Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Askel    17/03/2013    1 recensioni
Rachele vuole dimenticare il suo passato per lei troppo doloroso. Due anni prima si era trasferita da un paesino della Sicilia a Milano, lasciando il suo unico e primo amore che non riesce a dimenticare e delle migliori amiche che considera sorelle. La sua vita adesso ruota attorno ai suoi migliori amici, Mirko e Marco, e conduce una vita abbastanza tranquilla. Vita tranquilla fino a quando qualcuno del passato irrompe come un uragano, costringendola a fare i conti con le persone che facevano parte del suo passato. Una storia d'amore insolita. Ma questo amore riuscirà prima o poi a trionfare...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo uno speriamo bene
Per Sempre Noi!


Capitolo Uno

I raggi di uno strano sole milanese piombarono bruscamente nella camera, riportandomi in malo modo nel mondo reale. Era stato davvero una tortura svegliarsi in questo modo, soprattutto sapendo che la domenica era l'unico giorno dove potevo dormire e rilassarmi nel tepore del letto. Inoltre ieri avevamo fatto molto tardi ed eravamo andati a dormire all'alba, ubriachi. C'eravamo divertiti tantissimo ieri sera, nonostante il fatto che in questo momento mi sentivo più frastornata che mai. Forse gli ultimi due cocktail potevo anche evitarli, visto il mal di testa che si stava insinuando nel mio cervello. Mi girai dall'altro lato e sbattei contro qualcosa di duro e caldo. Un corpo umano. Oh, cazzo. E questo qui chi era che dormiva nel mio letto? Dopo tanto scervellarmi e rimuginare sulla serata di ieri sera, capii che l'unico modo per scoprire l'identità del ragazzo era aprire gli occhi e guardarlo in faccia. Aprii gli occhi ma purtroppo li richiusi immediatamente perché la luce solare mi accecò del tutto. Feci un altro tentativo e mi ci volle un po' per riconoscere dove mi trovavo e chi c'era accanto a me. Mi trovavo a casa del mio migliore amico, Mirko, e accanto a me c'era l'altro mio migliore amico, Marco, nonché cugino di Mirko. Sorrisi e mi presi per stupida da sola. Era ovvio che mi trovassi qui. Ogni volta che ne avevamo occasione io e Marco dormivamo qui. Purtroppo di questi momenti ne rimanevano pochi durante la settimana causa il lavoro come PR di Mirko e la scuola che stava uccidendo sia me che Marco. Infatti, quest'ultimo era stato bocciato per la seconda volta l'anno scorso, ritrovandosi nella mia stessa classe. Allungai la mano verso il comodino per prendere il mio cellulare ma non lo trovai così mi accontentai del cellulare di Marco. L'orologio segnava le undici così io decisi che era il momento di alzarmi, tanto era inutile rimanere sul letto a rimuginare. Andai in cucina, dove trovai un Mirko preoccupato intento a studiare alcuni documenti. Appena mi vide varcare la porta con indosso solo una sua maglia, m'indirizzò un sorriso luminoso. Ricambiai aggiungendoci anche un bacio sulla guancia e mi andai a preparare un caffè mentre lui continuava a rileggere i vari documenti. Era davvero preoccupato, lo capivo dallo sguardo che assumeva quando rileggeva i documenti che aveva davanti a se, così dopo aver zuccherato e bevuto il mio caffè, mi sedetti accanto a lui con una ciotola di biscotti. Gliene offrii uno e lui rifiutò con un cenno del capo. Oddio, brutto segno. Lui non rifiutava mai un biscotto soprattutto quelli al cioccolato. Lo guardai fisso mentre era davvero concentrato e ogni volta rimanevo scioccata: come faceva a non avere una ragazza, un bell’uomo come lui? Alto e magro con i capelli ramati perennemente scompigliati e gli occhi verdi ipnotizzatori. Era davvero bellissimo e mi sorprendeva sempre come tutte le ragazze gli andassero dietro, soprattutto in discoteca, ricevendo sempre risposte negative dalla sua parte. Era molto più grande di me, aveva 27 anni, e questo non rappresentava nessun problema per noi. Era il fratello maggiore che non avevo mai avuto e che mi proteggeva sempre.
-Che succede, baby?- chiesi io addentando un altro biscotto.
-Non riesco a venire a capo di questa causa e se non la risolvo, la società per cui lavoro perderà uno dei più importanti clienti- disse lui disperato -Non posso perdere, cazzo!, sarò licenziato!-
-Di che si tratta?- chiesi io con cautela.
-Un cliente vuole cambiare azienda di PR perché,come c'è scritto in questa fottutissima lettera,non si sente rappresentato dal nostro operato- disse lui aggiungendoci qualche altra imprecazione per rendere più chiaro il concetto della sua disperazione.
-E allora?- chiesi io, non capendo la gravità della situazione.
-Rachele, tu non capisci! Questo cliente è troppo importante per essere preso sotto gamba-
-Beh, fategli qualche moina, no? Il tuo lavoro consiste solo in questo: accalappiarsi i clienti migliori, rappresentarli e tenerseli stretti. Qualche viaggio o qualche bottiglia di champagne e tutto è risolto-
Riposi il barattolo sul tavolo e sentii il mio cellulare squillare. Nonostante la suoneria fosse abbastanza chiara, non riuscivo a capire da dove venisse la musichetta. Lo trovai appena in tempo dentro la porchette all’ingresso e accettai, senza pensarci due volte, la chiamata. Forse qualcuno mi voleva male o forse, la prossima volta, dovrò nasconderlo meglio questo stupido cellulare. L'unica certezza che avevo era che sostanzialmente non volevo parlare con quella persona che mi stava chiamando e dopo aver accettato la chiamata e visto chi era la persona in questione, non mi sembrava giusto chiuderle il telefono in faccia. Questo mi servirà di lezione. La prossima volta, cara Rachele, non rispondere senza aver visto prima chi ti chiamava. Ma ormai la frittata era fatta, tanto vale concluderla in meglio.
-Ciao mamma!- salutai io.
-Ciao Rachele!- disse lei arrabbiata -Dove sei? A casa non sei ritornata stanotte. Oh Dio, chissà con chi sei stata. Non oso immaginarlo e soprattutto non voglio nemmeno pensare a quanta pubblicità cattiva fai ai tuoi genitori!-
Presi un respiro profondo e m'imposi di contare fino a dieci prima di parlare.
-Mamma, ho dormito dal mio ragazzo. Comunque non credo che ritornerò a casa al più presto, verrò a prendere le mie cose tra qualche giorno!-
Sentii mia madre respirare pesantemente.
-Oh, Rachele. Non dire stupidaggini- disse lei cercando di auto calmarsi -Abbiamo un pranzo oggi e ti pregherei di venire a casa, cambiarti e venire con noi! Ti ho preso un vestitino Valentino perfetto per te!-
-No, non verrò- dissi io di getto - Non voglio avere niente a che fare con voi due e la vostra reputazione del cazzo!-
-Non ti permetto di parlare così a tua madre!- mi urlò lei talmente forte che fui costretta a spostarmi il cellulare dall'orecchio.
-Non vengo a casa, punto!- dissi io chiudendo la telefonata.
Ritornai in cucina furiosa più che mai e con il cellulare ancora in mano. Mirko mi aspettava porgendomi una sigaretta. Io l'accettai di buon grado e presi il posacenere. Mi sedetti e finalmente mi potei calmare grazie alla ''sana'' sigaretta che mi stavo accendendo. Ormai mi ero presa il vizio del fumo, non che la cosa mi rendesse fiera, ma era la cosa più comica che mi poteva capitare. Fino a due anni fa odiavo il fumo, chiunque fumasse accanto a me gli intimavo di spegnerla. Cantilenavo a destra e a sinistra che il fumo uccidesse e che facesse male alla salute e adesso non riuscivo a smettere di fumare e solo l'idea di rimanere senza sigaretta mi faceva imbestialire.
-Come va?- chiese Mirko quando mi vide un po' più calma.
-Bene, adesso meglio!- dissi finendo l'ultimo tiro della sigaretta -È sempre la stessa storia! Non ne posso più! Ti dispiace se rimango qui per un po’?-
-No, certo che no!-
La spensi nel portacenere e me ne andai in soggiorno. Volevo stare un po' per conto mio a pensare. Non appena mi sedetti, iniziai a singhiozzare rumorosamente. A dire la verità, certe volte rimanevo qui a dormire soprattutto per non sentire i miei sbraitare che cercavano inutilmente e disperatamente di inculcarmi la loro filosofia di vita: la reputazione prima di tutto. Non gli importava nulla di me, della loro unica figlia che, come diceva mia madre, frequentava “certa gente”. Era come se non esistessi, troppo impegnati a fare finta di avere una famiglia perfetta e a mandare in frantumi quella vera. Mia madre e mio padre erano degli avvocati che raggiunsero la notorietà in meno di due anni, aprendo un loro studio legale qui a Milano che in poco tempo divenne il più in voga del momento; l’alta aristocrazia li invitava ai party più “in” di Milano, invitando ovviamente anche me ma io, a differenza dei miei genitori che accettavano di buon grado, rifiutavo mandandoli a quel paese.
Prima non era così: la mia famiglia era qualcosa di unico che molti invidiavano, avevo un buon rapporto con loro, parlavamo di tutto e mi aiutavano consigliandomi sempre al meglio, ma da quando c’eravamo trasferiti a Milano, da un paese sperduto del sud, tutto era cambiato: i miei facevano finta che andasse tutto bene quando in realtà le cose stavano andando più che male.
Da quando mi ero trasferita, la mia vita faceva schifo.
La mia vita stava andando di male in peggio, purtroppo. Non riuscivo a dimenticare l’amore della mia vita di cui tuttora ero innamorata. Mi aveva lasciato circa due anni fa, dopo un anno di storia, con una banale frase sul cellulare: “Non ti amo più anzi non ti ho mai amata. Non mi cercare più. Addio”. Quelle parole, nonostante fossero passati quasi due anni, mi ferivano ancora e il suo ricordo mi lacerava il cuore ormai vuoto. Io, nonostante avessi provato ad uscire con altri ragazzi, non lo avevo dimenticato e lo amavo ancora. Come potevo dimenticarlo se ogni notte lo sognavo? Come potevo farlo se tutto mi ricordava lui? Erano passati quasi due anni da quel giorno, ed io lo sognavo continuamente, illudendomi di averlo ancora con me. Sognavo il nostro primo incontro, di stare tra le sue braccia, di fare l’amore con lui e poi il sogno che mi faceva più male di tutti, e che mi faceva deprimere per giorni interi, era quando mi arrivava quel messaggio. Beh, avevo mantenuto la mia promessa, non lo avevo più cercato e nessuno, neanche le mie migliori amiche, sapeva che io ero a Milano. Semplicemente avevo chiuso i ponti con tutti, soprattutto con le persone che amavo di più al mondo, lui e le mie due migliori amiche. Le lacrime continuavano a scendere copiose senza fine, non riuscendo nemmeno a smettere. Ogni volta andava a finire sempre così quando pensavo soprattutto a lui. La verità era che mi mancava. Mi mancava come l’aria che ci serviva per vivere ed io lo amavo con tutto me stessa: erano queste le uniche verità di cui avevo certezza
. Le uniche cose di cui non avrei mai dubitato nella mia vita.
Non sapevo quando tempo era passato da quando avevo iniziato a piangere e finalmente con la mano potei asciugare le ultime lacrime. Non ne potevo più di piangere ogni qualvolta che pensavo alla mia vecchia vita e soprattutto a lui. Mi alzai dal divano e andai nella stanza da letto. Aprii la mia valigia e presi un intimo, il beauty case e una tuta che usavo solo per stare in casa. Mi chiusi in bagno e iniziai a spazzolare i capelli rendendoli più morbidi e mossi e mi sciacquai il viso per togliere gli ultimi residui del trucco e delle lacrime. Mi guardai allo specchio e sorrisi alla mia immagine accettabile. In fondo ero una bella ragazza: alta, magra, con i capelli lunghi fin sotto le spalle color castano scuro e gli occhi castani molto profondi come mi dicevano i miei migliori amici. Quasi tutti mi dicevano che potevo essere una modella ma io non ci credevo poi tanto. Purtroppo, in fondo, rimanevo quella ragazza riservata, insicura di se e con poca autostima che cercavo di sopprimere con tutte le mie forze. Alla gente davo l’impressione di essere una ragazza forte e sicura di se ma la vera me, quella che solo Marco e Mirko conoscevano, era tutta ben diversa. Mi spogliai velocemente e m’infilai nella doccia. Amavo l’acqua bollente, era un modo per rilassarmi. Sentire i muscoli distendersi era una piacevolissima sensazione e adesso ne avevo proprio bisogno. Non ne potevo più. Sentivo la mancanza delle mie migliori amiche e certe volte avevo la tentazione di prendere il mio vecchio cellulare e chiamarle ma poi ritornavo in me e riposavo il cellulare in fondo al cassetto. Questo non include il fatto che certe volte, presa dalla depressione più totale, sentivo la loro voce ma io non emettevo nessun suono chiudendo quasi subito. Uscii dalla doccia e mi vestii velocemente anche perché stavo morendo dal freddo. Dieci minuti dopo, uscii dal bagno e andai nella stanza da letto a posare il beauty case e la maglietta di Mirko che fungeva da pigiama. Mi girai verso il letto e vi trovai ancora Marco che dormiva placidamente. Beh, nonostante fossero cugini da parte di madre, infatti le loro madri erano sorelle, c'erano molte somiglianze con Mirko, tanté che a volte venivano scambiati per fratelli: capelli ramati, con un fisico palestrato e gli occhi blu intenso. Era romano, trasferitosi due anni prima di me e andavamo nella stessa classe a causa dei due anni consecutivi alle medie in cui aveva avuto un brutto incidente e aveva saltato scuola. Aveva diciannove anni, un anno in più di me. Lui mi faceva divertire e mi permetteva di dimenticare, almeno per qualche secondo, gli scheletri nel mio armadio.
-Rachele!- urlò Mirko dalla cucina.
Sentii urlare il mio nome ed io lo raggiunsi. Trovai Mirko mentre stava tagliando una cipolla tra le lacrime. Risi di gusto vedendo la sua faccia e lui per tutta risposta mi mise una cipolla davanti.
-Sai che io non ho di questi problemi, piagnucolone!- dissi io continuando a ridere.
-Spiritosa! Comunque, Marco dorme ancora?-
Io annuii solamente e aiutai Mirko a cucinare. Amavo cucinare e per me non c’era niente di meglio per non pensare. Prima lo facevo più spesso, adesso molto di rado poiché rimanevamo poco a casa infatti preferivamo i fast food oppure le pizze a domicilio.
-Tutto bene?-
Annuii solamente e Mirko, per alleggerire l’atmosfera, mise un po’ di musica e iniziammo a cantare e a ballare mentre cucinavamo. Continuammo così per mezz’ora fin quando a Mirko non squillò il telefono. Nel frattempo che Mirko andava di là a rispondere, io iniziai a preparare l’impasto per la mia torta preferita. Amavo cucinare ma più di tutto adoravo fare dolci. Rendeva la vita più dolce. Appena misi la torta in forno, apparecchiai. In fondo ero l’unica ragazza del gruppo e nonostante fossi la più piccola, ero io quella che si preoccupava di certe cose aiutata da Mirko. Ora che era tutto fatto, mancava solo di cuocere la pasta ma questo bisognava farlo all’ultimo momento. Mi accesi una sigaretta e presi l’iPhone iniziando a giocare. Marco dormiva ancora, Mirko parlava al telefono ed io mi stavo annoiando mortalmente. Finii la sigaretta ma non smisi di giocare.
-Ancora con quello stupido gioco?- chiese Marco entrando in cucina.
-Buongiorno, mio principe!- dissi io ridendo e posando il cellulare per dedicarmi solo a lui –Cosa vi ha fatto svegliare a quest’ora? Per caso io e il mio amante abbiamo fatto troppo rumore? Oppure il dolce profumo della mia torta speciale vi ha disturbato il sonno?-
-Tu sei fumata!- rispose lui, facendosi un caffè –Hai fumato marijuana?-
Risposi con una linguaccia ma il bip del mio cellulare ci interruppe. Presi il cellulare timorosa, poteva essere anche mia madre e io non avevo voglia di fare il secondo round. Per oggi ne avevo abbastanza. Fortunatamente era una mia compagna di classe che mi augurava una buona giornata.
-Finalmente ti sei svegliato?- chiese Mirko, rientrando in cucina.
-Sei stato un bel po’ a telefono. Chi era?- chiesi io curiosa.
Non rispose subito. Si stava grattando la testa segno che era imbarazzato. Non sapeva che rispondermi e questo voleva dire solo che c’era di mezzo una ragazza.
-Una ragazza, vero?- chiese Marco, capendo tutto.
-Beh, si! L’ho conosciuta al lavoro e adesso per una scusa o per un’altra mi telefona ed io l’ho invitata a un Happy Hour per stasera!- disse lui velocemente.
-Bene, sono felice per te!- dissi io –Come si chiama?-
-Dajana!- rispose lui.
-Okay, io avrei fame!- disse Marco facendo scoppiando tutti dal ridere.
Mirko mise la pentola a bollire e poi si sedette accanto a me.
-Quindi organizziamoci per oggi!- proposi io –Marco domani ha un interrogazione di storia e quindi deve studiare se no lo bocciano sicuro stavolta. Io e tu andiamo a fare shopping e poi raggiungo Marco e tu vai all’appuntamento con questa qui!-
-Si chiama Dajana!- mi rimbeccò Mirko –E comunque io ci sto!-
-Io no!- rispose Marco, sapendo la sua riluttanza nello studio –Non ho intenzione di mettermi tra i libri di domenica, quando voi due ve la spassate in giro per i negozi!-
Marco fece la sua faccia triste incrociando le braccia al petto. Io e Mirko guardando la sua espressione, non potemmo non ridere. Era troppo buffone e anche se metteva questa faccia “triste” non cambiava il mio piano. Lui doveva studiare. Non poteva ripetere il quarto liceo.
-Facciamo così Marco- propose Mirko, girando la pasta –Tu studi e sabato ti offro tutto io!-
-Come fai il solito, giusto?- chiesi io continuando a ridere.
-Si, ma stavolta gli faccio conoscere pure una ragazza- continuò lui –Ci stai?-
Lui annuì e afferrò la mano di Mirko per stipulare il patto. Marco, anche se aveva già diciannove anni suonati, rimaneva ancora un bambino.
Mangiammo dopo pochissimo e spazzolammo tutto in breve tempo. La pasta che avevamo preparato io e Mirko era venuta buonissima e anche la torta fatta da me non era niente male.
-Sai cosa ci vuole?- chiese Marco mangiando un altro pezzetto di torta –Nutella!-
Aveva assolutamente ragione, la nutella in una semplicissima torta allo yogurt ci stava benissimo. Mi alzai per prenderla ed agguantai anche tre cucchiaini.
-Grande Rachele!- disse lui quando gli posai la nutella davanti –Ti adoro!-
Continuammo così a ridere, scherzare e soprattutto a mangiare. Quella torta finì in pochissimo tempo, ce la spazzolammo tutta. Mi sentii anche in colpa per tutti i grassi e zuccheri che ho messo nel mio corpo mangiando un terzo di quella schifosissima bontà. Appena finimmo, ero strapiena e sazissima, ma totalmente soddisfatta. Marco fece i caffè, come al suo solito, e poi ci spostammo in salotto per una sigaretta. Purtroppo avevamo tutti e tre il vizio del fumo anche se quello che fumava di meno era proprio Marco.
-Dovremmo smettere!- dissi io, accendendo la sigaretta –Fa male alla salute!-
-Concordo, questa è l’ultima!- mi rispose Marco –Hai proprio ragione! Il fumo fa male alla salute!-
Io e Mirko ridemmo per il suo tono e poi si unii anche lui. Il suo accento romano, visto che lui era originario di Roma, mi faceva impazzire. Quando parlava lui, io e Mirko non riuscivamo a stare seri ed anche se ci raccontava una storia drammatica noi ridevamo fino alle lacrime. Anche fino a un anno fa per me valeva la stessa cosa: avevo un piccolo accento siciliano e quando mi scappavano parole sicule, loro scoppiavano a ridere. Fortunatamente o sfortunatamente, il mio accento era scomparso proprio come era scomparsa la mia parte siciliana. Adesso, mi consideravo una milanese doc, proprio come Mirko, che era nato proprio qui.
-Beh, io mi vado a preparare- dissi io spegnendo la sigaretta nel portacenere –Visto che tra poco dobbiamo uscire!-
Ritornai nella stanza da letto e aprii la mia valigia. Dopo la furiosa lite con i miei genitori di ieri, avevo preso poca roba che trovavo sparsa per la mia stanza. Sbuffai e ritornai in soggiorno.
-Che ore sono?- chiesi io preoccupata.
-Le tre e mezza!- rispose Mirko –Perché?-
Andai di là mentre intimavo Mirko di prepararsi e di non fare tardi. Poiché casa mia in questo momento era deserta, mi conveniva andarci ora per fare le valigie. Non avevo più un paio di scarpe e purtroppo, dovevo mettere di nuovo quelle di ieri. Mi chiusi nella stanza da letto per cambiarmi e sentii il getto d’acqua della doccia, segno che Mirko si stava lavando. Optai per un paio di jeans grigi, una maglia nera semplicissima e una gonna
nera. Misi una collana, un anello e dei bracciali argentati. Mi guardai allo specchio e quello che vidi mi piacque molto: stavo davvero bene. Finii di prepararmi proprio nel momento in cui anche Mirko finii la doccia e ci scambiammo di posto. Mi lavai i denti e iniziai a truccarmi: fard, eyeliner e mascara. Dopo questo, uscimmo nell’aria gelida di Milano a Novembre. Arrivammo in macchina e quando entrammo nell’abitacolo, Mirko accese sia lo stereo che la stufa. Iniziai a cantare a squarciagola e dopo circa tre canzoni arrivammo a casa mia.
-Meno male che siamo arrivati!- disse lui infilandosi nell’ascensore insieme a me –Non ne potevo più della tua voce!-
Premetti il tasto che segnava l’ultimo piano e quando le porte si chiusero, continuai a cantare ignorando le imprecazioni di Mirko. Arrivammo direttamente in casa e senza guardarmi in giro, andai direttamente nella mia stanza. Non me la ricordavo così grande e bella, forse perché di solito mi limito a un’occhiata veloce. Inoltre se proprio devo stare a casa, preferivo quella del mio migliore amico. Però, se non fosse stato per i miei genitori, io starei alla grande qui dentro: le pareti erano viola con un enorme armadio bianco perla che prendeva tutta la parete e, per ultima cosa, un enorme vetrata che mi permetteva di vedere quasi tutta Milano, perfino il Duomo.
-Wow, sai che non la ricordavo così?- chiese Mirko entrando.
Alzai le spalle e mi misi all’opera. Per prima cosa presi due valigie. Avevo intenzione di rimanere da Mirko per un lunghissimo tempo, almeno due settimane. Ne passai una a Mirko, dove iniziò a mettergli ciò che c’era sopra la scrivania, cioè i libri e quaderni di scuola. Io iniziai con l’intimo, poi i pantaloni, alcune gonne, maglie e cardigan. Alla fine anche questa era piena e fui costretta a prenderne un’altra per le scarpe, borse e vari accessori. Quando riempii anche la seconda valigia, mi accorsi che Mirko aveva finito e che era seduto sul letto accanto ad un bellissimo vestito di Valentino. Lo misi distrattamente in valigia e scrissi un post-it a mia madre:

Grazie per il vestito, lo metterò sicuramente stasera per andare in qualche discoteca.

Mi sedetti insieme a lui sul letto e poi ci sdraiammo contemporaneamente sospirando. Ero esausta. Fare le valigie non mi faceva bene ma non mi faceva stare bene neanche stare in questa casa. Mi alzai dal letto, quasi inconsapevolmente, e aprii l’ultima anta dell’armadio. Non lo facevo ormai da due anni e mi sembrava strano farlo proprio in quel momento. C’erano tutte le mie vecchie cose: vestiti, borse, scarpe e soprattutto il mio vecchio pc. Wow, non aprivo quest’armadio da due anni. Inconsapevolmente presi il cellulare che era posato su uno scaffale e lo misi in tasca. Non sapevo neanche perché lo avevo preso con me. Forse perché volevo farmi totalmente male. Chiusi tutto e poi, aiutata da Mirko, portammo le valigie in macchina. Mezz’ora dopo, dopo che portammo le valigie nell’appartamento di Mirko, potemmo dedicarci allo shopping. Amavo fare shopping e nessuno poteva togliermi questi momenti. Adoravo soprattutto quando facevo da Personal Shopper per Mirko e Marco, anche se certe volte mi annoiavo con Mirko. Sceglieva sempre cose molto semplici ed eleganti e solo poche volte si concedeva un abbigliamento molto casual. Passeggiavamo al Duomo mano nella mano e sembravamo proprio una coppietta felice.
-Allora, che ti serve?- chiesi io felice come se fossi una bambina nel giorno del suo compleanno.
-Mmmh, allora devo andare a Londra per una conferenza quindi: completi, camicie, cravatte, jeans, cardigan e maglie. Un po’ di tutto. Non è solo per il lavoro ma anche per un party per tutti i dipendenti. Noi dobbiamo rappresentare la società di Milano-
-Quindi parti?- chiesi io, sperando di aver capito male.
-Già, starò via una settimana!-
-E quando?-
-Rachi- iniziò a lui –Tra un mese-
Cercai di calmarmi e per un po’ ci riuscii. Non pensai al fatto che Mirko doveva partire. Mi mancava sempre tantissimo quando faceva questi viaggi di lavoro, soprattutto perché ero costretta a passare più tempo a casa mia. Semplicemente stavamo facendo del sano shopping solo per divertimento senza un imminente viaggio. Tre ore e circa dieci sacchetti dopo, entrammo in un bar per una buona cioccolata calda.
-Soddisfatto?- chiesi io mentre soffiavo sulla mia cioccolata calda per raffreddarla almeno un pochino.
Lui annuì e mi diede un bacio sulla guancia. Era piacevolissimo stare con lui. Mi ero divertita tantissimo a fare shopping per Mirko, riuscendo anch’io a farmi regalare un vestitino super corto e attillato, un paio di scarpe col tacco altissimo e tanta altra roba. Iniziai a bere e mi girai per un attimo verso la vetrata. Rimasi impalata. Non riuscivo a togliere lo sguardo da quella figura che si trovava fuori dal bar. Non poteva essere vero. Per accertarmi, spostai per pochissimo lo sguardo verso altro e quando mi girai di nuovo verso di lui: lui era sparito. D’istinto, mi alzai e uscii fuori dal locale. Volevo la certezza che fosse tutto nella mia mente e che fosse solo uno scherzo della mia mente bacata. Infatti fu proprio così visto che non lo vidi più. Semplicemente era scomparso nel nulla. Ringraziai al cielo che non era più lì e che non lo scorsi più in mezzo alla folla. Iniziai a tremare dal freddo, visto che ero scollata, e ritornai dentro il bar. Quando mi sedetti, mi accorsi dello sguardo confuso di Mirko. Iniziai a bere la mia cioccolata calda e poi mi decisi a dargli una semplice risposta.
-Credevo di aver visto Monica, le dovevo dire una cosa importantissima!- mentii io non alzando lo sguardo dalla tazza.
Vidi Mirko annuire in silenzio, permettendo di concentrarmi solo sui miei pensieri. Non riuscivo a credere di averlo rivisto dopo due anni ma forse è solo frutto della mia mente malata. Non poteva essere lui, magari qualcuno che gli assomigliava. Non avevo mai avuto apparizioni e mi sembrava anche strano. Magari era solo frutto della mia mente malata oppure ero arrivata alla sopportazione della sua assenza. Non sapevo come spiegarlo. Prima l’istinto di portare con me il cellulare, che ora sembrava pesasse una tonnellata in borsa, e adesso la visione di lui, in persona. Oddio, stavo diventando veramente matta. Con questi pensieri, non mi accorsi nemmeno che Mirko aveva pagato al bar, avevamo attraversato tutta piazza Duomo e ora mi stava dando un bacio a fior di labbra davanti a un taxi che stava aspettando me. Ringraziai del bacio con un sorriso ed entrai nel taxi.
-Buona serata!- dissi io –Divertiti con Dajana!-
-Sicuro tutto bene?- chiese lui appoggiandosi al finestrino –Se vuoi, posso rimandare!-
-No, tutto bene. Tu divertiti e poi quando ci vediamo, mi devi raccontare tutto!-
Subito dopo dissi la via di casa di Mirko al tassista e m’immersi di nuovo nei miei pensieri. Era impossibile che fosse lui, per due semplici motivi: il primo era che lo avevo lasciato al mio paese e lì doveva rimanere; il secondo era che lui odiava le grandi città e quindi era tecnicamente impossibile che lui fosse qui. Non volevo accettare l’ipotesi che lui era proprio qui. Non volevo avere la paura e la speranza di rivederlo un giorno per caso. Volevo auto convincermi che la mia era solo immaginazione. Una sola lacrima uscii dai miei occhi e subito l’asciugai. Non avevo intenzione di piangere ancora per lui, ne avevo fin troppo di piangere. Piangevo tutte le sere e tutte le volte che rimanevo da sola con i miei pensieri anche solo per cinque minuti. Nonostante la promessa che avevo fatto
a me stessa tre mesi fa, non riuscivo a non piangere. Iniziai a singhiozzare silenziosamente, non volevo farmi sentire dal tassista. Appena mi accorsi di essere arrivata, tirai su con il naso, pagai il tassista e uscii dal taxi immersa nei sacchetti. Presi il cellulare e chiamai Marco.
-Dimmi!- rispose lui annoiato.
-Sono sotto casa! Scendi e aiutami!-
Staccai la chiamata e due secondi dopo, arrivò Marco con un mazzo di chiavi in mano. Mi aiutò con i sacchetti con un po’ di malavoglia ed entrammo in casa. Il dolce profumo e il calore mi avvolsero piacevolmente. Ero a casa. Soprattutto mi sentivo a casa che era la cosa più importante. Posai la roba nel soggiorno e mi misi comoda anch’io, togliendomi le scarpe con il tacco. Marco si sedette accanto a me e si accese una sigaretta, passandone una anche a me.
-Hai finito di studiare?- chiesi io sbalordita, tra un tiro e l’altro.
-Si, solo che ho fatto anche italiano!- disse lui –A quella vipera me la voglio togliere di dosso per un po’-
Gli sorrisi e gli diedi un bacio sulla guancia. Quando ci si metteva, riusciva a stupire tutti e domani, ne ero sicura al cento per cento, avrebbe lasciato la professoressa a bocca aperta. Ero fiera di lui e quando finimmo di fumare, accesi un po’ di televisione.
-Ordini due pizze?- dissi io sopra la sua spalla –Io voglio una pizza alta fritta!-
-Okay!- disse lui –Tu e il tuo cibo siciliano!-
Gli feci una linguaccia e lui se ne andò in cucina per telefonare. Non era colpa mia se qui le pizze le facevano come crackers e a me piacevano con molta pasta. In fondo ero una siciliana e se non era alta come dicevo io, non riuscivo nemmeno mangiarla. Quelle che facevano lì, mi sembravano dei biscotti con il condimento sopra. Marco ritornò dopo circa tre minuti con due birre in mano: una per me e una per lui.
-Stasera rimaniamo a casa? Ho voglia di guardare un bel film!-
Lui, capendo tutto, mise un DVD e subito capii che era il mio telefilm preferito: Grey’s Anatomy. Gli diedi un bacio sulle labbra e lui mi attirò a se, mettendomi un braccio sulla spalla. Seguimmo la televisione in silenzio, tutte e due assortiti. Erano le nuove puntate e ancora non avevamo avuto l’occasione di vederli. E poi aspettavo Marco. Ormai era nostra abitudine vedere film e telefilm insieme e senza di lui, non era la stessa cosa. Dieci minuti dopo, arrivarono anche le pizze con le bibite e mangiammo in rigoroso silenzio sempre davanti alla televisione. Questo mi stava aiutando tantissimo a non pensare. Non volevo ripensare a quello che era successo oggi pomeriggio, anzi dovevo chiuderlo in una parte remota del mio cervello. In fondo era solo la mia immaginazione, niente di che. Doveva essere così ma avevo bisogno di sfogarmi con qualcuno e quale persona migliore se no del mio migliore amico seduto qui accanto a me? Misi pausa al DVD e mi girai verso di lui. Mi guardò negli occhi, scorgendo qualcosa, ma io abbassai lo sguardo immediatamente. Non sopportavo il suo sguardo su di me, mi faceva sentire a disagio. Chiusi gli occhi e presi un respiro profondo.
-Oggi mi è sembrato di vedere Andrea!- dissi io tutto d’un fiato.
Vidi Marco disorientato. A parte la volta in cui, due anni fa, gli avevo raccontato di Andrea, Alice e Clara, non prendevo molto spesso l’argomento. E adesso che lo avevo fatto così, senza nessun preavviso e di punto in bianco, avevo spiazzato Marco.
-Cosa ti è sembrato di vedere?- chiese lui mettendosi comodo sul divano –Raccontami tutto!-
Gli raccontai per filo e per segno quello che era successo al bar e lui mi ascoltava assortito. Non m’interrompeva e non si stufava. Semplicemente mi stava lasciando sfogare. Alternavo parole, singhiozzi e lacrime. Gli stavo raccontando tutto, certe volte con delle frasi senza senso. Alla fine del mio discorso, lui mi abbracciò senza proferire parola. Le mie lacrime erano esaurite e mi strinse tra le sue braccia, senza mai staccarsi. Grazie al calore del suo corpo e del conforto che mi stava donando, chiusi gli occhi e mi lasciai cullare prima dalle braccia di Marco e successivamente da quelle di Morfeo. L’ultima cosa che percepii furono le braccia di Marco che mi portavano a letto, un bacio sulla fronte seguito da una frase che mi fece fare sogni tranquilli.
-Buona notte dolce Rachele, non preoccuparti di ciò che succederà domani. Ci sarò io a proteggerti!-
E dopo quella frase che mi fece sentire tranquilla e al sicuro, non capii più niente. Ero definitivamente tra le braccia di Morfeo.


Spoiler:
L’indomani mi svegliai di buon umore, forse era per il fatto che ero riuscita a dormire senza sogni e in tranquillità. Cosa che non facevo ormai da anni. Oggi non mi definivo felicissima al cento per cento, ma comunque serena. Avevo accanto i miei migliori amici e questo mi faceva sentire al sicuro. Quella trascorsa era stata una giornata abbastanza movimentata. Vederlo mi aveva scosso tantissimo e mi ero ripresa grazie allo sfogo che avevo avuto con Marco. Mi aveva fatto bene parlarne e ne stavo cogliendo i risultati tutti oggi, visto che mi sentivo così rilassata e appagata. Oggi ero piuttosto positiva. Pian piano stavo riuscendo ad auto convincermi che era solo frutto della mia immaginazione.

Dedica:
Dedico questo capitolo a mia sorella, la mia stella. Le voglio un bene dell'anima e so per certo che anche lei prova lo stesso. Lei è sempre stata per me non solo una sorella ma anche la mia migliore amica e un esempio da seguire. Soprattutto volevo scrivere questo per chiederle scusa. Quando era salita al nord per studiare, io non le parlavo più perchè mi aveva abbandonata giù ma adesso che sono salita anche io, abbiamo legato di più. Okay, bando alle ciance! Cara sorellina, con questo capitolo voglio chiederti scusa e dirti che ti voglio tantissimo bene. Un bacione.

Note dell'autrice:
Ta-dan! Abracadra! Eh si, forse l'istinto di pubblicarla è stato frutto di una magia o di un incantesimo. All'inizio non volevo pubblicare la storia, non mi sembrava tanto bella da meritare di essere letta da altre persone oltre me. Okay, forse è stato il fatto che avevo paura dei giudizi ma alla fine ho detto "Al diavolo Askel, se per te vale fregatene d quello che dice la gente!" E così eccomi qui! Penso di fare un aggiornamento una volta alla settimana e presto farò anche una pagina fan su Facebook su questa storia. Almeno credo, comunque vi farò sapere. Per il momento vi lascio la mia pagina personale:
http://www.facebook.com/Askel.writer
E detto questo, volevo spiegarvi perchè nelle note non ho detto niente sulla storia. In sostanza, non cito la storia perchè so che mi potrei fare scappare qualcosa. Dico soltanto che questo capitolo descrive un po' la vita di Rachele e che tutto il bello inizia il prossimo capitolo.
Comunque, lasciate commenti in tanti, sia positivi che quelli negativi costruttivi! Risponderò a tutti! Vi mando un bacio e ci vediamo al prossimo aggiornamento.

Askel..
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Askel