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Autore: corsara_andalusa    17/03/2013    2 recensioni
E se Fili, mentre cerca di raggiungere la contea dove risiede il signor Beggins avesse un incidente?
se smarrisse la strada e distogliesse l'attenzione da quella che è la sua missione, per... Sorpresa!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fili
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Fu risvegliato all’improvviso da un vociare confuso, anche se le voci erano tutte ben distinguibili; riconobbe infatti, una voce femminile, due voci maschili e poi c’erano dei gorgoglii confusi e lallazioni incerte.
Non riusciva ad aprire gli occhi; si sentiva ancora stordito e la testa gli girava vorticosamente, la schiena indolenzita e tutte le articolazioni dolenti al punto da impedirgli ogni movimento; gli dolevano perfino le costole e ciò gli impediva di compiere dei respiri efficaci.
Che cos’era successo non lo ricordava, né tanto meno ricordava dove si trovava, ma era certo che non vi era giunto sulle proprie gambe, né spinto dalla sua volontà.
L’Unica cosa che sapeva per certo era che si trova steso in un letto, che profumava di pulito e di qualcos’altro di buono, dolce e caldo al tempo stesso, che riempiva i polmoni e riscaldava il sangue, ridandogli vigore e serenità.
Tentò di aprire gli occhi, la vista era ancora offuscata e ci volle qualche istante prima che riuscisse a mettere a fuoco le immagini. Non riusci a vedere nulla, tranne la stanza in cui si trovava, che era separata da una falsa parete di legno, dal resto della casa. Era comunque un ambiente povero, ma non misero; curato, nella sua semplicità. Dalla finestrella tonda nella parete riuscì a scorgere il cielo: fuori era ormai buio, dalla falsa parete filtrava invece una luce dorata e delle ombre tremolanti, prodotte dalla fiamme che danzavano allegre nel camino.
Le voci maschili continuavano a parlare animatamente schiamazzando.
-Simon, Andrew, per favore non correte in casa…!- fece in tono esausto la voce femminile sovrastata dalle grida dei due bambini, -Fate  attenzione a vostro fratello, gli andrete addosso così!-
i bambini continuavano a corre e a gridare per la stanza presi dal loro gioco cruento, strattonandosi per i vestiti senza dare retta alla donna, quando improvvisamente un tonfo e il pianto disperato di un bambino riportò all’ordine quel baccano.
-Visto?- fece spazientita la donna, -che vi avevo detto?-
-Mamma!- protestò il ragazzino cercando di sovrastare il pianto disperato del fratello minore.
-E’ la terza volta che ti chiedo di smetterla di correre… lo sapevo che prima o poi qualcuno si sarebbe fatto male… No, tesoro… non piangere!- fece poi in tono dolce e compassionevole la donna.
-Simon sei in castigo!-
-Ma mamma…!-
-Niente ma!  lavatevi le mani: la cena è pronta… Hai sentito Andrew? Forza!-
 
Provò a mettersi seduto, ma un dolore lancinante e trafittivo lo fece gemere  e lo costrinse a restare disteso; si portò una mano al fianco con una mano tremante per il dolore urente che gli pulsava ininterrottamente sotto la pelle; la testa prese a giragli violentemente procurandogli anche un senso di nausea. Dall’altra stanza non proveniva più nessun suono.
Era ferito, e a giudicare dal dolore, doveva essere una cosa seria, ma non ricordava come se l’era procurata. Non ricordava assolutamente nulla… anzi una cosa se la ricordava: suo fratello!
Dov’era Kili? Passò in rassegna la stanza e vide che era completamente solo; la porta era socchiusa ma tal volta riusciva ad intravedere delle figure che vi passavano di sfuggita davanti.
 
Cercò di guardarsi il fianco alzando la testa, il collo in tensione. Non indossava più i suoi vestiti, e sotto una camicia azzurra di lino, non sua, vide che aveva il busto fasciato da bende di lino, che erano ora intrise di sangue in parte coagulato e secco: la ferita doveva essersi aperta.
Gemette di nuovo a denti stretti e occhi serrati, cacciando la testa all’indietro.
Quando il dolore si affievolì un poco, si accasciò di nuovo sul letto.
Cercò di controllare il respiro che s’era fatto rapido e superficiale.
Dall’altra stanza provenivano sussurri e passi furtivi, la madre era riuscita a sedare il pianto disperato del figlio minore…
tentò di nuovo di mettersi seduto ma vi rinunciò in seguito ad una nuova fitta di dolore imperioso. Il fianco gli pulsava e gli bruciava come se un fuoco gli corrodesse le viscere e la carne dall’interno.
Aprì gli occhi del tutto e si ritrovò a fissare il soffitto, senza capire veramente cosa fosse quella strana volta di legno, ancora troppo stordito. Sentiva il proprio corpo ardere, aveva la gola riarsa e stava impazzendo per la sete. Le tempie gli pulsavano con la stessa insistenza della ferita.
Si passò una mano sulla fronte cercando di placare il dolore e sentì che era madida di sudore.
Si sentiva estremamente esausto e terribilmente debole; richiuse gli occhi incapace di reagire od opporsi alla sua condizione forzata di disabilità fisica… poi cominciò a non distinguere più nemmeno i suoni, che si stavano facendo sempre più confusi e ovattati. Qualcuno entrò nella stanza e cominciò a chiamarlo flebile… ma non distinse le parole, poi perse di nuovo i sensi.
 
La donna si chinò su di lui.
-Mi sente?- chiese sussurrando a pochi centimetri dal suo orecchio.
Nessuna risposta. Lo straniero continuava a giacere agitandosi nel letto per gli incubi, tormentato dal dolore della ferita.
-Mamma?- il figlio più grande entrò nella stanza con passo incerto e intimorito dallo sconosciuto, anche se questi giaceva inerme nel letto.
La donna si sedette accanto al ferito e lo scrutò preoccupata: il ritmo del suo respiro era accelerato, la fronte imperlata di sudore e la pelle che scottava… scostò le coperte dal malato e sollevò la camicia evidenziando la fasciatura: era intrisa di sangue, di nuovo.
Decisa vi premette la mano sopra esercitando una pressione decisa. Poi si rivolse al figlio:
-Prendi l’asino, Simon; và a chiamare il guaritore, fa in fretta!-
-Sì mamma!- e il ragazzino correndo uscì dalla stanza e poi fuori casa.
-Andrew?- chiamò la donna, -Portami dell’acqua e una pezzuola pulita!- non vi fu risposta verbale, ma una frenetica corse di passettini incerti.
Il ferito continuava a rigirarsi nel letto, pronunciando frasi sconnesse e parole senza senso.
-Tranquillo…- sussurrò la donna con trasporto al malato sperando che la sentisse.
Il figlioletto ritornò nella stanza con una ciotola d’acqua, ed ad ogni passo ne rovesciava qualche goccia per terra, ma la donna non se ne curò.
Prese la stoffa e la immerse nell’acqua fresca, la strizzò appena e la posò sulla fronte del malato, a qual contatto, sembrò che l’acqua fredda avesse fatto subito un effetto benefico: il ferito si calmò un poco, trovando sollievo.
La donna bagnò ancora la pezza di stoffa e poi la accostò alle labbra del malato, che cominciò a bere, a fatica, succhiando l’acqua dalla stoffa.
 
 
 

 
 
Beh che dire, all’inizio pensavo di pubblicare questa storia in un unico capitolo.. ma ho cambiato idea…
È una cosa senza troppe pretese, ma che ci tenevo pubblicare, spero che come inizio, sia piaciuto a qualcuno, anche se non è molto lungo.
Il prossimo capitolo sarà più corposo. Promesso!

  
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