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Autore: Eilish_Dwyn    17/03/2013    3 recensioni
Questa OneShot è nata per gioco, semplicemente e velocemente...
In questo piccolo racconto parlo dei pensieri, dei ricordi, dei rancori e delle riflessioni di una ragazza Tributo del distretto sette. E' ambientata prima e durante la Sfilata...
Spero vi piaccia! Buona lettura :)
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tremo, Tremo come una foglia. Oh, le foglie. Mi mancano già, come l'erba che mi carezza i piedi nudi, il vento che soffia leggero tra i rami e mi sfiora i capelli e il viso, mi mancano le schegge di legno che tagliano, bucano, fanno male. Mi manca lui che mi sfiora, mi tocca, mi guarda negli occhi. Mi manca casa.
Tremo. Non posso tremare. Non posso permettermi di essere debole, non davanti a loro.
Stringo le braccia lungo i fianchi e mi convinco che la causa del tremore è il vestito che non serve tanto a vestirmi quanto a mettermi in mostra. E' completamente trasparente. Come se non bastasse, come se non fosse abbastanza andare a morire per il divertimento altrui. No, devo anche fare la sfilata con un vestito che mostra ogni centimetro del mio corpo. Non mi vergogno, non è questo il problema. Il problema è che odio tutto questo, odio tutti. Odio me stessa.
Forse me lo merito, forse quel biglietto col mio nome non è stato estratto per caso. Era destino. Avrei dovuto offrirmi volontaria quando sarei davvero servita a qualcosa, quando avrei potuto salvare la vita di qualcuno, allontanare qualcuno dalla morte almeno per un poco. Avrei potuto salvare lei.
Aveva 13 anni, poco più di una bambina. Capelli neri, a caschetto, occhi blu, grandi e intelligenti. E' stata uccisa dal suo alleato, nell'arena, con una pietrata su una tempia. E' morta sul colpo, il ragazzino che l'ha uccisa era abbastanza forte, non gli è servito un secondo colpo. Non lo biasimo, no. Non era colpa sua, fu ucciso anche lui poco dopo.
E' colpa della gente di Capitol, del presidente Snow. Di tutte le persone che si divertono nel vedere ragazzini che si ammazzano a vicenda. Li odio, odio tutto. Odio il fatto di dover uccidere altri ragazzi, odio di essere obbligata a farlo. Morirei piuttosto, ma non posso. Io devo tornare a casa. Per lei. Per non dimenticarla mai.
Si chiamava Lamia, tredici anni e già quasi una donna. Catturava qualsiasi cosa con gli occhi, due enormi fari blu. Amava salire sugli alberi e odiava doverli abbattere. Diceva che era ingiusto, che erano troppo belli per sterminarli in quel modo. Al mondo aveva solo suo fratello. Suo fratello e me. E io avevo solo loro. Adesso solo lui. Ma forse non l'avrei mai più rivisto. Una cosa buona ero riuscita a farla, l'avevo salvato da questi giochi maledetti.
Questo era il suo ultimo anno di mietitura, mi aveva promesso che se fossi stata estratta si sarebbe offerto volontario per starmi vicino, per proteggermi, fino alla fine, per poi farmi vincere. Non riuscì a farlo, non gliel'avrei mai permesso. Il figlio del macellaio del distretto l'aveva steso con un pugno appena aveva aperto bocca, altri due lo tennero fermo finchè la cerimonia non fu finita. Quando entrò dalla porta di legno di una delle tante stanze del municipio per l'ultimo saluto iniziò ad urlarmi contro, era fuori di sé. Poi iniziò a piangere, mi abbracciò, mi baciò ripetutamente. Iniziai a piangere anche io, come una bambina. Mi fece promettere di fare il più possibile per ritornare a casa. I pacificatori ci misero un bel po’ per separarci.
<> la voce di un responsabile della cerimonia mi fa tornare al presente. Salgo in fretta sul carro del mio distretto. Esco. Mi ritrovo davanti a tutta Capitol City. Il panico mi assale. ‘Espressione e sguardo impassibile’ mi tornano in mente le parole del mio mentore ‘Poi mantieni un leggero sorriso per tutta la sfilata’. Come posso fingere adesso che tutte le emozioni possibili mi pervadono? Riesco solo a pensare a Lamia. A quando anche lei due anni fa è passata per questa strada, probabilmente su questo stesso carro. A quanto potesse essere spaesata e spaventata. No non lo era, lei era forte, anche più di me che ho così tanta paura di morire, di non riuscire a vivere la mia vita. Perché io ho solo 18 anni e non è giusto che sia obbligata ad uccidere o a farmi uccidere. Vorrei tanto passare la mia vita nel distretto sette, anche una vita mediocre, ma con lui. Vederlo ogni giorno e ogni notte, ogni istante.
Il pubblico inizia ad urlare, sbraitare, fischiare. Mi accorgo che le loro attenzioni sono rivolte a me e solo in quell’istante mi ricordo di essere completamente nuda ai loro occhi. Rido, non ho la più pallida idea del perché ma rido, come non facevo da tanto tempo. Rido di questa situazione, io nuda e Capitol che mi acclama e probabilmente morirò tra poco. Rido pensando ai bei momenti passati nel mio distretto insieme a Lamia e a suo fratello, che amo come non ho mai amato nessuno. Rido e saluto il pubblico, dimenticandomi completamente dei consigli del mio mentore. Rido e penso al mio futuro, penso al mio futuro con lui. Perché io non morirò in questi giochi, costi quel che costi.
Io tornerò a casa.




Fatemi sapere cosa pensate di questo mini-racconto!
Un saluto <3








Vi posto l'immagine della vaga ideo che ho del completo della ragazza...
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