 
 
Subito dal cielo partì un lampo che illuminò i due ragazzi seduti sulla sedia sul balcone del loro appartamento, eppure quei due corpi mezzi nudi che provavano piacere nel stare stretti tra di loro, anche solo nel baciarsi, un estremo calore e amore che nessuno nel resto del mondo, erano sicuri, sapeva provare e che mai avrebbe mai ci sarebbe riuscito.
 
 
 
 
fine.




Note: Allora, se non ricordo male questa fu una delle mie prime one shot, l'avevo scritta quando ho partecipato ad una challenge su un forum sui Tokio Hotel. La parola chiave era "temporale" e spero di averla resa a dovere.
   
 
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